Riunioni e consigli di fede sono per Shin’ichi preziose occasioni per incoraggiare i membri a trasformare prima di tutto la realtà in cui si vive quotidianamente. La famiglia e il luogo di lavoro sono il primo specchio della rivoluzione umana e del progresso di kosen-rufu
Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto
[12] Dopo l’incontro con i responsabili di territorio e prefettura, Shin’ichi volle incontrare le responsabili della Divisione donne, poiché il giorno successivo si sarebbe tenuta la riunione generale della Divisione donne della prefettura di Kagawa.
Ogni volta che partecipava a una riunione, Shin’ichi l’affrontava con serietà, consapevole che ogni dettaglio poteva determinare la vittoria o la sconfitta. Per questa ragione desiderava confrontarsi con le responsabili per chiarire bene chi sarebbe intervenuto, quali argomenti sarebbero stati toccati e cosa trasmettere.
Egli pensava: «Se tutti dovessero dire le stesse cose, senza differire gran che, o se si facessero discorsi privi di un chiaro fulcro centrale, sarebbe una perdita di tempo per le partecipanti. Sarei troppo dispiaciuto per tutte quelle persone che si sono sforzate per poter partecipare».
Dopo la riunione con le responsabili della Divisione donne, Shin’ichi fece un’analisi delle varie attività insieme ai vice presidenti, poi guidò Gongyo, pregando con tutto se stesso affinché ogni compagno di fede potesse realizzare il proprio hosshaku kempon (abbandonare il provvisorio e rivelare l’originale) e agire per il grande voto di kosen-rufu.
Ogni cosa inizia e finisce con la preghiera sincera davanti al Gohonzon. Questo è il modo di vivere di un praticante buddista. Se ci si dimentica della preghiera, del Daimoku, non ci sarà alcuna vittoria.
Il 20, quinto giorno di attività nello Shikoku, dopo mezzogiorno Shin’ichi partecipò alla riunione generale della Divisione donne della prefettura di Kagawa, che si svolse presso l’auditorium del Training Center di Shikoku. Alla riunione generale parteciparono anche alcuni rappresentanti della Divisione uomini, in segno di rispetto verso la Divisione donne.
La responsabile donne di prefettura, Fumi Ogi, iniziò il suo discorso con un largo sorriso. Dopo aver espresso la sua gioia per l’apertura del Training Center disse: «Nelle scritture buddiste troviamo la parabola della lampada della povera donna. È una parabola buddista che racconta della lampada di una povera donna che rimase accesa a differenza delle migliaia di lampade del ricco sovrano».
Una povera donna, osservando le offerte fatte a Shakyamuni dal sovrano e dai potenti, decise di fare anche lei un’offerta. Anche se non aveva denaro a sufficienza per nutrirsi, acquistò l’olio per una lampada, per offrirla al Budda.
[13] La povera donna si diresse verso Jetavana, dove si trovava Shakyamuni; in altre parole, si diresse verso il Budda. Davanti al Budda c’erano le lampade offerte da numerose persone. La povera donna offrì la sua piccola lampada ed espresse il suo voto: «Adesso sono una povera donna, ma desidero offrire con tutto il mio cuore questa piccola lampada. Con questo beneficio nella prossima vita desidero rinascere ottenendo l’Illuminazione, per poter sconfiggere l’oscurità fondamentale di tutti gli esseri viventi».
Quando si fece giorno e il cielo divenne luminoso, le lampade offerte dagli uomini potenti erano tutte spente, ma la lampada della povera donna continuava a bruciare. Cercarono di spegnerla, ma la lampada non si spense.
Il Budda disse: «Non riuscirete a spegnere questa lampada neanche con tutta l’acqua dei quattro oceani, né con una tempesta, poiché è stata offerta da una persona che, con un cuore sincero, ha fatto il voto di salvare tutti gli esseri viventi».
L’importante è avere un cuore sincero. Se la nostra fede rimane incrollabile, allora riusciremo ad accendere la lampada della fortuna che illumina il grande universo.
Fumi Ogi, responsabile della prefettura di Kagawa, commentò: «Cosa rappresenta per noi la “lampada della povera donna”? Rappresenta la fede e lo spirito della Gakkai. A causa del forte vento tutte le altre lampade si spensero, ma la lampada offerta dalla povera donna che aveva manifestato una profonda fede, non si spense.
«Allo stesso modo, con una fede pura, risoluta, incrollabile e costante, in altre parole finché si nutrirà lo spirito della Gakkai, non importa come sarà la società o quali calunnie e critiche dovremo affrontare, la fortuna accumulata grazie a un ichinen incrollabile non verrà mai distrutto, per l’eternità.
«Promettiamo tutte insieme, da oggi, di espandere “la lampada della fortuna” e “l’ichinen della fortuna”, mirando al nostro grande obiettivo di crescita!».
Un applauso di consenso echeggiò nella sala.
Anche Shin’ichi Yamamoto applaudì sporgendosi dalla sedia, confermando a gran voce: «È vero! Finché c’è la Divisione donne saremo invincibili!».
[14] Nel suo intervento alla riunione generale della Divisione donne, Shin’ichi Yamamoto volle toccare il tema dei problemi di relazione tra genitori e figli e di disarmonia in famiglia.
«I problemi di relazione tra genitori e figli e di disarmonia in famiglia non sono fenomeni recenti, ne hanno sofferto numerose persone fin dal lontano passato. Immagino che, pur praticando il Buddismo, ci siano persone che soffrono a causa delle cattive relazioni con i figli, con le nuore o con il coniuge.
«Partendo dalla conclusione, è solo con la fede che si può sanare questa crepa nelle relazioni umane. Solo attraverso la fede possiamo aprire e trasformare la nostra condizione vitale, perciò non resta che realizzare la propria rivoluzione umana.
«I nostri genitori, i mariti, i fratelli, le sorelle, i figli sono la realtà in cui viviamo e siamo legati a essi da una profonda relazione karmica: non possiamo scappare dal nostro ambiente.
Allora cosa possiamo fare? Dobbiamo migliorare noi stessi, piuttosto che dare la colpa agli altri se le nostre relazioni non vanno bene.
«Ad esempio, se una madre realizza la propria rivoluzione umana, il figlio comincerà a pensare: «Quant’è grande la mia mamma!» e cambierà atteggiamento nei suoi confronti, arrivando a prendersi cura di lei. Lo stesso vale per la relazione con il marito.
«Finché una persona non guarda se stessa e non si sforza di realizzare la propria rivoluzione umana, e continua a pensare: “È colpa di mio figlio”, “È mio marito che sbaglia”, non potrà uscire dalla situazione.
«Nichiren Daishonin afferma: “Non ci sono terre pure e terre impure di per sé: la differenza sta unicamente nella bontà o malvagità della nostra mente” (RSND, 1, 4). Si tratta di usare gli occhi del Budda.
«Dipende dal nostro ichinen se la nostra famiglia e le relazioni tra i nostri familiari si dirigono verso l’armonia diventando terre pure, oppure si dirigono verso il male diventando terre impure.
«Per lucidare la nostra vita è necessario recitare Daimoku con tutti noi stessi, sviluppare un cuore grande e accogliente capace di abbracciare tutta la famiglia, un cuore forte che non si piega di fronte a nulla. Inoltre, bisogna sviluppare la propria saggezza. Se riusciamo a far sbocciare fiori di felicità nella nostra famiglia, che è l’ambiente a noi più vicino, ciò diverrà una grande forza propulsiva per il movimento di kosen-rufu nella zona in cui viviamo».
[15] Nel suo discorso, Shin’ichi volle offrire sempre più consigli concreti ai membri della Divisione donne: «È una piccola cosa, ma oggi vorrei toccare l’argomento dell’utilizzo del telefono.
«Naturalmente ciascuno ha la libertà di usare il telefono come vuole, ma solitamente si dice che le donne “parlano a lungo al telefono”. Un membro della Divisione uomini mi ha detto: “Sono in difficoltà per le lunghe telefonate che fa mia moglie. Non c’è modo per accorciare i suoi discorsi e renderli concisi?”.
«Se parliamo a lungo al telefono, oltre a dover pagare delle bollette cospicue, diminuisce anche il tempo da trascorrere allegramente con la propria famiglia. Cerchiamo quindi di fare comunicazioni e resoconti concisi. Perché non provate a trasmettere il nocciolo del discorso? In altre parole desidero proporvi una “rivoluzione delle telefonate”. Che ne pensate?».
Un applauso fragoroso echeggiò nella sala.
«Grazie mille! In questo modo i vostri mariti e i vostri figli penseranno con sollievo: “Adesso sì che la nostra famiglia sarà felice”».
Tutte risero.
«Anche riguardo a Gongyo avrei una proposta da farvi. Immagino che molte di voi facciano Gongyo a tarda sera e recitino molto Daimoku anche di notte. La vita è lunga, perciò desidero che la notte riposiate a sufficienza, in modo da poter vivere in ottima salute e con vitalità per il movimento di kosen-rufu.
«Per questa ragione, se possibile, cercate di prendere l’abitudine di fare Gongyo la sera presto; così, più tardi, potrete dedicarvi a dialogare a tu per tu con i vostri familiari e trascorrere con loro del tempo prezioso, proprio per realizzare delle famiglie armoniose».
Anche se le circostanze sono diverse una dall’altra, Shin’ichi desiderava che, nei limiti del possibile, tutti quanti la sera potessero andare a riposare presto facendo tesoro del tempo da dedicare alle relazioni in famiglia.
Un grande progresso nella “rivoluzione familiare” ha inizio con lo stabilizzare le basi della fede e un ritmo di vita quotidiana salutare. Una famiglia che sprigiona una luce di armonia e felicità potrà diventare un faro che illumina il quartiere e la società.
[16] Concludendo il suo intervento alla riunione generale della Divisione donne della prefettura di Kagawa, Shin’ichi Yamamoto volle esprimere le sue aspettative riguardo alla Soka Gakkai dello Shikoku: «Mi hanno riferito che avete deciso che quest’anno, che è il secondo “anno dello studio”, sia anche l’”anno del progresso dello Shikoku”. Penso che ciò sia molto importante. Lo Shikoku è un territorio piuttosto piccolo, ma se riuscirà a realizzare un progresso esemplare nel movimento di kosen-rufu, determinerà un’ondata che coinvolgerà tutta la Gakkai.
«Nei luoghi in cui non c’è progresso, non pulsa neanche il Buddismo e non nasce un vero scopo della vita. Possiamo affermare che il desiderio di progredire rappresenti l’essenza dell’umanesimo.
«Desidero che quest’anno ognuno di voi realizzi un grande risultato, decidendo ad esempio: “Reciterò più Daimoku, anche un solo Daimoku o cento Daimoku in più”, oppure “Ogni giorno darò un consiglio di fede almeno a una persona”. Dopo un anno, e continuando per cinque o dieci anni, avrete accumulato nella vostra vita un tesoro difficile da immaginare, e ciò costituirà la storia della vostra rivoluzione umana. Ogni cosa torna a vostro favore ed è la causa per essere avvolti dalla buona fortuna. Concludo esprimendo la mia preghiera affinché la Divisione donne, il sole della Soka Gakkai, realizzi un grandioso sviluppo».
Subito dopo vennero affidati i vessilli realizzati per la nuova partenza dello Shikoku. Il direttore generale consegnò i vessilli al responsabile dello Shikoku, ai responsabili delle prefetture – Kagawa, Kochi, Ehime e Tokushima – e al responsabile della Divisione giovani.
Sui vessilli del territorio e di ogni prefettura c’era lo sfondo blu del mare di Shikoku e quattro linee: rosso, verde, arancio e blu, a simboleggiare le quattro prefetture che formavano una S, con la scritta “unità”. Il disegno era sempre lo stesso, vale a dire che sul vessillo di ogni prefettura erano contenute anche le altre prefetture. Ciò voleva esprimere lo spirito di unità, cioè che lo Shikoku è un tutt’uno.
Shin’ichi si alzò in piedi e ogni volta che veniva consegnato un vessillo applaudiva con tutte le forze pensando in cuor suo: «Desidero che lo Shikoku, innalzando questi vessilli, prima di tutto avanzi in unità. La Gakkai si è sviluppata enormemente e il movimento di kosen-rufu è progredito magnificamente grazie alla forza dell’unità tra le persone comuni. L’unità è l’anima della Gakkai!».
[17] La nostra unità nasce dall’ichinen di una fede pura che avanza verso il nobile obiettivo di kosen-rufu. Essa inizia da un sentimento di autentico e reciproco rispetto, dal considerare i compagni di fede come Budda e bodhisattva.
Non è possibile realizzare una vera unità se si tende ad adulare il forte e disprezzare il debole, se si vive nella condizione vitale di Collera, in balìa della gelosia e dell’impulso a predominare sugli altri. Inoltre, mettendo al centro il nostro ego e lasciando che il nostro cuore sia in balìa dell’arroganza e dell’egoismo, finiremo per avere la funzione del “demone” che distrugge l’unità di itai doshin. L’unità e le relazioni armoniose intorno a noi sono la prova concreta della nostra rivoluzione umana e la manifestazione del miglioramento del nostro carattere.
Terminata la riunione generale della Divisione donne della prefettura di Kagawa, Shin’ichi Yamamoto visitò il Training Center di Shikoku.
La parete dell’edificio in memoria dei maestri si ergeva come la muraglia di pietra di un castello, mentre sul mare blu di Seto affioravano numerose isole. Era un bel panorama che trasmetteva un senso di pace, come se fosse un’opera d’arte.
Camminando all’interno del Centro, Shin’ichi si rivolse ai responsabili dello Shikoku: «È veramente un bel posto. Le persone che verranno qui per partecipare ai corsi si sentiranno a proprio agio, potranno impegnarsi nello studio e, ammirando questo bellissimo paesaggio naturale, potranno rilassarsi e dimostrare appieno le loro capacità. Proprio qui, in questo “campo di battaglia”, potranno approfondire la filosofia basata sulla sacralità della vita e sulla pace, per poi far ritorno nelle rispettive zone. Così un “campo di battaglia” diventerà un “campo da cui inizia la pace”. È una rinascita meravigliosa».
Shin’ichi volle visitare anche il museo marino Marin Park che si trovava accanto al Training Center. Egli desiderava portare i suoi saluti ai vicini e creare uno scambio con loro. Ai responsabili che erano con lui disse: «Quando incontriamo delle persone dobbiamo essere noi a prendere l’iniziativa nel dialogare e intrecciare relazioni di amicizia, perché gli esseri umani esistono per creare legami tra di loro e aiutarsi reciprocamente. Se facciamo finta di niente e non scambiamo neanche una parola, finiremo con l’isolarci e non riusciremo a far comprendere cos’è veramente la Soka Gakkai. Una delle missioni della Gakkai a livello sociale, in un’epoca in cui le persone tendono a dividersi, è proprio quella di unire i cuori delle persone. Questo è ciò che penso».
[18] Nel pomeriggio del 21 gennaio, presso il Training Center di Shikoku, si tenne la riunione dei responsabili di centro. Era la prima volta che questo tipo di riunione si teneva nello Shikoku e i volti dei partecipanti erano raggianti e fieri.
Durante quella riunione, che avrebbe segnato la partenza del nuovo sistema dei capitoli, vennero consegnati gli attestati di nomina ai rappresentanti dei responsabili di capitolo delle Divisioni uomini, donne, giovani uomini e giovani donne.
Inoltre ai rappresentanti dei responsabili centrali di capitolo furono consegnati gli attestati dei capitoli, che sostituivano i vessilli che venivano consegnati in passato.
Subito dopo alcuni rappresentanti dei responsabili di capitolo delle Divisioni uomini e donne annunciarono con vigore i loro obiettivi. Come rappresentante delle responsabili di capitolo donne fu chiamata Kumi Sakafuji, responsabile del capitolo Shinmachi, nella prefettura di Kochi, nonché responsabile del gruppo “giovani mamme”.
«Ho appena ricevuto la nomina di “prima” responsabile di capitolo in questa seconda fase di kosen-rufu e sento ardere nel mio cuore una nuova decisione. Sono giovane d’età e non ho molte capacità, ma da oggi, ritornando allo spirito dell’epoca pionieristica della Gakkai, sono fermamente decisa a impegnarmi con tutta me stessa per il bene dei nostri preziosi compagni di fede. Grazie di tutto».
Si sentì la voce di Shin’ichi: «È proprio così! Impegniamoci!».
Kumi si volse verso Shin’ichi e lo salutò con un inchino; poi, sistemandosi gli occhiali, con voce squillante proseguì il suo discorso: «La località Kochi di Tosa è famosa per il detto “Gli uomini sono igosso (risoluti, ostinati) e le donne sono hachikin (più forti degli uomini, coraggiose). Per questo motivo, quando uomini e donne litigano, è difficile trovare una soluzione e sono molte le persone che soffrono per disarmonie familiari; ma noi membri della Gakkai stiamo trasformando queste caratteristiche per kosen-rufu: infatti, gli uomini con forte convinzione tengono alto il vessillo Soka, mentre le donne con coraggio agiscono per la propagazione con lo spirito di “non essere da meno rispetto agli uomini!”.
«Mio padre ha iniziato a praticare il Buddismo vedendo con i suoi occhi la rivoluzione umana di mia madre, che aveva iniziato a praticare per prima. In altre parole, una hachikin (donna coraggiosa) ha vinto su un igosso (uomo risoluto). È la forza della Divisione donne che può trasformare la famiglia in un giardino di fiori di felicità».
[19] Kumi Sakafuji era entrata a far parte della Soka Gakkai insieme alla madre Yasaka quando frequentava la seconda elementare. Il motivo per cui Yasaka aveva deciso di diventare membro era la propria salute cagionevole e anche il fatto che la figlia più piccola soffriva di otite cronica. Era irritata dai suoi problemi di salute e ogni giorno viveva con la paura di cosa sarebbe stato della figlia in futuro. Quando incrociava lo sguardo del marito non faceva che lamentarsi ed esplodeva di rabbia per ogni cosa. L’atmosfera familiare era davvero pesante.
Dopo essere diventata membro della Gakkai, Yasaka iniziò a stare bene e anche la figlia più piccola guarì dall’otite cronica. Grazie a queste esperienze la donna sviluppò una profonda convinzione nell’insegnamento buddista e iniziò a partecipare attivamente, con gioia, alle attività della Gakkai. Quando comprese, grazie allo studio del Buddismo, che la causa fondamentale che determina la felicità o l’infelicità si trova dentro se stessi, smise di lamentarsi. Ogni giorno che passava Yasaka diventava sempre più gioiosa e, vedendo questo cambiamento, anche il marito decise di diventare membro della Gakkai.
Yasaka continuò a dedicarsi con tutto il cuore alla pratica buddista e col tempo si impegnò come responsabile pioniera della Divisione donne del capitolo Tosa.
Kumi Sakafuji, parlando della madre, disse: «Mia madre si è dedicata all’attività come responsabile donne di capitolo. Ancora oggi ricordo chiaramente la sua immagine mentre si impegnava nella propagazione con allegria ed entusiasmo; se ieri era stata a est, oggi si recava a ovest, sempre portando con sé il pranzo al sacco. Ricordo di essermi sentita fiera mentre lei mi diceva sorridendo: “La tua mamma si sta impegnando per salvare le persone infelici. Bisogna costruire una società in cui tutti possano diventare felici”».
Anche in pieno inverno, Yasaka si spingeva nelle vallate tra le montagne dove non arrivava neanche l’autobus e camminava in mezzo alla neve fino al ginocchio. Non sapeva andare in bicicletta, ma per poter partecipare alle attività della Gakkai ne comprò una. Dopo varie prove, impegnandosi con tutta se stessa, fu in grado di girare in bici tutta la zona circostante. Quando poi il suo raggio di attività si ampliò per via della responsabilità, imparò a guidare lo scooter e infine un’auto di piccola cilindrata.
Per la figlia era motivo di grande orgoglio vedere la madre che si impegnava piena di vitalità col desiderio di rendere felici tutte le persone, mentre ardeva di un profondo spirito di sfida. L’essenza dell’eredità della fede si trova nello sforzo gioioso portato avanti dai genitori e nel loro impegno nel dialogare con i figli sul significato delle attività della Gakkai.
[20] Shin’ichi Yamamoto, ascoltando Kumi Sakafuji, annuì più volte.
«Adesso che stiamo per partire con il nuovo sistema dei capitoli nella seconda fase di kosen-rufu, sono decisa a impegnarmi finché avrò forza per ereditare il nobile spirito dei pionieri e costruire un capitolo solido. In passato, quando si parlava della responsabile donne di capitolo, si diceva che era come la “madre” della Gakkai, una presenza come il “sole”. Io sono ancora giovane d’età per essere una responsabile della Divisione donne, ma sono decisa a portare avanti la mia rivoluzione umana e a raggiungere l’obiettivo di diventare una responsabile coraggiosa, una “hachikin della Legge mistica”, tanto che gli altri possano dire di me che sono una persona seria, piena di calore umano e che riesco a far sentire tutti a proprio agio. Concludo le mie determinazioni con la promessa di dare inizio con coraggio a un nuovo sviluppo, a partire da oggi, con la convinzione che il progresso della Divisione donne porta al progresso di tutta la Gakkai».
Shin’ichi fu il primo ad applaudire con energia. Quell’applauso, oltre a manifestare le sue aspettative e il suo incoraggiamento a Kumi Sakafuji, appena nominata responsabile donne di capitolo, era anche un applauso di lode a sua madre Yasaka.
Il flusso di kosen-rufu non si fermerà mai solo se il testimone della fede viene affidato saldamente dai genitori ai figli.
Certamente ci saranno casi in cui i figli non si impegnano nella fede buddista; ma non è necessario avere fretta o nutrire pensieri legati a una prospettiva limitata. La vittoria o la sconfitta si determinano nel corso di tutta la vita. È necessario pensare ogni giorno ai propri figli, pregare per la loro crescita e felicità e dialogare continuamente con loro. È necessario inoltre avere la consapevolezza che tutti i giovani e tutti i membri della Divisione futuro della Gakkai sono come nostri figli, e incoraggiarli con calore dedicandosi sinceramente a loro. Questa corrente di educazione e di crescita crea il grande fiume del futuro di kosen-rufu.
Subito dopo ci fu la determinazione di un rappresentante dei responsabili di capitolo della Divisione uomini. Salì sul palco Eita Nagano, responsabile del capitolo Aji della prefettura di Kagawa, la zona in cui si trova il Training Center di Shikoku.
Shin’ichi lo conosceva molto bene.
Nagano faceva parte del gruppo “Università di Tokushima” e, in occasione della fondazione dei gruppi delle cinque università di Shikoku, nell’ottobre del 1968 aveva chiesto un consiglio a Shin’ichi. Si era appena laureato in medicina presso l’Università di Tokushima, ma ancora non aveva deciso cosa fare in futuro, e per questo era piuttosto preoccupato.
[21] Alla cerimonia di fondazione dei gruppi delle cinque università di Shikoku, Eita Nagano chiese a Shin’ichi Yamamoto: «Il mio desiderio è andare in un paese dove ci siano tanti malati di lebbra per poterli salvare, ma non sono sicuro se partire immediatamente».
«È proprio questo lo spirito di un giovane medico della Legge mistica, ma non c’è bisogno di correre. Penso sia importante che tu rimanga in Giappone ancora un po’ per continuare le tue ricerche nel campo della medicina e consolidare le tue basi».
Incidendo nel cuore questa guida, Nagano si impegnò a migliorare se stesso come medico. In seguito divenne vice direttore del Dipartimento di dermatologia presso l’ospedale della Croce Rossa di Kochi; poi direttore di dermatologia presso l’ospedale centrale della prefettura di Ehime, e dal 1975 iniziò a lavorare presso il sanatorio nazionale Oshimaseisho-en, specializzato nella cura della lebbra.
Oshima è un’isola che si trova nel mare Seto, presso Ajicho, nella prefettura di Kagawa, proprio davanti al Training Center di Shikoku. Nagano viveva a Takamatsu e ogni giorno raggiungeva l’isola con la nave. Dietro la sua passione per la ricerca e per la cura della lebbra c’erano i suoi genitori.
In famiglia la prima persona che aveva iniziato a praticare era stata la madre. In passato il padre aveva esercitato la professione medica in Manciuria ma, dopo la guerra, tornato in Giappone, non fu riconosciuto come medico. Fu così costretto a fare diversi lavori, ma le entrate economiche scarseggiavano e perciò marito e moglie non facevano che litigare.
Un membro della Divisione donne disse alla madre di Nagano: «Se non cambi tu, la tua famiglia non cambierà. La fede serve per trasformare se stessi»; così nel 1956 entrò nella Gakkai. Poco dopo iniziò a praticare anche il marito ed entrambi si impegnarono nelle attività Soka. Furono nominati responsabili di gruppo in una zona di attività che comprendeva anche chi viveva nell’isola di Oshima.
Riguardo alla lebbra era stato adottato il provvedimento della quarantena, l’isolamento forzato, e coloro che erano stati contagiati erano costretti a vivere senza alcun rispetto dei loro diritti. In generale, nella società era diffuso il pregiudizio che non si potesse guarire dalla lebbra e che fosse una malattia ad alto tasso di contagio.
L’ignoranza crea il pregiudizio, e il pregiudizio crea la discriminazione. I genitori di Nagano si recavano spesso a Oshima, convinti che il Buddismo esiste proprio per salvare coloro che soffrono di più. Inoltre suo padre, che era medico, sapeva bene che il virus della lebbra ha un basso tasso di contagio.
[22] Eita Nagano entrò a far parte della Soka Gakkai nel febbraio del 1962, quando aveva diciotto anni. Per potersi iscrivere alla Facoltà di medicina lavorava part-time come sorvegliante di un magazzino di materiali edili; fu così che un dipendente della ditta di costruzioni gli parlò di Buddismo. Il cantiere era la sede della Soka Gakkai nello Shikoku.
I suoi genitori erano già membri, ma lui non voleva vivere appoggiandosi a una religione. Inoltre aveva sentito varie critiche rivolte alla Gakkai, considerata allora “un’organizzazione religiosa violenta”, perciò non aveva alcuna intenzione di entrare a farne parte.
Un giorno gli dissero: «Se sei un vero giovane, prima di criticare dovresti almeno provare!» così, non sapendo come controbattere, si vide costretto a entrare nella Gakkai. Senza praticare non si può provare sulla propria pelle il valore autentico del Buddismo, anche se si può comprenderlo razionalmente. Romain Rolland affermava: «Pensare senza agire equivale a dormire. Ed è l’ingresso della morte».
Nel mese di aprile di quell’anno, Nagano riuscì a entrare alla Facoltà di medicina presso l’Università di Tokushima. Anche se nutriva ancora tanti dubbi, da quel momento cominciò a impegnarsi nella fede.
All’epoca erano pochissimi i membri della Divisione studenti in quell’università, ma nonostante ciò essi riflettevano seriamente su come poter rendere felici le persone in tutto il mondo e dialogavano appassionatamente. Anche Nagano, stimolato da loro, iniziò a partecipare con entusiasmo alle attività della Gakkai e a studiare la filosofia buddista.
Insieme ai suoi genitori partecipava alle riunioni di discussione che si svolgevano nel sanatorio nazionale di Oshimaseisho-en. Lì c’erano membri con sorrisi smaglianti che erano riusciti a vincere la malattia e vivevano con grande forza.
Pian piano Nagano cominciò a nutrire interesse per quella malattia. La lebbra è una malattia infettiva cronica dovuta al Mycobacterium leprae che colpisce la pelle, le mucose e i nervi periferici: è un virus poco patogeno, che possiede poca forza di contagio e non si trasmette attraverso il DNA. Ma in passato la lebbra era considerata una malattia inguaribile e si pensava erroneamente che venisse trasmessa attraverso il DNA. Nessun’altra malattia ha provocato tanta sofferenza ingiustificata, dovuta al fatto che la scienza medica ha chiarito troppo tardi il suo funzionamento, e ciò ha portato tanti pazienti a subire discriminazioni di ogni tipo.
[23] Nonostante la lebbra fosse conosciuta in Giappone sin dal passato, essa venne inserita nella legislazione solo nel 1907. Fu creata una legge chiamata “Riguardo alla prevenzione sulla lebbra” che, nel caso di diagnosi della malattia, prevedeva che il medico informasse l’Ufficio amministrativo e che si provvedesse alla prevenzione e alla disinfezione della casa del paziente.
Inoltre, non essendoci alcuna cura, la legge prevedeva il ricovero in sanatorio per coloro che non avevano nessuno che potesse assisterli.
Questa legge venne modificata nel 1931 e divenne “Legge per la prevenzione della lebbra” che vietava di proseguire l’attività professionale in un luogo di lavoro dove la malattia poteva trasmettersi a macchia d’olio. Inoltre era vietato vendere o trasferire – ed era obbligatorio disinfettare e distruggere – vestiti, materassi, libri e tutto ciò che poteva essere stato contaminato.
Anche le persone che si sospettava fossero state contagiate dovevano essere ricoverate nei sanatori, di conseguenza tutti i pazienti furono costretti a un isolamento forzato. Questa modifica della legge non si basava su alcun fondamento medico-scientifico, ma fece perdere ai malati la libertà di scelta lavorativa e di dimora, rafforzando ulteriormente il pregiudizio e la discriminazione verso di loro.
A quell’epoca in Giappone si andava affermando il militarismo. In una società caratterizzata dal servizio militare obbligatorio e dall’obbedienza allo Stato, dove tante energie erano impiegate a formare soldati in buona salute psicofisica, i malati di lebbra venivano esclusi, allontanati. Una legge, una volta entrata in vigore, può aggredire le persone con la ferocia di una belva. Restare indifferenti alla politica equivale a permettere che una tigre circoli liberamente in città; per questo è importante vigilare sulla politica, per il bene proprio e della società.
Le persone contagiate dalla lebbra e le loro famiglie subirono crudeli angherie da parte della comunità. Vi sono innumerevoli esempi: tanti venivano presi a sassate e si videro bruciare le case, mentre ai familiari che andavano a fare la spesa venivano prese le monete con le bacchette per poi disinfettarle col vapore.
[24] Una volta diagnosticata la malattia, il paziente era costretto a entrare in un sanatorio e a vivere in isolamento, in base alla Legge per la prevenzione della lebbra. Inoltre, nel 1940 venne adottata la “Legge nazionale sull’eugenetica”: allo scopo di migliorare la “qualità genetica” della popolazione, tutti coloro a cui veniva diagnosticata una malattia genetica potevano sottoporsi a diversi tipi di intervento chirurgico, tra cui la sterilizzazione. In seguito, nonostante non fosse stata confermata la natura ereditaria della lebbra, essa fu catalogata fra le malattie genetiche e nel 1948 questo tipo di intervento divenne di fatto obbligatorio anche per i malati di lebbra.
In una nazione, a seconda dei valori che si considerano basilari e da proteggere, cambia molto il modo di trattare i malati e i diversamente abili. Se ci si basa sull’idea di far crescere soldati efficienti e forti per poter diventare una potenza militare, l’essere umano sarà considerato solo uno strumento dello stato. Sarà importante assicurarsi soldati eccellenti, mentre le persone malate o diversamente abili verranno respinte ai margini della società. Nelle nazioni dove la priorità è lo sviluppo economico e l’obiettivo è diventare una potenza economica, le persone che contribuiscono alla prosperità verranno considerate le più importanti.
In definitiva, il valore dell’essere umano verrà valutato e giudicato in base al suo contributo al profitto del paese. In una potenza militare o economica, finché si utilizza l’individuo come mezzo, verranno esclusi coloro che non possono contribuire all’obiettivo nazionale.
Per costruire una nazione dove tutti siano rispettati, senza discriminazioni, è necessario attribuire il massimo valore alla vita di ogni persona, senza mai utilizzarla come mezzo. Ciò significa costruire una nazione e una società basate sul principio della sacralità della vita.
All’inizio degli anni Quaranta furono scoperti dei medicinali specifici, come il Promin, così che la lebbra rientrò fra le malattie curabili. Dopo la guerra, inoltre, il Giappone divenne uno stato democratico e la Legge per la prevenzione della lebbra dedicò più attenzione all’assistenza sociale, oltre che alla prevenzione. Tuttavia i pazienti erano ancora obbligati a ricoverarsi in sanatorio.
Era molto diffuso il pregiudizio che fosse una malattia molto contagiosa, ereditaria e non curabile.
[25] Eita Nagano, che aveva iniziato a lavorare presso il sanatorio nazionale di Oshimaseisho-en, non solo si dedicava alla cura della lebbra, ma in cuor suo aveva deciso di dedicare tutta la vita ai malati. Quando era all’università, mentre aspirava a diventare un medico, aveva inciso nel suo cuore un passo della Raccolta degli insegnamenti orali: «Le sofferenze a cui sono sottoposti tutti gli esseri viventi […] sono tutte sofferenze di Nichiren» (RSND, 2, 879).
Nagano si impegnò con serietà nella fede per poter diventare, in quanto buddista, un medico capace di comprendere la sofferenza dei pazienti.
Ciò lo portò a trasformarsi da “medico che cura le malattie” a “medico che desidera la felicità delle persone”. Se la prospettiva di un medico si allontana dalla ricerca della felicità dell’essere umano, la medicina rischia di diventare un’arma spietata.
La lebbra era già diventata una malattia curabile ancor prima che Nagano iniziasse a lavorare presso il sanatorio di Oshimaseisho-en. Molti di coloro che erano ricoverati in sanatorio erano ex pazienti che non avevano più i sintomi della malattia, ma a causa degli effetti collaterali avevano perso parzialmente la vista, avevano difficoltà nell’uso delle mani e delle gambe o avevano altri problemi; parecchi di loro non erano in grado di vivere in modo autonomo nella società.
Perché erano ridotti in quelle condizioni?
L’età media di coloro che venivano ricoverati era di sessant’anni. Più della metà dei pazienti era entrata in sanatorio quando ancora si pensava che la lebbra fosse facilmente contagiosa ed ereditaria, perciò si dava più peso all’isolamento forzato che alle cure. Di conseguenza, i benefici della cura arrivavano tardi, e non veniva somministrata un’adeguata terapia contro gli effetti collaterali e le relative conseguenze.
A livello sociale, tramite il sistema dell’isolamento, si radicò profondamente la paura nei confronti della lebbra; ciò fece nascere il pregiudizio e un’irragionevole discriminazione anche verso coloro che erano guariti e si erano reinseriti nella società.
Tutto ciò divenne un ostacolo per coloro che avrebbero potuto rientrare nella società creando un muro sempre più spesso.
«A noi non rimane altro che trascorrere tutta la vita all’interno del sanatorio…»: non c’è dubbio che la maggior parte di coloro che speravano di reinserirsi nella società finirono col cadere in una profonda disperazione.
[26] Nagano cominciò a pensare che, oltre a curare la malattia in sé, fosse necessario liberare dalla “schiavitù mentale” i malati di lebbra, che si potevano dichiarare guariti solo nel momento in cui riuscivano a ottenere un equilibrio psico-fsico.
Pensò anche che fosse importante diffondere informazioni corrette sulla lebbra attraverso le relazioni sociali, al fine di consentire ai pazienti di condurre una vita soddisfacente, piena di valore. Egli arrivò alla conclusione che non bastava svolgere le solite attività di beneficenza, a senso unico, ma che era necessario lo scambio reciproco tra i pazienti e la società, per colmare l’isolamento che si era creato.
Tanti membri delle Divisioni uomini e donne andarono subito a incoraggiare i compagni di fede di Oshimaseisho-en e organizzarono anche delle riunioni di discussione. Essi avevano una corretta conoscenza della lebbra; inoltre ardevano di passione per la propria missione, desiderando profondamente “cancellare l’infelicità dal mondo” nella convinzione che “il Buddismo esiste per rendere felici tutte le persone!”. Perciò affermavano con entusiasmo: «Dal punto di vista del Buddismo, poiché hai sofferto per anni a causa della malattia, diventerai sicuramente felice, più di chiunque altro. Inoltre, come Bodhisattva della Terra hai la missione di far sì che tutti possano essere felici».
I membri della Gakkai del sanatorio, colpiti da questo incoraggiamento, si impegnarono nella recitazione del Daimoku, nello studio della dottrina buddista e nello shakubuku. Inoltre, alcune persone che fino a quel momento avevano evitato qualsiasi contatto con l’esterno, iniziarono a chiedere l’autorizzazione al direttore del sanatorio per poter partecipare alle cerimonie funebri dei parenti. Presero questa decisione per tranquillizzare i parenti e gli amici mostrando loro che erano pieni di vitalità. Avevano iniziato a lottare per buttar giù il muro che si era creato tra loro e la società. Nagano intravide la luce della speranza nel modo di vivere dei membri del sanatorio.
Martin Luther King affermò: «La religione dà un senso alla vita e all’universo e offre la più grande motivazione per vivere bene». Questo è il significato della religione.
[27] Le ricerche e le terapie sulla lebbra progredirono ulteriormente. Fino a quel momento le cure avevano avuto degli effetti ma c’erano state anche diverse ricadute. Nel 1981 la WHO (Organizzazione Mondiale della Sanità) raccomandò una terapia con più farmaci, combinando insieme vari medicinali. I sintomi migliorarono notevolmente, tanto che non ci furono più ricadute e la lebbra cominciò a essere considerata una malattia guaribile. Tuttavia in Giappone veniva ancora adottato il sistema della quarantena a causa della legge per la prevenzione, ed era obbligatoria anche l’interruzione della gravidanza, per la legge nazionale dell’eugenetica.
La legge per la prevenzione fu abolita solo nel 1996 e di conseguenza il sistema della quarantena fu rivisto. La questione fu affrontata con molto ritardo. Nel luglio del 1998 gli ex malati di lebbra fecero causa allo Stato per aver calpestato i loro diritti umani fondamentali chiedendo un risarcimento tramite il tribunale di Kumamoto. Nel maggio del 2001 vinsero la causa e la pretura ordinò allo Stato di risarcire i danni.
All’interno del governo c’era chi riteneva fosse necessario fare ricorso e chi riteneva che la sentenza avrebbe rappresentato un grave problema dal punto di vista legale.
Tuttavia il ministro della Salute, Chikara Sakaguchi, disse con fermezza che non era il caso di fare ricorso, poiché la maggior parte dei ricoverati aveva ormai una certa età ed era necessario dare la priorità all’aspetto umanitario, nonostante dal punto di vista legale ci fossero diverse difficoltà.
Il primo ministro Junichiro Koizumi decise allora di non fare ricorso e dichiarò: «Poiché il ricovero nei sanatori si è sviluppato sotto forma di restrizioni e costrizioni nei confronti di tanti pazienti, calpestando i loro diritti umani fondamentali a causa dei pregiudizi e delle discriminazioni, il governo, profondamente rammaricato per le sofferenze e le difficoltà subite dai pazienti e dagli ex pazienti, oltre a esprimere le sue scuse, desidera offrire preghiere di cordoglio per le tante persone che sono scomparse portando con sé questo dolore». Il mese successivo si diede avvio al risarcimento danni nei confronti di coloro che erano stati ricoverati nei sanatori.
Così finalmente la luce dell’umanesimo rischiarò la vita di coloro che per tanto tempo avevano vissuto momenti tanto difficili. Tuttavia, gli errori commessi da una nazione sono difficilmente riparabili.
[28] Eita Nagano, come medico, cercava di trasmettere alle persone informazioni corrette sulla lebbra e continuava a impegnarsi per programmare il reinserimento nella società dei pazienti guariti. Inoltre, come praticante della Legge mistica, si sforzò con serietà nella fede e cercò di sviluppare un cuore che “condivide la sofferenza degli altri”.
Nell’estate del 1976, un anno dopo l’inizio del suo lavoro al sanatorio, si trasferì da Takamatsu ad Aji, nella prefettura di Kagawa, dove si stava realizzando il Training Center di Shikoku. Nel settembre dell’anno successivo si trasferì nella Divisione uomini e, all’età di trentatré anni, venne nominato responsabile del gruppo generale (l’attuale capitolo) Aji.
La sua prima riunione nella Divisione uomini come responsabile di gruppo generale fu un grande successo. L’ottanta per cento dei membri della Divisione uomini parteciparono. Quasi tutti erano più grandi di lui. Salutando i membri con energia, Nagano dichiarò: «Sono a vostra disposizione e mi impegnerò con tutte le mie forze nell’attività!».
Tutti applaudirono. Egli pensò che come inizio era promettente, ma alla riunione successiva i partecipanti diminuirono vistosamente.
«C’erano così tante persone la volta precedente, dove saranno finiti tutti quanti?». Egli espresse questa preoccupazione al responsabile del “grande gruppo” (attualmente settore), più anziano nella fede, il quale rispose: «Alla riunione precedente sono venuti tutti perché avevano saputo che il nuovo responsabile era un giovane; erano semplicemente curiosi di vedere la tua faccia». Turbato dalla risposta, Nagano chiese: «Cosa devo fare?».
«Quante persone sei andato a trovare da quando sei stato nominato responsabile?».
Nagano non riuscì a proferire parola perché non era andato a trovare quasi nessuno.
«Se non ci muoviamo, le persone non si riuniscono. La base dell’attività della Gakkai è incontrare le persone. Questa è la pratica buddista. Io ho impiegato dieci anni per riuscire a riunire dieci membri della Divisione uomini del settore. Dipende tutto da quanto riuscirai a muoverti, quante persone andrai a trovare e quante persone di valore riuscirai a far crescere».
Queste parole gli trafissero il cuore, perciò decise: «Ha ragione. Voglio impegnarmi nella pratica buddista così da lucidare la mia vita!».
[29] Nagano aveva deciso di andare a trovare ogni membro della Divisione uomini del gruppo generale, ma al lavoro aveva otto turni di guardia al mese. Inoltre aveva anche le riunioni per responsabili e gli zadankai, perciò i giorni che poteva dedicare alle visite a casa erano limitati. Cercò comunque di ritagliarsi del tempo libero e insieme al responsabile di settore andava a incoraggiare i compagni di fede. Andavano a trovare le persone a casa, ma c’erano delle situazioni in cui il marito era inattivo, mentre la moglie era attiva e non era troppo convinta di farli incontrare con il marito, per questo diceva loro: «Non so se è bene che voi lo incontriate…». Si preoccupava della sua possibile reazione: «Non voglio che mio marito si senta ferito o reagisca con rabbia». In questi casi era necessario prima convincere la moglie dicendole: «Non si preoccupi; non gli diremo niente che possa urtarlo o fargli perdere le staffe…».
Incontrandosi personalmente con i membri della Divisione uomini e dialogando con loro, pian piano aumentarono gli uomini che partecipavano alle riunioni e recitavano Gongyo e Daimoku.
Inoltre, Nagano si ritrovò a sostenere persone con problematiche a lui sconosciute. Ad esempio, c’era il caso di un uomo che stava affrontando difficoltà con i figli adolescenti. I figli di Nagano erano ancora piccoli, il più grande frequentava solo la prima elementare; perciò egli non conosceva i problemi dell’adolescenza. Per questo cercava di farlo incontrare con un membro che avesse affrontato e risolto le stesse problematiche. Desiderando che tutti potessero costruire famiglie armoniose e felici, Nagano continuò ad andare a trovare i membri, sempre con un atteggiamento sincero.
Un volto sorridente, una famiglia felice diventano la prova concreta della fede con gli amici e nel luogo dove si vive.
Nagano dovette affrontare anche tante difficoltà sul lavoro. A volte era distrutto dalla stanchezza, sia fisicamente che moralmente, ma in quei momenti ripeteva a se stesso: «Come posso innalzare la condizione vitale degli altri, se io per primo non provo gioia?» e si metteva a recitare Daimoku con tutto se stesso, continuando ad andare a incoraggiare i membri. Alla fine del 1977, quando i frutti dei suoi sforzi iniziarono a sbocciare, venne aperto il Training Center di Shikoku, proprio nella zona appartenente al suo gruppo generale.
Inoltre, all’inizio del nuovo anno, quando ancora la gioia per l’apertura del nuovo centro non si era affievolita, venne annunciato il “sistema dei capitoli” del secondo atto di kosen-rufu.
[30] «I responsabili dei gruppi generali si chiameranno responsabili di capitolo!».
Nagano ascoltò con trepidazione la notizia dell’avvio del nuovo “sistema dei capitoli” che era stato annunciato alla riunione dei responsabili all’inizio del nuovo anno, il 6 gennaio.
Subito dopo venne a sapere che il presidente Yamamoto avrebbe partecipato alla riunione dei responsabili di centro, il 21 gennaio, presso il Training Center di Shikoku.
Non solo: il responsabile di Shikoku, Seitaro Kumegawa, gli chiese di condividere in quella riunione le sue determinazioni come nuovo responsabile di capitolo.
Egli scrisse con sincerità le sue determinazioni, rivedendo più volte il testo, e partecipò alla riunione.
Quando venne il suo turno, Nagano salì sul palco e iniziò a parlare con voce piena di vitalità: «In rappresentanza di tutti i responsabili di capitolo del Giappone desidero esprimere le mie determinazioni. Attualmente lavoro come direttore del dipartimento di dermatologia presso il sanatorio nazionale. Di recente nel nostro capitolo Aji abbiamo inaugurato il Training Center di Shikoku e ciò è per noi motivo di gioia e speranza infinite. Siamo entusiasti della nascita dei nuovi capitoli: ieri sera in due zadankai si sono riuniti quasi cento compagni di fede. Mentre venivano raccontate le esperienze dei benefici ottenuti grazie alla fede, molti di loro dicevano: “Diamoci da fare, in modo da non essere da meno rispetto ai capitoli dell’era pionieristica!”».
Nel suo discorso Nagano parlò delle caratteristiche del luogo, del fatto che Aji era famosa per la produzione di pietre di alta qualità, e spiegò che storicamente era stata una base navale. Affermò poi con energia: «Sono deciso a lottare affinché, da ora in poi, questo luogo divenga la base della propagazione della Legge mistica. E poiché mi è stata affidata la “responsabilità di primo responsabile di capitolo della seconda fase di kosen-rufu“, determino di portare avanti la pratica di proteggere “ogni singola persona”, perseverando nel dialogo con tutti i membri del capitolo, incontrandoli uno a uno. Nel nostro capitolo attualmente si stanno facendo tante belle esperienze. Sono deciso a lottare fino alla fine, basandomi sul principio “prima di tutto il luogo in cui mi trovo”, facendo ardere la mia vita affinché tutti i membri possano godere di convinzione nella fede e della gioia che ne deriva».
Un capitolo eccellente è quello in cui fioriscono pienamente i benefici.
Shin’ichi osservava il volto di Nagano e annuiva alle sue affermazioni.
(continua)
(traduzione di Tamiko Kaneda – ha collaborato Tadashi Nitaguchi)