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Luce di felicità - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 11:53

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Luce di felicità

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La primavera è qui!
La primavera della rinascita è qui!

Nuovi germogli di speranza
sopravvissuti al duro inverno
dischiudono la terra
gelata,
esplodono magnifici annunciando l’arrivo della
primavera!
I fiori di susino pervadono il giardino di fragranza e serenità,
la splendida danza dei fiori di ciliegio colma di gioia e felicità,
e il canto vittorioso di voci umane
celebra l’arrivo della
primavera!

Che importa quante volte ci hanno calpestato,
noi non saremo mai sconfitti.
Che importa quanto duramente
ci assalgono le nostre pene,
a testa alta andiamo avanti.
Avanti, avanti, sempre avanti!
Onde rabbiose o tempeste furiose non potranno fermarci!

Possediamo lo spirito invincibile
di Michinoku.
Nei nostri cuori arde lo spirito combattivo
dei Bodhisattva della Terra,
e la grande vita del Budda
colma di compassione brilla di luce
dorata.
Abbiamo una missione eterna
da adempiere in questa esistenza,
il grande voto dei maestri e discepoli Soka:
creare felicità per tutti,
costruire una comunità
rigogliosa.

Amici miei!
Trasformiamo la tristezza in coraggio
trasformiamo il karma in missione
apriamo un varco nell’oscurità
facciamo sorgere nei nostri cuori il sole del mattino.
Vieni, insieme danzando
avanti sempre avanti come il sole che sorge
messaggero della primavera,
a Michinoku!

L’11 marzo 1977, Shin’ichi Yamamoto si recò a Fukushima per visitare il nuovo Centro culturale (l’attuale Centro culturale generale di Koriyama) che si trova a Kuwano, nella città di Koriyama, nella prefettura di Fukushima.
Partendo dalla stazione di Ueno di Tokyo alle due del pomeriggio, sulla linea ferroviaria Tohoku Main Line, col treno espresso Hibari, Shin’ichi passò attraverso il paesaggio ondulato della pianura di Kanto. Guardando lo scenario fuori dal finestrino, poteva vedere l’erba secca mossa dal vento e le zolle di terra in rilievo grigio-marrone dei campi inariditi. Quella zona si trovava ancora nella morsa dell’inverno.
«Mi chiedo se quest’anno ci sarà un buon raccolto», si domandò tra sé Shin’ichi, mentre recitava Daimoku in silenzio e i suoi occhi non smettevano di osservare i campi di riso riarsi dal vento e dal freddo, non ancora irrigati.
L’anno precedente, il 1976, il Giappone aveva registrato il quinto peggior raccolto di riso dalla fine della Seconda guerra mondiale a causa di un’estate insolitamente fredda e una serie di tifoni che si erano abbattuti sul paese. Dalla regione dell’Hokkaido fino a tutto il Tohoku (le zone più settentrionali del Giappone, n.d.t.) il clima era stato particolarmente rigido in agosto e in settembre, e questo aveva provocato un forte calo dei raccolti nelle coltivazioni. Molte famiglie di contadini si erano trovate in serie difficoltà.
Secondo le statistiche elaborate dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, nel mese di novembre la perdita complessiva ammontava a 409,3 miliardi di yen, ripartiti come segue: Hokkaido 86,1 miliardi di yen; prefettura di Iwate 36,1 miliardi di yen; prefettura di Miyagi 32,4 miliardi di yen; prefettura di Niigata 31,3 miliardi di yen; prefettura di Aomori 30,9 miliardi di yen; prefettura di Fukushima 28,5 miliardi di yen.
Inoltre, da dicembre a febbraio, il Giappone aveva vissuto un periodo di gelo intenso. Anche a Tokyo, la media più alta registrata a gennaio era stata solo di 7,5 gradi centigradi, la più bassa dal dopoguerra.
La quantità di neve caduta contendeva il primato a una famosa nevicata del gennaio 1963. E l’8 febbraio la città di Aomori aveva assistito a una nevicata che aveva stabilito un vero e proprio record nel dopoguerra: 1,95 metri. Anche a Moshiri, Horokanai-cho, nell’isola di Hokkaido, era stato stabilito un nuovo primato dal dopoguerra, quando la temperatura aveva raggiunto -40,8 gradi centigradi.
L’abbondante nevicata aveva provocato la cancellazione di oltre ventinovemila treni delle linee ferroviarie di stato giapponesi.
L’ondata di freddo aveva avuto ripercussioni anche sull’agricoltura, ritardando la raccolta delle coltivazioni e provocando di conseguenza un’improvvisa impennata dei prezzi. Nel mese di febbraio, ad esempio, i prezzi del cavolo erano aumentati di sei volte rispetto a quelli dell’autunno precedente. Il Tohoku, in particolare, era stato colpito duramente da quel clima insolitamente gelido.
Shin’ichi rifletteva: «Il Tohoku si è trovato a dover far fronte al gelo, alla siccità e agli effetti del terremoto cileno e dello tsunami del 1960. Ecco perché voglio che il Tohoku trasformi il suo karma e rifiorisca, diventando più felice e prospero di qualunque altro luogo. Mi sto recando nel Tohoku proprio per annunciare questa nuova alba».
Shin’ichi Yamamoto arrivò al Centro culturale di Fukushima poco dopo le quattro e mezzo di pomeriggio.
Il centro era situato nella zona di Aizubandai, a ovest della stazione di Koriyama, con vista sul monte Adatara a nord e sull’altopiano Abukuma a est. L’edificio di tre piani in cemento armato, costruito con pareti rivestite di piastrelle marroni, sorgeva su un terreno spazioso.
Al primo piano c’erano un ufficio, la redazione e una sala conferenze. Al secondo piano si trovavano un auditorium grande duecentootto tatami (circa 322 metri quadrati) e una stanza arredata in stile giapponese, e al terzo piano una sala adibita alle mostre.
L’auto si fermò davanti all’ingresso principale e quando Shin’ichi uscì, trovò diversi responsabili che erano lì in attesa di potergli dare il benvenuto.
Guardando il responsabile della prefettura di Fukushima, Norio Shiba, e il responsabile della regione del Tohoku, Kakuji Tone, Shin’ichi si rivolse subito a loro con voce energica: «Sono qui. Cominciamo a costruire una nuova Fukushima e un nuovo Tohoku! Da oggi, daremo l’avvio a una nuova fase».
«Sì!» risposero i due all’unisono.
Shin’ichi cominciò a camminare per il giardino del Centro culturale. «È veramente un bel Centro. Sono sicuro che tutti ne sono molto contenti. Spero che i nostri membri qui potranno rinnovare la loro fede e ricaricare le batterie, per poi immergersi là fuori nella realtà e dare inizio a una nuova ondata di kosen-rufu, colmi di fiducia e di entusiasmo».
Norio Shiba era della prefettura di Miyagi. Era stato un vice responsabile nazionale della Divisione giovani, prima di essere nominato responsabile della prefettura di Fukushima, a dicembre dell’anno precedente. Aveva trentacinque anni e mostrava di possedere qualità apprezzabili, come lo spirito di iniziativa e una certa propensione al rinnovamento. Shin’ichi voleva parlare con lui molto concretamente delle cose da fare per portare avanti kosen-rufu.
«Signor Shiba, per costruire davvero una nuova era per il nostro movimento Soka a Fukushima non sarà sufficiente concentrarsi sui programmi a breve termine, sui progetti e le nuove linee guida per le varie attività. Delle solide fondamenta si creano solo attraverso la trasformazione del comportamento di ogni membro, per consentire a ciascuno di rinnovare e rivitalizzare la propria esistenza. È di vitale importanza che lei faccia crescere dei veri campioni nella fede, che siano orgogliosi del loro luogo di attività e si dedichino a kosen-rufu.
«Il motivo per cui la Soka Gakkai è cresciuta a Fukushima fino al punto in cui è arrivata oggi, è che i membri nella fase pionieristica hanno lottato con tutte le forze. È fondamentale non dimenticare mai come quelle persone coraggiose si siano dedicate con tutto il cuore a kosen-rufu, con una dedizione assoluta, senza mai arretrare di un solo passo, indipendentemente dal fatto che venissero insultate o perseguitate».
Shin’ichi aveva sentito dai responsabili che viaggiavano insieme a lui che a Fukushima di solito faceva molto freddo a metà marzo, eppure quel giorno era stranamente caldo. C’era perfino un albero di ciliegio che aveva cominciato a fiorire, dentro un vaso di terracotta che qualcuno aveva sistemato nel giardino.
«La primavera è arrivata a Fukushima!» esclamò Shin’ichi. Mentre osservava con attenzione il nuovo Centro culturale disse a Norio Shiba: «È veramente un bel Centro. È il castello di Fukushima. Questa è la nuova partenza della grande nave Aizubandai. La cosa più importante è come verrà utilizzato, adesso, questo nuovo Centro culturale per promuovere kosen-rufu a Fukushima. Il completamento della sua costruzione non significa assolutamente che le cose siano terminate, anzi! In realtà è l’inizio di una nuova impresa, ancora più grande e impegnativa della precedente.
«Quando i problemi iniziano a risolversi e le circostanze si assestano in positivo, le persone tendono ad abituarsi e a dare le cose per scontate, dimenticano il duro lavoro svolto dai compagni di fede durante la fase pionieristica, e quando si imbattono anche nella minima difficoltà tendono a lamentarsi, mentre le loro vite iniziano a ristagnare.
«Quindi il primo punto è accettare senza la minima esitazione più sfide possibile e accogliere anche le più dure lotte durante il periodo della gioventù. Niente è più preoccupante del vedere i giovani diventare svogliati e apatici.
«Kosen-rufu è una lotta eterna. Nichiren Daishonin dichiarò coraggiosamente: “E tuttavia non sono scoraggiato” (Gli elementi essenziali per conseguire la Buddità, RSND, 1, 664). Egli continuò a combattere per condividere gli insegnamenti corretti del Buddismo con le altre persone, senza mai arrendersi di fronte alle persecuzioni di cui era vittima. Questo è lo spirito del Daishonin e della Soka Gakkai.
«Molti dei nostri membri hanno iniziato a praticare questa fede lottando veramente per diventare felici, mentre si trovavano nel bel mezzo di situazioni disperate, come malattie, conflitti familiari e innumerevoli difficoltà.
«L’unico modo per superare tutti i nostri problemi e costruire uno stato di felicità indistruttibile è praticare per noi stessi e per gli altri. Proprio come scrive Nichiren Daishonin: “Devi non solo perseverare tu, ma anche insegnare agli altri” (Il vero aspetto di tutti i fenomeni, RSND, 1, 342).
Mentre studiamo il Buddismo e ci impegniamo nella recitazione del Daimoku, abbiamo anche bisogno di dedicarci allo shakubuku, condividendo questo insegnamento con gli altri e mantenendo così la fiaccola della propagazione sempre accesa.
«È perché la Soka Gakkai e i suoi membri hanno agito in questo modo che così tante persone hanno potuto ricevere grandi benefici e hanno mostrato la prova concreta con la loro autentica felicità. Questo è il motivo per cui l’organizzazione della Soka Gakkai nella prefettura di Fukushima e nella regione del Tohoku è cresciuta e si è sviluppata così tanto».
Shin’ichi parlava con fervore, come se volesse trasmettere tutto ciò che provava.
Sostando in piedi davanti al laghetto nel giardino del Centro culturale di Fukushima, Shin’ichi Yamamoto osservò: «Non importa quanto belle possano essere state in passato le nostre realizzazioni, se la nostra organizzazione perde lo spirito combattivo e noi tralasciamo la pratica coraggiosa dei primi tempi, kosen-rufu inevitabilmente comincerà a tramontare. Se ciò dovesse accadere, le persone non sarebbero più in grado di trasformare il proprio karma e diventerebbe impossibile assicurare il corretto insegnamento per la pace del paese. «La vera lotta è quella che si trova davanti a noi. Sono intenzionato a incoraggiare quei grandi pionieri con tutto il cuore, in modo che non si indietreggi di un solo passo nella lotta per la realizzazione di kosen-rufu.
«Se ci fermiamo o smettiamo di impegnarci, tutti gli sforzi fatti finora saranno stati vani. Come scrive il Daishonin: «Se ti fermi a metà strada non potrai mai far scaturire il fuoco dalla pietra focaia» (Le illusioni e i desideri sono Illuminazione, RSND, 1, 283).
«Non possiamo adempiere al grande voto di conseguire la Buddità in questa esistenza se rinunciamo a metà strada. Tutto quello che abbiamo conquistato finora con tanta fatica svanirà come la spuma sulle onde del mare. Niente potrebbe paragonarsi a una sfortuna così grande o una perdita così immane. Questo è ciò che vorrei ricordare a ogni persona, per il bene del futuro.
«Come insegna Nichiren: “La vita è limitata, non dobbiamo lesinarla. Ciò a cui dobbiamo principalmente aspirare è la terra del Budda” (Aspirare alla terra del Budda, RSND, 1, 187).
«I nobili maestri e i nobili discepoli Soka devono continuare a lottare con tutte le loro forze fino all’ultimo istante di vita. Come sapete, questo è ciò che hanno fatto sia Makiguchi che Toda.
«Ed è ciò che farò anche io. Coloro che continuano ad avanzare, qualunque cosa accada, saranno veramente felici. Sono vincitori nella vita. Sono Budda e Bodhisattva della Terra.
«Ecco perché spero di riaccendere lo spirito di una nuova partenza nei cuori dei membri del Gruppo guide personali, che durante gli albori della nostra organizzazione sono riusciti a illuminare il nostro cammino».
Questo gruppo era stato fondato agli inizi della Soka Gakkai e ripartì con un nuovo organigramma nell’agosto del 1974, inserendo un responsabile del Gruppo guide personali e un comitato apposito in ogni prefettura e in ogni hombu del Giappone. Successivamente fu istituito anche a livello di capitolo, settore e gruppo.
I membri del Gruppo guide personali erano praticanti con una lunga storia, che avevano utilizzato la fede buddista per superare innumerevoli sfide. Le loro esistenze risplendono tuttora di una luce vittoriosa. Sono modelli di comportamento nella fede e tuttora continuano a far sentire il loro forte impulso per il progresso di kosen-rufu dedicandosi interamente a sostenere le giovani generazioni e offrendo guide personali ai membri.
In seguito Shin’ichi cominciò a parlare delle qualità delle diverse generazioni di membri: «La generazione attuale, giunta ora alla trentina, costituisce il nucleo centrale della nostra organizzazione, qui nella prefettura di Fukushima come nelle altre prefetture. La Divisione giovani che ha fatto la sua comparsa sul palcoscenico di kosen-rufu è piena di vigore e di energia.
«Sono tutti miei discepoli preziosi che ho sostenuto e incoraggiato fin dal giorno in cui sono stato nominato terzo presidente. Molti di loro sono diventati responsabili solo dopo che la nostra organizzazione si era consolidata, e di conseguenza non hanno mai sperimentato le dure prove degli albori del nostro movimento, quando i membri venivano spesso evitati, o addirittura ingiuriati a causa dei loro sforzi nello shakubuku, per condividere questo Buddismo con le altre persone.
«Di conseguenza, alcuni responsabili devono ancora sviluppare le capacità dei pionieri di kosen-rufu che emergono nelle circostanze più avverse. Pur essendo persone intelligenti e in gamba, a un livello più profondo non hanno forgiato una convinzione incrollabile nella fede, e non hanno ancora assimilato del tutto il vero spirito di shakubuku, cioè lo spirito della propagazione del Buddismo.
«Anche se hanno la capacità di mandare avanti l’organizzazione, quando si troveranno di fronte a una grande sfida, inizieranno a esitare e con ogni probabilità rinunceranno. Per vincere una battaglia molto difficile, abbiamo bisogno di avanzare senza paura ed essere pronti a dare il massimo. Non potrà mai emergere un vero campione della propagazione di questo Buddismo tra coloro che sono indecisi e mancano di uno spirito pionieristico.
«Se gli attuali responsabili giovani non continuano a crescere e svilupparsi, la Soka Gakkai andrà a decadere. Non avrà alcun futuro.
«Kosen-rufu è uno sforzo continuo per “pionieri della frontiera inesplorata”. È come un “lavoro di bonifica di un terreno selvaggio e inesplorato”. È un compito veramente arduo, al di là di ogni immaginazione. Non bisogna aspettarsi che sia un’impresa facile. Coloro che sono egoisti, codardi, di debole entusiasmo, negligenti o disonesti, indeboliscono il loro potenziale.
«In tutto ciò che facciamo, compresa la propagazione e le guide personali, la vittoria si ottiene affrontando con tutte le nostre forze ogni compito che abbiamo davanti. Buttiamoci a capofitto nel sostenere ogni singolo membro, con sincerità e con tutto il cuore. Questo è il comportamento di un vero campione. È il modo di vivere del re leone».
Come scrisse l’autrice francese George Sand (1804-1876): «È il lavoro utile, nonché la devozione sincera, ad avermi ritemprata».
Il nostro impegno sincero per kosen-rufu si esprime nell’impegno che mettiamo nel creare e lucidare le nostre vite. Shin’ichi voleva trasmettere questo spirito a Norio Shiba, il giovane responsabile di prefettura.
Shin’ichi Yamamoto riprese a camminare, finché arrivò a un monumento in pietra dedicato al secondo presidente della Soka Gakkai, Josei Toda. Sul monumento era stata scolpita una poesia composta da Toda, scritta con la calligrafia di Shin’ichi: “Il viaggio per propagare la Legge mistica è lungo. Incoraggiamoci a vicenda e avanziamo insieme”.
Ammirando l’opera scultorea Shin’ichi continuò a parlare con Norio Shiba: «Domani ci sarà la cerimonia di inaugurazione di questo monumento. Toda attribuiva un grande valore ai giovani e lo faceva con molto affetto. Il viaggio per kosen-rufu è lungo. Si tratta di un’impresa imponente, che si estenderà per generazioni. Ecco perché dobbiamo sostenere i giovani successori. Come responsabile di prefettura, è fondamentale che lei si dedichi a questo compito.
«La Soka Gakkai ha continuato a progredire nel corso degli anni perché abbiamo aiutato i giovani a crescere. Dal giorno in cui sono stato nominato presidente della Soka Gakkai, all’età di trentadue anni, ho riversato tutte le mie energie per incoraggiare i giovani».
Uno dei responsabili domandò a Shin’ichi: «Su cosa bisogna puntare per far crescere i giovani?».
«Questa è una buona domanda. Io ho sempre preso l’iniziativa di parlare con i giovani e di incoraggiarli. I responsabili non devono essere presuntuosi e distaccati, né tantomeno ignorare i giovani. Dovrebbero invece collaborare con loro con atteggiamento aperto e disponibile.
«Per esempio, se un giovane si precipita dal lavoro, ma arriva solo quando la riunione di discussione sta giungendo al termine, dovremmo incoraggiarlo con tutto il cuore dicendogli: “Grazie per essere venuto. Deve essere stato parecchio difficile venir via dal lavoro. Sei stato bravo! Dai, continua a fare del tuo meglio!”. Allora si sentirà rassicurato e deciderà di partecipare anche al meeting successivo.
«Ma se lo guardiamo con un’espressione del tipo: “Come ti permetti di arrivare così tardi?!” e magari non gli rivolgiamo nemmeno la parola, sicuramente non vorrà tornare alla riunione successiva. La lode è un aspetto fondamentale per incoraggiare qualunque persona. Tutti annuirono in maniera esplicita.
«Inoltre, pur sostenendo e abbracciando i giovani, io ho sempre affidato loro delle grandi responsabilità, perché la migliore maestra è l’esperienza. E anche nel caso in cui i membri della Divisione giovani non riuscivano o sbagliavano, io mi assumevo la piena responsabilità di tutto. È importante che tutti noi ci comportiamo con spirito magnanimo verso i giovani».
Le sfumature del tramonto iniziavano a colorare il cielo a occidente. Shin’ichi proseguì la sua passeggiata all’aria aperta con i responsabili di Fukushima e del Tohoku.
«È cruciale che i successori della Divisione giovani acquisiscano tanta esperienza nella propagazione di questo Buddismo. La Soka Gakkai è nata come un’organizzazione dedita allo shakubuku per realizzare il testamento di Nichiren Daishonin, cioè la realizzazione di kosen-rufu. I giovani, i successori Soka, devono essere incoraggiati a diventare campioni imbattibili nella propagazione, altrimenti la Gakkai non avrà un futuro». Scrive il Daishonin: «Da quando sono nato a oggi, io, Nichiren, non ho avuto un momento di tregua: ho solo pensato a propagare il Daimoku del Sutra del Loto» (Persecuzione con spade e bastoni, RSND, 1, 857). La grande strada della fede buddista consiste nel dedicare la propria vita alla propagazione, facendo proprio questo spirito.
Shin’ichi poi continuò: «Gli anziani nella fede non solo devono incoraggiare i più giovani a parlare di Buddismo alle altre persone, ma è anche importante che spieghino loro l’importanza della propagazione, in maniera approfondita e da tanti punti di vista».
Shakubuku
è un aspetto fondamentale della pratica buddista al fine di conseguire la Buddità in questa esistenza, una condizione contraddistinta da un’assoluta felicità. Il Daishonin afferma: «Chi recita anche una sola parola o una sola frase del Sutra del Loto e ne parla a un’altra persona è l’inviato del Budda Shakyamuni, signore degli insegnamenti (La voce pura e risonante, RSND, 1, 294)». Nichiren dichiara altresì: «Non devono esserci discriminazioni fra coloro che propagano i cinque caratteri di Myoho-renge-kyo nell’Ultimo giorno della Legge, siano essi uomini o donne: se non fossero Bodhisattva della Terra, non potrebbero recitare il Daimoku (Il vero aspetto di tutti i fenomeni, RSND, 1, 341)».
Quando recitiamo Daimoku e propaghiamo il Buddismo colleghiamo la nostra vita con quella del Budda e adempiamo così la funzione di emissari del Budda, vivendo come Bodhisattva della Terra. In altre parole, attraverso questo cammino della pratica per sé e per gli altri, si sprigionerà il potere del Budda da dentro di noi e pulserà nel nostro cuore lo stato vitale dei Bodhisattva della Terra. Saremo traboccanti di gioia, avremo l’irrefrenabile desiderio di aiutare gli altri esseri viventi, e la nostra vita cambierà.
Così facendo, portiamo avanti la nostra rivoluzione umana e trasformiamo il nostro karma, in modo da costruire una condizione vitale di assoluta felicità. Introdurre gli altri al Buddismo del Daishonin, oltre a rappresentare la pratica della massima compassione, consente di risolvere le proprie sofferenze a un livello più profondo e indica la via per raggiungere uno stato di felicità assoluta, indistruttibile. Questa è sicuramente l’azione più nobile che possiamo fare per permettere anche alle altre persone di sperimentare i benefici e conseguire il bene supremo. Così si potranno creare delle vere amicizie e legami eterni di amore familiare.
Sostenere i giovani crea un brillante futuro dorato. Questo è il motivo per cui Shin’ichi Yamamoto aveva parlato della Divisione giovani così dettagliatamente con i responsabili di prefettura. «È molto importante, non solo per la propagazione, ma per tutte le attività, chiarire bene l’obiettivo, senza stancarsi di ripeterlo alle persone interessate. Questo consentirà a tutte loro di tirar fuori il proprio potenziale, facendole progredire senza allontanarsi dal cammino che hanno intrapreso.
«Tuttavia, non possiamo limitarci semplicemente a spiegare ai giovani – che non hanno grande esperienza nello shakubuku – il significato della propagazione, incoraggiandoli a fare del loro meglio, e aspettarci che riescano subito nel loro intento. Tuttora sono ancora tante le persone che non si sentono capaci di farlo. Con il nostro esempio dobbiamo mostrare loro come parlare agli altri di Buddismo.
«
Un modo efficace è che gli anziani nella fede, i membri della Divisioni uomini e della Divisione donne, raccontino la propria esperienza di come hanno trasmesso il Buddismo ad altre persone.
«È anche necessario, di tanto in tanto, andare insieme ai giovani, quando parlano agli altri di Buddismo, mostrando loro come fare tramite il nostro esempio. Osservandoci in azione, penseranno: “Capisco. Ecco come si fa. Posso farlo anch’io. Ci voglio provare!”. Quando le persone pensano che una determinata cosa vada oltre le proprie capacità, esitano ad agire. Ma se sentono di esserne capaci, si attiveranno».
Come scrive il Daishonin: «Insegnare qualcosa a un altro è come oliare le ruote di un pesante carro così che possano girare, o come far galleggiare una barca sull’acqua così che possa procedere senza difficoltà» (Il ricco Sudatta, RSND, 1, 963).
L’incoraggiamento e la guida personale aiutano a comprendere cosa ci frena, a rimuovere l’ostacolo e a risvegliare il nostro coraggio.
«Quando i giovani si impegnano a diffondere il Buddismo, dovremmo sostenerli con tutte le nostre forze e appoggiarli, in modo tale che possano riuscirvi. E anche se non dovessero ottenere subito una vittoria, se li lodiamo per aver piantato comunque il seme per un successo futuro, questo darà loro una grande fiducia in se stessi. Questa fiducia è la forza trainante per la loro crescita».
I giovani si sviluppano rapidamente se vengono incoraggiati. Cresceranno rapidamente come i germogli di bambù nei primi anni.
I responsabili che avevano viaggiato insieme al presidente Yamamoto erano stati colpiti dall’energia profusa da Shin’ichi nel dare una guida così profonda ai responsabili della prefettura di Fukushima e della regione del Tohoku, anche perché tutto questo era accaduto immediatamente dopo il suo arrivo.
Il presidente Yamamoto, cercando di comprendere i sentimenti degli abitanti del posto, aveva affermato: «Voglio che i membri di Fukushima e del Tohoku siano abbastanza forti da superare qualunque ostacolo, e che malgrado tutto continuino a crescere. Il Tohoku ha accusato più e più volte le ondate di freddo fuori stagione che hanno danneggiato i raccolti, così come è stato colpito da molti altri disastri naturali. Questa regione è lontana dal governo centrale e non ha ricevuto molto aiuto. Voglio che la gente del Tohoku diventi veramente felice. E l’unico modo è che ognuno costruisca una fede indomita e indistruttibile, talmente forte che nulla e nessuno potrà mai sconfiggerlo. Ogni membro deve diventare un campione dotato di grande coraggio. Per realizzare questo obiettivo, ho deciso di impegnarmi con tutto me stesso per rivitalizzare ogni persona durante questi tre giorni che trascorrerò con voi».
Vedendo quanto Shin’ichi fosse stato colpito dai disastri naturali che si erano abbattuti su Fukushima e il Tohoku, i responsabili che avevano viaggiato insieme a lui furono profondamente toccati. Dopo le sei del pomeriggio dell’11 marzo 1977, Shin’ichi partecipò a una riunione per inaugurare il nuovo Centro culturale di Fukushima.
Erano trascorsi otto anni dalla sua ultima visita a Fukushima, nel 1969. «Buona sera! Sono venuto qui per incontrare tutti voi. Congratulazioni per il completamento di questo nuovo Centro».
Appena Shin’ichi fece il suo ingresso nella sala principale, risuonarono applausi e grida di gioia.
Nel corso della riunione commemorativa, dopo Gongyo e dopo gli interventi dei responsabili di prefettura e di un vice presidente della Soka Gakkai, Shin’ichi incoraggiò i membri. Con un grande sorriso cominciò a parlare in modo caloroso e cordiale: «Questo Centro culturale è come la nave inaffondabile della Soka Gakkai, la Aizubandai, e la riunione di oggi rappresenta l’inizio del suo viaggio inaugurale.
«Per realizzare una nuova crescita abbiamo bisogno di un centro per le nostre attività. Con questo Centro culturale a Fukushima, che è una sorta di punto di snodo di tutte le attività della Soka Gakkai in questa prefettura, buttiamoci a capofitto nella pratica buddista con spirito fresco e una rinnovata determinazione, e avanziamo con energia verso il conseguimento della vera felicità».
Shin’ichi inoltre annunciò che sarebbero stati ristrutturati tutti i centri della Soka Gakkai a Fukushima.
Shin’ichi Yamamoto riconfermò quindi le tre linee guida che aveva presentato durante il meeting generale dei responsabili di centro di Fukushima a cui aveva partecipato otto anni prima, nell’ottobre del 1969: “Fukushima, avanza risplendente di speranza”, “Fukushima, sii vittoriosa nella lotta della vita quotidiana”, e infine “Fukushima, sviluppa una fede piena di forza vitale”.
«Il motivo per cui ho deciso che “Fukushima, avanza risplendente di speranza” fosse la prima linea guida è perché la fede buddista ha il potere di alimentare la speranza.
«Ci sono molte prove e sofferenze nella vita. Inoltre, ognuno di noi ha il suo karma e per di più, quando pratichiamo con fede coraggiosa, di sicuro verranno fuori molti ostacoli. Per nessuno la vita è come una traversata tranquilla. Ma non importa quanto siano profonde le tenebre della disperazione, la fede ci permette di mantenere viva la fiamma della speranza nei nostri cuori.
«Scrive Nichiren Daishonin: “Mantieni la tua fede e consegui la Buddità in questa esistenza. Nam-myoho-renge-kyo, Nam-myoho-renge-kyo” (Il conseguimento della Buddità in questa esistenza, RSND, 1, 5).
«La Legge mistica ci mette nella condizione di superare qualunque ostacolo, indipendentemente dal fatto che ci si possa sentire profondamente abbattuti o trovare a un punto morto, e e ci consente di stabilire uno stato vitale di felicità indistruttibile.
«La cosa importante è avere fede nel Gohonzon, recitare Daimoku sinceramente e adoperarsi per far conoscere questo Buddismo alle altre persone. Se lo facciamo, riusciremo a trovare una via d’uscita. Siamo nati in questo mondo come esseri umani con la missione di diventare forti e felici». Shin’ichi si soffermò a parlare anche del significato della seconda linea guida: “Fukushima, sii vittoriosa nella lotta della vita quotidiana”.
«Una delle battaglie più importanti della vita è quella di creare e consolidare una buona base finanziaria ma, piuttosto che ricercare dei modi per arricchirsi rapidamente, spero che tutti voi conduciate una vita seria, affidabile, responsabile e saggia, vale a dire un tipo di vita che crei valore. Come buddisti, per vincere nella società abbiamo bisogno di impegnarci, usare il nostro ingegno e lavorare più di chiunque altro.
«Non dimenticate mai che la fede buddista è la sorgente di tutto il benessere economico di cui godiamo. Come osserva il Daishonin: “Se un albero ha radici profonde, i rami e le foglie non avvizziranno mai” (Fiori e frutti, RSND, 1, 808). Dovremmo piantare salde radici nella terra della Legge mistica e, attraverso quelle stesse radici, tirare fuori il nutrimento della buona fortuna. In questo modo riusciremo a prosperare in ogni ambito della vita. «Spero che tutti voi dimostrerete la prova concreta della vittoria nelle vostre battaglie quotidiane e farete di Fukushima, proprio come dice il suo nome, un’”isola di buona fortuna”, un’”isola di felicità”».
Shin’ichi parlò della terza linea guida: “Fukushima, sviluppa una fede piena di forza vitale”. «La forza vitale è ciò che guida il coraggio, la saggezza, la perseveranza e l’energia di cui abbiamo bisogno per trionfare nella vita. Se ci manca la forza vitale, il nostro spirito sarà annebbiato dal sentimentalismo, dalla tristezza, dalla disperazione e dalla rassegnazione; staremo sempre a lamentarci, e l’espressione del viso così come la nostra voce saranno cupi. Allontaneremo la gente. Tutti preferiscono stare vicino a chi è pieno di energia e ottimismo.
«Quando abbiamo un’alta condizione vitale e siamo colmi di entusiasmo, siamo come un sole che illumina le persone con la luce della speranza. E se siamo pieni di forza vitale, saremo inclini ad avere uno sguardo positivo su tutte le cose e, più grande è l’ostacolo che incontreremo lungo la strada, tanto più alte e lucenti saranno le fiamme del nostro spirito combattivo per superarlo.
«Possediamo intrinsecamente la grande condizione vitale della Buddità, dei Bodhisattva della Terra. Come afferma Nichiren Daishonin: “Il Daimoku del Sutra del Loto è come il ruggito di un leone” (BS, 120, 45). Il Daimoku ha il potere di far emergere dentro di noi la forza vitale e il coraggio del re leone.
«Attraverso la recitazione, le nostre vite sono traboccanti di vitalità e siamo in grado di superare tranquillamente qualsiasi sfida: non saremo mai sconfitti. Di conseguenza, voglio dichiarare che non esiste difficoltà che noi, membri della Soka Gakkai, non possiamo superare».
Shin’ichi poi concluse il suo intervento accennando alla sala dedicata ai maestri, Mentors Memorial Hall, che era stata inaugurata al terzo piano del Centro culturale di Fukushima per rinnovare l’impegno di portare avanti lo spirito del primo presidente della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi e del secondo presidente, Josei Toda.
Dopo aver finito di parlare, Shin’ichi si avvicinò al pianoforte che si trovava lì, nella sala principale delle riunioni. «Oggi, per celebrare questa nuova partenza insieme ai miei compagni di fede di Fukushima, vorrei eseguire al pianoforte alcuni brani per voi, anche se non sono poi così bravo». I membri rimasero a bocca aperta e applaudirono pieni di gioia. La prima canzone che suonò fu Villaggio di Atsuta. A questa seguì Sakura (Fiori di ciliegio).
Shin’ichi suonava con il desiderio sincero che una primavera di felicità arrivasse nella prefettura di Fukushima e nella regione del Tohoku. Sorridendo felici, i partecipanti alla riunione seguivano con un cenno del capo il ritmo della musica.
Dalle otto di sera, Shin’ichi Yamamoto aveva preso parte a una riunione informale con circa venti responsabili di prefettura e regione nella stanza arredata in stile giapponese, al secondo piano del Centro. Voleva arrivare a conoscere meglio le persone che si erano assunte la responsabilità della prefettura di Fukushima.
In ordine di grandezza Fukushima è la terza prefettura del Giappone, dopo l’Hokkaido e Iwate. L’altopiano di Abukuma e le montagne Ou si estendono da nord a sud, delimitando tre zone climatiche ben distinte.
La zona di Hamadori, che va dalla costa del Pacifico all’altopiano di Abukuma, che ha il suo centro nella città di Iwaki, è relativamente temperata. Qui la pesca è la principale fonte di occupazione. L’area di Nakadori, tra l’altopiano di Abukuma e le montagne Ou, presenta un clima più continentale, specialmente nel capoluogo della prefettura, la città di Fukushima, ma anche nella città di Koriyama. Fukushima è anche il centro degli affari e della sede governativa locale.
A ovest delle Montagne Ou si estende la zona di Aizu, caratterizzata da forti nevicate e da un clima molto simile a quello che si trova lungo il Mar del Giappone. La città principale di quest’area è Aizuwakamatsu, che ha un’enorme importanza dal punto di vista storico e culturale.
Dopo aver chiesto i rispettivi nomi a tutti i responsabili di prefettura e regione, Shin’ichi cominciò a discorrere con loro in modo spontaneo e immediato.
«Spero che tutti voi sosterrete i vostri responsabili e sarete risoluti nell’unirvi intorno al responsabile di prefettura di Fukushima, il signor Shiba, e alla responsabile della Divisione donne, la signora Ipponmatsu, avanzando tutti insieme in armonia».
Poi, rivolgendosi a Norio Shiba, Shin’ichi affermò in tono serio: «Signor Shiba, non cominci a considerarsi più capace o più importante degli altri solo perché è responsabile di prefettura. Se arriverà a pensarlo, anche solo per un momento, vorrà dire che è stato irretito e ingannato dalla sua posizione e questo la renderà una persona arrogante.
«Lei è stato nominato responsabile in una posizione alta quando era ancora molto giovane perché abbiamo confidato nella speranza e nelle aspettative che abbiamo riposto in lei guardando al futuro, non perché fosse già completamente in grado di assolvere a quel compito o avesse riportato esperienze straordinarie.
«La realtà è che lei è responsabile di molti membri anziani nella fede, davvero ammirevoli, che hanno fatto iniziare a praticare parecchie persone e incoraggiato moltissimi membri a non darsi per vinti, lottando con tutte le loro forze, molto più di quanto non abbia fatto lei. Numerose sono le persone che hanno lavorato sodo, con fatica, per costruire la Soka Gakkai e renderla l’organizzazione che oggi è. Come responsabile di un livello così elevato, quindi, il suo compito è proteggere, sostenere e incoraggiare tutte queste persone».
Shin’ichi parlò fin nei minimi dettagli di alcuni punti che i responsabili più “alti” devono tenere bene in mente. «Quando parliamo, il nostro tono non deve mai essere arrogante o scortese, e neppure troppo familiare; bisogna sempre essere premurosi e rispettosi. Il modo in cui dialoghiamo con gli altri rivela la nostra indole. Ovviamente dovremmo rivolgerci educatamente alle persone più grandi di noi, ma anche a quelle più giovani.
«Quando incontriamo i membri, è bene essere sempre i primi a salutare. Non dobbiamo rimanere impalati, come se ci trovassimo lì per caso, con le mani nelle tasche, borbottando un saluto. Coloro che una volta erano i responsabili più alti della Divisione giovani devono prestare particolare attenzione a questo aspetto. È fondamentale salutare ogni persona in maniera educata, cortese e spontanea.
«Ricordate anche che è importante sorridere quando si interagisce con gli altri. Non faremo una bella impressione se siamo sempre accigliati, con un’espressione imbronciata, scontenta o irritata: le persone non si sentiranno a proprio agio a confidarci i loro problemi. E se le persone non possono aprirsi con noi, non riusciremo a sviluppare una forte unità. I responsabili devono abbracciare tutti con un sorriso che rinfranca.
«È altrettanto fondamentale manifestare la nostra gratitudine ai membri. In particolare, si dovrebbe sempre trovare il momento per ringraziare garbatamente coloro che hanno fatto uno sforzo straordinario o si sono adoperati per sostenere una determinata attività.
«Un’organizzazione è un insieme di persone. Se dimentichiamo di esprimere il nostro apprezzamento, o diamo per scontati gli sforzi compiuti dagli altri, finiremo per allontanare tutti.
«Un altro punto importante è agire con tempestività. Se arriva qualcosa per i membri dalla sede centrale della Soka Gakkai, ad esempio, non dovremmo far passare diversi giorni prima di spedirgliela. E nemmeno si dovrebbe indugiare prima di agire quando riceviamo una richiesta da parte dei membri, perché questo porterebbe le persone a perdere la fiducia. In tutte queste situazioni, sia che si debba trasmettere una comunicazione, sia che si debba discutere un problema, la velocità è un aspetto essenziale».
Man mano che i presenti, riuniti nella sala in stile giapponese, iniziavano a riflettere su quelle parole, meditando sul proprio comportamento, non potevano fare a meno di considerare che ognuno di loro poteva svilupparsi ulteriormente e migliorare ancora.
«Fin da quando ero giovane, la rapidità di azione è sempre stata una delle mie priorità. Toda era solito ripetere: “Shin’ichi ha sempre una risposta veloce, come un fulmine. È rapido come un falco. E io ne sono orgoglioso”».
I responsabili della prefettura di Fukushima ascoltavano il presidente Yamamoto con espressione concentrata.
Shin’ichi proseguì: «Naturalmente i responsabili devono prendere l’iniziativa, ma è altrettanto fondamentale che essi prendano tutti gli accorgimenti possibili per riuscire a motivare ogni singolo membro ad alzarsi con la loro stessa determinazione, affinché ognuno di loro possa partecipare alle attività con gioia e coraggio.
«Si vedono spesso situazioni in cui i responsabili di prefettura, capitolo e settore si danno tutti un gran da fare, e tuttavia non si vedono grandi risultati. Questo accade perché solo i referenti centrali si stanno sforzando al massimo, ma la determinazione di vincere non si è diffusa capillarmente in tutta l’organizzazione.
«Per cambiare questa situazione è necessario che tutti i responsabili siano uniti. In particolare, coloro che hanno una posizione di vice responsabilità devono allenarsi a tirare fuori le proprie capacità. Quando si crea una salda unità, in quella zona si smuoverà l’intera organizzazione.
«La Soka Gakkai sta diventando una struttura organizzativa con più livelli, di conseguenza il numero di coloro che avranno una posizione di vice responsabilità andrà aumentando. Dato che vengono fatte spesso le nomine, anche per un cambio generazionale, si verificheranno molti casi in cui i vice responsabili avranno più esperienza di attività, più capacità e risulteranno anche più grandi anagraficamente rispetto ai referenti centrali.
«Perciò è di vitale importanza che i referenti centrali non si comportino da prime donne, ma cerchino costantemente di utilizzare le capacità dei vice responsabili, mostrando loro rispetto e riconoscenza per poter beneficiare del loro sostegno. I referenti centrali dovrebbero assumersi il compito di contattare i vice responsabili per condividere le opinioni e avere il loro supporto. Le persone non si impegnano al meglio se ritengono che nessuno si aspetta qualcosa da loro e non si tiene conto del loro contributo.
«È anche importante chiarire bene le responsabilità e i compiti dei vice responsabili. «In ogni caso, le zone dove i responsabili centrali e i loro vice collaborano insieme in armonia faranno grandi passi avanti, con grinta e vivacità».
Mentre un albero solitario in un campo, anche se è ben diritto, non può bloccare la forza del vento, molti alberi formano una foresta, che non solo funge da barriera contro il vento, ma offre anche altri vantaggi.
Shin’ichi proseguì con sempre maggiore convinzione: «I responsabili centrali dovrebbero abbracciare tutti con un animo generoso e tollerante, e lavorare intensamente dietro le quinte per il bene del Buddismo e dei membri. Allo stesso tempo, devono opporsi energicamente e categoricamente a chiunque cerchi di distruggere o causare problemi all’interno della Soka Gakkai, altrimenti non saranno in grado di sostenere e proteggere i membri, i nobili figli del Budda, che cadranno facilmente in una spirale di infelicità. Senza un ardente spirito combattivo, senza determinazione e coraggio non si può essere un responsabile di kosen-rufu».
Soltanto chi è forte può veramente prendersi cura degli altri. Al contrario, quel tipo di cura e attenzione che procura sofferenza e tristezza alle persone non è assolutamente ciò di cui esse hanno bisogno.
Shin’ichi poi aggiunse: «Non importa quanto possano cambiare le circostanze e le epoche, la missione fondamentale di assumersi la responsabilità di kosen-rufu, rimane sempre la stessa. D’altronde, ciò che si richiede a un responsabile cambia col mutare dei tempi. Per esempio, se in passato un atteggiamento formale poteva essere una qualità importante per un responsabile, oggigiorno è necessario mostrarsi cordiali e disponibili.
«Tuttavia, se i responsabili smettono di crescere e diventano arroganti, non sentiranno più l’esigenza di cambiare e migliorare se stessi. Saranno rigidi, di vedute ristrette e impantanati nel passato, convinti di andare bene così come sono. Così rimarranno indietro e finiranno col diventare un freno al progresso di kosen-rufu. Tutto questo è molto pericoloso».
Shin’ichi guardò tutti i presenti.
«In fin dei conti, ciò che è veramente importante è l’unità. Se nella Soka Gakkai non ci sarà più unità, si bloccherà la propagazione del Buddismo. Abbiamo bisogno di costruire un’invincibile cittadella di persone dalla fede incrollabile, che si basino su una unità solida come la roccia».
Shin’ichi cominciò quindi ad analizzare i requisiti necessari per creare unità.
«Per realizzare unità, bisogna innanzi tutto portare avanti la propria rivoluzione umana. Non si può creare unità senza superare il proprio egocentrismo e il proprio egoismo.
«Qual è il requisito fondamentale per creare unità nel mondo della Soka Gakkai? Per tutti noi è fondamentale rimanere ben saldi al principio cardine di non dualità di maestro e discepolo, sforzandoci insieme per il bene di kosen-rufu. Questa è la base dell’unità nella Soka Gakkai. L’atteggiamento di “diversi corpi, stessa mente”, o unità di intenti, si trova unicamente ricercando lo spirito di maestro-discepolo e compiendo azioni in accordo con la visione del nostro maestro».
Il tono di voce di Shin’ichi Yamamoto diventava sempre più severo. «Se vi impegnate sul serio nel realizzare l’unità, non dovreste criticare alle spalle o parlar male dei compagni di fede. Questo dà modo alle funzioni negative di formare una crepa attraverso la quale poter entrare creando divisioni all’interno dell’organizzazione, che potrebbero portare in seguito alla distruzione del Buddismo del Daishonin.
«Toda spesso diceva che la Soka Gakkai era più importante della sua stessa vita, perché è l’unica organizzazione al mondo, anzi, nell’universo, che agisce in accordo con la volontà e il desiderio del Budda di realizzare kosen-rufu. Di conseguenza, diceva, dobbiamo proteggerla assolutamente.
«È naturale che a volte i responsabili abbiano opinioni diverse tra loro, o che desiderino fare delle richieste ad altri responsabili riguardo ai rispettivi compiti. In questi casi è importante parlare direttamente con la persona interessata, ascoltando con attenzione le parole dell’altro, senza perdere le staffe o farsi prendere dall’emotività.
«Qualunque cosa accada, i responsabili non dovrebbero mai sminuire gli altri responsabili parlando alle loro spalle, né minimizzare gli sforzi altrui o creare fazioni. Il motore di kosen-rufu potrà viaggiare spedito soltanto quando tutti saranno uniti nello spirito e sarà stata ingranata la marcia della solidarietà, senza alcun indugio».
Criticare o parlar male di altri membri alle spalle, anche se impulsivamente, è comunque un’offesa alla Legge. Delle quattordici offese elencate nel Sutra del Loto, le ultime quattro – disprezzare, odiare, invidiare e serbare rancore – sono rivolte in particolare nei confronti dei compagni di fede che si sforzano sinceramente nella fede e nella pratica buddista.
Nel terzo capitolo del Sutra del Loto, “Parabola”, si trova un ammonimento: coloro che commettono la grave colpa di offendere la Legge andranno incontro al mondo di Inferno di incessante sofferenza (cfr. SDL, 94). Ecco perché il Daishonin, che aveva esortato i suoi seguaci a non commettere questa offesa, ammonisce: «Perciò tieni a mente queste parole e non dimenticare che coloro che abbracciano il Sutra del Loto non dovrebbero, per nessun motivo al mondo, insultarsi l’un l’altro» (RSND, 1, 670).
Di fatto calunniare altri membri distrugge lo spirito di unità necessario per far progredire kosen-rufu, altera e confonde il cuore delle persone, privandole della forza per andare avanti. Come scrive Nichiren: «Né i non buddisti né i nemici del Buddismo possono distruggere il corretto insegnamento del Tathagata, ma i discepoli del Budda possono senza dubbio farlo. Come dice un sutra, solo i vermi nati dal corpo del leone stesso possono cibarsene» (Lettera da Sado, RSND, 1, 267). Questa è una lezione che bisogna incidere profondamente nei nostri cuori.
Il dialogo cuore a cuore offre una splendida opportunità per discutere a fondo delle varie questioni. Shin’ichi Yamamoto voleva cogliere questa occasione per parlare dell’importanza dell’unità da vari punti di vista con i responsabili della prefettura di Fukushima, la cui comunità presentava differenti e spiccate caratteristiche.
«Quando i responsabili sono veramente decisi a creare unità, le azioni concrete che intraprenderanno, così come il loro comportamento, manifesteranno quella decisione.
«Per quanto riguarda il livello di prefettura, l’unità inizia da una comunicazione fluida e immediata e da un buon coordinamento tra i responsabili della Divisione uomini e della Divisione donne. Un’organizzazione può essere considerata unita quando, ad esempio, i responsabili sanno chi si è recato in una determinata zona in un dato giorno. E se dovesse venire fuori qualche problema in una zona specifica, chi ne è responsabile informerà subito gli altri in merito alla situazione, assicurandosi di trasmettere tutte le informazioni.
Tutti, inoltre, mostreranno rispetto e attenzione gli uni per gli altri. Quando i responsabili della prefettura sono occupati nei loro diversi compiti, in cui cercano di dare il massimo, gli altri responsabili dovrebbero essere pronti a offrire il loro aiuto disponibili a fare tutto il possibile per alleggerire il carico di impegni dei loro corresponsabili.
«A prescindere dalla sua posizione nell’organizzazione, l’atteggiamento di un responsabile di prefettura dovrebbe essere quello di assumersi la piena responsabilità, come se fosse il responsabile centrale. Questo è l’esempio di una buona leadership.
«Nella Soka Gakkai, l’organizzazione dedita alla realizzazione di kosen-rufu, non possiamo essere soddisfatti di noi stessi se facciamo da spettatori, se siamo bravi solo a guardare gli altri con distacco e indifferenza, senza offrire la nostra collaborazione.
«Anche nel baseball tutti i giocatori in campo osservano il movimento della palla, pronti a entrare in azione quando questa è messa in gioco. Non è così? Come ha scritto il poeta indiano Rabindranath Tagore (1861-1941): “Dobbiamo cercare la nostra forza nell’unità e in una fede incrollabile nella rettitudine”».
Queste parole sono perle di saggezza.
La grande forza della compassione della Soka Gakkai si manifesta totalmente nell’unità di “diversi corpi stessa mente”, mentre ci sforziamo insieme armoniosamente per kosen-rufu.
I responsabili della prefettura di Fukushima avevano assunto un’espressione assorta, mentre ascoltavano con attenzione le parole di Shin’ichi.
La voce di Shin’ichi Yamamoto risuonò in tutta la sala: «Basta osservare una riunione per capire se c’è unità tra i responsabili o se stanno facendo attività con scopi contrastanti».
Tutti lo guardarono con aria interrogativa. «Per esempio, immaginiamo che in un Centro culturale si stia svolgendo un meeting di responsabili da capitolo in su, un incontro di responsabili fino a livello di prefettura. A meno che i posti dei singoli responsabili non siano stati assegnati in anticipo, basterà osservare dove hanno preso posto i responsabili di prefettura e di area che non sono sul palco, e che cosa stanno facendo.
«I responsabili che non hanno compiti particolari per la riunione dovrebbero stare tutti seduti il più vicino possibile al palco, impazienti ed entusiasti di assorbire al massimo. Quando vengono eseguite le canzoni della Soka Gakkai, dovrebbero cantare con passione ed essere i primi ad applaudire. Ciò incoraggerà anche tutti gli altri a partecipare, rendendo l’incontro più stimolante.
«Se invece i responsabili siedono in fondo alla sala con aria annoiata, come se quel meeting non li riguardasse minimamente, rovineranno l’atmosfera della riunione spegnendo l’entusiasmo di tutti con il loro comportamento. Per non dire di chi si trattiene fuori della sala, impegnato a chiacchierare nei corridoi di questioni senza importanza: questo sarebbe una sorta di “profanazione” di una riunione della Soka Gakkai che, dopo tutto, è un’assemblea di Budda.
«La mia opinione è che la decisione e l’impegno di una persona nel creare unità si manifestano nel suo comportamento, tramite le parole e le azioni di ogni giorno».
Shin’ichi desiderava che l’organizzazione di Fukushima diventasse una cittadella invincibile e indistruttibile di kosen-rufu. Voleva che si costruisse una fitta rete di persone che lavorassero insieme in armonia, un esempio e un modello per l’intera nazione.
Come affermava il presidente Toda: «La Soka Gakkai trionferà sempre attraverso l’unità di “diversi corpi, stessa mente”!». Questo è il motivo per cui era fermamente deciso a ribadire l’importanza dell’unità.
«Siamo tutti esseri umani, quindi è naturale che ci siano alcune persone con le quali non ci troviamo troppo bene. Ma il fatto di praticare il Buddismo e compiere la propria rivoluzione umana comporta lo sforzo di andare d’accordo con tutte le persone per il bene di kosen-rufu. In questi casi, dovremmo recitare Daimoku cercando di aprire il nostro cuore, di espandere il nostro stato vitale. Quando sviluppiamo una condizione vitale ben salda, siamo in grado di accogliere e accettare ogni persona».
Quell’incontro informale stava diventando una sessione di approfondimento sul tema dell’unità.
Shin’ichi, dopo essere arrivato al nocciolo della questione, rivolse uno sguardo attento ai giovani riuniti in sala.
«Signor Okutsu, lei è il responsabile della Divisione giovani qui a Fukushima, non è vero?».
«Sì. Sono Tadashi Okutsu», rispose un giovane con gli occhiali dall’aspetto serio, mentre si alzava in piedi.
Tadashi era corrispondente del Seikyo Shimbun e responsabile di territorio della Divisione giovani uomini nella circoscrizione di Shinagawa, a Tokyo, ma due mesi prima si era trasferito a Fukushima, dopo essere stato nominato responsabile della Divisione giovani di prefettura.
«Ti conosco molto bene» esclamò il presidente Yamamoto. «La tua famiglia gestisce un negozio di frutta a Shinagawa, vero? Una volta sono venuto a trovarvi a casa, credo quattro anni fa».
«Sì, certo! Proprio così».
Nell’aprile del 1973, Shin’ichi era andato a fare una visita alla famiglia di Tadashi per incoraggiare lui, la moglie e i genitori.
Shin’ichi, rivolgendosi ai membri in sala, disse: «Se potessi, mi piacerebbe venire a trovare ognuno di voi a casa, per fare Gongyo insieme e parlare un po’. In particolare vorrei poter andare a trovare tutte le persone che stanno affrontando dei problemi, per mettere loro un braccio intorno alle spalle e incoraggiarle con tutto il cuore. Tutti i membri sono preziosi figli del Budda. E anche se in realtà non ho il tempo di farlo, questo è ciò che veramente desidero nel mio cuore. È stato anche il desiderio dei nostri presidenti, a partire da Makiguchi.
«Quando i giovani che non riuscivano a convincere i loro genitori a praticare questo Buddismo si recavano da Makiguchi per ricevere un consiglio nella fede, lui rispondeva: “Trasmettere l’insegnamento corretto è il favore più grande che potete fare ai vostri genitori. Il solo desiderio di farlo è di per sé assai nobile. Permettetemi di andarci io in vostra vece”. E così facendo viaggiava in lungo e in largo, per tutto il Giappone.
«Nel 1942, l’anno prima di venire arrestato per i provvedimenti repressivi delle autorità militari, Makiguchi venne qui a Koriyama e Nihonmatsu, nella prefettura di Fukushima, per recarsi a trovare i genitori di due diversi membri. Dopo avere discusso sul Buddismo insieme, i genitori di entrambi i giovani abbracciarono questa pratica ed entrarono a far parte della Soka Gakkai. A quel tempo, il viaggio in treno dalla stazione Ueno di Tokyo fino a Koriyama durava poco più di sei ore. E Makiguchi aveva già settantuno anni, all’epoca.
«Su richiesta di un altro giovane, Makiguchi si recò anche a Yame, nella prefettura di Fukuoka, per parlare di Buddismo alla sua famiglia. Il viaggio in treno durò un giorno intero, in un vagone di terza classe con sedili di legno molto duri. Questo tipo di azioni, così sentite e sincere, intraprese per sostenerli, sono quelle che incoraggiano maggiormente i giovani».
Nella primavera del 1939, il presidente fondatore della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi, fece visita a una coppia che viveva a Yame, nella prefettura di Fukuoka. Il figlio e il fratello minore del marito, che vivevano a Tokyo, avevano chiesto a Makiguchi di incoraggiare i due sposi a diventare membri della Soka Gakkai.
Makiguchi, con molta calma e pazienza, parlò del Buddismo alla coppia. Ascoltando la sua esposizione logica, ben strutturata e piena di convinzione, i due decisero di aderire al Buddismo. Makiguchi dichiarò in quell’occasione: «Alla luce degli insegnamenti del Buddismo, il fatto che voi riceviate il Gohonzon significa che in futuro ci sarà un alleggerimento dell’infelicità di tutte le persone del Kyushu.
Nichiren Daishonin scrive: «Dapprima solo Nichiren recitò Nam-myoho-renge-kyo, ma poi due, tre, cento lo seguirono, recitando e insegnando agli altri. La propagazione si svilupperà così anche in futuro» (Il vero aspetto di tutti i fenomeni, RSND, 1, 341).
«Quando siete davanti al Gohonzon e recitate Nam-myoho-renge-kyo, sicuramente due, tre, e poi cento persone emergeranno qui nel Kyushu e decideranno di “abbracciare” il Gohonzon, secondo il principio di “emergere dalla Terra”».
Makiguchi continuò: «Daimoku è la pratica per sé e per gli altri; è necessario non solo recitare Daimoku diligentemente per se stessi, ma anche insegnare agli altri a fare altrettanto. Questo è fondamentale. Se porterete avanti sia la pratica per sé che la pratica per gli altri, sarete in grado di superare tutti i vostri problemi. Allo stesso tempo, se si pratica correttamente il Buddismo, sicuramente sorgeranno degli ostacoli».
Makiguchi espose in modo chiaro i principi del Buddismo ai due nuovi membri, incoraggiandoli a sviluppare una forte determinazione.
Non solo, ma il giorno dopo disse loro: «Ora mettiamo in pratica la nostra fede!», e accompagnò la coppia a casa di un amico a Unzen, nella prefettura di Nagasaki, per fargli conoscere il Buddismo.
Mentre viaggiavano in treno diretti a Unzen, Makiguchi disse ancora: «Osservate attentamente come parlerò di Buddismo a questa persona. Fare shakubuku, cioè condividere gli insegnamenti buddisti con gli altri, è la linfa vitale della nostra fede. Una vita dedita a fare del bene agli altri è una vita di grande valore».
Quando una persona entra a far parte della nostra organizzazione, è importante insegnarle Gongyo e lo spirito di shakubuku, aiutandola a diventare campione di dialogo per kosen-rufu. È così che si propaga il Buddismo.
L’unico modo per far progredire kosen-rufu è essere disposti a recarsi ovunque per la felicità di un’altra persona, per condividere il Buddismo, incoraggiandola con tutto il cuore.
Shin’ichi Yamamoto si rivolse poi al responsabile della Divisione giovani della prefettura di Fukushima, Tadashi Okutsu, con queste parole: «Per favore, stia sempre a stretto contatto con il responsabile della prefettura di Fukushima e con la responsabile della Divisione donne, e costruite qui una nuova Soka Gakkai, utilizzando la forza dei giovani.
«Inoltre, chiedo ai membri delle Divisioni uomini e donne di sostenere i giovani uomini e le giovani donne, come pure la Divisione studenti, in modo che possano svolgere liberamente le loro attività con gioia manifestando le loro potenzialità. Non importa quanto la Soka Gakkai possa essersi sviluppata finora, se i giovani non vengono sostenuti e le Divisioni scuole superiori, scuole medie e scuole elementari non si espandono, non possiamo aspettarci che l’organizzazione continui a prosperare nel futuro.
«I membri della Divisione giovani sono i successori della Soka Gakkai. Prenderanno sulle spalle la loro missione e faranno crescere e progredire la nostra organizzazione più di quanto sia avvenuto finora.
«Per poter realizzare questa missione, desidero che i membri della Divisione giovani sviluppino una convinzione assoluta nella fede. Per questo è fondamentale che accumulino tante esperienze, in modo da poter affermare: “Ho superato questi problemi recitando Daimoku e lottando con tutto me stesso”.
«I giovani hanno bisogno di sperimentare il potere infinito del Daimoku, compiendo azioni mirate al superamento dei problemi che stanno affrontando, trasformando così le loro vite. Devono anche studiare bene il Buddismo. È basilare approfondire le ragioni per cui possiamo affermare che il Buddismo di Nichiren Daishonin è l’insegnamento supremo, e come si dovrebbe vivere alla luce di questo insegnamento.
«Inoltre, è fondamentale che approfondiscano il legame di maestro e discepolo e rafforzino i legami di amicizia e di solidarietà con i compagni di fede. Io stesso, man mano che ho fatto mio lo spirito altruistico e la dedizione di Makiguchi e Toda, e ho iniziato a comprendere la grandezza della loro personalità, da cui ho imparato moltissimo, ho potuto radicare in me una convinzione assoluta nel Buddismo e nella Soka Gakkai.
«Ascoltare le esperienze dei responsabili anziani e degli altri membri porterà ciascuno di voi ad accrescere la propria convinzione. Questa meravigliosa cerchia di buoni amici, che è la Soka Gakkai, è una fonte davvero preziosa per alimentare la nostra convinzione.
«Conto su di voi, membri della Divisione giovani. Il futuro è nelle vostre mani».
Con questo incoraggiamento rivolto a tutti i giovani presenti, si concluse l’incontro con i rappresentanti di prefettura e area.
Shin’ichi in seguito ispezionò accuratamente la struttura, controllando che tutte le porte e le finestre fossero chiuse e che ogni stanza fosse in ordine. Dopo eventi di grande portata, quando tutti hanno uno stato d’animo festoso, aumentano le probabilità di essere superficiali. E proprio in quel momento, le funzioni demoniache possono approfittare per provocare incidenti.
Fin dalle prime ore del mattino del suo secondo giorno al Centro culturale di Fukushima, Shin’ichi Yamamoto cominciò a scrivere dei brevi messaggi di incoraggiamento. Aveva sulla scrivania una pila di libri che non finiva più e scrisse due righe all’interno di ciascuno di quei volumi, che durante la mattina avrebbe regalato ai suoi amati membri di Fukushima e del Tohoku.
Più tardi si intrattenne con i responsabili di prefettura di Fukushima, e subito dopo pranzo partecipò alla cerimonia di inaugurazione di un monumento dedicato ai presidenti della Soka Gakkai, che si trovava nel cortile del Centro culturale.
Shin’ichi sciolse il nastro ornamentale bianco e rosso, tirando via il telo dalla scultura per scoprire un monumento in granito nero su cui si leggeva una poesia del secondo presidente, Josei Toda, incisa a mano con la calligrafia di Shin’ichi:

Il viaggio per diffondere
la Legge mistica
è lungo.
Incoraggiandoci l’un l’altro
sforziamoci e avanziamo mano nella mano.

Nel corso della cerimonia furono inaugurati altri due monumenti in pietra, su cui erano incise in caratteri cinesi le diciture: «Spirito della Gakkai», scritta a mano dal primo presidente Tsunesaburo Makiguchi e «Grande voto» con la calligrafia del presidente Toda. Shin’ichi volse lo sguardo alla targa che si trovava accanto al monumento con la poesia di Toda. Recitava così: «Noi, i discepoli di Josei Toda, facciamo il voto che, finché non si sarà realizzato kosen-rufu nel mondo, ci sforzeremo di superare con coraggio le tempeste scatenate dai tre potenti nemici e, prendendo la poesia del nostro maestro come punto di partenza eterno e indistruttibile, ci impegneremo insieme per realizzare l’intento e la volontà del Budda nello spirito di “diversi corpi, stessa mente”». La scritta terminava con le parole: «Noi, i membri della Soka Gakkai, ci adoperiamo per portare avanti con coraggio lo shakubuku, per diffondere il Buddismo esistenza dopo esistenza, a fianco dei presidenti della Gakkai».
Shin’ichi si rivolse poi ai membri di Fukushima: «Al di là di quello che può accadere, desidero che i membri di Fukushima avanzino sempre con questo spirito. I successori della Soka Gakkai non devono mai fermarsi mentre avanzano verso la realizzazione di kosen-rufu, qualunque sia la circostanza in cui potranno trovarsi. Scrive il Daishonin: “Rafforzate la vostra fede giorno dopo giorno e mese dopo mese. Se la vostra determinazione cala anche solo un po’, i demoni prenderanno il sopravvento.” (Le persecuzioni che colpiscono il santo, RSND, 1, 885). Andate avanti sempre con questo spirito, ricordando che non avanzare equivale a retrocedere».
Poi Shin’ichi prese parte a una cerimonia durante la quale furono rilasciate delle carpe in un laghetto al lato del giardino.
Un responsabile di prefettura disse: «Questo laghetto è ancora senza nome. Le saremmo molto grati se fosse lei a darglielo».
«Volentieri!» esclamò Shin’ichi. «Chiamiamolo “Il lago dell’esistenza continua”. Questo significa che la vita è eterna, come eterni sono anche i legami tra i compagni di fede».
Dopo aver liberato le carpe nel laghetto furono piantati degli alberi per ogni divisione sul terreno del Centro culturale. Shin’ichi piantò un albero di zelkova (olmo giapponese, n.d.r.), caratteristico della zona. Su richiesta dei responsabili di prefettura, diede un nome anche a questo albero, che chiamò “La Zelkova Kofu (kosen-rufu)”.
Durante i vari eventi, il presidente Yamamoto aveva continuato a fare fotografie commemorative con i rappresentanti dei diversi gruppi: prima di tutti con i membri della Divisione giovani uomini e poi a seguire con gli altri.
Si recò quindi a visitare la città di Koriyama. In lontananza si scorgeva la cima innevata del Monte Adatara: sembrava che la montagna stesse allungando le sue propaggini in un abbraccio gigante. Mentre era in macchina, Shin’ichi rivolse una serie di domande a Susumu Aota, responsabile generale della regione del Tohoku e vice presidente della Soka Gakkai, come ad esempio: «Chi non possiede un’auto, in che modo arriva al Centro culturale di Fukushima?», «Quante macchine entrano nel parcheggio del Centro culturale,?», «Chi si è preoccupato di andare a fare una visita ai vicini che si trovano accanto al Centro, e quando?».
Shin’ichi voleva avere un riscontro su questi punti, per assicurarsi che i membri fossero protetti e i vicini capissero e approvassero il nuovo Centro, in modo tale da consentire uno svolgimento sereno delle attività, senza problemi né incidenti.
Il presidente Toda una volta disse: «È essenziale prendere le misure opportune per affrontare qualunque tipo di situazione».
Shin’ichi chiese di passare anche davanti al Centro culturale di Kooriyama, che era stato il Centro per le attività della prefettura di Fukushima fino a quando non era stato costruito il nuovo Centro culturale. Poi, rivolgendosi a un responsabile che viaggiava insieme a lui, chiese di consegnare un suo messaggio di incoraggiamento e alcuni piccoli doni agli staff che stavano facendo il turno al Centro culturale, compresi i Gajokai.
Gli occhi di tutti i membri erano puntati sul nuovo Centro culturale di Fukushima, appena ultimato. Ma era indubbio che i preparativi per le cerimonie di inaugurazione dovevano essersi svolte in questo centro, che continuava quindi a funzionare come fulcro delle attività che si svolgevano dietro le quinte, e Shin’ichi in qualche modo voleva trasmettere il suo incoraggiamento agli staff che lo proteggevano in modo invisibile, volendosi prendere cura di tutti loro. Se i responsabili prestano attenzione solo a chi sta sotto i riflettori e non riescono a vedere chi lavora dietro le quinte, nell’organizzazione si riscontreranno atteggiamenti opportunistici ed egocentrici. Per individuare persone capaci è necessario aprire bene gli occhi per vedere oltre la superficie immediata, osservando attentamente ogni dettaglio, esaminando quindi non solo l’apparenza esteriore, ma anche ciò che è più nascosto.
Dopo le quattro del pomeriggio, Shin’ichi Yamamoto partecipò a una piccola riunione con circa ottanta membri, tra cui i responsabili di prefettura e area. L’incontro si svolse in modo informale, durante una cena in un ristorante vicino al Centro culturale di Fukushima. Shin’ichi aveva preparato la riunione per ringraziare e incoraggiare i membri che avevano un ruolo attivo nell’organizzazione e coloro che avevano dato un contributo importante come pionieri, fin dagli albori della Soka Gakkai.
Non appena arrivato al ristorante, il presidente Yamamoto fece il giro di tutti i tavoli per salutare ogni persona. Poi raggiunse un tavolo rotondo dove erano seduti dei membri della Divisione donne e rivolgendosi alla responsabile delle guide personali della prefettura, Ai Suzumura, e alla responsabile della zona Joban, Utae Kanda, sedute una accanto all’altra, disse: «Sono così felice di vedervi qui tutte e due, le madri di Fukushima! Avete proprio un bell’aspetto, siete in gran forma. Se le persone che fanno parte di un’organizzazione, in particolare i pionieri, continuano a rimanere belle, attive ed energiche, l’organizzazione sarà destinata a crescere».
Ai Suzumura portava gli occhiali, era una donna dinamica e allegra che fino a due anni prima era stata responsabile di prefettura della Divisione donne. Utae invece era un po’ più riservata, ma possedeva una fede adamantina.
Alle parole di Shin’ichi, Utae arrossì e rispose: «Grazie! Ho compiuto cinquantaquattro anni». Il presidente Yamamoto sorrise: «Le signore non dovrebbero mai rivelare la loro età. E poi, lei è davvero giovane. Makiguchi non aveva ancora iniziato a praticare alla sua età!».
«Quel che conta, nella vita, è ciò che si fa dopo essersi ritirati dal ruolo di referenti centrali dell’organizzazione. Non bisogna pensare: “Ho portato fino in fondo la mia missione e ora è arrivato il momento di gustarmi il meritato riposo divertendomi”. Con questo atteggiamento la sua fede, che l’ha sostenuta finora, comincerebbe a sbriciolarsi. La sua lotta è solo all’inizio.
«Non molto tempo fa ho domandato a un responsabile delle guide personali di prefettura quante persone avesse fatto praticare negli ultimi sette anni. Si trattava di una persona che in passato aveva fatto shakubuku a cento o duecento persone. E tuttavia mi rispose: “In questi ultimi anni non sono riuscito a far praticare nessuno”. “Allora mettiamoci di nuovo alla prova con lo stesso spirito pionieristico dei primi tempi di pratica!” – risposi. Ciò che abbiamo realizzato in passato non conta più, appartiene al passato. Ciò che conta realmente è quello che stiamo facendo adesso, ciò che realizziamo da ora in avanti. Finché siamo in vita, dobbiamo continuare ad avanzare incoraggiando sempre gli altri, sia che abbiamo ottanta anni, sia che ne abbiamo novanta. Per favore, affronti la sua vita con uno spirito eternamente giovane”».
Con voce piena di convinzione, Shin’ichi disse poi ad Ai Suzumura e Utae Kanda: «Per tutto il tempo che vivrete, desidero che continuiate a trasmettere fino in fondo lo spirito della Soka Gakkai a ogni persona, attraverso le vostre azioni. Dopo tutto, siete le mie compagne di fede del capitolo Bunkyo e avete combattuto insieme a me!».
Entrambe le donne erano state membri della Divisione donne nel capitolo Bunkyo nel periodo in cui Shin’ichi svolgeva la funzione di responsabile di capitolo.
La responsabile di prefettura Ai Suzumura veniva da Sukagawa, nella prefettura di Fukushima, e aveva un carattere allegro e ottimista. Dopo aver studiato alla scuola di specializzazione del magistero, aveva insegnato nelle scuole statali.
A ventitré anni aveva sposato Hirotaka Suzumura, un rivenditore di riso al dettaglio di Nakoso, un piccolo borgo nella zona di Hamadori. Il loro negozio andava a gonfie vele e Ai pensava che la loro vita sarebbe proseguita così, senza problemi. Fin dai tempi della scuola era stata soprannominata “la signorina buonumore”, ed era sempre circondata da persone allegre. Ma poco dopo aver dato alla luce il suo primo figlio, Ai si ammalò di tubercolosi, una malattia di cui all’epoca spesso si moriva. Quindi fu ricoverata in ospedale, angosciata dalla paura di non poter guarire. Quando finalmente tornò a casa, otto mesi dopo, cominciò a soffrire di insonnia e la sua gastroenterite cronica si riacutizzò. Emotivamente e psicologicamente stremata, finì per contrarre un esaurimento nervoso. Vivere per lei era ormai una grande sofferenza.
Iniziò a considerare l’idea di togliersi la vita, fino a ritrovarsi una volta dritta sul bordo di una scogliera, con l’intento di buttarsi di sotto.
Aveva perso la sua vitalità ed era dimagrita tanto da sembrare un’altra persona. Ora trascorreva le sue giornate attanagliata da pensieri angoscianti. In casa non si udivano più le sue fragorose risate, che erano ormai un ricordo lontano, e tutta la famiglia era avvolta in una cupa cappa di silenzio e malinconia. Anche suo marito, Hirotaka, era sfinito fisicamente e mentalmente, dato che doveva prendersi cura della moglie malata e dei figli e portare avanti il suo negozio. Malediceva il suo destino e quello della moglie.
Nell’ottobre del 1956, otto anni dopo che Ai si era ammalata, a Hirotaka capitò di portare a domicilio del carbone a suo fratello maggiore, che viveva nello stesso quartiere. Suo fratello era appena diventato membro della Soka Gakkai, e proprio quel giorno a casa sua si teneva una riunione di discussione.
Il fratello accolse Hirotaka esclamando: «Sono così contento che tu sia qui! Sei arrivato al momento giusto, è appena iniziato un meeting della Soka Gakkai. Resta qui, così potrai ascoltare. Entra, siediti lì davanti!».
Hirotaka non poteva dire di no a suo fratello. Ma si sentiva come in trappola là dentro, e partecipò all’incontro a malincuore.
Quelle persone riunite non sembravano particolarmente benestanti, ma i loro occhi brillavano e le loro guance erano rosse per l’eccitazione. Raccontavano con voce vibrante le proprie esperienze, di come ad esempio erano riuscite a superare una malattia o qualunque altro problema attraverso la fede e la pratica buddista. Le loro parole trasudavano convinzione, e ascoltandole era impossibile dubitare di poter diventare felici.
Hirotaka percepì un’intensa luce provenire da ognuno di loro, quella luce che si alimenta della gioia della fede.
Inoltre, quando raccontò ai presenti che sua moglie era malata, tutti gli assicurarono che sarebbe riuscita sicuramente a rimettersi in salute grazie alla pratica buddista.
Fiducia e convinzione sono la forza motrice della propagazione. È un ruggito che parte dall’anima, la convinzione assoluta che, al di là della situazione attuale, si può davvero diventare felici. È questo che colpisce il cuore delle persone.
Nel gennaio dell’anno successivo (1957), tre mesi dopo quell’incontro, Hirotaka diventò membro della Soka Gakkai. Dal momento che suo fratello faceva parte del settore Nihonbashi del capitolo Bunkyo, anche Hirotaka iniziò a praticare lì.
Sua moglie Ai era contraria all’idea che Hirotaka aderisse alla Soka Gakkai. Era di fede cristiana e la sua famiglia aveva costruito una chiesa in un terreno proprio vicino alla casa dei genitori, dove suo fratello maggiore svolgeva le funzioni religiose. Sapeva poco della Soka Gakkai e pensava che suo marito fosse entrato a far parte di una strana setta sconosciuta.
Senza curarsi della sua disapprovazione, Hirotaka si impegnò nella pratica con tutto se stesso perché voleva che sua moglie riacquistasse la salute. Ma ogni volta che le comunicava che stava andando a una riunione, Ai lo implorava di non farlo, scatenando spesso un putiferio. Una volta arrivò a chiamare la sorella per convincere Hirotaka a smettere di praticare.
A casa dei Suzumura cominciarono frequenti visite da parte dei responsabili e di alcuni membri del capitolo Bunkyo, sia da Tokyo che da Onahama, una località di mare nella prefettura di Fukushima, tra cui il responsabile di settore Nihonbashi, Taketo Shimadera, e Utae Kanda, che viveva a Onahama.
I membri che andavano a far visita alla famiglia di Hirotaka non mancavano mai di salutare sua moglie con grande cordialità, la rincuoravano con parole di incoraggiamento e le parlavano del potere benefico del Buddismo raccontando le loro esperienze personali.
Via via che Ai Suzumura ascoltava le storie dei membri del capitolo Bunkyo che si recavano a casa sua, veniva sempre più colpita dalla loro convinzione e cominciò a desiderare di iniziare a praticare il Buddismo.
Così nel giugno del 1957, cinque mesi dopo che il marito Hirotaka era diventato membro, anche lei entrò a far parte della Soka Gakkai.
Un giorno il responsabile di settore Taketo Shimadera andò a farle visita e le disse: «Cara signora Suzumura, se vuole davvero trasformare il suo karma e diventare felice, non basta che reciti Daimoku. Questa è una pratica per se stessi e per gli altri, così oltre a fare Gongyo e Daimoku, abbiamo bisogno di condividere questo Buddismo con le altre persone. Se lei prega solamente per la sua felicità, la sua sarà una fede egoista, egocentrica».
La signora ribatté: «Ma io non ho ancora risolto i miei problemi. Quando li avrò risolti, allora potrò pensare a insegnare il Buddismo anche agli altri».
«Ma no, non funziona così! Ad esempio, se una persona è malata e non si sente abbastanza in forze per scendere dal letto, penserà forse di andare in ospedale solo quando si sentirà già meglio, o sarà guarita? Anche se può costare fatica, andrà di corsa in ospedale per farsi curare e per guarire al più presto».
«Lei ha ragione, se mi sentissi male io andrei subito in ospedale».
«Appunto. Lo stesso vale per il Buddismo. Se vuole superare le sofferenze che l’affliggono, non deve rimandare a domani questo sforzo: è necessario agire subito. Naturalmente se sta poco bene non c’è bisogno di stancarsi troppo.
«Si può fare shakubuku anche senza andare lontano. Basta parlare del Buddismo a chi viene a trovarci a casa, o ai vicini. In ogni caso, la cosa importante è condividere sinceramente l’insegnamento del Daishonin con la determinazione di rendere tutti felici».
«Ma io non so cosa dire!».
«Va benissimo, cominci con quello che sa» disse Shimadera in tono incoraggiante. «Intanto può raccontare perché ha deciso di iniziare a praticare, è un sistema eccellente. Oppure può accompagnare suo marito quando va a trovare qualcuno per parlargli di Buddismo, e confermare quello che lui dice annuendo con semplicità: “Sì, è vero”, ” È proprio così”».
Ai Suzumura fissò negli occhi Taketo Shimadera e domandò: «Davvero posso diventare felice recitando Daimoku e facendo shakubuku?».
«Senza ombra di dubbio! Il presidente della Soka Gakkai Josei Toda lo ha affermato categoricamente». Al meeting generale del capitolo Nakano, nel settembre del 1953, Josei Toda aveva dichiarato: «Voglio fare una promessa a tutti voi che oggi siete qui riuniti. Decidete con grande fermezza di fare Gongyo mattina e sera, senza saltarlo mai, e di fare shakubuku a una persona ogni due mesi. Chi di voi ha un problema o una sofferenza faccia un voto. Il Buddismo è una lotta all’ultimo sangue. Se non riuscite a risolvere i vostri problemi pur praticando in questo modo, darò la mia stessa vita».
Toda trasmise questa guida in ogni angolo del paese. A volte consigliava di «fare shakubuku a una persona ogni mese». Ma che si trattasse di una persona ogni mese o ogni due mesi, ciò che stava chiedendo ai membri era di parlare del Buddismo a tutti coloro che incontravano. In altre parole, quello che Toda chiedeva ai suoi discepoli era di dedicare fino in fondo la propria vita alla diffusione del Buddismo.
«Voglio cambiare il mio karma, che mi sta facendo soffrire in maniera inaudita ogni giorno!». Con questa determinazione in mente, Ai Suzumura cominciò ad andare a trovare i conoscenti che abitavano vicino a lei per parlare di Buddismo. In genere venivano colti di sorpresa a vedersela comparire alla porta di casa. Questa donna era sempre stata a letto malata, spesso con un’espressione cupa sul volto, e ora non soltanto faceva lo sforzo di andarli a trovare, ma cercava di parlare loro con estrema sincerità della sua fede buddista.
«Voglio dimostrare a tutti che posso superare i miei problemi attraverso questa pratica, assolutamente», diceva. «L’insegnamento del Daishonin è veramente meraviglioso».
Man mano che andava in giro a parlare in questo modo, la sua carnagione così spenta e pallida riacquistava colorito, mentre la sua voce si faceva più vivace e vigorosa. Tutti erano sbalorditi dalla trasformazione di Ai, che era stata sempre una donna priva di entusiasmo e di energia. A forza di condividere la sua nuova fede si era come trasformata e i suoi vicini ora ascoltavano attentamente le sue parole.
Quando parlava di Buddismo, Ai si rianimava e sentiva come una corrente calda scorrerle attraverso il corpo, inondandola di una forza vitale incredibile. A poco a poco cominciò a rifiorire e sul suo volto tornò il sorriso che era mancato per così tanto tempo. In tutto questo periodo fu Utae Kanda a incoraggiarla costantemente.
La responsabile delle guide personali della zona Joban, Utae Kanda, era nata nel villaggio di Ryozen, nella parte settentrionale di Nakadori. Aveva un anno di più della responsabile di prefettura Ai Suzumura ed era entrata a far parte della Soka Gakkai due anni prima di lei.
Dopo la seconda guerra mondiale, Utae si sposò con Tometaro Kanda che lavorava presso un’industria chimica a Onahama, nella parte meridionale della prefettura di Fukushima. I due sposi cominciarono la loro vita coniugale in uno degli alloggi di proprietà dell’azienda. Ebbero la fortuna di avere ben presto tre figli, ma tutti di salute cagionevole.
Un giorno andarono a trovarla alcune donne che conoscevano sua sorella minore. Volevano che Utae si convertisse alla loro religione. Una delle donne, dopo aver fatto una specie di sortilegio basandosi sui caratteri cinesi del suo nome e sulla sua data di nascita, le predisse che suo marito e i suoi tre figlioletti sarebbero morti prematuramente. Poi la esortò nuovamente a convertirsi alla loro religione. Il padre di Utae era morto di malattia a trentasette anni, e anche i suoi tre bambini soffrivano tutti di diverse malattie, fra cui l’asma e altri disturbi. Tutto questo la preoccupava talmente da convincerla ad aderire a questa religione. Frequentò quindi i luoghi della nuova fede e cominciò a impegnarsi attivamente nella propagazione.
Ciononostante poco dopo suo marito contrasse la tubercolosi. Utae intensificò allora la sua attività religiosa, mossa unicamente dal desiderio di vederlo guarire. Fece anche ingenti offerte in denaro e, nonostante fosse inverno, si sottopose alla pratica dei bagni in acqua fredda nel cuore della notte, come le avevano prescritto. Ma le condizioni di salute di Tometaro non fecero che peggiorare. Utae capì allora di essere stata ingannata e non volle più avere nulla a che fare con il mondo della fede.
Una religione deve insegnare i principi cardine secondo i quali un essere umano può vivere la sua esistenza. Se si segue una dottrina religiosa errata, questa influenzerà inevitabilmente la nostra vita. Ecco perché, se ci si preoccupa veramente di rendere felici le persone, è importante riflettere criticamente sui diversi insegnamenti religiosi e discuterne a fondo.
Fu all’inizio dell’estate del 1954 che Tometaro e Utae Kanda sentirono parlare della Soka Gakkai da un giovane venuto in visita da Tokyo. Il ragazzo, parlando della grandezza del Buddismo di Nichiren Daishonin, lasciò loro alcune pubblicazioni della Soka Gakkai. Dato che era sempre malato, Tometaro divorò le riviste con entusiasmo. Quegli articoli spiegavano che esistono insegnamenti religiosi profondi e altri superficiali, e che a seconda dell’oggetto di culto in cui si crede si può diventare felici o infelici.
Tometaro se ne convinse e decise di riporre le sue speranze nella filosofia del Daishonin.
«D’accordo, puntiamo su questo Buddismo!».
Nel giugno del 1954, Tometaro Kanda entrò a far parte della Soka Gakkai e ricevette il Gohonzon. Ma sua moglie non reagì bene: era indignata che suo marito avesse iniziato a praticare. Dalle esperienze vissute in passato era uscita con la sensazione che tutte le religioni fossero menzognere e illusorie.
In generale Utae aveva un’indole mite, ma quando suo marito faceva Gongyo si metteva apposta a sedere nella stessa stanza, con le spalle al Gohonzon, e leggeva a voce alta i sutra che aveva imparato dalle altre religioni praticate in precedenza.
Tometaro non si scomponeva minimamente. Gli era stato detto che se avesse avuto fede e avesse praticato il corretto insegnamento le funzioni demoniache non avrebbero tardato a fare la loro comparsa, e quindi andava avanti imperterrito. Cosa che naturalmente irritava Utae ancora di più.
Dopo essere diventato membro della Soka Gakkai, la salute di Tometaro cominciò a migliorare visibilmente, di giorno in giorno. Contemporaneamente, invece, Utae iniziò a soffrire di forti mal di testa e di nevralgie così tremende da non riuscire a dormire la notte. Neanche con il ricovero in ospedale fu possibile individuarne la causa scatenante. Non solo: a suo marito i medici avevano detto che ci sarebbero voluti due o tre anni per guarire completamente dalla tubercolosi, ma già dopo sei mesi di pratica del Buddismo di Nichiren Daishonin egli fu in grado di tornare al lavoro.
Di fronte a una prova concreta di tale portata, Utae non poté fare a meno di stupirsi. Rimase profondamente colpita e iniziò a praticare il Buddismo otto mesi dopo che aveva cominciato Tometaro.
Dopo essersi risvegliata alla fede nel Buddismo del Daishonin, Utae diventò una vera e propria campionessa della propagazione, al punto che suo marito ne era sbalordito. La donna desiderava che tutti i suoi amici e conoscenti, senza alcuna eccezione, diventassero felici, perciò si impegnava anima e corpo a parlare di Buddismo con quante più persone possibile.
La vita non era certo facile per lei, tanto meno agiata, con tre figli da crescere; ma era piena di speranza. La fede le dava una grande gioia e fiducia in se stessa. Sentendosi così felice non poteva fare a meno di condividere l’insegnamento di Nichiren con chi le stava intorno.
Utae sentiva che era semplicemente meraviglioso avere una missione all’interno del movimento di kosen-rufu, pur essendo semplicemente una moglie e una madre: si adoperava per condurre gli altri alla felicità, per creare una società prospera e realizzare così la pace nel mondo. Orizzonti inesplorati sembravano aprirsi davanti a lei e la sua vita risplendeva di felicità.
Si recava anche a Tokyo per partecipare con entusiasmo alle riunioni del capitolo Bunkyo e del settore Nihonbashi. Prendendo il treno nella prefettura di Fukushima, saliva sulle ferrovie locali della compagnia Joban, attraversava tutta la prefettura di Ibaraki e oltrepassava anche quella di Chiba per arrivare al luogo della riunione, a Tokyo. Il viaggio di sola andata durava circa cinque ore, ma lei non ne sentiva il peso.
Utae Kanda era dotata di grande spirito di ricerca e determinazione, cosa che traspariva da tutte le sue azioni; inoltre aveva un gran senso di dedizione.
Le capitava di frequente di incontrare il presidente Yamamoto, durante i meeting del capitolo Bunkyo dove Shin’ichi svolgeva le funzioni di responsabile di capitolo, benché fosse anche responsabile della Divisione giovani e si fosse assunto l’incombenza di gestire tutte le attività della Soka Gakkai. Mentre partecipava a una di queste riunioni, Utae ebbe occasione di ricevere da lui una guida sull’attività.
Una volta, dopo un meeting, Shin’ichi espresse parole di incoraggiamento e apprezzamento verso tutti i presenti, mentre distribuiva regalini che aveva preparato personalmente per i membri della Divisione uomini e donne che avevano viaggiato a lungo per poter partecipare alla riunione. In quel frangente disse a Utae: «La ringrazio molto per la sua costante dedizione. Fukushima è molto importante. Diventerà la nuova frontiera di kosen-rufu. Il mio è solo un piccolo gesto di ringraziamento per il suo impegno quotidiano. La prego di utilizzarlo».
Shin’ichi le regalò dell’olio di camelia che aveva acquistato poco prima.
«Oh, è troppo gentile! Grazie mille», rispose lei. Profondamente commossa dal pensiero di Shin’ichi, Utae accolse il dono con gioia.
Nel tardo pomeriggio riprese il treno per tornare a Fukushima. Fuori era già buio. Dentro lo scompartimento vedeva la sua immagine riflessa nel finestrino. Il suo volto era radioso, anche se era quasi del tutto struccato, e i capelli erano un po’ in disordine. Inoltre, non avendo avuto il tempo di stirare, la camicetta che indossava era visibilmente spiegazzata.
Osservando la confezione di olio di camelia posata sulle sue ginocchia pensò tra sé: «Sensei Toda, che è il presidente Toda, ha raccomandato ai membri della Divisione donne della Gakkai di avere sempre cura del proprio aspetto. Mi rendo conto, però, che in qualche modo mi sono lasciata assorbire completamente dall’attività e non ho prestato la benché minima attenzione a me stessa. Forse il responsabile della Divisione giovani Yamamoto mi ha regalato quest’olio di camelia per ricordarmi che un membro della Divisione donne deve prendersi cura di se stessa?».
Quando una donna della Gakkai è considerata da tutti una presenza gradevole, il suo esempio contribuisce ad alimentare la comprensione e il sostegno nei confronti dell’organizzazione. Dato che ogni membro è “il volto della Gakkai”, è importante prestare attenzione a come ci si presenta agli altri.
Da quando Ai Suzumura era diventata membro della Soka Gakkai, spesso Utae Kanda partecipava alle attività insieme a lei, dato che entrambe venivano dal settore Nihonbashi del capitolo Bunkyo. Utae fece del suo meglio per sostenere Ai con forza e con calore.
«Voglio incoraggiare le persone di Fukushima e voglio far crescere individui più capaci di me. Desidero che la signora Suzumura diventi così, a tutti i costi!». Questo era il desiderio sincero di Utae.
A fine giugno del 1957, subito dopo che Ai era diventata membro, il capitolo Bunkyo annunciò, come attività per il mese di luglio, l’obiettivo che ogni gruppo facesse conoscere il Buddismo a dieci nuove famiglie.
Per la verità era stato Shin’ichi Yamamoto, che in quel periodo svolgeva le funzioni di responsabile del capitolo, a proporre questo obiettivo.
In quel momento i membri della Soka Gakkai contavano circa seicentomila famiglie. L’organizzazione si stava avvicinando alla realizzazione dello scopo di settecentocinquantamila famiglie proclamato sei anni prima da Josei Toda durante la cerimonia della sua nomina a secondo presidente della Soka Gakkai. Se tutti i membri si fossero uniti e impegnati nella propagazione con tutte le forze, avrebbero potuto raggiungere quell’obiettivo entro la fine dell’anno.
Shin’ichi sapeva fin troppo bene che partecipare a quella grande battaglia per realizzare settecentocinquantamila famiglie voleva dire lasciare la propria impronta lungo il cammino glorioso della storia di kosen-rufu. Sarebbe stato un record di cui andare fieri per le generazioni a venire. Così importante e nobile era il suo significato.
Per questo motivo voleva far sì che venisse coinvolto il maggior numero possibile di membri. Ecco perché aveva lanciato l’obiettivo di dieci nuove famiglie per gruppo. Shin’ichi desiderava in modo particolare che chi non era ancora riuscito a fare shakubuku o era appena diventato membro potesse sperimentare la gioia che si prova dedicandosi a propagare la Legge.
Se soltanto i responsabili o solo una parte dei membri si impegnano nel perseguire gli obiettivi stabiliti nell’attività, non cresceranno persone di valore, né potrà espandersi realmente il movimento di kosen-rufu. Tutti i membri dovrebbero sentirsi responsabili nella realizzazione di questo nobile scopo, diventando protagonisti sul grande palcoscenico di kosen-rufu e impegnandosi al massimo nelle proprie attività. In questo modo si avranno dei progressi tangibili e pieni di fresca vitalità.
Tutti i membri sono Bodhisattva della Terra! Tutti loro sono Budda con una nobile missione. Uno dei requisiti più importanti per un responsabile di kosen-rufu è riuscire a creare le condizioni in cui ognuno possa manifestare completamente il proprio potenziale.
A fine giugno del 1957, il presidente Yamamoto visitò l’Hokkaido. A Yubari, una città dell’isola, il sindacato dei minatori di carbone stava tentando di estromettere i membri della Soka Gakkai dalle sue file, e Shin’ichi vi si era subito recato per difendere la libertà di culto e i diritti dei suoi amati membri.
Il 29 giugno il capitolo Bunkyo aveva realizzato una riunione per responsabili di gruppo con l’obiettivo di preparare le attività di luglio. Durante il meeting fu recapitato un telegramma di Shin’ichi, che era il responsabile del capitolo. Nel messaggio Shin’ichi invitava tutti a sforzarsi nello shakubuku, per raggiungere l’obiettivo di dieci famiglie, chiamando questa campagna “dieci per gruppo”.
Subito dopo la riunione con i responsabili di gruppo del capitolo Bunkyo, il settore Nihonbashi decise di tenere una riunione per sensibilizzare rispetto all’obiettivo Onahama, una località nella prefettura di Fukushima, per i membri che vivevano nella zona di Hamadori. Vi avrebbe partecipato anche il responsabile di settore Taketo Shimadera. Il meeting era stato organizzato a casa di Teruyo Fukumoto, che gestiva una drogheria ed era stato la prima persona del luogo a diventare membro della Soka Gakkai. Nel bel mezzo della riunione, il responsabile del capitolo Bunkyo, Kin’ichi Taoka, aveva telefonato a Teruyo per trasmettere il telegramma che Shin’ichi aveva inviato ai suoi compagni di fede del settore Nihonbashi che abitavano nella zona di Hamadori.
Con il volto commosso e la voce tremante, Taketo lesse il messaggio a tutti i presenti: «Vinciamo assolutamente, ottenendo un successo clamoroso e senza precedenti nella campagna “dieci per gruppo”. Questa diventerà la nostra forza trainante per la realizzazione dell’obiettivo di settecentocinquantamila famiglie, il grande voto del presidente Toda. Aggiungo inoltre che non appena saranno terminati i miei impegni in Hokkaido farò ritorno a Tokyo, ma lungo la strada mi fermerò a Hamadori, facendo una sosta anche a Iwaki».
I membri erano al colmo della gioia. Shin’ichi aveva in mente di fermarsi in particolare a Iwaki perché voleva incoraggiare con tutte le forze i membri che lì lavoravano nelle miniere di carbone. Anche il sindacato dei minatori di carbone di Fukushima perseguitava i membri della Gakkai, vietando loro di parlare di Buddismo e imponendo altre restrizioni ingiuste ai compagni di fede.
Via via che Shin’ichi si spostava nelle varie zone dell’Hokkaido, pensando costantemente ai membri che lavoravano nelle miniere di carbone gridava nel suo cuore: «Non siate mai sconfitti! Non arrendetevi mai!».
Lo scrittore giapponese Shugoro Yamamoto (1903-1967) che amava la catena montuosa di Abukuma, scrisse: «Una volta che le persone si sono poste un obiettivo, non verranno sconfitte dalla povertà, né dagli insulti o dalla peggiore delle persecuzioni, ma si adopereranno per raggiungere il loro scopo finché avranno fiato in corpo. Questo è il modo più umano di vivere per ciascun individuo».
Taketo Shimadera continuò a parlare col volto visibilmente commosso: «Il direttore Shin’ichi Yamamoto è intenzionato a fermarsi a Iwaki perché è preoccupato per la situazione in cui versano i membri che lavorano nelle miniere di carbone. Vuole andare là perché è a conoscenza di quanto sta accadendo nelle miniere di Joban, proprio come in quelle di Yubari: stanno esercitando pressioni nei confronti dei nostri compagni di fede, che vengono discriminati per motivi religiosi, e lui non vuole permetterlo. Comprendete bene quello che sto cercando di dirvi, della sua intenzione di venire a trovarci?
«Probabilmente sarà qui fra tre o quattro giorni. Allora facciamo uno sforzo, tutti insieme, per rendere questa campagna di “dieci per gruppo” una vittoria senza precedenti, per poter dichiarare a gran voce: “Conti pure su di noi, i membri di Fukushima, per realizzare kosen-rufu!”. Tranquillizziamo il direttore Yamamoto, mostrandogli la nostra determinazione di stravincere qui a Fukushima, facendone la roccaforte dei nostri successi!
«Mi sono organizzato al lavoro in modo da poter fare attività con voi il più possibile, qui a Fukushima. Quando avrò da lavorare tornerò a Tokyo con un treno che viaggia di notte per poi rientrare qui con un treno in tarda serata. Sono pronto a concentrare gli sforzi di tutta la mia vita in questa battaglia per realizzare una grande vittoria.
«Signori miei, vogliamo scrivere insieme la storia di un risultato epico che spalancherà e trasformerà le nostre vite?».
I membri che lavoravano nelle miniere di carbone, così come tutti gli altri partecipanti alla riunione, risposero con voce vigorosa e all’unanimità.
Taketo era schietto e onesto. La sua dedizione totale e la sua grinta furono il motore capace di ispirare tutti i partecipanti presenti alla riunione.
Scrive Nichiren Daishonin: «Se il generale si perde di coraggio, i soldati diventeranno codardi (La supremazia della Legge, RSND, 1, 545)». L’ichinen e il comportamento dei responsabili sono i fattori determinanti per decidere il successo o il fallimento di qualsiasi impresa. Quando lo spirito combattivo di un comandante coraggioso determinato a vincere si trasmette all’intera guarnigione, tutti diventano valorosi campioni pieni di coraggio.
Tutti erano impazienti per l’arrivo di Shin’ichi e volendo anticipare la sua volontà, i membri di Hamadori del capitolo Bunkyo, traboccanti di gioia e di coraggio, si dettero un gran da fare nell’attività di propagazione già a partire dal giorno successivo.
La sera del 2 luglio il responsabile del capitolo, Kin’ichi Taoka, telefonò a Taketo Shimadera. La sua voce era un po’ tesa: «Signor Shimadera, abbiamo appena ricevuto una comunicazione dal direttore Yamamoto che purtroppo non può più venire a Iwaki».
«Gli è successo qualcosa?».
Cercando di mantenere la calma, Kin’ichi tirò un sospiro profondo e rispose a Taketo Shimadera: «Non conosco tutti i dettagli, ma sembra che il direttore Yamamoto debba presentarsi in questura, a Osaka. Nella circoscrizione elettorale di Osaka egli è stato il referente delle attività di supporto durante le elezioni straordinarie per la Camera dei Consiglieri (Camera Alta) e, poiché sono state riscontrate delle irregolarità durante le votazioni, è stato convocato in questura per un interrogatorio.
«Sembra che la procura abbia preso di mira la Soka Gakkai. È un dato di fatto! Oggi anche il direttore generale della Soka Gakkai Konishi è stato arrestato per la stessa questione. Di sicuro ne parleranno diversi giornali nell’edizione della sera».
Taketo domandò con una certa preoccupazione, che traspariva dal tono della voce: «Cosa accadrà a loro due?».
Per dissipare l’apprensione di Taketo, Kin’ichi rispose con energia: «Tranquillo, andrà tutto bene. Tutti i sospetti svaniranno in un batter d’occhio, perché non hanno commesso nessun tipo di violazione durante le elezioni.
«Il direttore Yamamoto mi ha chiesto di trasmettere questo suo messaggio: “Mi dispiace tanto di non poter venire a Iwaki. Ma anche se non potrò essere lì, il mio cuore è sempre con tutti voi. Io continuerò a combattere. Per favore, fate del vostro meglio, datevi da fare».
La mattina dopo, il 3 luglio, Taketo informò gli altri membri che la visita che Shin’ichi aveva programmato a Iwaki era stata annullata. Dopo le tre del pomeriggio, la moglie di Kin’ichi, Haruko, l’ex responsabile del capitolo Bunkyo, chiamò Taketo al telefono.
«Oggi il direttore Yamamoto ha preso l’aereo dallo Hokkaido per Osaka, con tappa all’aeroporto di Haneda (l’aeroporto di Tokyo, n.d.r.). Sono andato all’aeroporto per incontrarlo durante lo scalo. Quando gli ho chiesto se avesse un messaggio per i membri mi ha risposto con voce vibrante: “Dica loro che è giunta l’alba”».
Dopo il sindacato dei minatori di carbone, un potere ancora maggiore, quello dello stato, stava cercando di colpire la Soka Gakkai.
«Quando la pratica progredisce e aumenta la conoscenza, i tre ostacoli e i quattro demoni emergono in maniera disorientante, facendo a gara per interferire» (Lettera ai fratelli, RSND, 1, 446): è una citazione da Grande concentrazione e visione profonda di T’ien-t’ai. Per quanto il mondo possa cambiare, questo principio è eterno e sarà sempre valido. La tempesta delle forze negative che ostacolano kosen-rufu si stava scagliando contro la Soka Gakkai.
La sera del 3 luglio, sul tardi, Haruko Taoka telefonò di nuovo a Taketo Shimadera. Questa volta la sua voce esprimeva la più profonda indignazione.
«Quando il direttore Yamamoto si è presentato in questura, a Osaka, come gli era stato richiesto, è stato immediatamente arrestato. Anche se le accuse mosse nei suoi confronti sono infondate, lo hanno arrestato! Non ha commesso alcuna violazione, è un’ingiustizia! La natura demoniaca del potere politico giapponese ha rivelato il suo lato più ingannevole e oscuro.
«Oggi pomeriggio, incontrandomi all’aeroporto di Haneda, il direttore Yamamoto mi ha detto: “È giunta l’alba”. Ho riflettuto sulle sue parole.
«Credo che la spiegazione dell’episodio vissuto dai minatori a Yubari, così come quelle del suo arresto, sia da ricercarsi negli sforzi che stiamo compiendo per diffondere il Buddismo, affinché tutti possano diventare felici; allo stesso modo va visto il nostro tentativo di partecipare attivamente alla politica, per poter creare una società pacifica.
«Il sindacato dei minatori di carbone si è infuriato perché la Soka Gakkai ha presentato e appoggiato i propri candidati. Hanno accampato la scusa che in questo modo abbiamo distrutto l’unione e il consenso interno al sindacato. Per questa ragione hanno tentato di estromettere i nostri compagni di fede.
«Inoltre, alcuni leader politici stanno cercando di colpire la Soka Gakkai accusando il direttore Yamamoto di violazione delle norme elettorali, violazione che è stata commessa invece da alcuni membri del suo staff.
«Questi due episodi dimostrano che il potere politico è intenzionato a distruggere la Soka Gakkai, proprio perché iniziamo a esercitare una certa influenza nella società, perché siamo un’organizzazione capace di mobilitare il potere della gente. Se ora la Soka Gakkai riuscirà ad affrontare e superare l’oppressione esercitata dal governo, dimostrando la sua forza invincibile, questo porterà a una nuova era della gente comune. Per questo motivo, credo, il direttore Yamamoto mi ha detto all’aeroporto: “È giunta l’alba”».
Dopo aver parlato tutto d’un fiato, Haruko Taoka esclamò al telefono con tutta la forza di cui era capace: «Signor Shimadera, qualunque cosa accada, facciamo del nostro meglio, vinciamo alla grande nella nostra campagna per far conoscere il Buddismo a dieci nuove famiglie in ogni gruppo! Questa campagna, frutto di un’attenta valutazione e di una profonda riflessione, è stata proposta dal direttore Yamamoto. Se vinciamo in questa impresa, vuol dire che stiamo lottando insieme a lui per assicurare l’arrivo di una nuova alba».
Questo sincero appello della donna accese, anzi, letteralmente incendiò lo spirito combattivo di Taketo Shimadera. Quando le parole sono intrise di determinazione, arrivano direttamente al cuore delle persone.
«Signora Taoka, ci conti! – rispose al telefono Taketo Shimadera a Haruko Taoka – Ci pensiamo noi. Il settore Nihonbashi vincerà sicuramente. E la zona di Hamadori, nella prefettura di Fukushima, trionferà lungo il sentiero che porta a una grande vittoria!».
La vera unità si vede nei momenti cruciali, quando le persone si alzano con lo stesso cuore, e coloro che riescono a farlo sono veramente coraggiosi.
Quella sera Taketo continuò a recitare Daimoku per tutta la notte e la mattina seguente comunicò ai membri che Shin’ichi Yamamoto era stato arrestato ingiustamente, senza un valido motivo.
Tutti rimasero sbigottiti e si domandavano perché avessero arrestato il direttore Yamamoto.
Taketo proseguì dicendo: «Sulla base delle violazioni delle norme elettorali che si sono verificate lo scorso aprile, durante le elezioni straordinarie alla Camera dei Consiglieri (Camera Alta), la questura di Osaka e la procura locale ritengono che il direttore Yamamoto, essendo la personalità di maggior spicco, nonché il responsabile di tutta l’attività svolta, debba aver dato lui istruzione ai membri di trasgredire le norme elettorali. Ma lui non ha mai fatto una cosa del genere, è assolutamente inconcepibile.
«Lo scorso luglio ho accompagnato personalmente il direttore Yamamoto per sostenere la campagna elettorale. In quell’occasione non faceva che ripetere e ricordare a tutti noi: “È basilare non provocare incidenti. È tassativo! Non dobbiamo commettere alcun tipo di irregolarità”.
«È impossibile che il direttore Yamamoto abbia chiesto ai membri di violare le norme elettorali!». Tutti i compagni di fede lì riuniti annuirono, perfettamente d’accordo. Come membri del capitolo Bunkyo, molti di loro avevano ricevuto direttamente da Shin’ichi un consiglio nella fede o un incoraggiamento durante le riunioni e in altre occasioni. E ben sapevano quanto egli fosse animato da un profondo senso di integrità e giustizia.
«Credo – esclamò Taketo con fervore – che dietro l’arresto del direttore Yamamoto ci sia il tentativo disonesto da parte del potere di distruggere in qualsiasi modo la Soka Gakkai. Sono certo che voi tutti ricordiate la guida data dal presidente Toda ai membri di Fukushima lo scorso anno, alla stazione di Koriyama».
Il primo aprile 1956, l’anno prima che Shin’ichi Yamamoto venisse arrestato, il secondo presidente della Soka Gakkai, Josei Toda, si era recato a Sendai (città di circa un milione di abitanti che si trova nella prefettura di Miyagi, nella stessa regione dove si trova anche la prefettura di Fukushima, il Tohoku, n.d.r.) per incoraggiare i membri del luogo. Venuti a saperlo, venti o trenta compagni di fede della prefettura di Fukushima andarono ad aspettarlo al binario della stazione di Koriyama, sperando di poter intravedere il presidente Toda anche solo per il tempo della sosta del treno.
Terminato il viavai dei viaggiatori, infatti, il presidente Toda si affacciò alla porta del vagone per incoraggiare tutti i membri che erano lì per incontrarlo. «Ascoltatemi bene: vorrei ricordare a tutti voi qui riuniti che non possiamo veramente realizzare kosen-rufu finché non sorge un grande ostacolo. Perciò quando arriva il momento non lasciatevi intimorire. Continuate a praticare tenendo questo bene a mente».
Taketo Shimadera si rivolse quindi ai compagni di fede:
«Ebbene, finalmente è arrivata la persecuzione di cui ci aveva parlato il nostro maestro Toda. Ed è stato preso di mira il direttore Yamamoto, che è anche il responsabile vicario del nostro capitolo: è stato portato in prigione».
La voce di Taketo si affievolì sempre di più, fino a confondersi con i singhiozzi. I membri trovavano semplicemente inconcepibile ciò che le autorità avevano fatto al direttore Yamamoto, e volevano accorrere a Osaka per sostenerlo. Percependo questo stato d’animo diffuso, Taketo tornò ad assumere un tono di voce pacato e disse: «So bene che tutti voi sentite che l’arresto del direttore Yamamoto è un abuso scandaloso e inammissibile da parte del potere politico. La penso come voi. Ma se ci precipitiamo tutti alla questura di Osaka, non faremo che creare confusione.
«Bisogna rispondere a questo comportamento ingiusto e demoniaco del sistema politico dimostrando che la Soka Gakkai non verrà mai sconfitta dalle persecuzioni e che il potere della gente comune non può essere trascurato né tanto meno sottovalutato. E il modo migliore per farlo è dare la prova concreta di questo insegnamento espandendo proprio ora il nostro movimento, nel bel mezzo di questi fatti. Prima di tutto, bisogna vincere assolutamente in questa campagna di “dieci nuove famiglie in ogni gruppo”.
Nichiren Daishonin scrisse: «Inoltre chi persevera di fronte a grandi persecuzioni e abbraccia il sutra dall’inizio alla fine è l’inviato del Tathagata (Più lontana la sorgente, più lungo il corso del fiume, RSND, 1, 837)». Riconosciamo che questo è un momento cruciale e continuiamo ad avanzare chiamando a raccolta la nostra fede e parlando con coraggio del Buddismo a quante più persone possibile!».
Si levarono applausi di consenso. Quel ruggito audace aveva risvegliato il coraggio di tutti, unendo i loro cuori.
Taketo Shimadera era disposto a puntare tutto sulla campagna “dieci per gruppo”. Era diventato membro della Soka Gakkai nel luglio del 1954. Un amico lo aveva accompagnato un giorno, a Ike­bukuro, a una riunione di discussione alla quale era presente anche Shin’ichi Yamamoto, come responsabile vicario del capitolo Bunkyo.
Taketo aveva un fisico formidabile e vantava il quarto dan di judo, ma soffriva di ulcera gastrica e duodenale, e si sentiva molto abbattuto per tutto ciò che riguardava in generale la sua vita.
Ascoltò Shin’ichi mentre parlava della relazione esistente tra forza vitale e malattia, così come tra la filosofia e la vita di un individuo. Si sentì affascinato dalle parole di Shin’ichi, che trovò convincenti, ma era un po’ titubante a entrare a far parte della Soka Gakkai.
Gli disse allora il responsabile del capitolo Bunkyo, Yamamoto: «Finché non provi a dare un morso a una mela non saprai mai che sapore ha. Lo stesso vale nell’ambito della fede. Alla fine, ciò che conta è metterla in pratica. Te la senti di provare?». Grazie a queste parole, Taketo si decise a diventare membro della Soka Gakkai.
Egli si impegnò con grande serietà e costanza nella recitazione del Daimoku e nella propagazione, pensando: «Dato che ho deciso di farlo, lo faccio fino in fondo!». Praticava il Buddismo con l’atteggiamento di chi potrebbe morire da un momento all’altro, dando tutto se stesso. Giorno dopo giorno si sentiva sempre più rinvigorito e un po’ alla volta poté guarire dalla malattia, tanto che il suo medico ne rimase sorpreso.
Nello stesso mese in cui diventò membro della Soka Gakkai, Taketo riuscì subito a far praticare dieci nuove famiglie, e in sei mesi fu capace di creare un nuovo gruppo a Nihonbashi, a Tokyo.
Avendo superato brillantemente la sua malattia e acquisito una notevole convinzione nella fede, Taketo si dedicò con grande entusiasmo e passione a condividere la filosofia del Daishonin con gli altri. Era una persona sincera e Shin’ichi continuava a incoraggiarlo e a consigliarlo.
Poi Shin’ichi era stato arrestato e rinchiuso in carcere dagli agenti della questura di Osaka.
Ciononostante, pur afflitto in cuor suo, Taketo utilizzò la sua rabbia come un trampolino per risvegliarsi alla propria missione e con coraggio prese in mano la campagna “dieci per gruppo” nella zona di Hamadori, col desiderio di risolvere quella situazione inconcepibile.
I membri di Hamadori lottarono con grande valore e con tutte le loro forze, determinati a dimostrare proprio in quel momento la verità della Soka Gakkai.
Tuttavia, propagare il Buddismo non era assolutamente facile, anche perché c’era in giro molta pubblicità negativa sulla Soka Gakkai e tante persone fraintendevano gli sforzi dei membri, oppure continuavano a serbare pregiudizi alimentati dalle diffamazioni dilaganti contro la Gakkai.
C’era persino chi solo a sentir menzionare il nome della Soka Gakkai si oscurava in viso esclamando: «Non mi piace la Soka Gakkai. Non venire mai più qui a parlarmene di nuovo!». Altri si misero addirittura a gridare contro i membri, o li cacciavano via gettando loro addosso dell’acqua o del sale.
Uno dei membri che vivevano nella zona di Hamadori era un uomo che un mese prima aveva perso l’impiego perché l’azienda per cui lavorava era fallita. I suoi due figli erano entrambi di salute cagionevole e la sua vita non era affatto facile.
Ciononostante, in quel periodo si era recato in treno a far visita a un amico che abitava lontano, a circa venti chilometri da lui, per parlargli del Buddismo di Nichiren Daishonin. Era tanto preso dalla conversazione da non rendersi conto che il tempo passava, e così aveva perso l’ultimo treno. Per tornare a casa, non avendo alternativa, cominciò a camminare lungo i binari della ferrovia.
Le ultime parole pronunciate dal suo amico al termine di quella chiacchierata sull’insegnamento del Daishonin, gli avevano trafitto il cuore: «Prima di andare a casa della gente a parlare di Buddismo, dovresti trovarti un lavoro. E poi, se questa pratica buddista è così eccezionale, perché i tuoi figli sono sempre ammalati?».
L’uomo avevareplicato: «Di sicuro troverò un lavoro. E anche i miei figli si rimetteranno in salute, stanne certo!».
«E allora torna quando le cose saranno cambiate. E io ascolterò quello che avrai da dirmi» gli rispose l’amico. Per tutto il tempo della conversazione il suo amico aveva ostentato un sorriso scettico, esprimendosi con sarcasmo, come se lo disprezzasse.
Quella notte, mentre camminava verso casa, l’uomo venne assalito da un profondo senso di sconforto e non riuscì a trattenere il pianto. Sul volto rigato dalle lacrime a un certo punto sentì cadere delle gocce di pioggia, e non aveva ombrello. Man mano la pioggia aumentava, diventando sempre più fitta. Era bagnato fradicio, ma era ancora lontano da casa. Provava una sofferenza indicibile, si sentiva fallito.
«Perché? Come mai?». Mentre continuava a camminare sotto la pioggia malediceva se stesso, sfogando la rabbia e piangendo.
Dopo aver camminato per quasi due ore, all’improvviso si ricordò di un incoraggiamento ricevuto da Shin’ichi Yamamoto durante una riunione del capitolo Bunkyo: «Ci saranno momenti in cui sarete attaccati e insultati, o vi mancheranno di rispetto quando andrete a fare shakubuku ad altre persone. Si possono fare molte brutte esperienze. Ma è esattamente ciò che si legge nel Sutra del Loto e negli scritti del Daishonin. In quei frangenti bisogna stringere i denti decidendo di non lasciarsi sconfiggere e continuare a impegnarci con spirito indomito. Quella è la nostra occasione per trasformare le azioni negative compiute nelle vite passate. La pratica buddista serve fondamentalmente per trasformare le cause negative e trasformare il proprio karma. Se riusciamo a esserne convinti, proveremo gioia nonostante la sofferenza».
Nel momento in cui gli tornarono in mente le parole di Shin’ichi, l’uomo pensò: «Chissà come si sente, in questo momento, il direttore Yamamoto. È in prigione ormai da diversi giorni. Probabilmente viene interrogato quotidianamente ed è messo a dura prova. Non gli è permesso uscire e non è neppure libero di telefonare alla sua famiglia. Eppure, nonostante ciò, sta proclamando la verità della Soka Gakkai e sta lottando in carcere con tutto se stesso.
«Rispetto a lui, la mia situazione non ha paragoni! Se sono debole e permetto a me stesso di essere sconfitto, il direttore Yamamoto ne sarà rattristato. Non voglio abbattermi e non voglio essere sconfitto! Domani riuscirò a parlare di Buddismo ad altre persone, il direttore Yamamoto può starne certo!».
Nell’istante in cui riuscì a scandire a voce alta i suoi pensieri, sentì crescere il coraggio nel cuore.
La pioggia nel frattempo aveva iniziato a cadere ancora più forte di prima.
Nonostante questo, l’uomo cominciò a camminare a passo spedito canticchiando alcune canzoni della Gakkai per tenersi su di morale sotto la pioggia battente. La sua determinazione di realizzare kosen-rufu divampò con forza e fierezza, malgrado il diluvio.
L’amarezza e i dispiaceri che proviamo nel diffondere la Legge mistica, con il tempo si trasformeranno in lode e onore che adorneranno la nostra vita.
In quel periodo, i membri della Soka Gakkai di tutto il Giappone cominciarono a pensare che l’incidente accaduto ai minatori di carbone di Yubari, nell’isola dell’Hokkaido, non fosse qualcosa di poi così lontano dalla loro vita. Né consideravano l’arresto assurdo di Shin’ichi Yamamoto a Osaka come un incidente capitato in una città lontana. Piuttosto pensavano che i problemi che stava affrontando la Soka Gakkai erano attacchi a un’entità di cui facevano parte e li vivevano come problemi personali.
In accordo con le parole del Daishonin: «Senza alcuna distinzione fra loro» (L’eredità della Legge fondamentale della vita, RSND, 1, 190), il loro atteggiamento dimostrava l’unione spirituale adamantina e indistruttibile che si era creata, manifestando allo stesso tempo l’incarnazione di “diversi corpi, stessa mente”. È questa la forza eterna e incrollabile della Soka Gakkai.
I membri di Hamadori, del settore Nihonbashi del capitolo Bunkyo, si impegnarono con tutte le loro forze, consapevoli che in quel momento Shin’ichi stava affrontando la prigione.
Utae Kanda e Ai Suzumura, che era appena diventata membro, si dedicarono anima e corpo alla campagna di propagazione. Nei momenti difficili si incoraggiavano a vicenda, dicendo: «Se ci lamentiamo per problemi di poco conto non saremo in grado di guardare negli occhi il direttore Yamamoto, quando lo incontreremo di nuovo».
Dopo l’arresto, la detenzione in prigione di Shin’ichi Yamamoto durò quindici giorni. Venne rilasciato il 17 luglio 1957, dopo mezzogiorno.
I membri del settore Nihonbashi del capitolo Bunkyo continuarono a impegnarsi al massimo, con coraggio, per far conoscere alle persone il Buddismo di Nichiren Daishonin; avevano il cuore colmo di gioia per la scarcerazione di Shin’ichi ed erano determinati più che mai a lottare contro l’ingiustizia esercitata dalle autorità.
Di conseguenza il capitolo Bunkyo che aveva lanciato la campagna “dieci per gruppo” fece un grande balzo in avanti e in particolare i membri di Hamadori dimostrarono di essere la forza trainante del settore Nihonbashi. Riuscirono a far praticare ottanta nuove famiglie e questo contribuì a fare del loro settore uno dei migliori di tutto il Giappone.
Come se non bastasse, il progresso di kosen-rufu nel settore Nihonbashi ebbe un’ulteriore accelerazione.
Alcuni dei suoi membri vivevano nella prefettura di Fukushima, raggruppati nella zona di Hamadori, nei comuni lungo la costa, come Iwaki, Onahama e Nakoso. In occasione di una serie di visite a casa programmate in quelle località durante l’estate del 1958, l’anno in cui scomparve il secondo presidente della Soka Gakkai Josei Toda, fu deciso di intensificare gli sforzi per propagare la Legge anche nella zona di Nakadori. Utae Kanda e Ai Suzumura furono le prime a prendere l’iniziativa per realizzare questo obiettivo.
In quel periodo, tutti i membri pionieri si impegnarono con grande entusiasmo per portare avanti la loro attività nonostante il caldo torrido dell’estate, dichiarando: «Non esistono ferie per chi vuole realizzare kosen-rufu, anche quando tutti gli altri sono in vacanza». La forza della Soka Gakkai è in questo tipo di atteggiamento.
Un giorno di agosto, Utae Kanda e Ai Suzumura si recarono nel villaggio di Kagamiishi, nella zona di Nakadori. Il marito di Ai, che aveva avviato un servizio di consegna della ghiaia, si recava spesso a Kagamiishi per lavoro e conosceva diverse persone che vi abitavano. Utae portò con sé Shin, il figlio maggiore, che non aveva ancora iniziato le scuole elementari.
Prima di partire per Kagamiishi, le due donne avevano dichiarato con toni entusiastici al loro responsabile di settore, Taketo Shimadera, che non sarebbero tornate a casa senza essere riuscite a fare shakubuku a qualcuno.
Tuttavia, facendo visita ad alcune di quelle famiglie, furono accolte con una certa freddezza e talvolta ricevettero risposte molto brusche. Dopo cinque o sei tentativi falliti, cominciarono a demoralizzarsi. Utae disse alla sua compagna di fede: «Non dobbiamo arrenderci, lo shakubuku non è mai facile. Andiamo avanti con la determinazione che ci suggerisce il Daishonin: «Non aspettarsi tempi buoni, ma dare per scontati quelli cattivi (Le persecuzioni che colpiscono il santo, RSND, 1,886)».
Senza uno sforzo incessante non è possibile progredire e aprire nuove strade. Kosen-rufu si realizza solo grazie al lavoro costante dei praticanti che tutti i giorni decidono fermamente di compiere un passo avanti.
A Kagamiishi, Utae Kanda e Ai Suzumura proseguirono comunque il giro che avevano programmato per parlare del Buddismo ai loro conoscenti: si incoraggiavano a vicenda ripetendosi che nella visita seguente sarebbero riuscite nel loro intento.
«Stavolta ce la facciamo!» dicevano.
Ciononostante, terminato il giro di visite, erano entrambe abbattute: ovunque fossero andate avevano ricevuto soltanto risposte negative. Si sentivano terribilmente inette e impacciate per non essere state in grado di spiegare con sufficiente chiarezza e convinzione il potere del supremo insegnamento di Nichiren Daishonin che praticavano e che desideravano trasmettere agli altri con tutto il cuore.
Quel giorno il caldo era insopportabile e i raggi del sole sembravano perforare la pelle per quanto erano roventi. A un certo punto scorsero un campo di mais, di un verde quasi abbagliante. Non c’erano altre famiglie da incontrare, ma non avevano neppure voglia di tornare a casa ammettendo il loro fallimento.
Il figlio di Utae, Shin, era così stanco che iniziò a piagnucolare; si sedettero tutti e tre vicino al campo di granturco maturo. Forse perché aveva fame, Shin disse che voleva mangiare quelle pannocchie. «Non puoi» gli disse sua madre, «non è nostro».
«Ma io voglio mangiarlo!».
«Ho detto che non puoi!». Shin, guardando sua madre con occhi risentiti, cominciò a singhiozzare. Questo spezzò il cuore di Utae, provata emotivamente da tutta la situazione, e all’improvviso anche lei cominciò a piangere, dopo aver tentato invano di trattenere le lacrime. Vedendo piangere sia la madre che il figlio, anche gli occhi di Ai si riempirono di lucciconi.
Una donna anziana che abitava nei paraggi sbucò dalla strada: stava andando a lavorare in una fattoria. Vedendo le due donne e il bambino in lacrime, seduti sul ciglio della strada che costeggiava il campo, si chiese stupita cosa fosse successo. Non poteva passar oltre facendo finta di niente, e glielo domandò.
Ciò che accadde è che iniziarono a parlare di Buddismo e man mano che entravano nel vivo della conversazione, gli occhi di Utae e Ai tornavano a brillare mentre i loro volti si ravvivavano.
La signora anziana ascoltava con estrema attenzione e annuiva con trasporto a tutto ciò che dicevano le due compagne. Nell’arco di pochi minuti decise di diventare membro della Soka Gakkai. Utae e Ai piansero di nuovo, ma questa volta erano lacrime di gioia.
I loro sforzi per condividere il Buddismo, grazie alla loro ferma determinazione di compiere fino in fondo la loro missione di Bodhisattva della Terra, alla fine erano stati premiati.
I membri del settore Nihonbashi del capitolo Bunkyo si dettero un gran da fare per propagare costantemente l’insegnamento di Nichiren nella prefettura di Fukushima, e nell’ottobre del 1958 furono creati due nuovi settori: il settore Iwaki e il settore Nakoso.
Utae Kanda fu nominata responsabile della Divisione donne nel nuovo settore Iwaki, mentre suo marito, Tometaro, venne nominato responsabile di settore della Divisione uomini. Ai Suzumura invece fu nominata responsabile della Divisione donne nel nuovo settore Nakoso, e suo marito, Hirotaka, fu nominato responsabile di settore della Divisione uomini. Gli albori della Soka Gakkai furono caratterizzati dalle battaglie intraprese da quei pionieri per alzarsi da soli e impegnarsi in uno sforzo costante per la propagazione, mentre fondavano allo stesso tempo nuovi gruppi e nuovi settori.
Quando i membri cominciarono a dedicarsi con tutto il cuore a kosen-rufu, spesso si trovarono ad affrontare situazioni dolorose, tristi, difficili da sopportare. Capitò talvolta che versassero lacrime di sconforto, quando nessuno li guardava. Ma ogni volta che si sforzavano al cento per cento avevano anche la netta sensazione di recidere una alla volta le catene del karma che li tenevano imprigionati. Quindi, indipendentemente dalle difficoltà, sentivano fluire in tutto il corpo una gioia e un coraggio tali da permettere loro di non farsi sopraffare dalle circostanze.
In quel periodo la maggior parte di loro aveva problemi di malattia, economici o di disarmonia familiare. Tuttavia, quando si risvegliarono alla loro missione di Bodhisattva della Terra e cominciarono a percorrere la grande strada di kosen-rufu, quelle sofferenze che in precedenza li avevano fagocitati diventarono poco significative, come una pellicina sulla punta di un dito.
La questione che ora più turbava i loro cuori era come salvare gli amici e condurli alla felicità, e come promuovere kosen-rufu all’interno delle proprie comunità. Queste sono le preoccupazioni reali che affliggono i Budda e i Bodhisattva della Terra. Il fatto che questi membri avessero raggiunto una tale condizione vitale indicava di per sé che avevano ormai spiccato il volo dalla valle della sofferenza karmica.
La vita e il suo ambiente sono due ma non due, non sono inseparabili, sono intimamente connessi. Allo stesso modo la mente e il corpo delle persone hanno una relazione molto profonda e inseparabile dall’ambiente. Ecco perché, quando si trasforma il proprio stato vitale, non è possibile non vedere cambiamenti anche nella realtà esterna.
In effetti, i compagni di fede che si stavano dedicando con gioia a kosen-rufu facevano sbocciare i fiori dei benefici un po’ come se fossero in competizione tra loro, dimostrando la prova concreta della rivoluzione umana e della trasformazione del karma. Questa gioia e la convinzione che ne derivava, alimentavano ancora di più la forza trainante per promuovere la propagazione lì dove vivevano.
Il 12 marzo 1977, durante un incontro informale con i responsabili di area e prefettura di Fukushima, Shin’ichi Yamamoto disse a Utae Kanda e Ai Suzumura: «Vi siete dedicate entrambe instancabilmente a kosen-rufu e alla felicità degli altri. Vi prego di continuare fino in fondo a condurre delle esistenze così nobili. Questa è la chiave per diventare individui che manifestano il loro splendore, l’autentica felicità e la vittoria nella vita».
Nel corso della riunione, i partecipanti espressero il desiderio che Shin’ichi attribuisse dei nomi anche alle diverse sale interne del nuovo Centro culturale di Fukushima.
«D’accordo. Allora chiamiamo la sala in stile giapponese, al primo piano, Centro Joraku (Felicità eterna), e la grande sala al secondo piano Centro Hosshin (Fresca determinazione). Mentre la stanza in stile giapponese al secondo piano sarà il Centro An’non (Pace e sicurezza). Che ne dite?».
Si sollevarono applausi di approvazione.
«Avete altre cose a cui dare un nome?». Qualcuno esclamò: «Abbiamo una bicicletta qui al Centro culturale». Tutti scoppiarono in una sonora risata.
«Va bene, chiamiamola Fukushima. Ci sono anche le due grosse carpe che oggi abbiamo rilasciato nello stagno. Anche a loro darò un nome. La prima la chiameremo Aizu e la seconda Bandai (Aizu e Bandai sono due nomi molto antichi e tipici di quella zona, n.d.r.). Che ne dite? Chi è d’accordo?». Sorridendo, tutti alzarono la mano.
Poi, rivolgendosi ai membri della Divisione giovani, Shin’ichi disse: «I giovani devono assumersi la responsabilità di tutte le nostre attività: dallo shakubuku agli incontri di discussione, dallo studio alla realizzazione dei vari meeting. Anch’io ho fatto così quando ero giovane. Tutti gli sforzi di oggi non sono altro che il patrimonio su cui si basa la vostra crescita per diventare grandi leader di domani.
«Come dice il proverbio “Bisogna battere il ferro finché è caldo”. Se non sviluppate voi stessi quando siete giovani, migliorandovi e temprandovi in mezzo alle difficoltà, non potrete costruire le basi di un carattere solido e umano, né tanto meno l’ossatura spirituale di un leader. Se in gioventù non vi impegnate fino al punto di versare sudore e lacrime, non sarete in grado di comprendere realmente le sofferenze e i problemi degli altri. Non voglio che diventiate questo genere di leader.
«I vostri genitori hanno lottato duramente e si sono adoperati al massimo delle loro capacità. Ma solamente quando i giovani si alzeranno con determinazione, gli anziani, i protagonisti di quei giorni pionieristici, potranno dormire sonni tranquilli».
Come scrisse l’autore francese Émile Zola (1840-1902) in Lettera ai giovani: «Non vi vergognate nel vedere le persone anziane che oggi stanno svolgendo con passione quei compiti che invece dovrebbero spettare a voi?» (tratto dall’editoriale scritto al Presidente della Repubblica francese, intitolato J’accuse, con lo scopo di denunciare pubblicamente le irregolarità commesse durante il processo contro Alfred Dreyfus, uno dei casi più famosi della storia francese, n.d.r.).
La sera del 12 marzo si tenne una seconda riunione per inaugurare il Centro culturale di Fukushima a cui parteciparono i rappresentanti delle Divisioni uomini e donne.
Durante il meeting, Shin’ichi Yamamoto chiese ai presenti: «Vorrei che faceste diventare questa prefettura un nuovo modello di kosen-rufu, valorizzando al meglio le sue caratteristiche uniche e particolari».
Proseguì parlando del suo stato d’animo, ma anche della sua determinazione di presidente della Soka Gakkai: «Dal momento in cui sono diventato presidente fino a oggi, non mi sono mai potuto rilassare, nemmeno per un giorno. Ciò è dovuto alla mia convinzione di non poter stare sereno finché tutti i membri della Soka Gakkai non saranno felici. Fare diversamente mi squalificherebbe come leader: a mio parere, non sarei un leader all’altezza della situazione.
«Inoltre, se sento dire che ci sono membri che si trovano in difficoltà a causa del comportamento arrogante e prepotente dei responsabili, provo un dolore tremendo, come se avessi una ferita vera e propria.
«Ogni giorno dico a me stesso: “A che serve un presidente della Soka Gakkai se non per far diventare felici tutti i membri, con delle vite allegre e ricolme di buona fortuna?
«Sono venuto qui a Fukushima perché addosso mi sento una tale responsabilità che non avrei scuse se ognuno di voi non fosse in grado di affermare apertamente: “Sono proprio contento di praticare questo Buddismo”, “Sono felice di essere membro della Soka Gakkai”, “Sono diventato così felice e fortunato”. In realtà, questo è lo spirito di un presidente della Soka Gakkai».
Shin’ichi poi si soffermò a parlare del significato delle attività della Gakkai: «La Soka Gakkai è un’assemblea di bodhisattva emersi dalla Terra che portano avanti kosen-rufu in completo accordo con gli insegnamenti di Nichiren Daishonin. Perciò, al giorno d’oggi, non esiste pratica buddista al di fuori della nostra organizzazione.
«Le attività della Soka Gakkai illuminano la via diretta verso la felicità: aiutano le persone a stabilire nella loro vita uno stato di felicità assoluta, contribuiscono a costruire una società prospera e a realizzare la pace nel mondo. Si tratta di un lavoro apparentemente normale, poco appariscente, ma sono le azioni degli emissari del Budda e i nobili sforzi dei Bodhisattva della Terra. Per questo motivo, se una persona si impegna seriamente nelle attività della Gakkai è in grado di manifestare il grande stato vitale di Budda e Bodhisattva, mentre purifica la sua vita facendosi avvolgere dalla gioia e dalla fortuna».
Nei giorni pionieristici della Soka Gakkai, molti compagni di fede parteciparono attivamente al movimento di kosen-rufu, pieni di energia, pur avendo diversi problemi personali, come malattie o difficoltà finanziarie. Questo perché sentivano realmente la gioia pulsare nella loro vita quando si impegnavano nelle attività della Gakkai. Erano sostenuti dalla forte convinzione di poter diventare assolutamente felici tramite la pratica buddista, proprio come una freccia che, quando mira all’obiettivo, centra immancabilmente il bersaglio.
Guardando attentamente i partecipanti alla riunione, Shin’ichi Yamamoto proseguì il suo discorso: «A volte, ci saranno momenti in cui dovrete assistere a situazioni spiacevoli o difficili, durante le attività della Gakkai. Oppure vi potrebbe accadere di soffrire a causa di problemi interpersonali con gli altri membri dell’organizzazione. Ma potrebbe capitarvi anche di essere criticati o calunniati da persone che non conoscono la Soka Gakkai o ne hanno un’idea distorta. Nichiren Daishonin affermò: “[…] non c’è da stupirsi che la sua pratica sia ostacolata, proprio come i rami del pino sono piegati o spezzati” (La difficoltà di mantenere la fede, RSND, 1, 418).
Dal momento che la pratica buddista serve a conseguire la Buddità in questa esistenza e a realizzare il grande voto di kosen-rufu, è normale che risulti faticosa e ardua. Ma è proprio superando tali sofferenze che lucidiamo e rafforziamo noi stessi, e così facendo trasformiamo il nostro karma. Per favore, abbiate una fede forte, capace di affrontare le difficoltà con coraggio e con gioia, incidendo profondamente nel cuore le auree parole del Daishonin: «Quanto più grandi saranno le difficoltà che incontrerà, tanto più grande la gioia che egli proverà grazie alla sua forte fede» (Una nave per attraversare il mare della sofferenza, RSND, 1, 29).
In gioventù, quando Shin’ichi era il responsabile della redazione di un giornale per ragazzi, conobbe uno scrittore, Kodo Nomura (1882-1963), con il quale strinse un legame di amicizia.
Egli era originario della regione del Tohoku e una volta considerò: «Tra gli esseri umani, alcuni fanno tesoro delle proprie esperienze di vita per migliorare il loro carattere, mentre altri fanno il contrario».
Dopo la riunione celebrativa, Shin’ichi continuò a incoraggiare i partecipanti che si erano spostati nell’atrio del secondo piano del Centro culturale.
Poi recitò un altro Gongyo con circa venti responsabili e tenne un incontro informale con loro. Un responsabile della Divisione uomini colse l’occasione al volo, alzò la mano e domandò: «Il bacino carbonifero di Joban è stato chiuso lo scorso autunno. Molti non hanno avuto altra scelta che trasferirsi altrove, a malincuore, mentre alcuni che volevano rimanere a tutti i costi a Iwaki sono ancora alla ricerca di un lavoro. Come possiamo incoraggiare i membri ad affrontare una sfida del genere?».
Dopo aver ascoltato la domanda, Shin’ichi Yamamoto cominciò a parlare trasmettendo una convinzione incrollabile: «Prima di tutto, vi pregherei di dire ai compagni di fede che stanno affrontando questa fase così cruciale: “Adesso è il momento decisivo. È giunta l’ora di manifestare il potere infinito della fede. Il Daimoku deve diventare la vostra priorità: recitate Daimoku prima di tutto. Vi prego di vincere assolutamente facendo di questa difficoltà un trampolino di lancio verso il futuro. Con questo tipo di fede riuscirete a trasformare il veleno in medicina. I figli del Budda che hanno abbracciato il Gohonzon hanno una profonda missione, ed è impossibile che non vincano. Anch’io, insieme a mia moglie, continuerò a mandarvi Daimoku”».
«Sì!» rispose l’uomo annuendo.
Shin’ichi proseguì: «Capisco benissimo il dispiacere che si prova a doversi separare dai membri e dal posto dove si è vissuto così a lungo. Ma il luogo dove andrete diventerà la nuova terra dove propagare kosen-rufu, mentre chi ha deciso di rimanere nel proprio paese natio, troverà lì il palcoscenico della sua missione.
«Negli Insegnamenti orali leggiamo queste parole del Daishonin: “E ora il luogo in cui Nichiren e i suoi seguaci recitano Nam-myoho-renge-kyo, ‘sia […] in vallate montane, sia in luoghi selvaggi e deserti’ (ventunesimo capitolo, Poteri sovrannaturali del Tathagata), qualunque luogo sia, è la Terra della luce eternamente tranquilla. Questo è ciò che significa ‘luogo della pratica [per il conseguimento della Buddità]’” (Insegnamenti Orali, BS, 123, 53).
«Egli afferma che, ovunque ci troviamo, in montagna, in una valle o in pianura, proprio quello rappresenta per noi il luogo della luce eternamente tranquilla che ci consentirà di conseguire la Buddità.
«Per fare questo, è fondamentale che iniziate a dedicarvi a kosen-rufu nel luogo in cui vi trovate adesso, allargando la cerchia di amicizia e fiducia: così dimostrerete la prova concreta della felicità e della vittoria. Dovunque ci porterà la vita, dovremmo avere la consapevolezza che vi siamo stati inviati dal Budda. Dovremmo essere capaci di affermare: “Sono stato inviato dal Budda che mi ha affidato la realizzazione di kosen-rufu in questa zona”. Inoltre, se vi considerate miei discepoli, vi prego di essere convinti che vi trovate là in mia vece, come miei rappresentanti.
«Il mio maestro Toda spesso diceva: “Mi chiedo a volte su quale pianeta rinascerò nella prossima esistenza. Se il Daishonin dovesse chiedermi di andare su un determinato pianeta per realizzare kosen-rufu, è lì che nascerò, ed è lì che costruirò la Soka Gakkai”. È triste separarsi dai nostri compagni di fede ma, in fin dei conti, siamo sempre all’interno di una minuscola isola come il Giappone e su un piccolo pianeta come la Terra. Dovremmo guardare tutti gli eventi dalla prospettiva buddista e andare avanti con lo stesso spirito e la stessa vasta condizione vitale di Toda».
Se una persona pensa solo alla propria felicità, il suo cuore comincerà a essere ansioso e diventerà fragile. Quando invece decidiamo di dedicare la vita a kosen-rufu coltivando una fede con radici profonde, diventeremo individui dal cuore forte e vigoroso. Finché si rimane chiusi nel guscio del proprio egoismo, così gretto e limitato, la luce non potrà risplendere nei nostri cuori. Se invece si spalanca la finestra dell’altruismo per recare benefici agli altri, il sole della speranza risplenderà.
Per questo motivo, Shin’ichi Yamamoto voleva che i membri che avevano perso il lavoro a causa della chiusura delle miniere di carbone e che stavano vivendo un brutto momento, ritornassero al punto di origine di questo Buddismo, vale a dire kosen-rufu.
Shin’ichi continuò a parlare: «Non solo le persone che lavoravano in miniera, ma anche molti altri, tra i quali i dipendenti delle aziende che lavorano sul territorio o nelle ditte della zona, anche loro avranno dovuto affrontare situazioni difficili, magari saranno stati costretti a cambiare mestiere o stile di vita.
«Proprio perché questa fase ci sta mettendo a dura prova, serve una forte preghiera. Come scrive il Daishonin: “Sto pregando con tanta convinzione come se dovessi accendere il fuoco con legna bagnata o estrarre l’acqua dal terreno riarso (Rimproverare l’offesa alla Legge e cancellare le colpe, RSND, 1, 395). In questi frangenti è vitale continuare a recitare fino in fondo, con tutto il cuore, con tutta la determinazione possibile.
«Quando preghiamo accumuliamo benefici. Saremo capaci di manifestare saggezza e una grande forza vitale. Dobbiamo fare appello a tutta la nostra saggezza, affinandola con riflessioni precise e accurate, e poi agire con coraggio. È sbagliato pensare che basti pregare, come se dall’alto ci dovesse arrivare un buon lavoro.
«Anche quando cominciamo un nuovo lavoro, è importante avere un’idea ben precisa di quello che andremo a fare. A volte ci saranno casi in cui si potrebbe avere bisogno di utilizzare le nostre conoscenze personali. In ogni caso, dobbiamo sbloccare la situazione attraverso “una forte preghiera”, “un attento esame” e “un’azione coraggiosa”».
L’uomo che aveva rivolto la domanda, come per imprimere nel suo cuore la guida del presidente Yamamoto, esclamò: «Va bene, ho capito!». Con ancora maggior vigore Shin’ichi disse con una voce da cui traspariva una determinazione risoluta: «Se siamo membri della Soka Gakkai e siamo dei veri leoni, qualsiasi cosa accada dobbiamo avere una fede incrollabile e una forza vitale straripante, animati dall’ardente desiderio di affrontare qualunque tipo di situazione. In altre parole, è indispensabile stare bene e avere una vita che risplende pienamente. La lucentezza di un’esistenza che risplende è ciò che illumina la notte oscura della vita: è la luce della felicità».
«La cosa più importante è la forza vitale. Capisce cosa intendo?», domandò il presidente Yamamoto. E osservando la sua reazione aggiunse: «Una persona che perde il lavoro tende a demoralizzarsi, a deprimersi. A maggior ragione in una situazione apparentemente priva di prospettive, tenderà a disperarsi o a diventare apatica.
«Però, se in una situazione del genere siamo capaci di rimanere carichi di forza vitale, pieni di energia e pronti ad affrontare con slancio qualunque sfida, saremo in grado di infondere un coraggio incredibile nelle persone intorno a noi. Il coraggio si diffonde come un’onda che si espande.
Inoltre, l’atteggiamento positivo ed energico con cui i membri della Gakkai affrontano le difficoltà della vita dimostra agli altri la prova del potere del Buddismo. L’efficacia di una religione si manifesta soprattutto nel modo in cui vivono le persone che la praticano.
«Se una persona che lavorava in miniera inizia un nuovo lavoro, cambiando tipo di occupazione, nella maggioranza dei casi non potrà valorizzare o trasferire le abilità e le esperienze acquisite in quel campo specifico. A maggior ragione, diventa fondamentale coltivare uno spirito sempre combattivo ed essere energici, tenaci e ottimisti. Le aziende non hanno nessun interesse ad assumere persone pessimiste e apatiche.
«In altre parole, più la situazione si fa problematica, più la vita va forgiata e lucidata, in modo che il “tesoro del cuore” aumenti il suo splendore. La miniera di carbone può venir chiusa e la recessione economica può anche picchiare duro, ma tutto questo non potrà mai distruggere il “tesoro del cuore”: questo non scomparirà mai. Se ci pensate bene, ogni cosa deriva dal “tesoro del cuore”.
«Possiamo affermare che ogni situazione avversa rappresenta una magnifica opportunità per dimostrare la grandezza della fede e della pratica buddista. La vittoria o la sconfitta nella vita dipendono da questo momento presente, da adesso in poi. Ciò che conta alla fine è la vittoria, e la nostra fede ci permette di vincere senza alcun dubbio.
«Per favore, dite a tutte le donne e a tutti gli uomini che stanno combattendo contro grandi difficoltà: “Puoi superare sicuramente qualunque tipo di problema tu stia affrontando. Puoi vincere assolutamente. Aspetto fiducioso la tua vittoria”».
«Sì, lo farò! Grazie davvero» replicò l’uomo. Le sue guance erano diventate paonazze dall’agitazione.
Henry Lawson (1867-1922), scrittore e poeta australiano, una volta scrisse: «I tempi sono molto duri / Ma non dobbiamo intimidirci / Se continuiamo a combattere con coraggio, / arriverà sicuramente il giorno / in cui potremo ridere / dello stato attuale delle cose».
Dopo la tempesta ritorna sempre il cielo azzurro!
Nella stessa giornata, il 12 marzo, fu consegnato un regalo a Shin’ichi Yamamoto: una barca di legno con diversi tipi di pesce crudo. Al centro, era stato messo un rombo molto grande, che pesava più di cinque chili. Era stato inviato da Hirotaka, il marito di Ai Suzumura, che desiderava fargli gustare il pesce fresco, peraltro molto prelibato, del mare di Hamadori.
Prima che Shin’ichi arrivasse al Centro culturale di Fukushima, Hirotaka Suzumura aveva chiesto a un suo amico pescatore del posto di procurargli un rombo, perché il suo sapore è migliore nel periodo che intercorre tra l’inverno e l’inizio della primavera.
«Vorrei che fosse molto grande…» aveva chiesto al suo amico.
«Un rombo grande? Non sarà facile» rispose il pescatore borbottando.
Ma alcuni giorni dopo, il pescatore arrivò quasi correndo da Hirotaka: «Ce l’ho fatta a prenderne uno grande!». E glielo mostrò con orgoglio insieme ad altri pesci che aveva pescato.
Osservando il pesce sulla barca di legno, insieme ad altri responsabili, Shin’ichi esclamò: «È un rombo spettacolare! Chi ce l’ha mandato?».
Un responsabile di prefettura rispose: «È stato il signor Hirotaka Suzumura. Ho sentito dire che ha recitato intensamente insieme alla moglie Ai per poter trovare un rombo di questo tipo per lei».
Shin’ichi pensò: «Che pensiero carino ha avuto. Si è scomodato tanto per me. Mi sento in debito verso di lui». Dopodiché compose una poesia su un cartoncino colorato:

Il rombo e l’orata
del regno marino;
il tuo mare di
Daimoku sincero
ti porterà la più grande felicità.

«Mangiamo insieme questo pesce» disse Shin’ichi. Chiese poi al responsabile di prefettura di manifestare la sua riconoscenza ai coniugi Suzumura, consegnando loro questo cartoncino: «Vi sono veramente grato. Sono commosso dalla vostra sincerità».
«Come mio rappresentante desidero che trasmetta loro la mia gratitudine e il mio sincero ringraziamento, fino in fondo, affinché ne siano veramente incoraggiati. Se lei, come responsabile, dovesse comportarsi come un burocrate, illudendosi che sia sufficiente consegnare semplicemente questo piccolo pensiero, il mio cuore non arriverebbe ai nostri compagni di fede».
La Soka Gakkai è un universo di persone dal cuore traboccante di umanità, unite tra loro da legami basati sulla fiducia e la sincerità. Tuttavia, la cosa che Shin’ichi Yamamoto temeva maggiormente era che questo universo umano arrivasse al punto di non riuscire più a trasmettere il cuore, scadendo per inerzia in un’organizzazione fatta di rapporti burocratici e formali.
Animato da questo intento, raccontò ai responsabili che si trovavano intorno a lui: «Spesso mi è capitato di trasmettere ai compagni di fede le parole di incoraggiamento di Toda. In tali occasioni, oltre a riportare ai membri le parole del maestro, raccontavo loro il suo stato d’animo e le riflessioni che faceva e, come suo rappresentante, talvolta mi inchinavo di fronte a loro con profondo rispetto.
«Ci fu una volta un episodio quasi comico quando, vedendomi inchinare tanto, anche il mio interlocutore si piegò verso il basso nella stessa misura, perché si sentiva fin troppo onorato dal mio saluto ossequioso e così continuammo a inchinarci a vicenda abbastanza a lungo…
«A ogni modo, la linfa vitale della Soka Gakkai è costituita dalle relazioni cuore a cuore che pongono al centro il legame di maestro e discepolo. È un rapporto invisibile, ma concreto e tangibile. Non solo, il legame tra maestro e discepolo è ciò che ha reso invincibile la Gakkai, un’organizzazione capace di creare una forte unità al suo interno. I responsabili non devono mai dimenticarlo».
Anche durante la seconda giornata trascorsa al Centro culturale di Fukushima, Shin’ichi continuò a offrire consigli e incoraggiamenti ai responsabili del luogo riversando tutte le sue energie mentre si intratteneva con loro.
Il giorno successivo, il 13 marzo, nel corso della mattinata, Shin’ichi Yamamoto tenne un incontro informale con le rappresentanti della Divisione Donne delle sei prefetture del Tohoku: Fukushima, Miyagi, Iwate, Aomori, Akita e Yamagata. Durante l’incontro, che si svolse all’ultimo piano del Centro culturale, egli sottolineò l’importanza del sorriso delle donne: «Il tesoro più importante e prezioso in una famiglia è il sorriso della madre, capace di infondere coraggio a tutti i familiari. Sia i vostri mariti che i vostri figli si fanno coraggio grazie al vostro sorriso, e ne traggono speranza. Non sappiamo che tipo di difficoltà ha in serbo la vita per ognuno di noi. Ma una persona veramente forte riesce a mantenere il sorriso nonostante le difficoltà.
«Si dice che la madre sia il sole della famiglia. Penso che si dica così perché anche nei momenti più difficili le madri avvolgono e riscaldano i loro familiari con la luce del loro sorriso affettuoso.
«Come scrisse una volta il celebre poeta indiano Rabindranath Tagore (1861-1941): “Donna, quando ridi, nel suono della tua voce riecheggia la mistica vibrazione della fontana della vita”. Se non sbaglio, anche Tolstoj elogiava il sorriso delle madri».
Mentre Shin’ichi pronunciava quelle parole, i volti delle donne presenti si rischiararono in un battibaleno, come un giardino fiorito di sorrisi splendenti.
Nel suo romanzo autobiografico Infanzia, Tolstoj evoca in questi termini la figura della madre: «Quando la mamma sorrideva, il suo volto, che era già bellissimo, diventava ancora più affascinante, senza ombra di dubbio, e tutto intorno a lei assumeva toni di allegria. Se nei momenti più duri della vita avessi potuto scorgere solo per un istante quel sorriso, avrei potuto ignorare anche il dolore”».
Shin’ichi Yamamoto, rivolgendosi alle signore presenti, disse: «Possiamo affermare che il sorriso è come un fiore che sboccia se trova il terreno fertile in un cuore tenace. Quando sorridete allegramente infondete coraggio ai vostri familiari, che riusciranno a superare con dignità qualunque tipo di difficoltà. La forza del sorriso di una donna è la fonte che trasmette vitalità ed energia alle persone».
I volti sorridenti dei membri della Divisione donne, le “madri della Soka Gakkai”, annuirono coralmente: i loro occhi brillavano e i loro sorrisi erano molto luminosi.
Subito dopo le 13 dello stesso giorno, si tenne una riunione con i rappresentanti dei responsabili delle sei prefetture del Tohoku: Fukushima, Miyagi, Iwate, Aomori, Akita e Yamagata. In questa sede, Shin’ichi parlò dei notevoli passi avanti verso la realizzazione di kosen-rufu compiuti grazie alla considerevole crescita del numero dei membri dell’anno precedente e ringraziò dal profondo del cuore i compagni di fede del Tohoku per l’impegno costante profuso nei mesi precedenti.
Dopodichè sottolineò con risolutezza che il significato essenziale del Buddismo di Nichiren Daishonin è quello di dedicare la propria vita a kosen-rufu basandosi sempre sul Gohonzon, e che erano stati i presidenti Makiguchi e Toda a trasmettere a tutti noi questo insegnamento e il suo significato originario, a costo della vita.
Shin’ichi proseguì il suo discorso: «Quest’anno compio trenta anni di pratica, e in tutto questo tempo ho assistito a tante situazioni nell’organizzazione e anche a svariati tipi di comportamento da parte di molti compagni di fede. Ho visto passare diversi tipi di persone: vigliacche, egocentriche oppure furbe, che hanno tentato di approfittarsi della Gakkai, e anche persone opportuniste, alla ricerca di un tornaconto personale o della fama. Tutti questi individui alla fine hanno abbandonato la pratica buddista e, ritrovandosi in un vicolo cieco, hanno finito per vivere una condizione di indigenza.
«Coloro, invece, che hanno perseverato nella fede per tutta la vita, seguendo alla lettera gli insegnamenti di Makiguchi e Toda, pur incontrando grandi difficoltà durante il loro cammino, alla fine hanno superato qualunque situazione perché sono riusciti a fare la loro rivoluzione umana trasformando radicalmente il proprio stato vitale».
Shin’ichi Yamamoto desiderava ardentemente che i membri comprendessero il severo principio buddista della Legge di causa ed effetto e per questo motivo spiegò ai responsabili presenti il modo in cui dovrebbe vivere un praticante: «La conclusione a cui sono arrivato dopo trent’anni di pratica è che, per quanto riguarda la fede, su cui si basa la nostra vita, bisogna andare sempre avanti rimanendo seri e sinceri fino in fondo, come è scritto nel Gosho.
«Inoltre, ciò che influenza in gran parte la nostra vita è la buona fortuna. E l’ingrediente essenziale per accumulare buona fortuna è coltivare un atteggiamento di gratitudine. La stessa cosa vale anche quando partecipiamo alle attività della Gakkai, ma se ci lamentiamo o continuiamo a essere pessimisti, cancelleremo la buona fortuna che stiamo accumulando. Al contrario, se nutriamo gratitudine verso il Gohonzon e Nichiren Daishonin, e iniziamo ogni giornata dicendo: “Anche oggi posso impegnarmi come inviato del Budda!” e proviamo gratitudine nei confronti della Soka Gakkai che ci ha trasmesso la fede, sperimenteremo entusiasmo e una gioia infinita. È da un cuore di questo tipo che derivano sia i benefici che la buona fortuna.
«Nutro un grande rispetto per ciascuno di voi, membri del Tohoku, perché avete una tenacia imbattibile e siete animati da uno spirito indomito che non si arrende mai di fronte a qualsiasi avversità. Siete l’esempio vivente di una forza vigorosa capace di alzarsi risolutamente e lottare per kosen-rufu, senza mai farsi abbattere, neanche da enormi difficoltà o sofferenze. Questa forza è ciò che farà risplendere eternamente la vostra vita, è la “luce della fortuna” che vi illuminerà lungo le tre esistenze di passato, presente e futuro trasformando i luoghi dove vivete, a cui siete così legati, nella Terra della Luce Eternamente Tranquilla.
«Tempo fa ho affidato a voi, membri del Tohoku, il completamento di kosen-rufu. Vi prego di alzarvi con portamento maestoso, come degli alfieri, e di portare a termine kosen-rufu, facendo ardere ancora di più il vostro spirito indomito. Ora è giunto il momento».
Poi, dopo aver osservato attentamente l’intera sala, Shin’ichi si rivolse a ciascuno dei presenti: «Sto pregando ogni giorno affinché tutti i miei compagni di fede, senza eccezioni, possano dimostrare la prova concreta della loro rivoluzione umana, conducendo una vita appagante e felice. Vorrei che potessero esclamare a testa alta: “Non ho rimpianti. Ho vissuto fino in fondo una vita di grande significato come membro della Soka Gakkai”. Questo è il mio unico e più grande desiderio.
«Per questa ragione non risparmio alcuno sforzo. Combatterò a costo della vita per proteggervi. E continuerò a lavorare instancabilmente, senza mai tirarmi indietro, perché desidero ripagare ognuno di voi per gli sforzi compiuti finora».
Comprendendo i sentimenti che animavano il cuore di Shin’ichi, gli occhi dei partecipanti si velarono di lacrime.
La riunione con i rappresentanti dei responsabili del Tohoku si concluse con grande entusiasmo. Nell’androne del primo piano, Shin’ichi Yamamoto si avvicinò a un gruppetto di uomini e giovani uomini e rivolse a ognuno di loro parole piene di incoraggiamento.
Mentre stringeva forte la mano a un uomo che veniva da Iwate, disse: «Per favore, continua ad affrontare ogni sfida che ti troverai dinanzi con una determinazione tale da riuscire a “penetrare una parete rocciosa”. Specialmente i momenti in cui sarai messo a dura prova risulteranno decisivi per te. Come dice il Daishonin: “Solo sconfiggendo un potente nemico si può dimostrare la propria vera forza”. (Lettera da Sado, RSND, 1, 267). Se riuscirai a superare quei frangenti, sarai in grado di dimostrare la grandezza del Buddismo, facendo fare passi da gigante al movimento di kosen-rufu».
Poi incoraggiò un giovane uomo che veniva dalla prefettura di Miyagi, mettendogli una mano sulla spalla: «La Canzone del nuovo secolo è stata composta nella prefettura di Miyagi. Ognuno di noi ha la missione di aprire un nuovo secolo, superando qualunque difficoltà possa presentarsi. Mi raccomando! Conto su di te!».
E ai compagni di fede della prefettura di Aomori disse: «Grazie per lo scorso autunno, per la vostra ospitalità. Mi piacerebbe tornare al Centro di formazione generale del Tohoku. La conformazione della prefettura di Aomori ricorda quella di un elmo di un samurai. L’elmo è il simbolo della battaglia. Desidero con tutto il cuore che i membri di Aomori possano diventare dei generali coraggiosi, capaci di condurre il Tohoku a una vittoria senza precedenti.
Poi rivolgendosi a un giovane originario di Akita raccomandò: «Una volta, i membri della prefettura di Akita venivano chiamati “Gli eroi del mare del Giappone per kosen-rufu“. Ora tocca a voi diventare eroi del Giappone e del mondo intero. Io seguirò con cura e attenzione la vostra battaglia».
A un membro della prefettura di Yamagata strinse forte la mano domandando: «I membri della città di Sakata, che hanno subìto quell’incendio tremendo, stanno tenendo duro? La prego di portare loro i miei più cari saluti [Vedi NRU, vol. 24, capitolo 2, Protezione assoluta, 1ª puntata: “C’era appena stato un grande incendio a Sakata, nella prefettura di Yamagata, il 29 ottobre 1976. Ed era stato un incendio disastroso durato quasi dodici ore. Aveva distrutto oltre millesettecento tra edifici e abitazioni in un’area di 22,5 ettari, uccidendo anche una persona e ferendone più di mille”].
«La prefettura di Yamagata è la zona che vanta la maggiore produzione di riso e frutta. Molti dei suoi prodotti agricoli sono i migliori di tutto il Giappone. Anche per quanto riguarda le attività di kosen-rufu, vi prego di diventare i numero uno del Giappone e del mondo, dedicandovi a qualcosa in particolare. Allora a Yamagata si spalancherà la porta di una nuova era di kosen-rufu».
Il Tohoku era una regione che Shin’ichi amava davvero: quella zona possedeva un’immensa potenzialità e poteva diventare l’esempio del ventunesimo secolo. Per questo motivo voleva piantare i semi di una determinazione e di una fede sconfinate nel cuore di ogni singolo membro.
Nonostante fosse solo l’inizio della primavera, e le giornate fossero ancora fredde, la fronte di Shin’ichi era leggermente imperlata di sudore.
Il 13 marzo fu l’ultimo giorno che Shin’ichi Yamamoto trascorse a Fukushima: già in serata avrebbe dovuto recarsi nella prefettura di Tochigi.
Alle cinque di pomeriggio prese parte al meeting della Divisione giovani, organizzato per celebrare il 16 marzo, il giorno di kosen-rufu.
Shin’ichi stesso aveva annunciato la sua partecipazione all’incontro perché non poteva mancare l’occasione di incoraggiare i giovani che si sarebbero assunti la responsabilità del futuro. Voleva sostenerli a tutti i costi.
In piedi davanti al microfono esclamò: «Sono profondamente commosso di vedere qui riuniti i membri della Divisione giovani uomini e giovani donne di Fukushima, così bravi e meravigliosi; mi sento rassicurato, perché grazie a voi intravedo un futuro con delle basi solide».
Subito dopo cominciò a parlare del significato del 16 marzo: «Forse avrete già sentito parlare della cerimonia del 16 marzo 1958, che poi è diventato il giorno commemorativo di kosen-rufu. Si racconta che il Primo ministro di allora avrebbe dovuto parteciparvi. Ma questo ovviamente non costituisce il nocciolo della questione, né tantomeno ne racchiude il significato essenziale. Piuttosto, il maestro Toda volle tenere una cerimonia in cui avrebbe affidato ai giovani l’intera responsabilità del futuro.
«Kosen-rufu non è come una corsa di diecimila metri che termina quando si raggiunge il traguardo stabilito. Piuttosto è il “flusso” stesso della corsa, ed è una lotta costante per continuare a generare un ulteriore “nuovo flusso” grazie alla forza trainante dei giovani, che si impegnano sempre per primi, in qualsiasi epoca.
Tra Toda e il suo maestro Makiguchi c’erano ventinove anni di differenza. I due erano stati portati in carcere insieme a causa dell’autoritarismo del governo militare in Giappone. Nel settembre del 1943, l’anno in cui furono arrestati, si incrociarono di sfuggita negli uffici della polizia metropolitana di Tokyo, al secondo piano. Toda fece appena in tempo a chiamare: «Sensei, abbia cura di sé!» mentre tutto ciò che riuscì a fare Makiguchi fu annuire con il capo. Questo sarebbe stato il loro ultimo saluto. Ma fu anche il momento in cui avvenne il passaggio del testimone di kosen-rufu dal maestro al discepolo.
«Come saprete, Makiguchi morì in carcere, ma Toda ne uscì vivo, e riuscì a creare il grande flusso dello sviluppo del movimento di kosen-rufu».
Al ricordo di Josei Toda, il suo maestro, lo sguardo di Shin’ichi si riempì di dolcezza, mentre spiegava ai giovani riuniti nella sala il significato del 16 marzo: «Il maestro Toda adempì al suo voto e riuscì a portare il numero dei praticanti a settecentocinquantamila famiglie. Nel marzo del 1958 era stremato e le sue condizioni di salute erano preoccupanti. Tra me e il maestro c’erano ventotto anni di differenza.
«Così come Makiguchi passò a Toda il testimone di kosen-rufu, Toda, pensando al futuro, affidò a me e ai membri della Divisione giovani il movimento di kosen-rufu. Questa fu la cerimonia del 16 marzo 1958, in cui si svolse questo storico passaggio di consegne, alla presenza di seimila giovani.
«Solamente ai giovani possiamo chiedere di creare e alimentare la corrente di kosen-rufu nel futuro. Saranno le generazioni più giovani a creare un flusso di espansione ancora più vasto. Questo sforzo costante è ciò che chiamiamo kosen-rufu.
«Di conseguenza, se i nostri giovani successori dovessero essere timidi o reticenti e non fossero capaci di creare un flusso di propagazione del Buddismo nella loro epoca, non ci sarebbe futuro né per kosen-rufu né per la Soka Gakkai.
«Per questo motivo mi sto dedicando con tutte le forze a far crescere e incoraggiare ciascuno di voi, che porterete avanti il movimento Soka, a cominciare dai membri della Divisione giovani e della Divisione scuole superiori.
«Kosen-rufu può essere affidato soltanto a voi. E io dedicherò tutto me stesso a ognuno di voi. Sono disposto a dare la mia vita per voi».
Shin’ichi proseguì spiegando che la gioventù è un periodo in cui si sperimentano aspri conflitti interiori e difficoltà di ogni genere, ed è anche una fase nella quale non mancano certamente le tentazioni.
«Ma qualunque cosa accada, non bisogna mai allontanarsi dal mondo del Buddismo, che è in assoluto il migliore insegnamento nella vita, e nemmeno dalla Soka Gakkai, l’organizzazione che persegue e lavora in accordo con l’intento e il mandato del Budda. Per favore, vi prego di incidere nel cuore questo brano di Nichiren Daishonin: “Sia che venga tentato dal bene o venga minacciato dal male, chi lascia il Sutra del Loto si condanna all’inferno (L’apertura degli occhi, RSND, 1, 254)”».
«Nella vita esisteranno sempre problemi e sofferenze, sono parte della vita. Tuttavia, continuando a praticare per venti o trenta anni e vivendo fino in fondo la missione che ciascuno di noi ha scelto per realizzare kosen-rufu, riusciremo a costruire un io forte e indistruttibile, che non può essere sconfitto da niente e nessuno. In fondo, la trasformazione della nostra vita altro non è che la chiave per condurre una vita pienamente realizzata».
A quel punto la voce di Shin’ichi risuonò ancora più incisiva: «Potremo sperimentare il vero successo nella vita e sentire tutta la nostra dignità solo quando avremo la meglio sulla nostra oscurità fondamentale. La pratica e la fede buddista ci mettono in grado di rialzarci risolutamente, con tenacia, anche quando ci si imbatte in una tempesta di sofferenze e difficoltà. Questa è la fede. E questa è la vita di un Bodhisattva della Terra, di un membro della Soka Gakkai.
«Specialmente quando affronterete una grande prova, per favore, alzatevi con coraggio, con la consapevolezza che: “Noi siamo i successori della Soka Gakkai” e che: “Ognuno di noi è il presidente Yamamoto della nuova era”. Sarà il vostro comportamento, il vostro modo di agire traboccante di speranza che trasmetterà forza e slancio innovativo al movimento di kosen-rufu.
«Se così tanti giovani, quanti siete oggi, costituiranno la forza trainante per infondere coraggio alle persone, e risplenderanno come sorgenti di “luce di felicità” capaci di illuminare il nostro futuro, Fukushima diventerà una roccaforte solida e inespugnabile. Mi sto prefigurando gli eroi che diventerete tra venti, trenta e quarant’anni. Con questo concludo il mio discorso di oggi, grazie a tutti!».
Seguì un grande applauso da parte di quei giovani risoluti, che assomigliava piuttosto al rimbombo di un tuono e fece tremare tutta la sala.
Shin’ichi andò al pianoforte e suonò per loro Dainanko, la canzone che racconta della separazione tra Kusunoki Masashige e suo figlio Masatsura e del giuramento pronunciato da entrambi.
Shin’ichi eseguì altri tre brani al piano e poi un quarto. Infine esclamò: «Spalancate la strada al movimento di kosen-rufu nel ventunesimo secolo, utilizzando il vostro spirito combattivo, la vostra forza e la vostra saggezza!».
Eseguì quelle canzoni con gioia, convinto di aver piantato nei loro cuori il seme della luce della felicità.
Poco prima delle otto di sera Shin’ichi lasciò il Centro culturale di Fukushima per recarsi al Centro generale di formazione del Kanto (oggi Centro di formazione del Tochigi) che si trova nel distretto di Nasu, nella prefettura di Tochigi.
Dal finestrino vedeva il cielo plumbeo, ma nel suo cuore si ergeva maestosamente il monte Bandai che, elevandosi fin sopra le nuvole, inondava il paesaggio con una magnifica luce dorata. Per Shin’ichi questa immagine simboleggiava i giovani eroi di Fukushima e del Tohoku. «Affido a voi l’avvenire di Fukushima!». «Affido a ciascuno di voi l’avvenire del Tohoku! », così Shin’ichi esclamò in cuor suo.

Estratti dal volume 25 sono stati pubblicati nei numeri dal 484 al 490.

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