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Le idee trasformano il mondo - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:12

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Le idee trasformano il mondo

Prendendo spunto dalla lettura giovanile del contratto sociale di Jean-Jacques Rousseau, Ikeda pone l’accento sull’importanza delle buone letture che nutrono e arricchiscono la vita e ricorda quanto il filosofo francese fosse amato sia da Makiguchi che da Toda. Ikeda sottolinea l’impegno instancabile e la lotta incessante per la libertà delle idee di Rousseau. Idee che hanno contribuito a cambiare il concetto di libertà e responsabilità individuale

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Prendendo spunto dalla lettura giovanile del contratto sociale di Jean-Jacques Rousseau, Ikeda pone l’accento sull’importanza delle buone letture che nutrono e arricchiscono la vita e ricorda quanto il filosofo francese fosse amato sia da Makiguchi che da Toda. Ikeda sottolinea l’impegno instancabile e la lotta incessante per la libertà delle idee di Rousseau. Idee che hanno contribuito a cambiare il concetto di libertà e responsabilità individuale

Ricordo quando alcuni di noi si radunarono attorno al maestro Josei Toda per discutere sulla storia e sulle origini della Rivoluzione francese. Toda disse: «Se ci fu una persona che funzionò da scintilla per la Rivoluzione, quella fu proprio Rousseau».
I contributi di Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) e degli altri grandi pensatori dell’Illuminismo [un movimento di pensiero nato nella seconda metà del diciottesimo secolo, n.d.r.], che aprirono la strada alla Rivoluzione francese, sono ben noti. Le idee hanno un potere enorme. Le idee possono muovere l’umanità, dare origine a una nuova era e trasformare il mondo. I giovani che hanno studiato la filosofia di Rousseau hanno contribuito ad accrescere la consapevolezza delle persone e a infondere quella stessa energia che aveva alimentato la Rivoluzione francese. Il mio maestro disse: «Per comprendere la Rivoluzione francese bisogna prima leggere Rousseau».
Dopo la guerra ricordo di aver letto numerosi scritti di Rousseau, uno dopo l’altro: l’Emilio, il Contratto sociale e il Discorso sulle origini e i fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uomini. Ho già parlato altrove della mia lettura dell’Emilio, un testo in cui Rousseau spiega quanto la libertà e l’uguaglianza siano essenziali all’educazione dell’essere umano. In quanto educatori, Josei Toda e il suo maestro Tsunesaburo Makiguchi amavano molto sia l’Emilio che le altre opere di Rousseau.

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Il Contratto sociale fu pubblicato per la prima volta nell’aprile 1762, quando Rousseau aveva cinquant’anni, mentre l’Emilio fu pubblicato un mese prima. Questi due lavori storici vennero dunque alla luce più o meno nello stesso periodo.
Il Contratto sociale descrive la composizione dello Stato, o corpo politico. Secondo Rousseau, lo Stato si basa esclusivamente su un contratto, proprio come una famiglia. In un’altra opera Rousseau descrive la struttura dello Stato usando l’analogia facilmente comprensibile del corpo umano. Egli paragona il potere centrale del governo alla testa di una persona e le leggi e i costumi al cervello. L’industria e l’agricoltura sono come la bocca e lo stomaco, il reddito pubblico come il sangue e l’economia come il cuore. Egli dichiara inoltre che lo Stato non dovrebbe essere in contraddizione con la libertà individuale. Per Rousseau, tutto nasce dall’idea di libertà individuale. Egli afferma che lo Stato nasce attraverso un contratto stipulato volontariamente da ogni singola persona che rinuncia alla propria libertà illimitata per favorire la costruzione di una “persona sociale”: lo Stato, appunto.
Rousseau affronta la questione di come ripristinare libertà e uguaglianza all’interno della società. Il primo capitolo del primo libro del Contratto sociale si apre con il famoso passaggio: «L’uomo è nato libero e ovunque si trova in catene. Anche chi si crede il padrone degli altri, non è meno schiavo di loro».
Qui Rousseau dichiara che ogni essere umano è intrinsecamente libero, concetto oggi più che mai basilare.
Tutte le persone sono originariamente libere. In che modo, allora, questa esistenza, essenzialmente libera, è giunta a essere dominata? Perché le persone soccombono alla schiavitù dispotica? Come può l’essere umano godere della vera libertà? Fin dai tempi antichi i filosofi hanno cercato risposte a queste domande.
Nell’Emilio Rousseau scrive: «La libertà non risiede in alcuna forma di governo, ma sta nel cuore dell’uomo libero, che la porta ovunque con sé. L’uomo vile porta dappertutto la schiavitù. Quest’ultimo sarebbe schiavo a Ginevra, il primo sarebbe un uomo libero a Parigi».
Oltre a indicare che la vera libertà è qualcosa di inerente all’essere umano, Rousseau criticò duramente la debolezza di carattere che conduce l’individuo a sottomettersi alla schiavitù, o a rendere schiavi i propri simili.
A tale proposito egli asserisce con forza che rinunciare volontariamente alla libertà significa rinunciare ai diritti e ai doveri dell’essere umano. Quando non c’è libertà, non c’è espressione genuina di umanità e si perde completamente la facoltà di assumersi la responsabilità delle proprie azioni. Egli conclude quindi affermando che la libertà è grande segno di umanità. Tuttavia, la libertà non è facile da raggiungere e richiede un grande impegno personale. L’appello incalzante da parte di Rousseau risuonò profondamente nei cuori delle persone ed ebbe ampia diffusione. Undici anni dopo la sua morte scoppiò la Rivoluzione francese, una battaglia che sorgeva dal desiderio intenso degli individui di essere liberi e liberati dall’oppressione.

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Il Contratto sociale non destò grande attenzione al tempo di Rousseau. Tuttavia, dopo la sua morte, divenne base della lotta rivoluzionaria e punto di partenza per la difesa della democrazia. La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 (nota anche come Dichiarazione dei diritti), sancita durante la Rivoluzione francese, rifletteva il pensiero di Rousseau. Il primo emendamento della dichiarazione stabilisce: «Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti».
Nel 1791 fu presentata all’Assemblea nazionale la proposta di realizzare una statua in onore di Rousseau. Tra i vari membri dell’assemblea, infatti, egli era considerato il precursore della Rivoluzione francese. In quello stesso anno, in un sobborgo di Parigi, fu eretta la statua di Rousseau con una iscrizione che celebrava il suo contributo per la promulgazione della nuova Costituzione nazionale.
L’impatto di Rousseau non si limitò alla Rivoluzione francese, ma si estese in lungo e in largo, influenzando enormemente numerosi ambiti disciplinari quali la filosofia, la pedagogia e la letteratura. Il pedagogista Johann Heinrich Pestalozzi aveva sei anni quando fu pubblicato l’Emilio, ma più tardi l’incontro con questo testo cambiò profondamente la sua vita.
Rousseau influenzò molti scrittori francesi, tra cui i romantici Madame de Staël, Victor Hugo, François-René de Chateaubriand, Alphonse de Lamartine e George Sand. In Inghilterra, poeti e scrittori come Lord Byron, William Wordsworth, Oliver Gold­smith e George Eliot furono ispirati da Rousseau, mentre in Germania egli orientò il pensiero di scrittori e filosofi come Johann Gottfried von Herder, J.G. Fichte, G.W.F. Hegel, F.W.J. Schelling, J.W. Goethe, J.C.F. Schiller e Immanuel Kant.
Hegel aveva un ritratto di Rousseau appeso nel suo studio e lo tenne in gran conto per tutta la vita, mentre pare che Kant, un giorno, abbia rinunciato alla sua passeggiata quotidiana – che, come è noto, faceva puntualmente sempre alla stessa ora – perché troppo immerso nella lettura dell’Emilio di Rousseau. Kant sosteneva di aver imparato da Rousseau il rispetto per l’umanità e la cura per la gente comune. Egli sposò l’idea che una nazione, per difendere il suo valore, deve sostenere le sue leggi, un’idea che si accorda con il messaggio essenziale del Contratto sociale. Inoltre, il progetto di Kant per una “pace perpetua” ben si accordava con la prospettiva di Rousseau secondo la quale, indipendentemente dai confini nazionali, è sulle persone comuni che si fonda la pace.
Anche il gigante della letteratura russa Lev Tolstoj fu molto colpito dalle idee di Rousseau, che pare lo avessero ispirato ad aprire una scuola per ragazzi disagiati. Rousseau ebbe anche un evidente influsso sul movimento dei diritti umani nel Giappone del periodo Meiji (1868-1912). La prima traduzione giapponese del Contratto sociale fu pubblicata nel 1877. Ricordo con grande tenerezza il mio maestro Josei Toda mentre commentava quel testo.
Nel gennaio 1955 accompagnai Toda nella sua prima visita alla prefettura giapponese di Kochi. Là tenne una conferenza in cui parlò di due nativi di Kochi – Taisuke Itagaki e Chomin Nakae – entrambi paragonabili a Rousseau e conosciuti quali grandi campioni dei diritti umani in Giappone. [Taisuke Itagaki (1837-1919) era un uomo di stato giapponese che guidò la battaglia di libertà e il Movimento dei diritti umani fra il 1870 e il 1880 avendo come obiettivo una legislatura elettiva, i diritti civili e una tassazione più bassa e centralizzata. Chomin Nakae (1847-1901) era un filosofo giapponese che istituì una scuola per educare i giovani e promuovere la democrazia in Giappone. Tradusse in giapponese alcune opere di Rousseau, n.d.r.]. Citando i loro esempi, Toda descrisse la sua visione di rivoluzione pacifica ed evidenziò il grande potenziale di una filosofia basata su un nuovo genere di umanesimo.

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Rousseau nacque e crebbe a Ginevra, in Svizzera. La città era allora una repubblica di circa trentamila abitanti. Poiché viaggiava molto, egli era solito firmare i suoi lavori come “cittadino di Ginevra”, esprimendo così il profondo affetto per la sua città natale.
Oggi Ginevra è sede di molte istituzioni internazionali ed è considerata un centro di pace e umanità. Nel giugno 1989 andai a Ginevra dove ebbi l’onore di ricevere il prestigioso premio dell’Alto commissariato dei rifugiati delle Nazioni Unite. Ricordo ancora distintamente il paesaggio di Ginevra, con le Alpi svizzere in primo piano e le sponde del suo lago che disegnavano il paesaggio.
Nei successivi anni della sua vita, Rousseau combatté senza sosta l’opposizione generata dai suoi ideali e la persecuzione da parte di coloro che desideravano mantenere lo status quo. Ginevra fu lo scenario di questa lotta. Le autorità francesi sequestrarono l’Emilio – pubblicato subito dopo il Contratto sociale – circa due mesi dopo la sua uscita. Dietro le accuse a Rousseau da parte del regime francese c’erano la Chiesa cattolica e la Facoltà di teologia della Sorbona di Parigi. Le autorità dichiararono che nell’Emilio, con la sua critica sovversiva della Chiesa, egli aveva gravemente danneggiato questa autorevole istituzione. Dichiarato colpevole dal Parlamento di Parigi, egli apprese che sarebbe stato arrestato. Rousseau proclamò che le autorità avrebbero potuto anche imprigionarlo, ma non avrebbero mai potuto portargli via la sua innata libertà.
Sebbene Rousseau non fosse preoccupato all’idea di finire in prigione, nel suo debole stato di salute la detenzione avrebbe significato la morte. Per evitare l’arresto e il coinvolgimento dei suoi benefattori nelle accuse contro di lui, fu spinto a lasciare Parigi e scappò in Svizzera. Tuttavia, il governo di Ginevra, che oltre all’Emilio aveva sequestrato anche il Contratto sociale, emise l’autorizzazione per il suo arresto. Le autorità di Ginevra decisero che entrambe le opere erano pericolose poiché auspicavano la caduta delle istituzioni religiose e politiche della nazione. Dietro queste accuse si celava il complotto delle arroganti autorità religiose.
Per Rousseau, questa decisione ingiusta fu come un lampo a ciel sereno. Egli scrisse a un amico: «Che cosa tremenda! Emesso il decreto senza essere ascoltato! Ma dove è il mio crimine? Dove sono le prove?». Intraprendere questa azione unilaterale, senza alcun confronto con l’imputato, è un metodo usato di frequente nel corso della storia dai detentori del potere corrotto. Coloro che stanno avvinghiati al potere hanno paura del dialogo, perché non posseggono né l’intelligenza né il carattere per convincere gli altri della loro causa.
Rousseau preparò uno straordinario contrattacco usando la parola scritta. Nelle sue Lettere dalla montagna ritroviamo il passaggio seguente: «Può questo fatto [essendo io dichiarato colpevole dal governo] avvilirmi? No, mi solleva, mi pone tra coloro che hanno sofferto per la libertà. I miei libri, qualunque cosa accada, saranno sempre di per sé una testimonianza, e il trattamento che hanno ricevuto salverà dalla vergogna quelli che avranno l’onore di essere bruciati dopo di loro».
Rousseau era circondato da nemici e la sua vita era in pericolo, ma ciò non lo turbava minimamente. Nel suo cuore, illuminato dal sole della convinzione e della giustizia, egli era certo della vittoria futura. Una persona che possiede una base solida di vita è forte, e non sarà mai influenzata dal clamore dell’opinione pubblica.

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Rousseau criticò aspramente la corruzione della Chiesa riformata, dichiarando: «Con il loro ridicolo tono arrogante, con la loro passione per i sofismi e l’intolleranza, essi non sanno più in che cosa credono, né che cosa vogliono, né che cosa dicono».
Sono terribili questi ecclesiastici impazziti. Qualunque cosa minacci la loro autorità è vista come il diavolo, come qualcosa che deve essere corretto. Erano talmente concentrati su quanto stava accadendo attorno a loro che non riuscivano a gettare uno sguardo verso l’interno, a guardare a se stessi. Rousseau non poteva perdonare la superiorità e l’arroganza di un clero così egoista e compiaciuto di sé, che approfittava della fede religiosa della gente comune.
In un capitolo del Contratto sociale, Rousseau parla della religione, identificandone innanzitutto due tipi: una “religione dell’uomo” e una “religione del cittadino”. Egli ne individua poi un terzo tipo: la “religione del prete”, cui ascrive la religione giapponese. Di questi tre generi di religione egli dice: «Il terzo [genere] è così evidentemente cattivo e nefando che costituisce una perdita di tempo mettersi a dimostrarlo». Riferendosi ancora a questa “religione del prete” egli definisce prive di valore le «istituzioni che pongono l’uomo in contraddizione con se stesso».
Non è chiaro quanto Rousseau conoscesse realmente la religione giapponese. [Egli scriveva nella metà del periodo giapponese di Edo (1603-1867), che vide il Buddismo irrigidirsi in ciò che divenne noto come “Buddismo funebre” – una religione intrisa di rituali e cerimonie presiedute dai preti, n.d.r.]. Tuttavia, sembra averne individuato la natura essenziale.
Una ricerca su Rousseau raccoglie ed elenca, sulla base dei suoi scritti, una lista degli aspetti negativi e positivi che secondo lui erano pertinenti a vari soggetti. Qui di seguito sono riportati i termini elencati sotto la voce religione.
Aspetti positivi: il buon senso, la ragione, la compassione, la tolleranza, l’amore per l’umanità, la virtù.
Aspetti negativi: la chiesa, l’autorità, il misticismo, il rito, il fanatismo, il pregiudizio.
Nella visione di Rousseau, la religione è qualcosa che deriva dall’”intimo puro”, ovvero una espressione intima dell’animo. Solo prestando attenzione alla “voce interiore” del singolo individuo la fede religiosa può trasformarsi in qualcosa di profondo. Rousseau scrive: «Un buon insegnamento non dovrebbe determinare la scelta che noi dovremmo fare, quanto piuttosto metterci in condizione di scegliere bene. Tale è lo spirito genuino della Riforma; tale è il suo vero fondamento».
La religione non deve mai chiamare le persone a obbedire ciecamente. Il mondo, oggi, ha bisogno di una religione rivolta all’essere umano, che sia in grado di sostenere le singole persone dando loro la possibilità di coltivare un io migliore. Dobbiamo risvegliarci a questo spirito di Rousseau per avviare una nuova rivoluzione nel mondo della religione.

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