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La ventisettesima puntata del podcast Impariamo da La nuova rivoluzione umana - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 07:54

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La ventisettesima puntata del podcast Impariamo da La nuova rivoluzione umana

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Impariamo da La nuova rivoluzione umana” è un podcast de Il Nuovo Rinascimento.
Con le puntate di questo podcast ripercorreremo tutti i trenta volumi che compongono l’opera.
Online la ventisettesima puntata del podcast che parla del ventiseiesimo volume de La nuova rivoluzione umana, a cura di Marianna Cané e Simone Chiomenti.
Musica e montaggio a cura di Massimiliano Mascaro e Francesco Mancuso.


Marianna: Bentrovati a questa nuova puntata! Ciao a tutti da Marianna!

Simone: E da Simone! Il tema di oggi è il ventiseiesimo volume del romanzo scritto dal nostro maestro Daisaku Ikeda, La nuova rivoluzione umana. Ci stiamo avvicinando alla fine di questo viaggio, dopo questo mancano solo quattro volumi.

Marianna: Quello di cui tratteremo oggi, il numero 26 appunto, è incentrato sul ruolo dei discepoli. Infatti potremmo rinominarlo idealmente con la frase “Tutto dipende dai discepoli”. Tra i punti principali che il maestro Ikeda vuole sottolineare c’è proprio l’unità e la coesione all’interno dell’organizzazione e l’importanza della crescita personale.

Simone: Questo volume si apre con il ricordo di un momento storico: la visita di Shin’ichi Yamamoto, pseudonimo di Ikeda nel romanzo, nel settembre del 1977, al villaggio di Atsuta, in Hokkaido, dove era nato il suo maestro e secondo presidente della Soka Gakkai, Josei Toda. La Gakkai aveva appena edificato in suo onore il Toda Memorial Cemetery Park, e Shin’ichi era andato lì per partecipare alla cerimonia di apertura che si sarebbe svolta il 2 ottobre.

Marianna: L’idea di creare un parco cimiteriale era nata da un’osservazione fatta una volta proprio dal presidente Toda al giovane Ikeda. Gli disse: «Non sarebbe meraviglioso se ci fosse un posto in cui poter riposare in pace assieme ai nostri compagni, una volta terminato di lottare?» Alla luce del principio buddista di non dualità di vita e morte queste parole esprimevano la determinazione del maestro Toda di «rinascere e, ancora una volta, lottare assieme ai suoi compagni per kosen-rufu». Da questa prospettiva, quindi, il parco cimiteriale può essere considerato il simbolo dell’eterno viaggio di kosen-rufu, di maestro e discepolo.

Simone: Nello stesso anno dell’inaugurazione del Toda Memorial Cemetery Park, il 1977, la Soka Gakkai stava ponendo solide basi per kosen-rufu, ma allo stesso tempo non sapeva che alcuni preti della Nichiren Shoshu stavano tramando per spezzare il legame tra Shin’ichi e i membri. Infatti proprio nel 1977 ci furono numerosi episodi che sfociarono in quella che viene chiamata la “prima questione con il clero”. Il malcontento dei preti era nato qualche anno prima, nel 1972, con l’inizio della seconda fase di kosen-rufu. La Soka Gakkai aveva iniziato a costruire i propri Centri culturali nelle varie comunità locali, segnando un punto di svolta rispetto al passato. Quando si era sempre data la priorità alla costruzione e alla donazione di templi a sostegno del clero della Nichiren Shoshu.

Marianna: Alcuni preti della Nichiren Shoshu pensarono che questi sforzi sinceri della Soka nascondessero la volontà di diventare indipendenti dal clero e così proprio a partire dal 1977 iniziarono a criticare senza sosta la Gakkai. Nonostante ciò, Shin’ichi fece del suo meglio per mantenere relazioni armoniose tra clero e laici. Fu in tale contesto storico che Shin’ichi si rivolse ai partecipanti alla cerimonia di apertura del Toda Memorial Cemetery Park, dicendo: «Miei cari amici, qualsiasi cosa accada non fatevi cogliere di sorpresa, e non abbiate paura. Sarò il vostro riparo e frangiflutti nel mezzo della più feroce delle tempeste».

Simone: Il cuore di Ikeda in quel momento era colmo dell’incrollabile determinazione di proteggere i suoi compagni di fede, a prescindere dagli ostacoli che sarebbero potuti sorgere. Il primo e secondo capitolo del volume “Vessillo della Legge” e “Leader coraggiosi” sono ambientati nel periodo in cui Shin’ichi stava per compiere cinquant’anni, il 2 gennaio del 1978. In queste pagine sono racchiuse le sue riflessioni sul significato di quest’età, una vera e propria pietra miliare nella vita di una persona. Il Daishonin aveva cinquant’anni quando affrontò la persecuzione di Tatsunokuchi e fu esiliato sull’isola di Sado. Richiamando alla mente l’indomito stato vitale che il Daishonin raggiunse in quel momento, e che in seguito avrebbe definito come “abbandonare il transitorio e rivelare l’originale”, in giapponese hosshaku kempon, Shin’ichi «fece il voto solenne e profondo di intraprendere la sfida di abbandonare il transitorio e rivelare l’originale sia nella sua vita che all’interno della Gakkai, a un livello più profondo».

Marianna: E nel terzo capitolo del volume, dal titolo “Leader coraggiosi”, Ikeda va ancora più a fondo: spiega che per noi “abbandonare il transitorio e rivelare l’originale” significa realizzare kosen-rufu, ovvero la felicità di tutte le persone. Questo è il nostro scopo supremo e la nostra missione nella vita, quindi diventa fondamentale portare avanti questa pratica coraggiosa nella vita quotidiana. Ed è proprio per questo che il ruolo dell’organizzazione diventa molto importante nella crescita personale dei discepoli. Alla riunione dei responsabili di centro che si tenne a Capodanno del 1978 fu annunciata una nuova struttura organizzativa incentrata sui capitoli, per la seconda fase di kosen-rufu.

Simone: Fu un nuovo inizio per l’organizzazione poiché questo sistema, basato su aree geografiche, andava a sostituire il precedente sistema di tipo “verticale”. Alla luce di questa nuova organizzazione e del fatto che le attività della Soka Gakkai avrebbero avuto luogo in contesti sempre più vari, Shin’ichi sottolineò: «Quanto più ciò accadrà, tanto più dovremo rimanere ancorati alle basi della pratica». E così diede tre linee guida riguardanti le azioni fondamentali di un responsabile. La prima è dare la priorità alle guide personali, leggo le sue parole: «Credo che attualmente il rapporto tra le guide ricevute durante le riunioni e le guide ricevute personalmente sia pari a otto su due. Ma se ci poniamo come obiettivo il ribaltamento di questa proporzione, riusciremo a far emergere molti più individui capaci e a rafforzare la nostra organizzazione. Soprattutto, siete voi a dover crescere come responsabili».

Marianna: La seconda linea guida è fare in modo che lo “spirito di shakubuku”, ossia il desiderio di condividere il Buddismo del Daishonin con gli altri, risplenda in tutta l’organizzazione. Shin’ichi desiderava che i responsabili di capitolo di tutti e quattro i Gruppi «si mettessero in prima linea nelle attività, con il suo stesso spirito». Infine la terza linea guida è considerare ogni capitolo come se fosse la sede centrale della Soka Gakkai nella propria comunità locale, e promuovere gli insegnamenti del Buddismo nella propria zona con questa consapevolezza. Secondo Shin’ichi, il capitolo aveva le stesse responsabilità e la stessa missione della sede centrale.

Simone: In questi ultimi anni, con la pandemia, sono cambiate molto le modalità delle nostre riunioni e anche degli incoraggiamenti, e questo sta contribuendo ad accelerare la diffusione di una nuova “marea di kosen-rufu” in tutto il pianeta. È importante che il nostro movimento si adatti sempre ai tempi che cambiano, ma lo spirito fondamentale delle nostre attività non deve mai cambiare. Ora, in questo momento così critico, è più vitale che mai studiare lo spirito della Soka Gakkai che Ikeda racchiude nel romanzo, e poi farlo nostro e impegnarci concretamente nelle attività. Nel secondo capitolo del ventiseiesimo volume, “Vessillo della Legge”, è scritto: «Un cambiamento dell’atteggiamento di base delle persone è essenziale per rivitalizzare l’organizzazione e promuovere kosen-rufu nelle nostre comunità».

Marianna: Grazie Simone, proprio come affermano queste parole, l’atteggiamento di base e la determinazione risoluta di un responsabile costituisce la forza trainante del nostro progresso. Mettendo continuamente in pratica queste linee guida indicate dal maestro, possiamo costruire una solida base per aprire una nuova era di kosen-rufu. Passiamo ora all’ultimo dei temi del ventiseiesimo volume: ovvero come sentirsi pienamente realizzati nella fase finale della propria vita. Nel primo capitolo, “Atsuta”, Shin’ichi sottolinea: «La vecchiaia non è semplicemente un periodo di attesa della fine. È invece il momento in cui diamo gli ultimi ritocchi a questa vita e ci prepariamo per la prossima». Nello stesso capitolo, Shin’ichi condivide tre linee guida per realizzare tutto questo, sia nella vita personale che nel gettare le fondamenta di kosen-rufu. Queste tre linee guida sono:

• (uno) partire dalla propria rivoluzione umana,
• (due) diffondere l’amicizia e la fiducia nella propria comunità locale,
• e, l’ultima, trasmettere la fede ai familiari delle generazioni successive.

Simone: Non solo. Nel quarto capitolo di questo volume intitolato “Impetuoso balzo in avanti”, attraverso un resoconto della campagna estiva portata avanti da Shin’ichi nel 1957 possiamo comprendere la sua totale dedizione nel sostenere l’impresa che il suo maestro era determinato a realizzare ovvero trasmettere il Buddismo del Daishonin a settecentocinquantamila famiglie. Nel 1957, il raggiungimento di questo obiettivo sembrava finalmente vicino. Determinato ad assicurare la vittoria del suo maestro, nel mese di agosto Shin’ichi si dedicò con tutto se stesso a incoraggiare i membri, che aumentarono del dieci per cento (più di duecento nuove famiglie) in una sola settimana.

Marianna: Shin’ichi descrisse con queste parole la motivazione che lo animava in quel periodo: «La lotta finale della vita del maestro è fare in modo che i discepoli conseguano grandi vittorie. Come discepoli, pertanto, è importante ottenere prove concrete, in modo tale da poter annunciare al nostro maestro: “Ho trionfato!”. Questa è la non dualità di maestro e discepolo. Grazie a quella decisione, fui in grado di far emergere tutta la mia forza». La vera unità tra maestro e discepolo non si può creare se i discepoli hanno un atteggiamento passivo. Tutto dipende dai discepoli, che «studiano profondamente e interiorizzano le guide del maestro, e realizzano vittorie per la felicità delle persone e per kosen-rufu».

Simone: Incidendo questo spirito nei nostri cuori, impegniamoci a realizzare grandiose vittorie nelle nostre vite! Siamo ai saluti, vi ringraziamo di averci fatto compagnia fin qui e vi diamo appuntamento tra due settimane

Marianna: Sempre con il podcast di Il Nuovo Rinascimento. A presto!

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