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Macigni da rimuovere - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

11 dicembre 2025 Ore 02:41

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Macigni da rimuovere

Giorgio Pisanu, Roma

Conobbi Veronica e andammo a convivere. Quando la misi al corrente del mio problema, facemmo ulteriori accertamenti, ma alla fine decidemmo di metterci una pietra sopra. Un’altra. Non ne volevo più sentir parlare

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Conobbi Veronica e andammo a convivere. Quando la misi al corrente del mio problema, facemmo ulteriori accertamenti, ma alla fine decidemmo di metterci una pietra sopra. Un’altra. Non ne volevo più sentir parlare

Ho quarantacinque anni e pratico il Buddismo del Daishonin dal 2003. Nel corso della mia vita ho messo pietre grosse come macigni su alcuni problemi di cui non volevo più sentir parlare, fino a quando non ho incontrato il Gohonzon e me li sono ritrovati davanti.
Ho avuto un’infanzia molto difficile: mia madre abbandonò me e mia sorella quando avevamo tre e cinque anni. Mio padre, per occuparsi di noi, perse il lavoro, così ci affidò alle sue sorelle ed emigrò in Germania.
Dopo alcuni mesi mia madre riapparve dicendo che ci rivoleva con lei e tornammo insieme in Abruzzo. Dopo poco però ci mise in collegio e vi rimanemmo cinque lunghissimi anni. In quel periodo la vidi solo tre o quattro volte: aveva un’altra famiglia e aveva avuto altri due figli. Mio padre, che nel frattempo aveva conosciuto e sposato un’altra donna, tornò a riprenderci dal collegio. Con mia madre adottiva non erano rose e fiori, ma almeno avevamo una famiglia. Ero piccolo e confuso, ma decisi di non voler più vedere mia madre. Ci avevo messo una pietra sopra.
A venticinque anni mi sposai; dopo due anni di matrimonio decidemmo di avere un figlio che purtroppo tardava ad arrivare. Dopo alcune ricerche mediche mi diagnosticarono l’azoospermia e di conseguenza l’impossibilità di avere figli naturali. Iniziò così un lungo e doloroso calvario; facemmo domanda di adozione nazionale e internazionale e dopo stressanti colloqui finalmente avemmo l’idoneità, ma dopo falsi allarmi nell’arco di due anni scaddero le domande e la situazione iniziò a farsi pesante. Presi in prestito da una banca venti milioni di lire restituibili in cinque anni per pagare i medici migliori, ma fu un altro buco nell’acqua. Il matrimonio si concluse dopo sette anni e con molti debiti.
Conobbi Veronica e andammo a convivere. Quando la misi al corrente del mio problema, facemmo ulteriori accertamenti, ma alla fine decidemmo di metterci una pietra sopra. Un’altra. Non ne volevo più sentir parlare. Nel 2003 incontrai dei vecchi amici e dopo aver raccontato loro i miei problemi, mi spiegarono il punto di vista del Buddismo. Con molto scetticismo partecipai alla mia prima riunione, iniziai a pronunciare Nam-myoho-renge-kyo e a ricevere i primi benefici. «Stai a vedere che funziona davvero», pensai. Recitavo Daimoku e studiavo, fino a quando non mi imbattei nella frase: «L’inferno è nel cuore di chi interiormente disprezza suo padre e trascura sua madre» (Gosho di Capodanno, RSND, 1, 1008), parole per me molto scomode. Recitai molto Daimoku perché da qualche parte avevo una madre che avevo deciso di non vedere più. Pensai che fosse arrivato il momento di togliere quella grossa pietra messa in passato. Carico all’inverosimile dell’energia del Daimoku la chiamai e, come per incanto, quel rancore che provavo si sciolse e la perdonai. Quando andai a trovarla fu un incontro bellissimo.
L’11 luglio 2004 ricevetti il Gohonzon e dopo alcuni mesi mi proposero la responsabilità di un nuovo gruppo poi, nel 2007, la responsabilità di settore. Per svolgere al meglio delle mie capacità questo nuovo compito, mi impegnavo al massimo e recitavo molto Daimoku. Nel 2009 io e mia moglie per ripetere una bella esperienza fatta l’anno precedente, decidemmo di aumentare il Daimoku. Nel frattempo, una sera, guardando il telegiornale regionale ascoltammo una notizia che fu per noi uno scossone: nell’ospedale della nostra zona stava per aprire un nuovo centro convenzionato per la fecondazione assistita. Il giorno dopo io e Veronica eravamo lì, assetati di notizie. Capii che era arrivato il momento di spostare anche questo macigno. L’ospedale ci mise al corrente del fatto che c’erano da fare molte analisi e che con una biopsia testicolare il problema si sarebbe potuto affrontare e risolvere con una percentuale del quaranta per cento. Dopo sette mesi e con i risultati di tutte le analisi, ci dissero che purtroppo non si poteva procedere dato che il centro non era ancora aperto per questioni burocratiche. Che delusione: rimanemmo con un mucchio di fogli in mano e niente più. Ma stavolta avevamo il Gohonzon. Il presidente Ikeda ci insegna che qualsiasi cosa accada dobbiamo andare sempre avanti con fiducia e speranza, anche nelle circostanze più difficili, quindi quello che ci era successo era un ostacolo da affrontare e superare. Trovammo una clinica mutuabile a Chianciano, dove iniziammo subito le procedure. Desideravamo con tutti noi stessi di vincere, ancora di più in occasione dell’ottantesimo anniversario della Soka Gakkai che era anche l’”Anno della vittoria”.
Dopo alcune analisi il professore ci fissò l’appuntamento per la fecondazione e la biopsia. Tutti i membri del settore erano con noi, sentivamo il loro sostegno e arrivammo pronti a fare tutto il necessario; avevamo paura, ma eravamo determinati. Realizzammo due grandi risultati: il primo, che non c’era più bisogno della biopsia e che sarebbe stato sufficiente il solo prelievo; il secondo, che la fecondazione risultò positiva.
Ringrazio il Gohonzon, gli incoraggiamenti del presidente Ikeda e tutti i compagni di fede che ci hanno sostenuto. L’impossibile è diventato possibile: Dario, chiamato da sensei Masao (Eroe Giusto), è nato il 15 settembre 2010.

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