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La vera entità della vita - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 11:37

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La vera entità della vita

Shoho Jisso Sho
Gosho Zenshu pag. 1358
Gli scritti di Nichiren Daishonin vol. 4 pag. 229

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Shoho Jisso Sho
Gosho Zenshu pag. 1358
Gli scritti di Nichiren Daishonin vol. 4 pag. 229

brano scelto

Credi nel Gohonzon, il supremo oggetto di culto del mondo. Rafforza costantemente la tua fede e ricevi la protezione di Shakyamuni, di Taho e dei tre Budda. Esercitati nelle due vie della pratica e dello studio. Senza pratica e studio, non può esservi Buddismo. Devi non solo perseverare tu, ma anche insegnare agli altri. Sia la pratica che lo studio devono sorgere dalla fede. Insegna agli altri come meglio puoi, anche una sola frase o una sola parola.
Nam-myoho-renge-kyo, Nam-myoho-renge-kyo.

Con profondo rispetto,
Nichiren

Cenni storici

Questo Gosho è stato scritto il 17 maggio 1273, un mese dopo che il Daishonin aveva concluso Il vero oggetto di culto. Il destinatario, Sairen-bo Nichijo, era un prete della setta Tendai, anche lui esiliato a Sado per motivi sconosciuti. Si pensa che sia diventato seguace del Daishonin all’inizio del 1272 dopo il dibattito di Tsukahara. Non sappiamo molto di lui, ma dal contenuto di numerosi Gosho, possiamo arguire che doveva essere debole di salute e che aveva una straordinaria comprensione del Buddismo.

Spiegazione

COME STUDIARE?
Ci sono tre modi di leggere il Gosho o di studiare il Buddismo: attraverso il testo, i principi o l’intento. Questi tre aspetti, o chiavi di lettura, determinano la comprensione di ciò che il maestro vuole trasmettere e quindi il senso reale della filosofia buddista: perché questo emerga è sempre necessario che il Daimoku aiuti la comprensione a fondersi con la fede. L’effetto concreto nella vita di ciò che si sta leggendo o studiando sarà diverso a seconda di quale di questi tre aspetti vengano usati e sviluppati. Si dovrebbe sempre cercare di comprendere l’intento del maestro, e cioè fare proprio il volere del Budda.
Studiare attraverso il testo può essere soltanto il primo passo. Rimanere attaccati o intrappolati al significato letterale significa però fermarsi a una comprensione superficiale del Buddismo, che non porta grandi risultati, né alla vita individuale né per kosen-rufu. Anche la lettura del Gosho attraverso i principi – lo studio intellettuale del Buddismo – non porta grandi benefici: in questo modo l’essere umano rimane incapace di raggiungere la vera Illuminazione. Comprendere soltanto i principi è tipico dello stato vitale del mondo di Studio. Certo, è uno dei mondi nobili ma, come insegna il Sutra del Loto, gli uomini di Studio devono comportarsi come bodhisattva per raggiungere la Buddità. Quindi è di vitale importanza far proprio il volere del Budda: utilizzare il mondo di Studio che ricerca la Buddità. Solo così si può comprendere il significato racchiuso nel testo e la vera applicazione del principio, per la felicità di se stessi e degli altri.
Anche Nichiren Daishonin ha fatto la stessa cosa studiando il Buddismo di Shakyamuni, e così Tsunesaburo Makiguchi, uno dei pochi, durante la Seconda guerra mondiale, a comprendere il voto di Nichiren. Fermarsi al testo, applicare i principi senza parteciparne, o almeno ricercarne, l’intento, porta a una chiave di lettura della propria vita, delle difficoltà e degli altri che non riesce a trasformarsi in progetto e, quindi, a creare valore.

LEZIONI GOFFE, INGEGNOSE E MAGISTRALI
Anche quando c’è il desiderio di comprendere l’intento, si passa attraverso l’aspetto del testo e dei principi. Come quando si studia per una riunione.
A una prima lettura può sembrare che niente sia chiaro, che il maestro sia ripetitivo e che tra quelle righe non vi sia niente di nuovo. Con uno studio più attento emergono i principi, le connessioni, il ragionamento e, anche, la preoccupazione di poter spiegare correttamente il contenuto. Si pensa poi che occorra essere intelligenti per poter incoraggiare le persone. Si arriva perfino a dubitare delle proprie capacità. A quel punto è utile invertire la rotta. Allora attraverso lo sforzo, lo spirito di non lesinare la propria vita, si prosegue nella ricerca e si arriva a comprendere il vero significato, l’intento del maestro. A quel punto tutto diventa facile e spontaneo.
Non occorre essere professori per incoraggiare le persone e tenere delle riunioni magistrali. Quante volte, durante le riunioni di discussione, capita di ascoltare la voce di una persona di modesta cultura che, attraverso la sincerità e la propria esperienza di vita, spiega perfettamente e con grande profondità un principio buddista, e riporta tutto su un piano reale.
Daisaku Ikeda era molto colpito dalle lezioni del suo maestro Josei Toda: «Ricordo che pensavo: ci sono tre tipi di lezioni, goffe, ingegnose e magistrali. Quelle di Toda appartenevano al terzo tipo. Come discepolo del presidente Toda, anch’io mi sono esercitato a tenere lezioni sul Gosho e a sforzarmi di trasmettere la grandezza del Buddismo del Daishonin al maggior numero possibile di persone» (Buddismo e Società, n. 106, pag. 39).
Le prime lezioni, quelle goffe, rappresentano il risultato di uno studio che si è fermato al testo: non è certo lo spirito di “non lesinare la propria vita”. Il secondo tipo, quelle ingegnose, probabilmente hanno alla base un buon livello di studio e uno sforzo; però si limitano ai principi. Il loro effetto si ferma all’applauso finale: con il passare dei giorni non rimane traccia nel cuore, soprattutto di chi le ha preparate. La lezione magistrale nasce quando una persona si assume la responsabilità di portare avanti il volere del Budda, di intraprendere il ruolo del maestro, del genitore e del sovrano, insegnando, proteggendo e amando le persone e ogni forma di vita. Ciò è possibile solo se lo studio ha alla base una ricerca finalizzata a comprendere l’intento, l’autentico messaggio del maestro. Questo genera un profondo cambiamento nella vita di chi parla e di chi ascolta. I benefici che emergono da uno studio profondo sono immensi.

MAESTRO E DISCEPOLO: DUE MA NON DUE
Le capacità sono utili per tenere delle lezioni ingegnose o per spiegare in maniera “ingegnosa” il Buddismo o un principio. Ma per toccare davvero il cuore di chi sta di fronte è necessario comprendere il cuore coraggioso del maestro e la teoria che a lui deriva dalla pratica, poi condividerla e trasformarla in azione. È per questo che tutti, senza eccezione, possono insegnare il Buddismo. Insegnare agli altri come meglio si può significa decidere profondamente di adempiere al nostro voto, confermarlo mattina e sera e non romperlo mai, qualunque cosa accada. Studiare porta a comprendere il “ruggito” di verità e giustizia del Daishonin, che permette di sconfiggere il potere negativo insito nella vita umana, significa vivere il rapporto maestro-discepolo come “due ma non due”, cioè due individui con un unico obiettivo: la pace nel mondo attraverso la propagazione del Buddismo.
La Soka Gakkai suggerisce di studiare circa venti minuti al giorno: anche in questo caso, occorre comprenderne l’intento. Spesso accade invece il contrario, e non solo nello studio. Le persone talvolta soffrono, considerando il consiglio come una regola, dimenticando che il Buddismo del Daishonin è il Buddismo della Via di mezzo, che trasforma armoniosamente gli opposti. È il Buddismo della libertà individuale che ricerca la Buddità e non quello delle regole imposte, non è dogmatismo e tanto meno fanatismo. Tutto dipende da come si vive una difficoltà, se ci si lascia influenzare o si costruisce valore nell’affrontarla come un’occasione per vincere su illusioni e attaccamenti. Questo è l’obiettivo: la costruzione del valore che è il bene. Il percorso da compiere per arrivarci fa parte della sfida e della decisione individuale.
Non ci si può affidare alle regole, si rischia di confondere il fine con il mezzo. Le regole sono fatte dagli esseri umani e la storia insegna che chi esercita il potere attraverso di esse, giudica le persone sulla base delle regole stesse. Così facendo nega l’umanità, che è il cuore prezioso della vita individuale, e porta le persone ad avere solo regole come riferimento.
Studiare il Gosho è importante, perché negli scritti del Daishonin possiamo trovare la soluzione a tutti i problemi; insieme alle guide dei tre presidenti permette di superare le difficoltà affrontandole nel modo corretto e indirizzando la vita verso la felicità assoluta. Il Gosho è proprio come una bussola: seguendone l’intento si percorre la rotta per la Buddità, che è qui e adesso.

Credi nel Gohonzon, il supremo oggetto di culto del mondo. Rafforza costantemente la tua fede e ricevi la protezione di Shakyamuni, di Taho e dei tre Budda.

Comprendendo l’intento del Daishonin si comprende che ogni essere umano è un Budda. A volte invece ci si ferma al superficiale o ai principi, interpretando in modo errato la dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita. Così facendo si perde il fondamentale obiettivo del Daishonin: fare in modo che ogni persona possa risvegliarsi alla Legge fondamentale della propria vita e far emergere la Buddità che ha innata. È quello spirito straordinario che consente di vedere l’eterno e l’assoluto negli esseri umani, e di desiderare che le loro vite possano risplendere.
Incontrando una persona, si crede davvero che sia un Budda e, nonostante il suo attuale comportamento, si nutre per lui/lei un profondo rispetto? Si è convinti che a un livello più profondo tutti i principi del Buddismo «dimostrino che tutti gli esseri viventi sono entità che originariamente cercano di manifestare la loro eterna Buddità e intraprendano l’incessante pratica del bodhisattva e che nella loro più intima essenza, tutti senza eccezione desideriamo ardentemente la propria felicità e quella degli altri»? (Daisaku Ikeda, in Buddismo e Società, n. 109, pag. 38). Questo sentimento umano è nel cuore, nella vita, guida la mente o lo si considera solo un punto di vista e non l’unico modo di avere relazioni con gli altri?

Esercitati nelle due vie della pratica e dello studio.

È anche il patrimonio di esperienze della Soka Gakkai che porta ad affermare l’importanza dello studio. La nostra organizzazione sa quanto una conoscenza superficiale del Buddismo porti sofferenza e allontani dal Gohonzon e da kosen-rufu. Durante la Seconda guerra mondiale quasi tutti i membri abbandonarono la fede a causa delle pressioni del governo. In realtà, la vera causa fu l’ignoranza dei principi buddisti e l’assenza di una vera sfida nello studio.
Da allora i membri della SGI affrontano l’approfondimento del Buddismo come uno sportivo si allena per migliorare la propria tecnica, cioè attraverso la rivoluzione umana; il loro atteggiamento è in armonia con lo spirito del Daishonin, che esorta ad “abbandonare il superficiale e ricercare il profondo”. Può essere difficile o amaro, ma si può comunque ripartire ogni giorno e studiare il Gosho in maniera approfondita, incidendo nella vita le profonde frasi del Buddismo e mettendo in pratica la sua grande filosofia.
Nella prefazione alla lezione sul Gosho L’apertura degli occhi, Ikeda scrive: «La religione è il pilastro dell’umanità. La filosofia è la spina dorsale della vita. La Soka Gakkai è avanzata basandosi sulla forza dei suoi membri, una forza generata dallo studio delle dottrine buddiste, impegno che può essere paragonato al rigoroso addestramento di un abile schermidore. I membri di tutto il mondo hanno approfondito la loro comprensione della fede, della pratica e dello studio, hanno rinvigorito il proprio coraggio e hanno vinto le loro battaglie per kosen-rufu aprendo le pagine del Gosho – cioè degli scritti di Nichiren Daishonin – con lo spirito di ricevere consigli e istruzioni direttamente dallo stesso Nichiren. Se avanziamo con il Gosho come nostro fondamento non ci troveremo mai a un punto morto» (Buddismo e Società, n. 106, pag. 38).
Emanciparsi dalle proprie tendenze karmiche negative, diventare persone che sostengono gli altri è un “amaro ma inevitabile destino” che dà un’immensa gioia… Studiando si può sostenere la vita propria e degli altri. Grazie anche allo studio si può costruire un ponte forte e bello, che le persone possono attraversare per andare al lavoro, in vacanza, ma soprattutto per raggiungere la propria Buddità.
La realizzazione di un’opera così importante richiede tempo e dedizione, e poi attenzione, conoscenza, lotta e compassione. Non è possibile delegare ad altri la costruzione della propria vita, così come non è possibile diventare grandi architetti dell’esistenza se non si conoscono le leggi che regolano gli stati vitali. Scrivere una storia piena di felicità, riempire il libro della vita con pagine bagnate di lacrime di gioia vuol dire affidarsi alle indicazioni del Buddismo, attingere direttamente dal Gosho e dagli scritti di Ikeda. Andare di persona a incontrare il Budda utilizzando la lettura delle sue parole ricercandone l’intento profondo. Solo così si affrontano nel modo corretto le avversità e si trasforma il veleno in medicina e i desideri terreni in Illuminazione.

Senza pratica e studio, non può esservi Buddismo.

Lo studio del Buddismo rappresenta un aspetto primario della pratica. «Ma per ripagare questi grandi debiti deve assolutamente studiare a fondo la Legge buddista e diventare un saggio. Se un gruppo di ciechi è guidato da un uomo cieco dalla nascita, non potrà attraversare ponti o fiumi. Come può una nave guidata da uno che non conosce la direzione dei venti, condurre i mercanti alla montagna dei tesori?» (SND, 2, 116).
Il Gosho è la mappa buddista per l’Ultimo giorno della Legge, è la cronaca dell’accanita battaglia condotta dal Daishonin nel corso della vita. Per realizzare la sua missione ha dovuto sopportare grandi persecuzioni, ma ha lasciato ai popoli di questa terra un immenso insegnamento. Il Gosho racchiude il suo spirito, le sue azioni, i suoi insegnamenti. Per questo si deve leggere come la scrittura per l’Ultimo giorno della Legge. Il Gosho è un insegnamento che racconta del cuore.
Lo studio può nascere da capacità e curiosità innate, ma è quello legato allo sforzo e all’impegno e all’esempio di un mèntore che offre le maggiori opportunità. Ripetere la sfida nello studio produce incisività e capacità di comprendere e determina il corso della vita. Lo studio rafforza le basi della nostra pratica quotidiana creando un circolo virtuoso di comprensione-saggezza-azione-consapevolezza, sempre più in profondità. L’atteggiamento di una persona coraggiosa consiste nell’avanzare dal superficiale al profondo, con una grande filosofia e verso un obiettivo sempre più chiaro. Il Buddismo è un insegnamento che va oltre il regno secolare, trascende le distinzioni apparenti e cerca direttamente la verità della vita: ciascuno può così osservare la propria mente e vedere prima di tutto l’essere umano in ogni persona.
La società degli esseri umani vista con l’”occhio del Buddismo” assume un senso diverso da quella osservata con l’”occhio secolare”: i potenti non sono più al di sopra e le persone comuni al di sotto, la posizione sociale non rende grandi e il potere non nobilita. Chi emerge su tutti è chi si dedica totalmente a un ideale nobile.
«Cercare di nutrire sempre pensieri elevati e disdegnare la superficialità. Questa, in genere, è la maniera più facile per superare tutti i problemi e le preoccupazioni della vita»: sono parole del pedagogista svizzero Carl Hilty (1833-1909). Quando si vive per grandi ideali si riesce a godere di una condizione interiore tanto elevata da osservare con calma e misura tutti i problemi e le preoccupazioni, le difficoltà e i dolori. E questo è il sentiero per la felicità che ha indicato il Daishonin. Lo studio permette di imprimere dinamicità alla vita personale. Avanzare con il Gosho come fondamento evita di arenarsi. Lo spirito di ricerca fa emergere benefici nella nostra vita.
«Anche se sono una persona di scarsa abilità, mi sono riverentemente dedicato allo studio del Mahayana. Una mosca blu, se si posa sulla coda di un buon cavallo, può viaggiare diecimila miglia, e la verde edera che si abbarbica intorno al possente pino può crescere fino a mille piedi». Questo insegna il Daishonin nel Rissho ankoku ron (Adottare la dottrina corretta per la pace del paese).

Devi non solo perseverare tu, ma anche insegnare agli altri.

Insegnare agli altri è il nobile scopo dello studio. Il vero spirito dell’educazione è la liberazione totale dell’essere umano.
Scrive Makiguchi: «È una grande fortuna e un onore per me poter dichiarare che il sistema ideale di educazione creativa si trova nel Sutra del Loto; ne sono convinto e non esito a proclamare al Giappone e al mondo intero che non è possibile alcuna vera riforma educativa che non sia basata sull’insegnamento del Sutra del Loto». La sua ricerca sull’educazione per la felicità umana era approdata, dopo un’intera vita, al Sutra del Loto. Egli desiderava realizzare quell’ideale già affermato da Johann Heirich Pestalozzi (1746-1827): «Tutto ciò che ha il potere di dare la vera felicità al genere umano non è un prodotto dell’ingegno o del caso. Sono tutte cose che esistono nell’uomo insieme alle varie potenzialità latenti della natura umana. Farle emergere e coltivarle è un’esigenza del genere umano».
Makiguchi era arrivato alla conclusione che la rivoluzione dell’educazione doveva passare attraverso una rivoluzione religiosa basata sul Sutra del Loto, dato che l’educazione è uno dei mezzi che la vita umana possiede per far emergere la propria umanità, nasce con l’essere umano e rappresenta la sua attività fondamentale. Per questo la relazione di maestro e discepolo è basilare.
L’educazione umana e il Buddismo sono profondamente legati. Ecco perché, partendo dall’educazione, Makiguchi arrivò al Sutra del Loto e perché Ikeda basandosi sul Sutra del Loto, sta promovendo un movimento per l’educazione e la cultura.
Il Buddismo può essere considerato un movimento autoeducativo, che mira a risvegliare la propria natura di Budda e che, nello stesso tempo, fa emergere la saggezza che consente di aiutare gli altri a manifestare la loro Buddità.

Sia la pratica che lo studio devono sorgere dalla fede.

In cosa si crede quando si ha fede? Cosa significa avere fede?
«La fede nella Legge mistica, insieme alle preghiere e alle azioni basate su questa fede, è la chiave per trasformare lo stato vitale dei nove mondi – caratterizzato dai desideri terreni, dal karma e dalla sofferenza – nello stato vitale della Buddità. Il Sutra del Loto parla del Bodhisattva Mai Sprezzante che, pur restando una persona comune, fu capace di trasformare il proprio karma, di ottenere il beneficio della purificazione dei sei organi di senso e di conseguire infine l’Illuminazione. Tutto questo fu il risultato della sua fede incrollabile nella natura di Budda intrinseca tanto nella sua vita quanto nella vita di tutti gli esseri umani e dell’aver continuato, grazie a questa fede, a trattare gli altri con assoluto rispetto», scrive Ikeda (Buddismo e Società, n. 108, pag. 35).
Avere una fede forte e pura nella propria Buddità, e in quella degli altri, vuol dire superare l’illusione fondamentale o ignoranza innata della vita. Pregare con profondità e sincerità fa scaturire la forza vitale della Buddità in questa vita. Stabilendo la pratica concreta di Nam-myoho-renge-kyo, il Daishonin ha fornito il mezzo per realizzare in pratica il mutuo possesso dei dieci mondi.

Insegna agli altri come meglio puoi, anche una sola frase o una sola parola.

Insegnare agli altri al meglio delle proprie possibilità, questa è la nobile missione, il motivo per cui si studia. Nell’Apertura degli occhi il Daishonin scrive: «D’altronde sono pienamente consapevole che se non parlo apertamente, manco di compassione. Ho riflettuto su quale strada prendere alla luce degli insegnamenti del Sutra del Loto e del Nirvana. Se rimango in silenzio, posso evitare problemi in questa vita, ma nella prossima cadrò sicuramente nell’inferno della sofferenza incessante. Se parlo, sono pienamente consapevole che dovrò lottare contro i tre ostacoli e i quattro demoni. Ma di queste due strade, quella da scegliere è sicuramente la seconda… Queste azioni non sono difficili, ci viene detto, se paragonate alla difficoltà di abbracciare anche una sola frase o verso del Sutra del Loto nell’Ultimo giorno della Legge. Tuttavia, feci il voto di risvegliare in me un potente desiderio dell’Illuminazione e di non distogliermi mai dalla meta».
Il sutra afferma chiaramente che si dovrebbe usare la parola per condurre gli altri all’Illuminazione. È fondamentale rinnovare il grande voto di vincere la battaglia contro le funzioni “demoniache”: pigrizia, paura, egoismo, superficialità e non assunzione di responsabilità. La battaglia per trasformare il modo di sentire è un compito difficile, ma è fonte di orgoglio seguire la stessa nobile strada aperta dal Daishonin e proseguita oggi da Daisaku Ikeda.

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