Akimoto Gosho (Tsutsugoki Sho)
Gosho Zenshu, pag. 1071
Gli scritti di Nichiren Daishonin, vol. 9, pag. 101
brano scelto
Ho ricevuto le trenta tazze e i sessanta piatti che mi hai gentilmente inviato.
Una tazza è un recipiente. Poiché la grande terra è concava, l’acqua vi si raccoglie e, poiché il cielo blu è sereno, la luna risplende. Quando sorge la luna, l’acqua brilla di luce pura e quando cade la pioggia, le piante e gli alberi prosperano.
Un recipiente è concavo come la terra e in esso l’acqua si raccoglie come in uno stagno. E il riflesso della luna affiora alla superficie dell’acqua nello stesso modo in cui il Sutra del Loto pervade il nostro essere.
Ma un recipiente può avere quattro difetti. Il primo si chiama fuku, che significa che il recipiente si rovescia o è inutilizzabile perché chiuso da un coperchio. Il secondo si chiama ro, che significa che perde acqua. Il terzo si chiama u e vuol dire che il suo contenuto è contaminato. Anche se l’acqua è pura, se nel recipiente è entrata della sporcizia, non si potrà utilizzare l’acqua. Il quarto è chiamato zo o “miscuglio”. Se il riso viene mescolato a spazzatura, sassi, sabbia o terriccio, gli uomini non possono mangiarlo.
Qui il recipiente rappresenta i nostri corpi e le nostre menti. Le nostre menti sono come un recipiente e anche le nostre bocche e le nostre orecchie lo sono. Il Sutra del Loto è l’acqua del Dharma della saggezza del Budda. Ma quando quest’acqua viene versata nella nostra mente, noi la rovesciamo o ci tappiamo le orecchie con le mani per non ascoltarla. Oppure la sputiamo dalla bocca per non recitarla. In tali casi siamo simili a recipienti rovesciati o chiusi da un coperchio.
E ancora, pur avendo un po’ di fede, se incontriamo cattive influenze, la nostra fede si indebolisce o l’abbandoniamo, oppure la manteniamo un giorno e l’abbandoniamo per un mese. In tali casi siamo come recipienti che perdono acqua.
Oppure possiamo essere come quei praticanti la cui bocca un momento recita Nam-myoho-renge-kyo e il momento dopo Namu Amida Butsu. Questo è come mescolare spazzatura con riso oppure versarvi sabbia o sassi. Di questo ci ammonisce il Sutra del Loto quando afferma: «…desiderano abbracciare soltanto il sutra del Grande veicolo, non accettando un solo verso degli altri sutra…»[ref]Sutra del Loto, cap. 3, pag. 100.[/ref].
Le dotte autorità del mondo d’oggi ritengono che non vi sia niente di male a mescolare pratiche estranee con la pratica del Sutra del Loto e una volta anch’io, Nichiren, ero di questa opinione. Ma il brano del sutra (che ho appena citato) non autorizza un simile modo di pensare. Supponiamo che la moglie di un grande sovrano, rimasta incinta del suo seme, dovesse unirsi a un uomo del popolo. In tal caso il seme del re si mescolerebbe a quello del popolano e di conseguenza il cielo e le divinità protettrici cesserebbero di prestare aiuto e assistenza e il regno andrebbe incontro alla rovina. Il figlio nato da questi due padri non sarebbe né un re né un plebeo ma un bruto.
Questo è uno dei punti più importanti del Sutra del Loto. La dottrina della semina, maturazione e raccolto[ref]Semina, maturazione e raccolto: sono le tre fasi del processo con cui si giunge alla Buddità. Dapprima il Budda pianta il seme della Buddità nella vita delle persone, poi lo coltiva aiutandole a praticare la Legge finché possono raccogliere il frutto della Buddità.[/ref] costituisce il cuore del Sutra del Loto. Tutti i Budda delle tre esistenze e delle dieci direzioni hanno ottenuto invariabilmente la Buddità attraverso i semi dei cinque caratteri di Myoho-renge-kyo. Le parole Namu Amida Butsu non sono i semi della Buddità, né possono esserlo i mantra o i cinque precetti. Bisogna che questo punto sia perfettamente chiaro; questo è il “miscuglio”.
Se un recipiente è privo di questi quattro difetti, cioè di essere rovesciato, perdere, essere contaminato ed essere un miscuglio, può esser chiamato un recipiente perfetto. Se gli argini di un fossato sono privi di falle, l’acqua non riuscirà mai a sfuggire. E se la fede è perfetta, l’acqua della grande imparziale saggezza non si prosciugherà mai.
I recipienti che mi hai mandato sono robusti e spessi e inoltre sono rivestiti di pura lacca. Essi simboleggiano la solidità e la forza della tua fede nel Sutra del Loto.
Si dice che Bishamonten regalò quattro ciotole al Budda e divenne la principale divinità di buona fortuna nei quattro continenti. La signora Jotoku offrì ottantaquattromila ciotole al Budda Unraionno e divenne il bodhisattva Myoon. Ora tu hai offerto al Sutra del Loto trenta tazze e sessanta piatti, come si può dubitare che diventerai un Budda?
Cenni storici
Questa lettera fu scritta il 27 gennaio 1280 da Minobu, qualche mese dopo che il Daishonin aveva iscritto il Dai-Gohonzon (12 settembre 1279) custodito, in quel periodo, nel tempio di Minobu. Sappiamo che l’iscrizione del Dai-Gohonzon avvenne durante una delle più cruente persecuzioni che si abbatterono sui suoi discepoli: la persecuzione di Atsuhara. Atsuhara era un villaggio di contadini da dove Nikko Shonin, discepolo di Nichiren, aveva dato inizio a una grande campagna di propagazione del Buddismo. Gyochi, vicepriore del Ryusen, tempio del villaggio di Atsuhara, a causa delle numerose conversioni, avvenute anche tra alcuni preti del suo tempio, aveva ingiunto a questi di abiurare il Sutra del Loto per iscritto; ma tranne uno, essi non avevano acconsentito, per cui erano stati cacciati dal tempio. Ma la campagna di propagazione iniziava ad avere un notevole successo anche e soprattutto tra i laici. Per cui il 21 settembre 1279 il governo, con false motivazioni, fece arrestare venti contadini che vennero portati a Kamakura e imprigionati in attesa del processo. Il Daishonin percepì immediatamente la gravità della situazione e inviò una lettera che conosciamo come Le persecuzioni che colpiscono il Budda (SND, 4, 185) indirizzata «alle persone laggiù», intendendo appunto i contadini imprigionati. In questa lettera Nichiren li incoraggia a usare questa persecuzione per approfondire la fede. Famosa è la frase: «Rafforzate la vostra fede giorno dopo giorno e mese dopo mese. Se vi rilassate anche solo un po’, i demoni prenderanno il sopravvento». Hei no Saemon, che teneva prigionieri a Kamakura questi venti contadini, respinse l’appello inviato da Nikko Shonin, e dopo averli fatti torturare, poiché continuavano a rifiutarsi di abbandonare la loro fede nel Buddismo, fece mettere a morte tre di loro: i fratelli Jinshiro, Yagoro e Yarokuro. Nonostante questo crimine, gli altri continuarono a rifiutarsi di abiurare. Nel Gosho Le persecuzioni che colpiscono il Budda Nichiren dichiara solennemente lo scopo più profondo della sua esistenza, l’iscrizione dell’oggetto di culto, donato a tutta l’umanità per il presente e per il futuro. Quindi, quando scrisse questa lettera ad Akimoto, erano passati pochi mesi dalla realizzazione della sua missione più importante: l’iscrizione del Dai-Gohonzon. Akimoto si era convertito ascoltando le lezioni di Nichiren Daishonin, durante la permanenza di quest’ultimo presso la casa di Toki Jonin, dopo la persecuzione di Matsubagayatsu (27 agosto 1260).
Spiegazione
Ho ricevuto le trenta tazze … si rovescia o è inutilizzabile perché chiuso da un coperchio.
L’occasione per la stesura di questa lettera fu il dono che Akimoto gli aveva fatto pervenire a Minobu: trenta tazze laccate e sessanta piatti. In particolare, lo spunto è fornito dall’analisi dei possibili difetti che si possono trovare in una tazza e nella sua funzione. Prima di entrare nel merito della spiegazione, va premesso che Nichiren, sempre, in tutti i suoi scritti, inizia elencando i doni ricevuti, le notizie apprese, i dubbi riportati da altri, additando così il comportamento corretto di confermare sempre da più fonti le notizie apprese. Nichiren usa la spiegazione delle caratteristiche di una tazza per chiarire l’atteggiamento che dovremmo avere nella fede: un recipiente può avere quattro possibili difetti che ne limitano o addirittura ne impediscono l’uso. Un recipiente può essere rovesciato o chiuso da un coperchio (fuku); oppure può perdere acqua perché è bucato o ha delle fessure (ro); può essere sporco, perché magari è stato lavato male, superficialmente (u); infine vi possono essere versate due o più sostanze diverse: per esempio l’acqua e l’aceto o il vino e l’olio, il cui risultato è un miscuglio imbevibile (zo).
Il recipiente rovesciato o chiuso da un coperchio significa chiudere il cuore alla Legge mistica e non volerla accettare. Significa avere pregiudizi e non coltivare l’atteggiamento di ricercare l’insegnamento buddista. Un aspetto di questo è la mancanza di spirito di ricerca, un ingrediente fondamentale per la rivoluzione umana. In termini buddisti lo spirito di ricerca viene indicato con la parola kyudoshin che letteralmente significa “ricerca della strada”, la strada che ci porta all’Illuminazione. Coprire la tazza significa anche tapparsi le orecchie, non voler ascoltare, o tenere a distanza che corrisponde al comportamento di on-shitsu. On-shitsu, letteralmente, vuol dire “odio e gelosia”. Miao-lo ne spiegò così il significato: «On indica coloro che non hanno ancora superato un ostacolo, mentre shitsu significa persone che si rifiutano di ascoltare». L’ostacolo qui indica le illusioni o i desideri terreni che impediscono di aspirare al vero insegnamento. In generale indicava le persone che non riuscivano a staccarsi dagli insegnamenti provvisori, come gli insegnamenti buddisti precedenti il Sutra del loto. Shitsu indica non ascoltare la vera Legge che è esposta nel Sutra del Loto. Quindi in sintesi, on-shitsu significa essere attaccati alla verità parziale contenuta nei primi sutra e rifiutarsi di accettare quella globale esposta dal Sutra del Loto. Ma chi di noi conosce il termine on-shitsu, in realtà, lo collega a ben altro: di solito infatti con esso si indica l’offesa o la mancanza di rispetto tra le persone che recitano Nam-myoho-renge-kyo, tra i credenti. Nichiren Daishonin ammonì severamente sul fatto che tra i credenti del Sutra del Loto non avrebbero dovuto esistere “odio e gelosia”. Può capitare a tutti di incontrare persone che, sebbene buddiste, non riusciamo proprio ad apprezzare. Il punto è se riusciamo a credere che ogni persona è dotata della natura di Budda – quindi “perfettamente dotata” – oppure no e che, prendendo fede nel Gohonzon e recitando Nam-myoho-renge-kyo diventa in grado di manifestare la propria natura illuminata. Non credere in questo, cioè non credere alla possibilità di cambiamento di una singola persona, significa nutrire illusioni e non superare quest’ostacolo (on). Alla radice di questo problema – il risentimento – esiste una fede debole.
On-shitsu non significa essere in disaccordo con qualcuno oppure fargli notare ciò che per noi può essere sbagliato. La differenza sta nell’atteggiamento col quale lo facciamo, nel cuore che è alla base di questa azione.
Il secondo si chiama ro, che significa che perde acqua … non si potrà utilizzare l’acqua.
Il secondo difetto simboleggia il comportamento di chi si sforza di fare qualcosa, ma smette a metà strada. A causa di critiche e trappole la sua fede vacilla e il dubbio inizia a prendere il sopravvento. Questo accade quando si ha una fede come il “fuoco” e non come “l’acqua”. È una fede che è condizionata dal proprio ambiente, dalle circostanze che viviamo, o dalle persone che incontriamo. Nichiren Daishonin, in tutte le lettere, incoraggia i suoi discepoli a non vacillare mai di fronte a nessun tipo di ostacolo, difficoltà o prova. Dall’inizio della nostra rivoluzione umana, abbiamo appreso che lungo questa strada inevitabilmente troveremo difficoltà e ostacoli. A volte li definiamo “momenti cruciali”, altre volte “occasioni”. Sono situazioni preziose per la crescita della nostra sfera spirituale che, come ben sappiamo, è intimamente legata a quella materiale. L’atteggiamento che dimostriamo in queste situazioni è il fattore che determina il prosieguo di questo lungo viaggio. Nel Gosho Virtù invisibile e ricompensa visibile troviamo scritto: «Inoltre devi mantenere buoni rapporti con gli altri credenti, senza vedere, sentire o rilevare ciò che può dispiacerti. Rimani calmo e continua a pregare. Quanto ti ho esposto non è soltanto un’opinione mia. È il cuore dei tremila volumi delle scritture non buddiste e dei cinquemila volumi delle scritture buddiste» (SND, 6, 177-8). Dobbiamo comunque vivere insieme ad altre persone, non possiamo vivere da soli. Quando sentiamo qualcosa che non ci piace, la nostra mente si agita e il nostro cuore sbanda. Ma inevitabilmente occorre “calmare” sia il cuore che la mente. «Continua a pregare» dice Nichiren. Significa «non scordarti di quello che stai facendo e del perché lo stai facendo», vorrei interpretare. Infatti quando ci capita qualcosa di spiacevole, tendiamo a scordare la finalità della pratica buddista e corriamo il rischio di “uscire fuori strada”, la strada della nostra rivoluzione umana.
Il terzo difetto è quello del contenuto contaminato. Corrisponde a una persona che, anche se ascolta il corretto insegnamento, lo rende impuro come quando si versa acqua pulita in un recipiente sporco rendendola imbevibile. Un esempio è chi usa la fede per il proprio onore e potere. Il più grande nemico è il nostro egoismo. Nella Nuova rivoluzione umana, riflessioni a margine il presidente Ikeda scrive: «Le persone meschine che vivono solo per il proprio egoistico interesse, che usano il mondo della fede per acquisire prestigio personale, dapprima possono dare l’impressione di praticare il Buddismo del Daishonin, ma a meno che non facciano incessanti sforzi per svilupparsi e crescere nella pratica buddista, finiranno col tradire e attaccare la Soka Gakkai». L’egoismo indica una persona che vive nei mondi inferiori, ma non solo: «Abbiamo visto molti spiacevoli individui di questo tipo. Molto spesso hanno la mentalità delle “persone dei due veicoli” cioè del mondo di Studio e Realizzazione che cercano solo l’illuminazione personale senza aiutare gli altri. Questa gente tende a pensare di saperne di più di chiunque altro e nella propria arroganza perde la fede. Abbiamo visto anche molti che hanno raggiunto posizioni elevate grazie al sostegno dei membri della Soka Gakkai e poi sono diventati arroganti e caduti nell’abisso dell’ingratitudine» (Il Nuovo Rinascimento, n. 235, pag. 14). Questo accade quando si colloca al centro di tutto il proprio ego. L’unica via che permette a noi stessi di arrivare a una comprensione profonda della Legge mistica e illuminare la nostra vita di eterna saggezza è quella del Bodhisattva della Terra che consiste nel dedicarsi alla felicità degli altri. Altra via non esiste. È l’io più profondo che deve emergere, superando l’ego fenomenico, ciò che appare, o ciò che noi vogliamo che appaia, di noi stessi. Il presidente Ikeda, nel Mondo del Gosho, spiega: «L’importante è osservare bene i nostri lati deboli e senza fuggire, lottare affrontandoli, solo in questo modo costruiamo un io solido che non si lascia influenzare da niente. Significa lottare contro il male cioè la propria oscurità innata, sconfiggerla, trasformare il proprio destino e costruire una forte fede» [Questa parte dei dialoghi sul Mondo del Gosho verrà pubblicata in uno dei prossimi numeri, n.d.r.].
Il quarto è chiamato zo o “miscuglio” … non sarebbe né un re né un plebeo ma un bruto.
Infine, il quarto difetto, zo, indica la mescolanza di insegnamenti corretti con insegnamenti non corretti. Come facciamo a capire quale insegnamento è corretto e quale non lo è, dal momento che li mischiamo? Nel Gosho Più lontana la sorgente, più lungo il corso del fiume si legge: «Più profonde sono le radici, più rigogliosi crescono i rami; più lontana la sorgente, più lungo è il corso del fiume. Tutti gli altri sutra hanno radici poco profonde e corsi brevi, mentre il Sutra del Loto ha radici profonde e una sorgente lontana. Per questo il Gran Maestro T’ien-t’ai affermò che il Sutra del Loto non sarebbe scomparso, ma si sarebbe diffuso anche nel periodo malvagio dell’Ultimo giorno della Legge» (SND, 5, 127). Questo introduce il principio delle cinque comparazioni, i criteri teorici per misurare la validità di un insegnamento, esposto in uno dei più importanti trattati del Daishonin: L’apertura degli occhi (Kaimoku sho). Si tratta di una classificazione su cinque livelli delle religioni e filosofie conosciute allora: la prima è la comparazione fra il Buddismo e altri insegnamenti. Il Buddismo basa l’universalità del suo insegnamento sulla Legge di causalità che sta alla base di tutti i fenomeni e li regola. Gli insegnamenti non buddisti individuano la causa dei fenomeni in fattori esterni, quali l’ambiente, le divinità, le circostanze; oppure, come il Confucianesimo, elencano doveri e diritti dell’essere umano, limitandosi però alla dimensione temporale presente. Nel Brahmanesimo viene spiegato il concetto di karma, e quindi si tiene conto del passato, ma non si considerano le potenzialità di cambiamento nel futuro e quindi il karma limita l’uomo.
Solo il Buddismo offre la chiave per il cambiamento, ed è questa trasformazione del destino, che porta l’essere a vincere su se stesso e il proprio ambiente, che connota la superiorità dell’insegnamento. La seconda è la comparazione tra il Buddismo mahayana e quello hinayana. Il criterio fondamentale qui è la capacità di aiutare le altre persone, di salvarle. L’insegnamento hinayana mira alla salvezza di un esiguo numero di persone, che attraverso vari livelli di pratica, si emancipano e arrivano alla condizione di arhat. L’insegnamento mahayana basa la sua azione sulla compassione di salvare tutte le persone che soffrono ed è caratterizzato dall’apertura verso tutta l’umanità. La terza è la comparazione tra il Buddismo mahayana definitivo e quello provvisorio. La profondità dei principi contenuti nel Sutra del Loto lo rende superiore a tutti gli altri insegnamenti; in particolare: 1) il principio di gohyaku jintengo, il tempo infinitamente lontano in cui Shakyamuni conseguì l’Illuminazione; 2) la dottrina di ichinen sanzen che spiega il funzionamento della vita; 3) la possibilità assoluta di conseguire l’Illuminazione da parte di chiunque, nessuno escluso; 4) il principio di sokushin jobutsu, che afferma il conseguimento dell’Illuminazione nella vita presente e nella forma presente, così come siamo, senza perdere la propria individualità.
La quarta comparazione è quella fra l’insegnamento essenziale (honmon) e quello teorico (shakumon); il passaggio dall’insegnamento teorico all’insegnamento essenziale in cui si spiega che Shakyamuni ottenne l’Illuminazione in un tempo remoto (gohyaku jintengo), indica l’entità originaria di tutti gli esseri umani è la natura di Budda.
Infine vi è la comparazione fra il Buddismo della semina (causa), cioè il Buddismo di Nichiren, e quello della raccolta (effetto), il Buddismo di Shakyamuni.
Questo è uno dei punti più importanti … come si può dubitare che diventerai un Budda?
Il Gosho prosegue indicando, con una metafora ispirata all’agricoltura, le tre fasi attraverso le quali il Budda conduce le persone all’Illuminazione: la semina, in cui il Budda pianta nel cuore dell’umanità il seme dell’Illuminazione; indica il momento in cui si incontra il Buddismo; la maturazione, nella quale il seme della Buddità, piantato in passato, matura col tempo e infine la raccolta, quando il seme della Buddità è maturato, cioè è terminata la pratica per l’ottenimento dell’Illuminazione. Nel Gosho Il vero oggetto di culto (SND, 1, 240) troviamo: «L’insegnamento honmon del tempo di Shakyamuni e l’insegnamento [del vero Buddismo] all’inizio dell’Ultimo giorno sono entrambi puri insegnamenti: quello di Shakyamuni è il Buddismo del raccolto, questo è il Buddismo della semina; il suo è “un capitolo e due metà”, questo è solo i cinque caratteri di Myoho-renge-kyo».
La fase della maturazione costituisce un processo lento. Secondo la tradizione mahayana occorrevano varie vite, prima che questa maturazione desse i suoi frutti, mentre secondo il Sutra del Loto può essere sufficiente una sola esistenza. Nel terzo stadio, questo frutto può essere raccolto, cioè il Budda rende le persone capaci di conseguire l’Illuminazione. Nel Sutra del Loto è descritto come Shakyamuni abbia piantato il seme della Buddità nei suoi discepoli nel lontano tempo di gohyaku jintengo, e come li abbia curati vita dopo vita. E infine di come, attraverso la predicazione del Sutra del Loto, abbia fatto conseguire loro l’Illuminazione, il raccolto appunto. Il cuore del Sutra del Loto era costituito da un capitolo e due metà: si tratta della seconda metà del quindicesimo capitolo (Emergere dalla terra), di tutto il sedicesimo (Durata della vita del Tathagata) e della prima metà del diciassettesimo (Distinzioni dei benefici).
I discepoli che erano nati nel Primo e nel Medio giorno della Legge avevano creato, vita dopo vita, una relazione karmica con Shakyamuni: il seme dell’Illuminazione era già stato piantato in loro. Quindi l’esposizione del Sutra del Loto altro non è che la raccolta dei frutti da parte di Shakyamuni. Ed è per questo che il Sutra del Loto viene considerato come il principale scopo dell’avvento di Shakyamuni, la sua missione fondamentale. Ma tale insegnamento, nell’Ultimo giorno della Legge (mappo), viene ridotto a un bellissimo insegnamento teorico, privo però della forza di incidere sui problemi reali e sulle sofferenze delle persone. Il Buddismo della semina (vera causa) dà inizio a un nuovo ciclo di risveglio ripartendo dallo spirito di ricerca delle persone, ripartendo soprattutto dal loro cuore. Nichiren spiega chiaramente che in mappo il seme dell’Illuminazione in grado di fiorire in Buddità altro non è che Nam-myoho-renge-kyo.
Esiste un’unica tazza perfetta: quella priva dei quattro difetti. Nel Mondo del Gosho Ikeda scrive: «L’importante non è la forma ma il cuore, questo vuole insegnare il Daishonin. Colui che vive basandosi sulla propria natura di Budda e dirige la propria vita verso il bene, anche se fa parte del livello sociale più basso è comunque la persona più degna di rispetto…». E citando la frase dal Gosho I tre tipi di tesori «Il saggio si può definire umano, ma gli sconsiderati non sono nient’altro che animali» (SND, 4, 179) aggiunge: «Non esiste saggezza superiore che vivere per manifestare limpidamente la propria e l’altrui Buddità. Al contrario, se rafforziamo la nostra oscurità e quella degli altri siamo uguali agli animali».
Il cuore di cui parla il Daishonin si manifesta nell’essere pienamente umani e come conclude sempre Ikeda nel Mondo del Gosho, «L’umanità si trova di fronte a un bivio. Come affermava Gandhi, da una parte c’è la violenza della “legge della giungla”, dall’altra la nonviolenza della “legge dell’umanità”. Bisogna scegliere. O crediamo nella Buddità nostra e degli altri e costruiamo una civiltà della nonviolenza, oppure lasciamo che la nostra oscurità e quella degli altri ci ottenebrino e scegliamo la violenza delle barbarie.
Tutta l’umanità si trova di fronte a questo bivio. Io sono convinto che la strada per contribuire alla pace su scala mondiale sia seguire il Buddismo del “comportamento da essere umano”».