Sado, 1272. Indirizzata a Toki Jonin
Questa lettera è indirizzata a Toki, ma deve essere mostrata a Saburo Saemon, al prete laico Okuratonotsuji Juro, alla monaca laica di Sajikie agli altri miei discepoli. Fatemi sapere i nomi dei caduti nelle battaglie di Kyoto e di Kamakura. Inoltre fatemi pervenire per mezzo di chi verrà qui l’antologia di testi non buddisti, il secondo volume di Parole e frasi del Sutra del Loto e il quarto volume del Significato profondo del Sutra del Loto con il relativo commentario, oltre alla raccolta dei documenti in cui sono contenute le opinioni ufficiali e a quella degli editti imperiali.
Le cose che le persone temono di più in questo mondo sono il dolore del fuoco, il balenare delle spade e l’ombra della morte. Perfino i buoi e i cavalli hanno paura di essere uccisi, non c’è da meravigliarsi che gli esseri umani abbiano paura della morte; perfino i lebbrosi sono attaccati alla vita, a maggior ragione le persone sane. Il Budda insegnò che piuttosto di ricoprire un intero sistema maggiore di mondi con i sette tesori, è meglio offrire al Budda e al sutra [del Loto] il proprio dito mignolo[1]. Il ragazzo delle Montagne Nevose offrì il suo corpo e l’asceta Colui che Aspira alla Legge si strappò la pelle [per potervi scrivere gli insegnamenti del Budda]. Poiché non c’è cosa più preziosa della vita, se la si dedica a praticare il Buddismo, si consegue sicuramente la Buddità. Chi è pronto a dare la propria vita, perché dovrebbe lesinare altri tesori per la Legge buddista? D’altra parte, chi esita a offrire al Buddismo i propri beni materiali, come potrà dare la vita che ha un valore di gran lunga maggiore?
Secondo le regole della società, bisogna ricambiare un grande favore anche a costo della vita. Molti guerrieri perdono la vita per il loro signore, forse più di quanti si possa immaginare. Un uomo è disposto a morire per il suo onore, una donna è disposta a morire per un uomo. I pesci vogliono sopravvivere e, deplorando la scarsa profondità dello stagno in cui vivono, scavano buche sul fondo per nascondersi, eppure, ingannati dall’esca, abboccano all’amo. Gli uccelli sugli alberi temono che questi siano troppo bassi e si appollaiano sui rami più alti, eppure, abbagliati dall’esca, si fanno prendere nella rete. Gli esseri umani sono altrettanto vulnerabili. Danno la vita per superficiali cose mondane, ma raramente per i preziosi insegnamenti del Buddismo. Fa poca meraviglia che non conseguano la Buddità.
Il Buddismo dev’essere propagato con il metodo di shoju o di shakubuku, a seconda dell’epoca. Sono paragonabili alle due arti mondane della penna e della spada. Per tale ragione, i grandi saggi del passato praticarono gli insegnamenti buddisti nella maniera adeguata ai loro tempi. Il ragazzo delle Montagne Nevose e il principe Sattva sacrificarono il loro corpo quando fu detto loro rispettivamente che così facendo avrebbero udito in cambio l’insegnamento, e che dare la propria vita è la pratica del bodhisattva. Ma perché si dovrebbe sacrificare la vita in un periodo in cui non occorre? In un’epoca in cui non c’è carta, dovremmo usare la nostra pelle. In un’epoca in cui non ci sono pennelli, dovremmo usare le nostre ossa. In un’epoca in cui la società onora chi osserva i precetti e pratica il corretto insegnamento e condanna coloro che infrangono o ignorano i precetti, bisognerebbe seguire rigorosamente tutti i precetti. In un’epoca in cui il Confucianesimo e il Taoismo vengono usati per sopprimere gli insegnamenti di Shakyamuni, si deve rischiare la vita per esprimere le proprie rimostranze all’imperatore, come fecero i maestri del Dharma Tao-an, Hui-yüan e il Maestro del Tripitaka Fa-tao. In un’epoca in cui le persone confondono gli insegnamenti hinayana e mahayana, quelli provvisori e quello vero, le dottrine essoteriche e quelle esoteriche, come se fossero incapaci di distinguere le gemme dalle tegole e dai detriti o il latte di vacca dal latte d’asina[2], si dovrebbero chiarirne rigorosamente le differenze, come fecero i grandi maestri T’ien-t’ai e Dengyo.
È nella natura delle bestie minacciare il debole e temere il forte. Gli studiosi contemporanei delle varie scuole si comportano come loro: disdegnano un sapiente senza potere, ma temono i governanti malvagi. Non sono altro che cortigiani servili. Solo sconfiggendo un potente nemico si può dimostrare la propria vera forza. Quando un governante malvagio si allea con preti che sostengono insegnamenti errati, per distruggere l’insegnamento corretto e liberarsi di un uomo sapiente, chi ha un cuore di leone conseguirà sicuramente la Buddità. Così ha fatto Nichiren. Non dico questo per arroganza, ma perché sono animato dalla forte volontà di preservare il corretto insegnamento. Un uomo arrogante sarà sopraffatto dalla paura di fronte a un forte nemico, come il superbo asura che si rimpicciolì e si nascose in un fiore di loto nel lago della Frescura quando fu redarguito da Shakra. Persino una sola parola o frase dell’insegnamento corretto, se è adatta al tempo e alle capacità delle persone, permetterà di raggiungere la via mentre, anche studiando mille sutra o diecimila trattati, non si conseguirà la Buddità se questi insegnamenti non si accordano con il tempo e le capacità delle persone.
Sono ormai passati ventisei anni dalla battaglia di Hoji[3] e quest’anno ci sono stati già due combattimenti[4], l’undicesimo e il diciassettesimo giorno del secondo mese. Né i non buddisti né i nemici del Buddismo possono distruggere il corretto insegnamento del Tathagata, ma i discepoli del Budda possono senza dubbio farlo. Come dice un sutra, solo i vermi nati dal corpo del leone stesso possono cibarsene[5]. Un uomo di grande fortuna non sarà mai rovinato dai nemici, ma può esserlo da coloro che gli stanno vicini. Questo è il «disastro delle lotte intestine» di cui parla il Sutra del Maestro della Medicina. Il Sutra dei Re benevolenti dice: «Quando i santi abbandonano il paese, accadono inevitabilmente i sette disastri». Il Sutra della Luce dorata dice: «I trentatré dèi celesti sono furiosi perché il re lascia che il male dilaghi nel paese senza porvi rimedio». Benché io, Nichiren, non sia un santo, poiché abbraccio il Sutra del Loto esattamente come esso insegna, è come se lo fossi. Inoltre, poiché ho capito da molto tempo come vanno le cose del mondo, ciò che ho predetto in questa vita si è verificato e, perciò, non dovreste mai dubitare nemmeno di ciò che vi ho detto riguardo alle esistenze future.
CENNI STORICI
Nichiren Daishonin scrisse questa lettera nel ventesimo giorno del terzo mese del 1272, circa cinque mesi dopo il suo arrivo sull’isola di Sado dove era stato esiliato. La lettera è indirizzata sia a Toki Jonin, un samurai di alto grado al servizio del signore di Chiba, conestabile della provincia di Shimosa, sia a Saburo Saemon (Shijo Kingo) di Kamakura e ad altri suoi fedeli seguaci.
Nichiren Daishonin era stato condannato all’esilio nel decimo giorno del decimo mese del 1271, perché accusato di tradimento da Ryokan, il rettore del tempio Gokuraku di Kamakura, e da Hei no Saemon, vice comandante dell’ufficio degli affari politici e militari. Tuttavia, invece di consegnarlo come previsto alla custodia di Homma Shigetsura, vice conestabile di Sado, Hei no Saemon aveva tentato di giustiziare il Daishonin a Tatsunokuchi. In seguito al fallimento dell’esecuzione, i soldati di Homma scortarono il Daishonin fino alla costa del Mar del Giappone, con quasi un mese di ritardo. Dopo un’ulteriore attesa causata dal cattivo tempo, il Daishonin approdò sull’isola di Sado, il ventottesimo giorno del decimo mese.
Venne condotto all’alloggio assegnato, una cappella in rovina, chiamata Sammai-do, dove visse per i primi cinque mesi esposto al vento gelido e alla neve, che penetravano dalle crepe nei muri e nel tetto, e solo cinque mesi dopo fu trasferito in una dimora meno precaria, a Ichinosawa. Durante l’esilio a Sado, il Daishonin condusse dibattiti con i seguaci della Pura terra e altri preti, e non smise mai di propagare attivamente i suoi insegnamenti. In quel periodo compose due dei suoi principali trattati, L’apertura degli occhi e L’oggetto di culto per l’osservazione della mente. Nel secondo mese del 1274, infine, ottenne la grazia e fece ritorno a Kamakura, il ventiseiesimo giorno del terzo mese.
In questo scritto il Daishonin dichiara che per conseguire la Buddità bisogna essere disposti a offrire al Buddismo il bene più prezioso che una persona possiede, cioè la propria vita. Afferma poi che il metodo di propagazione noto come shakubuku è il più appropriato per quest’epoca, e che si può conseguire la Buddità solo dedicandosi attivamente a esso. Scrive inoltre di essere “il pilastro, il sole, la luna, lo specchio e gli occhi” e il “padre e la madre” del paese, riferendosi simbolicamente al Budda dell’Ultimo giorno della Legge, perfettamente dotato delle tre virtù di sovrano, maestro e genitore. E ribadisce le profezie già esposte in Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese, rispetto allo sconvolgimento politico e alle violente dispute per il potere all’interno del Giappone.
Infine, presenta una complessa spiegazione del concetto di karma, affermando che le sue attuali difficoltà derivano dall’aver offeso il Sutra del Loto in una passata esistenza. Usando il proprio esempio, spiega ai suoi discepoli lo spirito e la pratica grazie ai quali è possibile trasformare il proprio karma. Aggiunge che coloro che propagano con decisione il corretto insegnamento del Buddismo affronteranno inevitabilmente opposizioni, ma tali difficoltà rappresentano l’opportunità per cambiare il proprio karma. Infine ammonisce severamente i discepoli rinnegati che criticano e abbandonano la fede, spiegando loro le pesanti conseguenze di tale comportamento e paragonandoli, per la loro visione superficiale, a lucciole che ridono del sole.
[1] Vedi Il Sutra del Loto, cap. 23, p. 391.
[2] Latte di vacca e latte d’asina: il latte di vacca indica il Sutra del Loto, mentre il latte d’asina, ritenuto un veleno, indica gli altri sutra.
[3] Battaglia di Hoji: battaglia combattuta nel 1247 fra i clan Hojo e la famiglia Miura, con esso imparentata, per il controllo della reggenza e vinta dal clan Hojo. Circa ventisei anni dopo, nel 1272, il governo di Kamakura fu nuovamente turbato da lotte intestine.
[4] Riferimento alle rivolte istigate da Hojo Tokisuke, un influente funzionario di Kyoto, che tentò di rovesciare il fratellastro, il reggente Hojo Tokimune. Gli alleati di Tokisuke a Kamakura furono uccisi dalle forze governative l’undicesimo giorno del secondo mese e Tokisuke stesso fu ucciso a Kyoto il quindicesimo giorno. Il riferimento al “diciassettesimo” è un’informazione imprecisa o un errore nella copia del documento originale.
[5] Sutra del Volto come il loto.
