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L’azione decisiva per trasformare il karma - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:31

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L’azione decisiva per trasformare il karma

Paolo Fabiani, Poppi (AR)

Da quando è nato Paolo soffre di una grave malattia a causa della quale ha affrontato numerose e difficili prove. L’incontro con il Buddismo e con il maestro Ikeda sono stati la svolta della sua vita, che è diventata un racconto di trasformazione della sofferenza e di realizzazione di tante meravigliose vittorie

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Da quando è nato Paolo soffre di una grave malattia a causa della quale ha affrontato numerose e difficili prove. L’incontro con il Buddismo e con il maestro Ikeda sono stati la svolta della sua vita, che è diventata un racconto di trasformazione della sofferenza e di realizzazione di tante meravigliose vittorie

Insegno Arte nella scuola secondaria di primo grado di Poppi (AR).
Da più di trent’anni sono un artista contemporaneo.
Prima di praticare il Buddismo avevo una vita piena di sofferenza, con una forte depressione che schiacciava la mia indole artistica.
Oltretutto fin dalla nascita soffro di una malattia autoimmune che mi ha distrutto la ghiandola ipofisaria e i polmoni. Nel 1990 ho incontrato Rossella, oggi mia moglie, che mi ha fatto conoscere il Buddismo: recitando Daimoku ho percepito subito benessere e gioia, e nel 1992 sono diventato membro della Soka Gakkai.
Quello stesso anno feci attività al Centro culturale di Firenze in occasione della visita del presidente Ikeda in Italia. Qualcosa nella mia vita inaspettatamente si sbloccò, e iniziò a maturare la consapevolezza dell’importanza della relazione col maestro, approfondita poi in occasione della visita di Sensei nel 1994, durante la quale ebbi la possibilità di partecipare a una cerimonia di Gongyo insieme al maestro.
Quelle esperienze mi fecero svoltare: di lì a poco lasciai la casa dei miei genitori decidendo di diventare totalmente indipendente.
Nel tempo l’attività buddista mi ha permesso di sviluppare consapevolezza di cosa significa dedicarsi agli altri e a kosen-rufu, trasformando il mio carattere e il mio egocentrismo, rendendomi più sicuro, risolvendo la depressione, manifestando un cambiamento nel mio lavoro artistico e creando valore con i ragazzi a scuola.
Nel Gosho La torre preziosa il Daishonin esorta Abutsu-bo a percepire che Nam-myoho-renge-kyo è la sua stessa vita (cfr. RSND, 1, 264), e così ho sempre recitato Daimoku per migliorare la mia salute, con la decisione di trasformare il karma legato alla malattia per dimostrare la validità di questo insegnamento.
Le difficili condizioni di salute non mi hanno impedito di portare avanti i miei sogni.
Con mia moglie Rossella avevamo il desiderio di trovare un luogo dove sviluppare le nostre attività professionali e i nostri progetti artistici, e che potesse essere utilizzato anche per le attività buddiste nel Casentino. Per realizzare questo obiettivo ci siamo sforzati regolarmente nell’offerta economica per kosen-rufu e nel 2007 siamo riusciti ad acquistare all’asta un ex maglificio di 600 mq.
Poi nel 2013, precisamente il 23 dicembre, improvvisamente ho perso conoscenza. Sono rimasto in coma per una settimana, ma grazie anche al Daimoku dei compagni di fede, ho ricevuto il miglior sostegno medico possibile, uscendone senza ulteriori danni alla mia salute.
L’inevitabile avanzamento della malattia mi ha costretto all’ossigenoterapia 24 ore al giorno, ma ho trovato un dispositivo che mi permette tuttora di continuare a muovermi liberamente, lavorando e assumendomi la responsabilità del settore Casentino.
Nel 2014 ho potuto partecipare a un corso buddista. Lì dove ho sentito la frase del presidente Ikeda che mi ha cambiato la vita.
Nel rispondere a una domanda sulla difficoltà di parlare agli altri di Buddismo, Sensei afferma: «Provate a fare shakubuku a una persona. Se non va a buon fine, provate con altre due. Se ancora non funziona, provate con tre, cinque, dieci. E se ancora non va, allora fate shakubuku a venti persone. Se nessuno si dimostra interessato, provate a parlarne con trenta o quaranta. Il punto sta nel continuare a fare shakubuku con convinzione e un alto stato vitale. Tutti i vostri sforzi si tradurranno in benefici e buona fortuna, e trasformerete il vostro karma» (NRU, 25, 111).
Ho sempre trovato difficile fare shakubuku e le parole di sensei mi hanno fatto capire qual è l’azione decisiva per trasformare il karma: sviluppare il desiderio di far conoscere il Buddismo a più persone possibile.
Intanto la malattia si aggravava e già camminare pochi metri costituiva una sofferenza, ma ho continuato a parlare agli altri della forza del Daimoku, pregando, sfidandomi nel lavoro, portando avanti progetti con gioia e vitalità. Dal 2015 abbiamo accolto più di 1.100 persone presso il nostro spazio nel Casentino, tra cui la terza edizione dell’evento Stand Up For Africa, arte contemporanea per i diritti umani.
Nel corso degli anni più volte mi è stato proposto un trapianto bipolmonare, ma ho accettato solo nel 2017. Ho subito informato il mio maestro, come ho sempre fatto in questi anni per condividere le mie vittorie e le mie sfide. Lui mi ha sempre risposto incoraggiandomi con affetto.
Il 1 ottobre 2018 sono stato chiamato per il trapianto: momenti concitati, ma grazie al Daimoku non ho sentito paura bensì la gioia di poter trasformare la mia condizione. L’intervento è durato dodici ore e quando il chirurgo è uscito dalla sala operatoria ha detto a mia moglie: «Suo marito è stato molto fortunato».
Mettendo in pratica il consiglio del mio maestro, a partire dal 2014 in quattro anni ho realizzato mille dialoghi sul Buddismo. Solo in ospedale durante quel ricovero ho parlato con 220 persone, trasformando completamente la mia condizione vitale, percependo libertà e protezione. Protezione che nei mesi successivi si è manifestata quando ho avuto un arresto cardiaco, ma poche ore dopo ero ancora vivo e con un pacemaker impiantato.
Anche in questi mesi, durante la pandemia, ho sperimentato buona fortuna. A febbraio ero ricoverato al San Matteo di Pavia, lo stesso ospedale dove ho fatto il trapianto. Lo stesso dove pochi giorni dopo le mie dimissioni è arrivato il primo caso di Covid-19 in Italia. Sono uscito illeso anche da questo grosso rischio in zona rossa.
La quarantena non mi ha creato problemi, la mascherina la portavo già, inoltre ho goduto della libertà di fare delle belle passeggiate in campagna vicino casa, grazie a un certificato medico che attestava il mio bisogno di movimento.
Oggi cerco di vivere ogni attimo al 100%, per mettere in pratica questo incoraggiamento del maestro Ikeda a me molto caro: «Il Buddismo ci insegna che proprio coloro che maggiormente soffrono e lottano contro le avversità diventeranno le persone più felici» (NRU, vol. 30, cap. 5 “Grida di vittoria”, p.ta 28).

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