Quando recito di fronte al Gohonzon sorgono nella mia mente diversi pensieri. Qual è il modo corretto di recitare? Esiste qualcosa a cui dovrei pensare, o teoricamente dovrei cercare di non pensare affatto?
Recitare Daimoku significa invocare la Legge mistica. La preghiera dovrebbe essere un’azione basata sulla fede, cioè qualcosa che esula dalla normale attività del pensiero cosciente. In questo senso appare chiaro che, essendo la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo un’attività, e il pensare un’altra attività, quando si pensa non si prega! L’atteggiamento consigliato è dunque quello di affidarsi al potere del Gohonzon di far emergere la natura illuminata della propria vita. La preghiera è un atto di fede, non del pensiero cosciente.
Affidarsi è il modo corretto di utilizzare prima di ogni altra cosa la strategia del Sutra del Loto. Questo perché il nostro pensiero, contaminato dall’oscurità fondamentale, si pone dei limiti invalicabili, che contrastano con il potere illimitato della Legge mistica. Pensare alle strategie possibili durante la recitazione significa porre dei limiti alla nostra vita e non permettere di conseguenza di manifestare il potere della Buddità. Anche quando veniamo sollecitati a stabilire obiettivi concreti e precisi non significa che dovremmo pensare al modo in cui avverrà ciò che ci siamo proposti, ma vuol dire piuttosto stabilire che vinceremo assolutamente, che realizzeremo tutto quello che ci siamo prefissi. Questo si intende per affidarsi al Gohonzon.
Detto questo, non ci dobbiamo sentire impotenti o inadeguati alla preghiera se non riusciamo a fermare i nostri pensieri durante la recitazione. Ad ogni modo esiste sempre un momento in cui la nostra preghiera riesce a entrare in contatto con l’essenza della nostra vita.
C’è però un aspetto importante da tenere presente: nel Buddismo di Nichiren Daishonin la preghiera assume il valore di una promessa, di un voto. Nel momento in cui decidiamo profondamente che risveglieremo la nostra natura di Budda e che dedicheremo la nostra vita al grande desiderio del Budda, kosen-rufu, la nostra vita inizierà immancabilmente a muoversi verso la felicità assoluta e verso il compimento della nostra missione. Il Daishonin stesso basò la sua vita, e dunque la sua pratica buddista, su un voto. Il nostro atteggiamento dovrebbe essere lo stesso. La preghiera diventerà allora qualcosa di estremamente diverso da un atto di supplica; essa sarà “come il ruggito di un leone” (SND, 4, 149).