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Le scelte di ogni giorno - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:31

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Le scelte di ogni giorno

Dopo l’articolo pubblicato lo scorso luglio sul tema delle difficoltà che si affrontano dopo la nascita di un figlio, in redazione sono arrivate da tutta Italia molte e-mail di apprezzamento. Ne pubblichiamo alcuni estratti insieme a due testimonianze sul mestiere di genitore

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Dopo l’articolo pubblicato lo scorso luglio sul tema delle difficoltà che si affrontano dopo la nascita di un figlio, in redazione sono arrivate da tutta Italia molte e-mail di apprezzamento. Ne pubblichiamo alcuni estratti insieme a due testimonianze sul mestiere di genitore

Il gruppo delle mamme della mia zona nasce dalla mia profonda decisione di vincere su una grave malattia: il cancro. Diagnosticato nel maggio 2006, aveva colpito entrambe le mammelle e dovetti affrontare l’asportazione totale, la chemioterapia e la radioterapia. Oltre a curare il corpo era necessario curare anche la mia vita e lo feci recitando tantissimo Daimoku insieme ai compagni di fede e studiando per fare mio lo spirito del Daishonin e del presidente Ikeda. Volevo sviluppare uno stato vitale tanto alto da riuscire a vedere nella malattia una grande opportunità.
Ero fiduciosa, ma al primo controllo emerse un’area sospetta al fegato e il medico non escluse che potesse trattarsi di una metastasi. Tornai a casa decisa a non arrendermi e pregai: mi resi conto che potevo morire e non ero felice della mia vita. Dopo sedici anni di convivenza con il mio compagno la parola “amore” era priva di significato: litigavamo in continuazione. Amavo i miei figli ma, nonostante tutto l’amore e l’impegno, la maggiore manifestava disturbi comportamentali e un’ aggressività che mi arrecava un profondo sconforto. Mi sembrava che il mio modo di amare non avesse né valore, né forza. Soffrivo più per questo che per la malattia.
Nel Gosho è scritto: «Nessuno di voi che vi dichiarate miei discepoli deve essere codardo. […] Ognuno di voi deve esser certo nel profondo del cuore che sacrificare la vita per il Sutra del Loto è come scambiare sassi con oro e immondizia con riso» (Le azioni del devoto del Sutra del Loto, RSND, 1, 678).
Compresi che “sacrificare la vita per il Sutra del Loto” vuol dire praticare il Buddismo per compiere la propria rivoluzione interiore e godere pienamente della vita. Quindi, preoccuparmi era un atteggiamento che non mi avrebbe portato da nessuna parte, mentre se avessi sviluppato fiducia, avrei trasformato la mia sofferenza in una fonte di gioia. Decisi che, anche se fosse stata l’ultima cosa che avrei fatto in questa vita, volevo realizzare una famiglia felice e aiutare gli altri a fare lo stesso. Sì, ma come?
Quando lessi I tesori del futuro piansi lacrime di commozione; mai mi ero sentita così importante nel mio ruolo di madre: «Gli individui più nobili sono i genitori. I lavoratori più infaticabili sono i genitori. Le persone più meritevoli di apprezzamento e di lode sono i genitori». Queste parole mi diedero una nuova prospettiva, liberandomi dal peso che mi portavo dentro, e il senso di fallimento scomparve. Ikeda scrive ancora nel suo libro: «Auspico che le persone che si dedicano a questo grande compito possano farlo con orgoglio, speranza e tranquillità e il mio desiderio più sentito è di aprire la strada maestra della felicità nel nuovo secolo, in modo da permettere a madri e figli di percorrerla insieme».
Vivere con orgoglio, speranza e tranquillità il compito quotidiano di genitore: per me erano sensazioni molto lontane, ma era quello che volevo realizzare. Desideravo il dialogo con altre madri, il confronto, il sostegno reciproco nella fede e nella vita quotidiana.
Ed è sorto così il “gruppo mamme”: era il settembre 2007.
Al controllo ecografico successivo, l’area sospetta non c’era più. Sempre nello stesso periodo ho trovato il coraggio di separarmi e questo è avvenuto velocemente e in uno spirito di collaborazione.
Da subito mia figlia, all’ultimo anno delle elementari, ha dato segni di miglioramento, portando a casa un’ottima pagella, conquistandosi la stima delle insegnanti e creando tante nuove amicizie. Ho sentito crescere dentro di me una creatività che non credevo di possedere e insieme a questo nuovo gruppo ho accarezzato l’idea di un’attività nella quale i bambini potessero apprendere, divertendosi, i princìpi buddisti: nacque così, dall’incontro di mamme ed educatori, l’attività Pollicino.
Nello stesso anno inviai al presidente Ikeda un messaggio per esprimere la mia riconoscenza per questa pratica meravigliosa che mi aveva permesso di affrontare la malattia con fiducia e coraggio ed espressi la mia determinazione di ripagare questo debito di gratitudine. Il mio intento era di portare avanti e far crescere l’attività delle mamme per iniziare a costruire quella società di pace che tanto si auspica, e gettare le basi del gruppo Futuro nella mia città entro il 2010.
Oggi mi sento orgogliosa di essere riuscita in tale impresa e di poterglielo raccontare.

Susanna F., Ravenna

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Pratico il Buddismo da cinque anni e da tre frequento il “gruppo mamme”, con grandi obiettivi personali: migliorare il rapporto con mio figlio, creare armonia nella mia famiglia, non dimenticare il debito di gratitudine verso i miei genitori e instaurare legami con altre mamme.
Come ci incoraggia a fare Daisaku Ikeda ho cominciato ad avere la consapevolezza che la cosa più importante nella relazione con i nostri figli è la sincerità. Un giorno mio figlio, che frequentava l’ultimo anno delle elementari, è tornato a casa dicendo che un bambino gli aveva portato via dallo zaino un centinaio di figurine.
Io e suo padre abbiamo risposto che non avrebbe dovuto portare le figurine a scuola e che era una sua responsabilità. Mio figlio si è arrabbiato: si sentiva in colpa e ferito, ma anche vittima di un’ingiustizia.
Venni a sapere che la madre del bambino che aveva compiuto il furto era sola e il padre era in carcere. Mi sentivo a disagio: da una parte sentivo compassione per quel bambino, dall’altra c’era tutta la mia comprensione per mio figlio che stava soffrendo.
Parlai con mio figlio e quello che venne fuori in sostanza era questo: poiché il padre del bambino era in carcere, a scuola gli era concesso di prendere cose che non gli appartenevano senza chiedere il permesso e senza conseguenze; quindi, se non avessimo fatto nulla, sicuramente il bambino lo avrebbe rifatto.
Parlai di questo episodio con le altre mamme e leggendo gli incoraggiamenti del presidente Ikeda nel libro I tesori del futuro trovai scritto: «Se c’è una cosa qualsiasi su cui i genitori non vanno d’accordo con gli insegnanti, va a beneficio di tutti se esprimono le loro opinioni onestamente e liberamente».
Recitai Daimoku per tirare fuori il coraggio e la saggezza per compiere l’azione più giusta. Misi al corrente le insegnanti del disagio di mio figlio, cercando di stabilire, senza criticare il ruolo educativo della scuola, un rapporto di collaborazione per il benessere dei bambini; ma non ero del tutto soddisfatta, sentivo che ancora non era stata fatta pienamente giustizia. Secondo le insegnanti, infatti, si poteva far poco perché il bambino che aveva portato via le figurine le aveva usate e non poteva restituirle.
Spesso, quando ci troviamo a dover affrontare delle difficoltà, sorge un sentimento di rassegnazione. Allora che fare? In quel momento, ho deciso di lottare davanti al Gohonzon, andando oltre i miei limiti, la mia paura, i miei dubbi; solo così l’ingiustizia si sarebbe trasformata in giustizia.
Nel frattempo le insegnanti si erano messe in contatto con la madre del bambino. Io continuavo a recitare Daimoku per me, per mio figlio e per l’altro bambino: volevo andare fino in fondo. Poco tempo dopo, all’uscita da scuola, mio figlio mi ha raccontato che il bambino si era scusato con lui e gli aveva dato i soldi per poter ricomprare le figurine.
Il giorno seguente, mio figlio gli ha restituito il resto dei soldi proprio davanti alle maestre, regalandogli anche delle figurine doppie; così tra loro è nato un legame di amicizia. È stata decisamente una vittoria, che è andata oltre le mie aspettative! E mio figlio non ha più portato a scuola le figurine…
Il maestro Ikeda, con i suoi scritti, mi ha sempre incoraggiato dicendo che ogni dispiacere può essere motivo di crescita per i nostri figli, se noi genitori li ascoltiamo attentamente e cerchiamo di capire cosa sta causando loro sofferenza e ansia.

Barbara L., Ravenna

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Ho trentatré anni e sto per diventare mamma. Ho sempre fatto attività nella Divisione giovani. Il Grandangolo sulle neo-mamme mi ha rincuorato tantissimo. Se potete, pubblicate tante altre cose come queste, saranno senz’altro di grande aiuto!
e-mail di Sylva

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Dopo il parto mi sono ritrovata gradualmente isolata, anche se non ho mai smesso di recitare Daimoku. Ho vissuto questo “distacco” dall’attività con grande sofferenza e a oggi l’ho risolto in parte. Vorrei creare anche io nella mia zona come ho letto nell’articolo sta succedendo a Torino una rete simile. Sapere che già esistono delle esperienze mi incoraggia ad andare avanti nella mia decisione.
e-mail di Lucia Simona

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Sono una futura neo-mamma. Proprio l’altro giorno mentre riflettevo sul fatto che non ci fossero articoli sull’argomento ecco arrivarmi il numero della rivista con il Grandangolo! Leggendolo ho sentito la volontà di affrontare finalmente l’argomento sull’attività delle mamme. Per me, che sono ancora nella Divisione giovani è un mondo sconosciuto e ammetto che affrontarlo mi fa un po’ paura.
e-mail di Patrizia

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Dopo la prima figlia era diventato impossibile uscire la sera per andare a una riunione, finché Franca, anche lei da poco mamma, ha avuto la geniale idea di creare il “gruppo mamme”: meeting non più alle 20,30 ma alle 14. Eravamo un bel numero e tutte con bambini nati da poco. I primi tempi dormivano, poi hanno iniziato a gattonare ovunque e ai loro primi passi, era impossibile stare sedute più di cinque minuti! Ma dopo tredici anni il “gruppo mamme”, che naturalmente è aperto a tutti, è ancora qui. Spero che queste poche righe incoraggino tutte le donne che dopo la nascita di un figlio si sentono un po’ fuori dal mondo.
e-mail di Monica

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