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L'educazione per uno sviluppo sostenibile - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:21

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L’educazione per uno sviluppo sostenibile

«Come possiamo creare un valore infinito da una base finita di risorse naturali e far sì che tutta la gente, ora e nel futuro, possa godere di una vita dignitosa, confortevole e soddisfacente?». In occasione del Decennio dell’Onu dedicato all’Educazione per uno sviluppo sostenibile, Ikeda riflette su come sviluppare le qualità per recare beneficio alle generazioni future

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«Come possiamo creare un valore infinito da una base finita di risorse naturali e far sì che tutta la gente, ora e nel futuro, possa godere di una vita dignitosa, confortevole e soddisfacente?». In occasione del Decennio dell’Onu dedicato all’Educazione per uno sviluppo sostenibile, Ikeda riflette su come sviluppare le qualità per recare beneficio alle generazioni future

Il 2005 segnerà l’inizio del “Decennio dell’educazione per uno sviluppo sostenibile”, un’opportunità cruciale per un ulteriore avanzamento della società umana sul cammino verso la sostenibilità. Più di un quarto dell’umanità vive in condizioni di povertà cronica. La carestia, i conflitti armati, le violazioni dei diritti umani, il degrado ambientale e i cambiamenti climatici sono tutte minacce alla dignità umana e alla sua stessa sopravvivenza. Le sfide che abbiamo di fronte sono chiare e improrogabili.
Lo sviluppo sostenibile è stato definito come un tipo di sviluppo che soddisfa le necessità del presente, senza compromettere la possibilità per le generazioni future di soddisfare le proprie. Esso investe aspetti diversi come la pace, l’integrità ecologica, i diritti umani e a noi chiede di ridefinire il nostro concetto di “progresso”. Se vuol offrire a tutti la possibilità di apprendere i valori, il comportamento e il modo di vivere necessari a una trasformazione sociale positiva, l’educazione per lo sviluppo sostenibile deve occupare un posto centrale nello spettro delle iniziative educative.
Dato che lo sviluppo sostenibile è un concetto veramente molto vasto, può permettere degli agganci tra gruppi di ricerca che diversamente non entrerebbero in relazione tra loro e, così facendo, aprire nuove e stimolanti possibilità alla collaborazione multidisciplinare e all’arricchimento reciproco. Ma la cosa fondamentale è concentrarci sui bambini e sui giovani. Allo stesso tempo però, l’educazione per lo sviluppo sostenibile deve coinvolgere le strutture del sapere tradizionale e i luoghi di apprendimento non istituzionali come la famiglia, il luogo di lavoro e la comunità locale.
Per realizzare la sostenibilità, abbiamo bisogno di raccogliere le più ricche vene di saggezza dai tanti passati e presenti dell’umanità, per il bene del futuro che tutti siamo tenuti a condividere. La Carta della Terra, un’affermazione di valori e di principi che sono stati formulati e affinati attraverso un processo di dialogo sostenuto dai rappresentanti delle tradizioni spirituali e culturali del mondo, esprime in sintesi quale sia la sfida: «Ci dobbiamo unire per sviluppare una società globale sostenibile fondata sul rispetto per la natura, i diritti umani universali, la giustizia economica e una cultura di pace. A questo fine è fondamentale che noi, popoli della Terra, dichiariamo la nostra responsabilità gli uni nei confronti degli altri, della più vasta comunità della vita e delle generazioni future».
La nostra sopravvivenza dipende in maniera cruciale dalla realizzazione di un profondo cambiamento negli stessi esseri umani; solo riorientando la vita interiore dell’umanità potremo affrontare le spaventose sfide che abbiamo davanti. In una precedente occasione, ho proposto questi tre attributi del cittadino globale:

  • La saggezza di percepire l’interconnessione della vita e dei viventi;
  • Il coraggio di non temere o negare le differenze, ma di rispettare e sforzarci di capire le persone di culture diverse e di crescere grazie agli incontri con loro;
  • La compassione di conservare un’empatia dell’immaginazione che vada oltre il proprio ambito immediato per abbracciare chi soffre in luoghi lontani.

Credo che il nucleo dell’educazione per lo sviluppo sostenibile debba consistere nel far crescere e rafforzare queste qualità. In una prospettiva buddista, il nostro compito più urgente è quello di capire le forze che operano all’interno del cuore umano e portano le persone a compiere l’azione, fondamentalmente autodistruttiva, di distruggere e minare alla base l’armonia con l’ambiente naturale e gli altri uomini. Il Buddismo definisce l’incapacità di riconoscere la realtà della nostra interconnessione e interdipendenza come “oscurità fondamentale” o ignoranza. Significa ignorare la rete di interdipendenza che sostiene il nostro esistere nel mondo. È l’incapacità o il rifiuto a percepire le catene di causa ed effetto grazie alle quali le nostre azioni influenzano il nostro ambiente e alla fine si ripercuotono sulla nostra stessa vita.
È la fredda brutalità e la follia di immaginare che la nostra felicità possa basarsi sulla sofferenza degli altri. Questo atteggiamento si riflette dolorosamente nei modelli di esaurimento delle risorse che stanno minando i biosistemi del nostro pianeta.
Il risveglio alla realtà della nostra interconnessione e interdipendenza deve assumere una forma concreta nello sforzo di estendere la solidarietà e la preoccupazione per tutti coloro che condividono con noi questo breve tempo nella storia del nostro pianeta. Dobbiamo imparare ad agire oggi con senso di responsabilità per le generazioni future; non ci dobbiamo mai arrendere alle forze dell’odio e della divisione che infuriano nel mondo e a quella velenosa sensazione di futilità e d’impotenza che producono.
All’interno della grande rete di interconnessione di tutto ciò che esiste, ogni persona ha da realizzare uno scopo assolutamente unico, un contributo che solo lei può dare. Anche se la gente si comporta in maniera problematica, non dobbiamo cedere alla tentazione di considerare la gente un problema. Dovremmo invece imparare a considerare ogni individuo come una risorsa dal potenziale illimitato, ricordando che la saggezza e l’intuito per risolvere le sfide più pressanti dell’umanità esistono già come possibilità non ancora utilizzate nel cuore della gente che è viva oggi, soprattutto nel cuore e nella mente dei giovani. Per essere efficace, l’educazione per la sostenibilità deve affondare le radici in una grande fede nell’umanità e nella determinazione di risvegliare la capacità umana attraverso il processo interrelato dell’apprendimento, della riflessione e della presa di coscienza del proprio potere di influenzare la realtà (empowerment).
Il fondatore della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi, era un educatore e nella sua prima opera La geografia della vita umana, scritta nel 1903, esplora dettagliatamente l’interrelazione tra l’umanità e l’ambiente naturale. Makiguchi inizia questo libro descrivendo gli oggetti nel suo studio, i vari oggetti d’uso quotidiano e nota come questi siano il risultato del lavoro di gente di altri paesi. In tutta l’opera si avverte il battito, il respiro comune del sé e dell’altro, della gente invisibile vicina e lontana, la cui vita è legata alla nostra in una relazione di mutuo sostegno. I suoi sforzi come educatore erano diretti a far sì che i bambini sviluppassero un apprezzamento reale delle relazioni che ci legano gli uni agli altri, all’ambiente naturale e al mondo.
Makiguchi ha notato che se gli esseri umani non possono creare la materia, possono però creare valore. Ha visto nello sviluppo della saggezza la chiave per accrescere le capacità dei bambini a fare del mondo un posto più sano e più bello, un posto migliore. Credo che questa intuizione, che cioè la nostra capacità di creare valore non sia intrinsecamente vincolata alle risorse fisiche di cui disponiamo, vada dritta al cuore del concetto di sostenibilità: dove troviamo la saggezza per fare di più con meno? Come possiamo creare un valore infinito da una base finita di risorse naturali e far sì che tutta la gente, ora e nel futuro, possa godere di una vita dignitosa, confortevole e soddisfacente?
La chiave di questa sfida è andare a guardare la natura del desiderio umano: stiamo controllando i nostri desideri o siamo controllati da loro? Usando le parole di un sutra, siamo i maestri della nostra mente o è la mente la nostra maestra?
Il Buddismo insegna che i desideri possono essere trasformati. La sete di giustizia è un desiderio. Lo è altrettanto il desiderio di liberare il mondo da un’inutile sofferenza. Le qualità del coraggio, della saggezza e della compassione a cui ho accennato poc’anzi possono liberare queste elevate forme di desiderio, stimolando così la riflessione, l’azione e la trasformazione. Il successo del “Decennio dell’educazione per uno sviluppo sostenibile” dipenderà dalla sua capacità di toccare la vita della gente a questo livello profondo. Gli sforzi per il futuro che vengono dal cuore hanno il potere di cambiare il mondo.

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