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L'Africa non è lontana - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 10:33

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L’Africa non è lontana

Daisaku Ikeda, nelle proposte di pace, da molti anni sostiene che l’Africa è una realtà centrale per il ventunesimo secolo. Al termine di un master in Diritti Umani e Intervento Umanitario, Antonella ha avuto l’occasione di capire meglio le motivazioni di questa fiducia trascorrendo, al seguito di una ONG, tre mesi in Uganda, Rwanda e Kenya

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Daisaku Ikeda, nelle proposte di pace, da molti anni sostiene che l’Africa è una realtà centrale per il ventunesimo secolo. Al termine di un master in Diritti Umani e Intervento Umanitario, Antonella ha avuto l’occasione di capire meglio le motivazioni di questa fiducia trascorrendo, al seguito di una ONG, tre mesi in Uganda, Rwanda e Kenya

L’Africa, non quella dei safari, dei lodge e dei villaggi turistici, ti lascia senza parole e senza commenti per molto tempo. E anche quando superi l’ostacolo e cominci a raccontare, capisci subito che quello che stai dicendo non è esattamente quello che hai dentro, che hai visto, che hai sentito. L’Africa, quella della fame, delle guerre, dell’Aids, è un’altra vita. Te ne accorgi quando sei lì. Ecco perché non importa quanto tu abbia letto, studiato, domandato prima di arrivarci. Quando ci sei, tutto è diverso, estremo, indicibile… Se ci vai con Nichiren nel cuore questo può aiutare a trovare nella mente una via d’uscita alle sofferenze di cui diventi testimone, a tracciare un percorso. Prima di partire, per una esperienza di lavoro con una Organizzazione Non Governativa (ONG), sapevo che il presidente Ikeda aveva proclamato il ventunesimo secolo “il secolo dell’Africa”. Qualche anno fa, nel corso dei suoi incontri con personalità internazionali aveva sottolineato: «È venuto il tempo in cui il mondo intero imparerà dall’energia, la forza e la saggezza dell’Africa, che ha mantenuto la felice pulsazione della vita nonostante tutto ciò che altri le hanno portato via» (Seikyo Shimbun, 6 aprile 1997). Sì, è proprio così: nonostante sia stata saccheggiata (e continui a esserlo) delle sue risorse naturali, sostituite spesso da inquinamento e carestie, l’Africa continua a conservare un carattere indomabile, una incredibile forza vitale, una espressione di essenzialità e, nello stesso tempo di maestosità, che difficilmente avverti in altri luoghi.
Quando sei lì sono tantissime le domande che ti stringono la gola, ma fra tutte quella che ti chiede più spesso di essere ascoltata è: che fare? A fare, in Africa, ci hanno provato in tanti: le agenzie di cooperazione, la Banca Mondiale… E allora perché in Africa si continua a morire di fame, a combattere, a cedere a impulsi di vendetta o di predominio? Perché i diritti umani rimangono uno slogan ripetuto come una filastrocca senza senso? E perché le parole dei grandi della terra continuano a essere giochi di retorica? Quello che accade in Africa accade al mondo intero. È perfettamente inutile girare la faccia dall’altra parte o esercitarsi al buon samaritano se non si comprende questo. Noi siamo in Africa, anche se viviamo in Italia, in Giappone o a New York. Per quel principio di interdipendenza che ci lega a ogni uomo sulla terra, a ogni uomo del passato, del presente e del futuro, a ogni essere senziente e insenziente. Eppure, noi siamo qui. Ed è solo da qui, sempre da qui e ora, che dobbiamo cominciare, che possiamo fare. Ecco la risposta allora. È, ancora una volta, quella che ci indica il nostro maestro. Cominciare da noi, dalla nostra rivoluzione umana, perché è attraverso di essa che si scatenerà quella energia mistica in grado di arrivare ovunque, anche a migliaia di chilometri di distanza. Anche in Africa…

La forza di un continente

I cinquantatré Stati che la compongono esprimono grandi diversità linguistiche e culturali, economiche e sociali. Eppure c’è un elemento che accomuna tutti: una inesauribile forza vitale che nulla ha mai stroncato e capace di far scaturire un senso di identità che è semplicemente quella dell’essere umano, di ogni singolo essere. Se dovessi usare un solo aggettivo per esprimere la sensazione che l’Africa procura, userei “estremo”. Guardandola dall’esterno verrebbe da pensare che non c’è scampo, che agire è una perdita di tempo. Poi se ti capita come è capitato a me di andare lì e vivere per qualche tempo con gente malata di Aids ma fiera, con bambini orfani e denutriti ma sorridenti, con donne condannate a morire nel giro di pochi mesi ma pronte a danzare e cantare per te, pensi: ecco i Bodhisattva della terra, ecco da dove cominciare. Nel suo discorso per il 16 marzo 2008 Ikeda ha detto: «Ciascuno di voi è un grande e prezioso leader di kosen-rufu e della nostra società del ventunesimo secolo. Maggiore è la vostra dedizione alla felicità degli altri, maggiore sarà il numero di persone che si raduneranno attorno a voi, e maggiore sarà anche la crescita delle loro capacità. Più vi preoccupate delle persone comuni, più profonda sarà la fiducia che vi conquisterete e sempre più lontano si espanderà la nostra rete di amicizia. Facendo tesoro di questa preziosa formula per la realizzazione di kosen-rufu, vi prego di divenire individui degni di fiducia e buoni cittadini nelle vostre rispettive comunità e società. Vi prego anche di costruire un incrollabile sodalizio di pace, dialogando con le persone e facendo sbocciare tanti fiori di amicizia» (NR, 395, 13). Ecco: credere nel cambiamento attraverso la “dedizione alla felicità degli altri”, costruendo “un incrollabile sodalizio di pace, dialogando con le persone”. L’Africa non ha conosciuto solo genocidi e tirannie. Ha dato vita anche a “persone comuni” in grado di denunciare queste cose, in grado di lottare per la giustizia e i diritti umani, in grado di dialogare. Persone con una energia e una forza vitale che solo lì riesci a sentire. L’Africa che ha visto l’origine dell’uomo è anche il continente in cui a dispetto di deprivazioni, malattie e difficoltà nascono più bambini. Perché? Forse semplicemente perché la forza della vita è la sola cosa che non si estingue mai, neanche con la morte. Cosa fare? Forse gli africani lo sanno già. E noi?

Questo è il loro secolo

In Giorno per giorno Ikeda ci esorta così: «Martin Luther King, instancabile crociato per i diritti umani, disse: “La domanda più urgente della vita è: cosa stai facendo per gli altri?” Non dite che un giorno o l’altro lo farete; ora è il momento. Non dite che qualcuno lo farà; quel qualcuno siete voi…» (esperia, 18 gennaio). Fare qualcosa ora, alzarsi da soli e decidere, prendere a cuore la vita di chi si incontra sulla propria strada perché è anche la mia vita. Questo ci spinge a sperimentare il presidente Ikeda. “Ma cosa posso fare da solo?” questa è una domanda ovvia di fronte a tragedie di dimensioni troppo grandi come sono spesso quelle vissute dai popoli africani. E alla fine scopriamo che c’è sempre soltanto un modo per affrontare ogni cosa: alzarsi da soli appunto e dare questa possibilità anche agli altri. Sono già molti i paesi africani in cui si recita Nam-myoho-renge-kyo: Sud Africa, Uganda, Kenya, Zambia, Camerun, Costa d’Avorio, Nigeria, Sierra Leone, Ghana, Togo, Repubblica dell’Africa centrale, Gabon… C’è un grande fermento, un susseguirsi di attività rese difficili a volte a causa delle enormi distanze da coprire per raggiungere le case dove sono custoditi i Gohonzon, ma sempre tenute con entusiasmo e consapevolezza di avere un importante ruolo da svolgere nella propria comunità. Il ruolo fondamentale di costruire un domani di pace e rispetto dell’altro. Un domani in cui la «rivoluzione umana di un singolo individuo contribuirà al cambiamento nel destino di una nazione […] e di tutta l’umanità» (dalla prefazione di Daisaku Ikeda alla Rivoluzione umana). La proclamazione del ventunesimo secolo come secolo dell’Africa, ha dato a questi pionieri un’energia e una forza ancora più intensi. Conoscendoli si comprende che il futuro dell’Africa è lì, in queste donne e uomini che hanno abbracciato il Sutra del Loto e si sono alzati da soli. Insieme con loro lo faranno tanti altri. Il presidente Ikeda ne è sicuro. La sua Proposta di pace 2008, nella parte dedicata all’Africa, è quasi un inno alla fiducia e al coraggio. Egli commenta: «Oggi le nazioni africane […] stanno liberando le loro potenzialità e affrontando le sfide comuni. Credo che siamo di fronte a un’impresa di grandissima portata». Analizzando sia le svolte politiche, che i gravi problemi che hanno afflitto e affliggono ancora il continente, Ikeda non indulge in giudizi negativi e pessimisti ma, ancora una volta, dà valore alle positive iniziative in corso e sollecita l’impegno per le giovani generazioni. «Vorrei avanzare la proposta di creare una rete di e per i giovani, che faciliti gli scambi fra i giovani dell’Africa, del Giappone e di tutti i paesi del mondo, e che serva da piattaforma comune per far fronte alle sfide che interessano non solo l’Africa ma il mondo intero». I giovani del continente africano che hanno cominciato a praticare il Buddismo di Nichiren sono pieni di entusiasmo e sicuramente avrebbero grande gioia a intrecciare legami con i loro compagni di fede europei e di tutti i continenti. Quanto sarebbe meraviglioso creare, come suggerisce Ikeda, una rete di contatti costanti nello spirito di itai doshin e come sarebbe interessante per tutti se a farlo contribuissero i giovani praticanti di tutto il mondo!
«Ora è il momento che la gioventù prenda piena responsabilità, aprendo coraggiosamente la via per il trionfo della gente» (D. Ikeda, Giorno per giorno, esperia, 18 gennaio). Ecco, è proprio questo che sensei ci invita sempre a fare: trionfare da persone comuni. Sono queste, le persone comuni, che ho incontrato in Africa. A loro è affidata una grande missione, capovolgere le sorti di un continente costruendo «un’alleanza di individui che lavorano per la felicità di tutti» (D. Ikeda, I protagonisti del ventunesimo secolo – Dialoghi con i giovani/1, esperia, pag. 285). Questo, ci ricorda Ikeda, è lo spirito di kosen-rufu. Questa è anche la missione di ognuno di noi. Il Buddismo di Nichiren è un linguaggio universale che arriva dritto al cuore. Ciò che esiste nel cuore di tutte le persone che ho incontrato durante i mesi trascorsi in Africa è una grande energia, tanta da non poter fermare la forza della vita. In Africa senti profondamente che questa forza attraversa tutti gli esseri viventi e la travolgente natura, creando una serie di fili invisibili e indissolubili, da cui sgorga quella tendenza positiva che consente all’umanità di superare qualsiasi ostacolo, qualsiasi orrore, qualsiasi tentativo di far prevalere l’oscurità fondamentale. Ikeda ce lo lascia capire: l’Africa non è lontana, è nel cuore di tutti noi.

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SGI in Africa / Ghana
I semi del Buddismo di Nichiren Daishonin in Ghana furono piantati negli anni Sessanta. Un membro giapponese arrivò in questo paese per lavorare a un programma di assistenza tecnica che impegnava i governi di Ghana e Giappone e nella sua casa si tenevano le attività dei primi membri cui aveva fatto shakubuku. Ci sono voluti molti anni per realizzare un Centro culturale, ma anche i giovani che oggi hanno iniziato a recitare Daimoku sanno che la prima pietra fu posta grazie a una donazione fatta dal presidente Ikeda nel 1975. Negli anni in cui la situazione politica ed economica del paese è stata più dura, il presidente Ikeda ha incoraggiato i membri affermando che questi loro sforzi avrebbero incrementato la loro forza vitale per combattere le sofferenze. Grazie a questa spinta, la sede è stata finalmente inaugurata ad Accra il 1 gennaio 1984.

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SGI in Africa / Sud Africa
Era il 3 maggio 1987 quando per la prima volta un piccolo gruppo di persone, che da qualche anno aveva cominciato a recitare Daimoku in Sud Africa, si incontrò a Johannesburg per una riunione nazionale. Mandela era ancora in prigione, l’apartheid era legge e i princìpi base del Buddismo sembravano delle chimere. I diritti primari erano calpestati e negati sotto gli occhi della comunità internazionale. Come poteva una religione cambiare tutto questo? Eppure in tanti ci hanno creduto e hanno portato nelle loro case, bianchi e neri uniti fin dall’inizio, un nuovo progetto di vita. La Soka Gakkai in Sud Africa è nata così e ancora oggi è punto di riferimento anche per altri paesi africani che non hanno ancora il loro Centro culturale. L’indirizzo è: Fearnhead Park, Corner of Wells Avenue, Blandford Road Parkview, Johannesburg. Oggi in Sud Africa si contano quattrocento membri tra Johannesburg, Durban e Cape Town. Gli incontri di discussione sono un momento di scambio ampio e complesso: ben undici le differenti lingue e dialetti locali rappresentati nei gruppi. Uno stimolo per tutte le attività che la SGI-SA ha organizzato, come la mostra sulle figure di Daisaku Ikeda, Martin Luther King e Mahatma Gandhi o quella sulla Carta della Terra vincitrice di un premio internazionale. Per saperne di più www.sgi-sa.org.za.

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SGI in Africa / Costa d’Avorio
Trasformare il veleno in medicina è il principio buddista che, sopra ogni altro, anima i membri della Costa d’Avorio. L’ultimo conflitto civile scoppiato nel 2002 ha fatto migliaia di vittime, rifugiati e ha incrementato il triste fenomeno dei bambini soldato. I membri della Soka Gakkai hanno dunque rivolto tutti i loro sforzi a diffondere il messaggio rivoluzionario di Nichiren Daishonin, sia riunendosi periodicamente per recitare Daimoku per la pace, sia fornendo il loro contributo per assistere orfani di guerra, madri e intere comunità rimaste senza nulla. Più volte il presidente Ikeda ha rivolto parole di incoraggiamento ai praticanti ivoriani per le loro attività nel sociale. I gruppi Soka della Costa d’Avorio sono impegnati sia nel campo dell’educazione, dove diffondono i princìpi della creazione di valore di Tsunesaburo Makiguchi, sia nel campo del soccorso medico, sia in quello del dialogo interreligioso. Il primo settore in Costa d’Avorio fu formato nel 1983 e contava trenta membri. Oggi i praticanti nel paese sono oltre undicimila. La SGI-Côte d’Ivoire ha istituito qualche anno fa un premio intitolato a Daisaku Ikeda. Il primo riconoscimento è stato assegnato all’Associazione degli scrittori della Costa d’Avorio, per aver contribuito alla promozione della pace attraverso la cultura e l’educazione.

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