«Certo, se non fate alcuno sforzo, i vostri sogni non saranno che semplici fantasie» scrive Daisaku Ikeda. «L’impegno, il duro lavoro, tutto questo è il collegamento tra i vostri sogni e la realtà. Abbracciate i vostri sogni e avanzate fin dove vi conducono»
«Se non vi sforzate, i vostri sogni resteranno soltanto pura fantasia. Lo sforzo e il duro lavoro costruiscono un ponte tra i sogni e la realtà. Coloro che fanno sforzi continui sono sempre pieni di speranza: quella speranza che nasce proprio dagli sforzi continui. Abbracciate i vostri sogni e seguiteli» (D. Ikeda, I protagonisti del XXI secolo, vol. 1, pag. 20).
Dieci anni fa, quando avevo ventun’anni, non sapevo di essere un “protagonista” del ventunesimo secolo. Cominciai a praticare perché provavo insoddisfazione, non sapevo cosa fare della mia vita, pur essendo un giovane pieno di interessi, con una vita tranquilla e senza sofferenze particolari. Diciamo che ero in balia delle circostanze, senza uno scopo, un sogno, un obiettivo preciso da perseguire.
Il Buddismo mi aprì la vita e gli occhi. Iniziai ad ascoltarmi scoprendo una nuova energia fatta di gioia, coraggio e determinazione. Decisi di togliere le maschere che avevo ed essere me stesso al cento per cento. Dopo qualche mese sentii che stavo cambiando, in meglio, e che la mia vita si stava dischiudendo: scoprii di avere anch’io dei sogni nel cassetto.
Innanzitutto, dopo circa quindici anni di calcio a livelli semiprofessionistici decisi di mollare perché soffrivo di attacchi di panico: dopo compresi che stavo soffocando le mie vere aspirazioni. Scoprii la danza e il teatro di cui mi innamorai perdutamente, e nell’arco di pochi mesi cominciai ad appassionarmi così tanto che decisi profondamente di voler fare l’attore per tutta la vita.
Però, ahimè, mi era rimasta una cosa in sospeso: l’università. Ero iscritto alla facoltà di Economia e commercio; recitando Daimoku provai una immensa gratitudine verso i miei genitori che mi avevano sostenuto anche economicamente in questa scelta e prima di iniziare il mio percorso nel teatro decisi di finire ciò che avevo iniziato. In tre anni e mezzo mi laureai decidendo profondamente che quello sarebbe stato il punto di inizio per fare teatro.
Con una pratica forte e profonda e tanta attività come soka-han mi misi alla ricerca di una scuola di teatro nazionale. Dopo varie audizioni e varie delusioni venni preso in una scuola a Bologna dove studiai per un anno il nouveau cirque, una forma di teatro che usa le arti circensi. Anche se il corso andò bene sentivo che non mi bastava perché volevo costruire delle solide basi di teatro e, per questo motivo, decisi di continuare ancora per altri due o tre anni gli studi.
Volevo seguire le parole del presidente Ikeda quando dice che i trent’anni sono fondamentali per porre le basi della propria vita. Ricominciai a fare provini nelle grandi scuole pubbliche ma con risultati negativi. Nonostante il molto Daimoku giornaliero tutto sembrava andare contro le mie aspirazioni, ma la mia preghiera era forte e i miei desideri davanti al Gohonzon sinceri, perciò non lasciai spazio ai dubbi, ai demoni o all’oscurità. Pensai allora alla possibilità di andare in Francia e, nel giro di sei mesi, partii per frequentare un’accademia di teatro. Trovai proprio quella che stavo cercando: una scuola triennale dove avrei imparato mimo, danza, canto, teatro e scherma… in francese naturalmente. Solo che io non conoscevo la lingua!
Ma i sogni non possono attendere. Le occasioni vanno sapute cogliere e io da anni sia spiritualmente che professionalmente mi ero preparato al grande salto. Quindi era il momento. Decisi allora di partire cinque mesi prima che iniziasse la scuola per imparare il francese. Desideravo trovare una famiglia dove appoggiarmi per studiare la lingua nell’attesa che iniziasse la scuola. In capo a un mese mi trasferii a pochi chilometri da Parigi presso una famiglia nella quale restai ospite per tre mesi, occupandomi dei loro due bambini. Fu una grande sfida adattarsi alla nuova vita. Ci furono molti contrasti, che ogni giorno cercavo di trasformare davanti al Gohonzon. Mettendo la fede al centro della mia vita decisi che in tre mesi avrei cambiato la mia relazione con la famiglia. Ci furono momenti duri, di solitudine e malinconia, ma avendo chiaro il mio obiettivo, nessun demone la fece da padrone. Alla fine dei tre mesi riuscii ad avere un rapporto bellissimo con loro, soprattutto con i bambini, che a tutt’oggi, mi adorano. L’inverno, finalmente, si trasformò in primavera.
A ottobre iniziai la scuola. Tre anni intensi, fisicamente e mentalmente dove ogni giorno mi impegnai al meglio sia nella fede che nello studio con il solo scopo di far emergere il mio potenziale. Questa formazione mi ha permesso di fare durante il terzo anno due stage in Italia: uno a Milano presso una scuola che anni prima mi aveva scartato e l’altra a Bologna, dove non avevo mai avuto il coraggio di presentarmi per fare un provino. Tra l’altro, era la prima volta che questa scuola si apriva a creare contatti con una scuola straniera.
Ho recitato molto Daimoku, ho studiato il Gosho e le guide del mio maestro, approfondendo il legame di fede. Finora ho ottenuto risultati impensabili: dopo tre anni sono un artista a tutto tondo, e padroneggio il francese al punto da recitare Shakespeare in questa lingua. Con i miei compagni di corso abbiamo creato una compagnia e abbiamo partecipato a un festival ad Avignone, nell’Isola della Riunione in Africa e ad alcune tournée in Francia.
Il 2010 è stato decisivo: dopo un anno dalla conclusione della scuola ho cominciato a lavorare anche con altre compagnie, facendo spot pubblicitari, cortometraggi e un piccolo ruolo in un film per il cinema francese. Ho dato il meglio di me. Voglio essere il più professionale possibile perché “il Buddismo è uguale alla vita quotidiana” e quindi cerco di dare prova concreta della pratica ogni giorno.
Vivo da cinque anni a Parigi e sono contento di ogni difficoltà che ho vissuto nel corso di questa lunga maratona nella quale, grazie al Buddismo, ho scoperto il mio vero io, infranto barriere e sfidato limiti che mi hanno permesso di assaporare una vittoria impensata.
Dall’inizio di quest’anno riesco a vivere del mio mestiere.
«Porsi degli scopi è il punto di partenza da cui iniziare a costruire la propria vita – scrive ancora il presidente Ikeda. – Sebbene questi possano cambiare mentre procedete, non vuol dire che abbiano meno importanza» (In cammino con i giovani, pag. 71). «Certo, se non fate alcuno sforzo, i vostri sogni non saranno che semplici fantasie. L’impegno, il duro lavoro, tutto questo è il collegamento tra i vostri sogni e la realtà. […] Abbracciate i vostri sogni e avanzate fin dove vi conducono» (ibidem, 69). È quello che è accaduto a me.