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Lettera a Myomitsu Shonin - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:51

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Lettera a Myomitsu Shonin

Marina Moretti

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Sostenendo la vita degli altri si ottengono tre benefici: primo, si sostiene la vita, secondo, si ravviva il volto e terzo, si acquista forza.
“Sostenere la vita” significa che, nascendo nel regno umano o in quello celeste, si riceve la retribuzione karmica di una lunga vita e, diventando un Budda, si manifesta il corpo del Dharma del Tathagata, corpo che è vasto come lo spazio.
Poiché “si acquista forza”, nascendo nel regno umano o in quello celeste, si diventa una persona virtuosa e influente che attrae molti seguaci e, diventando un Budda, si manifesta il corpo di beatitudine del Tathagata, che siede su un piedistallo di loto e risplende come la luna piena nel cielo sereno della quindicesima notte dell’ottavo mese. Poiché “si ravviva il volto”, nascendo nel regno umano o in quello celeste, si acquisiscono le trentadue caratteristiche, si diventa belli come il fiore del loto e, divenendo un Budda, si mostra il corpo di manifestazione del Tathagata, come il Budda Shakyamuni.

tratto da Gli scritti di Nichiren Daishonin, vol. 7, pag. 178

Trasformare senza cambiare

Lo scenario della mia vita, quando diciannove anni fa ho iniziato a praticare questo Buddismo, era agli occhi di tutti invidiabile: giovane, cresciuta in una famiglia piena di affetto e senza problemi economici, sposata con un uomo fantastico, madre di una bella bambina e, ciliegina sulla torta, facevo l’ostetrica, il lavoro che avevo scelto e persino nel posto che avevo selezionato tra tanti. La sensazione che però avevo della mia esistenza era quella di recitare la parte che tutti volevano da me. Così ho tirato avanti alternando periodi buoni a periodi in cui il disagio che provavo pensando che non stavo scegliendo come vivere mi tirava fuori una collera che spesso diventava la mia “forza di vivere”: l’aspetto che uscì fuori prepotentemente riguardava la mia vita di coppia, finché un giorno una mia amica e collega che aveva partecipato a qualche riunione buddista mi invitò ad andare con lei. Avrei fatto qualsiasi cosa per uscire da quella situazione, così pensai: «Non ci rimetto niente a provare» e di lì a poco mi ritrovai a recitare tutti i giorni almeno un’ora di Daimoku e persino a fare Gongyo regolarmente. Presi la pratica in maniera molto responsabile come io sapevo fare bene, ma sembrava che nemmeno questa cosa nuova intaccasse minimamente la mia vita da dentro. Comunque qualcosa la feci: incoraggiata dai miei responsabili misi il mio primo obiettivo e decisi per la prima volta qualcosa volontariamente: trovare la forza di separarmi da mio marito e porre fine a quella sofferenza. Intanto al lavoro le persone mi chiedevano cosa mi stesse succedendo visto che il mio viso era più radioso e trasmettevo gioia anche a loro. In maniera molto naturale iniziai a fare shakubuku e in quel primo periodo sei di loro iniziarono a praticare e ricevettero il Gohonzon. Avevo continuamente voglia di contribuire all’attività buddista, così accettai tutto quello che mi proponevano per l’arrivo di sensei in Italia. Leggevo le sue parole e sentivo che mi incoraggiavano tanto, al punto di scaldarmi il cuore e rompere quella cortina che mi ero costruita. Sentivo la mia vecchia collera trasformarsi in una forza immensa che non mi faceva stare ferma un attimo, non riuscivo a capire come questa pratica mi avesse trasformata tanto senza cambiare nulla di me. Leggevo il Gosho anche se non ci capivo niente, ma sempre ligia al dovere continuavo a leggerlo finché un giorno i miei occhi si posarono su un brano del Gosho Lettera a Myomitsu Shonin. Ero attratta da quelle parole, mi sembrava che fossero scritte per me, per darmi la spiegazione che cercavo sul funzionamento della vita.
Ho imparato che il Buddismo considera un beneficio poter sostenere la vita degli altri e lo mette addirittura al primo posto e che questo sostegno permette di sviluppare una forza infinita mentre lottiamo gioiosi. Ikeda nel Mondo del Gosho scrive: «Una persona che ha fatto sorgere il sole della Buddità nel proprio cuore illumina tutti intorno a sé con il suo splendore. Questo è il significato di abbracciare e mantenere la fede» (Esperia, vol. II, 201).
Non ero più tanto sicura di voler scappare dalla sofferenza, cominciavo a provare piacere a lottare recitando Daimoku, tenendo sempre nel cuore l’incoraggiamento di Nichiren. Mi diceva che sostenendo la vita degli altri possiamo sperimentare quanto forte, luminosa e gaia sia la nostra esistenza. Dal mio cuore emerse una profonda gratitudine che mi permise in un istante di prendere la decisione di aiutare più persone possibili a sperimentare quella stessa gioia.
Iniziai in quel periodo a parlare della pratica a tante persone, in questi anni più di cinquanta, a offrire per l’attività tutto ciò che potevo: il tempo, la mia casa, facevo zaimu (l’offerta in denaro) con una grande gioia, e soprattutto continuavo a studiare il Gosho e le guide del presidente Ikeda per approfondire la relazione con il mio maestro che tanto mi aveva sostenuto nei momenti difficili. Scoprii che il forte senso del dovere aveva naturalmente lasciato il posto a una grande determinazione: diventare assolutamente felice. Tutta la sofferenza si era sciolta e dopo due anni dall’inizio della mia pratica anche mio marito ha iniziato a praticare e oggi non ricordo neanche più perché volevo lasciarlo. In fondo la mia vita è rimasta la stessa, ma, come dice sensei, quando sorge il sole della Buddità nella nostra vita illumina anche i nove mondi e il nostro ambiente, così possiamo diventare felici assieme agli altri e trasformare il nostro karma in missione. In questi anni è cambiata persino la qualità dei miei obiettivi, ora che la mia vita è più forte mi sento pronta ad affrontare accanto al mio maestro la grande sfida di kosen-rufu. Nella spiegazione del Gosho L’apertura degli occhi Ikeda scrive: «Il nostro voto di lavorare per kosen-rufu è la fonte fondamentale della nostra forza, che ci dà il coraggio di rimanere imperturbabili anche di fronte alle difficoltà e alle prove più dure. Quando ci dedichiamo a questo voto, qualunque ostacolo o forza demoniaca possa sorgere la nostra vita brillerà di uno spirito nobile e indomabile. Qualunque tipo di karma ci possa assalire, la nostra vita splenderà di uno spirito da invincibili campioni» (Esperia, 217).
Questo Gosho ha cambiato da quel momento la percezione della mia vita e mi ha permesso di fare scelte coraggiose come quella di licenziarmi dal posto di lavoro e iniziare una libera attività. Volevo dedicarmi al sostegno delle donne in gravidanza dando vita a una serie di attività nuove per me: ho collaborato con il Comune di Roma per il sostegno di donne socialmente deboli, ho ideato corsi di accompagnamento alla nascita in piscina e soprattutto avendo più tempo libero posso ascoltare con attenzione i loro problemi e trovare insieme a loro le soluzioni. Ma il punto più importante è che “diventando una persona virtuosa e influente che attrae molti seguaci”, molti amici e familiari, tra cui mio fratello e mia madre, sono diventati membri e questo per me è il patrimonio più grande.

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In questo Gosho…

Nichiren Daishonin scrisse questo Gosho durante il ritiro sul monte Minobu nel 1276. Grazie all’operato di Nikko Shonin, cui era stato affidato l’incarico di proseguire la propagazione, il numero dei credenti stava crescendo. Tuttavia la situazione non era del tutto serena e anzi le persecuzioni si ripresentavano.
In questo scritto Nichiren tocca alcuni concetti cruciali del Buddismo. Il primo concetto è quello della compassione: «Quando il Budda apparve in questo mondo, fece della compassione per gli esseri viventi il proprio fondamento». Senza compassione non esiste Buddismo, potremmo dire che non esiste umanità. Il secondo concetto è la supremazia dell’insegnamento esposto nel Sutra del Loto rispetto ad altri sutra precedenti: «Ma per qualche ragione non ci fu nessuno che invocò il Daimoku del Sutra del Loto, l’essenza e l’anima di tutta la predicazione del Budda». A questo punto della propria vita e della propria propagazione, Nichiren ricorda qual è la “stella polare” da tener presente nella pratica e nella vita. Nichiren spiega anche per quale motivo nessuno aveva mai indicato il Sutra del Loto come fondamentale fino a quel momento: «Un bravo medico […] non somministra indiscriminatamente il farmaco più potente, ma il farmaco indicato per la specifica malattia»; ciò in accordo con la suddivisione delle fasi della propagazione secondo cui l’Ultimo giorno della Legge (mappo) è il più caotico e pericoloso.
Infine Nichiren incoraggia Myomitsu, e tutti noi, a sviluppare con semplicità la fiducia che porta a vivere la vita in armonia col Sutra del Loto: «Come il rovo che cresce in un campo di canapa […] chi recita il Daimoku come insegna il Sutra del Loto non avrà mai una mente distorta».

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