Vi ringrazio per l’attività quotidiana che state facendo e non mi riferisco solo all’attività buddista, ma alla vostra vita intera. Il nostro compito principale è trasmettere la Legge mistica a tutte le persone che incontriamo e per farlo dobbiamo vivere in mezzo agli altri. Tutta la vita quotidiana quindi, attimo dopo attimo, è attività: dovremmo sempre vivere da buddisti. Il nostro stile di vita dovrebbe essere coerente: non ci si può comportare in un modo con gli amici e in un altro con i membri. Il Buddismo insegna a vedere un Budda potenziale in ogni persona. L’undicesimo capitolo del Sutra del Loto, L’apparizione della Torre Preziosa, in giapponese si chiama Ken hoto; ken significa “vedere”: vedere la Torre Preziosa in noi stessi e negli altri.
Vorrei ora riflettere con voi su alcuni aspetti della nostra l’organizzazione. Il presidente Toda diceva che la Soka Gakkai era più importante della sua stessa vita: il motivo è che essa svolge l’azione del Budda, ha lo scopo cioè di realizzare kosen-rufu. Di conseguenza, nella nostra organizzazione, la responsabilità nasce da una necessità: i responsabili esistono solo perché ci sono dei membri di cui prendersi cura e il loro compito consiste semplicemente nel sostenere i membri, aiutarli a praticare, mostrare con il loro esempio la grandezza dell’insegnamento. Insegnare il Buddismo è un compito che spetta soltanto al maestro: noi, responsabili e membri, siamo tutti discepoli, e siamo tutti allo stesso livello. Un responsabile deve indirizzare i membri verso il Gohonzon, non verso se stesso, e non è suo compito dire agli altri cosa devono fare. Gli unici punti di riferimento sono gli scritti del Budda originale Nichiren Daishonin e le guide dei tre presidenti Makiguchi, Toda e Ikeda, ricordando sempre che ogni situazione si affronta con il Daimoku e non con tecniche di altro genere.
Quando ci si assume una responsabilità, è necessario portarla avanti a tutti i costi: essa non è un titolo e non rappresenta un esercizio di potere, ma un’occasione di crescita. In Giappone si è sempre usato il metodo di “collegare due livelli”: il responsabile di gruppo dovrebbe far conoscere i membri ai responsabili di settore; in altre parole dovrebbe utilizzare l’esperienza dei responsabili di settore per aiutare i membri. Ad esempio, andando insieme a trovarli a casa per recitare Daimoku e leggere insieme il Gosho o gli scritti dei nostri presidenti.
L’attività buddista è recitare Daimoku, trasmetterlo a chi non lo conosce e studiare il Buddismo. “Recitare Daimoku”, secondo il Daishonin, significa recitare Nam-myoho-renge-kyo e insegnarlo agli altri. Pensiamolo così ogni volta che usiamo la frase “recitare Daimoku”. Le riunioni quindi, partendo da questo punto di vista, servono solo per organizzare l’attività per kosen-rufu e non devono essere fini a se stesse.
Ogni persona poi ha un suo valore, un suo talento, quindi dobbiamo andare avanti sulla strada per kosen-rufu insieme a tutti gli altri: dobbiamo dialogare, scambiarci le opinioni. Spesso si sente parlare di “correggere” gli altri, ma il Buddismo non insegna questo comportamento: non dobbiamo cercare di “correggere” gli altri, o crederci capaci di farlo. Prima di tutto devo migliorare me stesso: posso ispirare gli altri solo con il mio esempio, non con le parole. Se bastassero le parole sarebbe tutto molto facile. È inutile dire “quel membro pratica male”, meglio che mi sforzi io di praticare bene. Cerchiamo di non entrare nell’ottica di voler cambiare gli altri, ma di cambiare prima di tutto noi stessi. Non bisogna dimenticare questa semplice verità espressa nella prefazione della Rivoluzione umana: «La rivoluzione umana di un singolo individuo contribuirà al cambiamento nel destino di una nazione e condurrà infine a un cambiamento del destino di tutta l’umanità».
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