Nel Buddismo di Nichiren Daishonin il culto non è organizzato secondo una struttura gerarchica, non ci sono divinità superiori da venerare e la Buddità è riconosciuta come uno stato vitale, una condizione positiva e consapevole che l’essere umano può manifestare. Dunque potremmo dire che il Buddismo è una grande autodisciplina della mente?
È vero che nel Buddismo non esistono intermediari fra l’essere umano e la divinità e, seppure sia prevista la figura del ministro di culto, questi ha il compito preciso di officiare cerimonie e di rappresentare tutti i membri della nostra comunità buddista di fronte allo Stato italiano.
Più che autodisciplina della mente, definirei il Buddismo una scienza della vita, una bussola per gli esseri umani che insegna a conoscere se stessi e gli altri, ad aiutare se stessi e gli altri a diventare felici. È un percorso conoscitivo verso la Buddità, questa gemma che a volte è un po’ nascosta. Per questo percorso non c’è bisogno di nessun intermediario, serve solo un maestro e dei compagni di fede che ci aiutino ad andare nella direzione giusta e a superare i nostri eventuali limiti e pregiudizi.
Vorrei aggiungere che “autodisciplina della mente” fa pensare a una ricerca solo individuale dell’illuminazione mentre ciò che differenzia il Buddismo del Sutra del Loto dalle altre scuole è proprio il fatto che, una volta ottenuta la Buddità, l’uomo non può fare a meno di dedicare la vita alla felicità degli altri, alla pace del mondo, a kosen-rufu, e quindi Nichiren spinge i propri discepoli non solo a ottenere la Buddità, ma a far sì che tutte le persone possano ottenere lo stesso risultato.