Il mio sogno è sempre stato quello di fare l’illustratrice: di raccontare storie attraverso il disegno. Sensei spiega che essere intelligenti o avere talento non basta: per farcela nella vita bisogna diventare forti e accumulare buona fortuna
Mi sono decisa a praticare nel giugno 2004, tre anni dopo che mi avevano parlato del Buddismo. A quel tempo ero piena d’amici, lavoro, impegni e passioni. Eppure mi sentivo stagnante e depressa, insicura al punto da non riuscire a recitare: non ne valeva la pena perché Nam-myoho-renge-kyo avrebbe funzionato con tutti tranne che con me.
A settembre 2004 sono partita per andare qualche mese a Barcellona. Appena arrivata, sola e senza conoscere la lingua, la mia depressione è diventata disperazione ed è in quel momento che ho cominciato a recitare Daimoku tutte le mattine, pregando «con tanta convinzione come se dovessi accendere il fuoco con legna bagnata» (RSND, 1, 395).
Sono entrata in contatto con l’organizzazione catalana, ho cominciato a partecipare alle riunioni di discussione, ma avevo difficoltà a esprimere con le parole sentimenti e pensieri. L’ho sempre fatto, però, con il disegno: il disegno è la mia lingua materna e il mio rifugio.
Sono rimasta nove anni a Barcellona, non riuscivo più ad andarmene. Per sette anni ho collaborato con la rivista spagnola Civilizacion Global, illustravo il diario del presidente Ikeda, la rubrica per il Gruppo futuro, creavo loghi, locandine, calendari d’attività e anche un libro edito dalla SG Spagna sul clero.
Il mio sogno è sempre stato quello di fare l’illustratrice: di raccontare storie per adulti attraverso il disegno, ma sensei spiega che essere intelligenti o avere talento non basta; queste qualità non sono una garanzia per essere felici e per farcela nella vita, ma bisogna diventare forti e accumulare buona fortuna. Forza e buona fortuna, due ingredienti che non avevo.
Con questo sogno nel cuore e agendo di conseguenza ho incontrato ostacoli enormi. Grazie alla collaborazione con la rivista spagnola, però, ho potuto trasformare la collera e la rabbia contro il mondo avanzando nella mia rivoluzione umana. Nel 2008, dopo aver illustrato Libertad de espirit, un libro pubblicato dalla SG Spagna sul tema della Nichiren Shoshu, pubblicai il mio primo libro illustrato con una casa editrice spagnola, ma capii subito che questa stava vendendo i diritti ad altri editori stranieri senza dirmelo né pagarmi. Inoltre avevo altri due album illustrati che nessuna casa editrice in Europa voleva pubblicare. Quando assunsi la responsabilità della Divisione artisti, finalmente avevo trovato una casa editrice catalana interessata, ma questa fece bancarotta prima di far uscire il mio libro. Un altro editore tenne “in ostaggio” e sotto contratto un mio libro per tre anni con la promessa di pubblicarlo, ma anche questa aspettativa risultò vana. Il libro, tra l’altro, era stato selezionato alla biennale di illustrazione più antica e rispettata d’Europa, ma non essendo mai stato pubblicato non poté essermi assegnato il premio.
Nel 2010 ricevetti un’accusa di plagio da un’altra casa editrice: fu un colpo molto duro, che arrivò subito dopo aver realizzato un contadaimoku per la Divisione giovani spagnola in occasione dell’ottantesimo anniversario della Soka Gakkai. Praticavo da sei anni, mi sforzavo per kosen-rufu, tutti i giorni, “mi imbottivo” di Daimoku e attività, ma le difficoltà aumentavano. Profondamente non volevo accettare e accogliere la mia insicurezza ed emotività. Una responsabile alla quale avevo chiesto un consiglio sulla fede mi disse che questi ostacoli erano in realtà la mia occasione. Mi ricordò che da anni stavo illustrando ogni mese la rivista buddista, stavo disegnando per kosen-rufu, e che tutto questo si sarebbe trasformato in fortuna. E che ci dovevo credere.
Intrapresi una causa legale contro la casa editrice che mi stava ingannando, quando un giorno lessi il Gosho Gli otto venti dove Nichiren dice a Shijo Kingo: «Ci sono questioni che non si risolvono ricorrendo al tribunale e ci sono anche questioni che si sarebbero risolte senza ricorrere al tribunale e che invece ricorrendovi non si risolvono» (RSND, 1, 705). Questa volta avevo voglia di fare un’esperienza di fede. Decisi di prendermi il rischio di “credere”, di prendere alla lettera le parole del Daishonin. Decisi di lasciar cadere la causa. Poco tempo dopo la situazione con l’editore si volse a mio favore, recuperando quanto aveva tentato di rubarmi. Nel 2012 ho deciso di tornare in Italia. Nonostante i pochi risultati visibili, un cambiamento era avvenuto: finalmente percepivo che l’attività editoriale con la Soka Gakkai spagnola era stata fondamentale per la mia crescita personale e ho scoperto un desiderio sincero e naturale di continuare a contribuire a kosen-rufu nel mio paese natale, mettendo le mie capacità al suo servizio. Pochissimi giorni dopo, scoprii che quel primo libro pubblicato in Spagna quattro anni prima dalla casa editrice che avrei voluto portare in tribunale era stato comprato dal Governo del Messico e 97.492 copie sono state distribuite a ogni alunno di terza elementare di tutto il paese. Il libro vinse anche il primo premio a un importante concorso in Spagna. Dal libro è nato il “Manifesto contro il silenzio sugli abusi sessuali sui minori”, scritto a sei mani dall’editore, la scrittrice e me. José Saramago, premio Nobel per la letteratura, fu uno dei primi intellettuali che vi aderirono.
Appena tornata a Roma accompagnai una persona a una riunione di discussione e lì conobbi un membro che collaborava con la redazione de Il Nuovo Rinascimento. Grazie alla mia determinazione, nel giro di poco tempo ho cominciato a fare attività illustrando le copertine. Il giorno in cui consegnai le prime proposte, esattamente un anno fa, quella persona che avevo portato a una riunione ha ricevuto il Gohonzon e contemporaneamente una nota rivista di illustrazione di Taiwan ha pubblicato una recensione sul mio lavoro, sui miei disegni e le mie ceramiche, dato che nel frattempo sono diventata anche ceramista. Grazie a questo, i miei lavori hanno cominciato a diffondersi e sono riuscita a farmi conoscere attraverso canali inaspettati. Avevo sempre serbato nel cuore il desiderio di pubblicare i miei lavori con l’editore “più fico del mondo”. Era un bel desiderio, ma anche un grande attaccamento. Così decisi di pubblicare i miei libri da sola con una etichetta mia, con tanto di codici ISBN.
Ho utilizzato ogni attività per sfidare l’aspetto che ostacola la mia felicità, determinando che questa esperienza doveva riflettersi anche nella relazione con gli editori. Ebbene, da qualche mese le proposte di lavoro mi piovono addosso. Ogni mattina, prima di mettermi a lavorare, vorrei avere un’illustrazione da realizzare per la Soka Gakkai, perché questo è il motore con il quale ho imparato ad allineare i miei ingranaggi con kosen-rufu. Se mantengo quest’ichinen, anche se non ho copertine da realizzare, il mio lavoro scivola dritto verso il bersaglio e risplende dello stato vitale di Buddità. Il mese scorso la stessa casa editrice che in passato volevo portare in tribunale, e per la quale ho recitato due milioni di Daimoku, mi ha chiesto di collaborare a un suo nuovo progetto editoriale e io ho accettato. Non ho più rancore, paure e attaccamenti. Inoltre questo è il lavoro che maggiormente mi sta sostenendo economicamente e che mi dà la possibilità di portare avanti parallelamente i miei progetti. La casa editrice catalana, quella che anni fa fece bancarotta, è “risorta dalle ceneri” e un mio nuovo libro è in via di pubblicazione in coedizione con me; è a loro che mi rivolgo per avere consigli per la mia nuova avventura di autoedizione. Infine, il libro per il quale ricevetti l’infondata accusa di plagio è in via di pubblicazione con l’editore francese che ho corteggiato per anni.
Oggi non sono solo illustratrice: mi dedico all’investigazione artistica e realizzo progetti espositivi con disegni e ceramiche per gallerie in Italia e all’estero.
Sono anche autrice completa dei miei libri: racconto storie attraverso disegni e parole e mi occupo di tutte le fasi di stampa e montaggio del libro. Non ho più l’ansia di andare a cercare un editore “fico” all’estero, perché ho la mia etichetta tutta italiana. Ho deciso che l’Italia è un bel posto per vivere.