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La semplicità che arriva al cuore - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 14:51

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La semplicità che arriva al cuore

Nel 2000, il presidente Ikeda accoglie alla Soka University il professor Henry Indangasi dell’Università di Nairobi. Basandosi sul principio che un buon insegnante deve prima di tutto percepire la natura altrui, il professor Indangasi mostra come la semplicità sia il miglior mezzo di comunicazione e comprensione perché permette di toccare le corde più profonde dell’essere umano

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Nel 2000, il presidente Ikeda accoglie alla Soka University il professor Henry Indangasi dell’Università di Nairobi. Basandosi sul principio che un buon insegnante deve prima di tutto percepire la natura altrui, il professor Indangasi mostra come la semplicità sia il miglior mezzo di comunicazione e comprensione perché permette di toccare le corde più profonde dell’essere umano

A settembre 2006 l’Università Soka, con lo sguardo rivolto al mondo, aveva raggiunto il numero di duecentodiciassette fra professori e relatori in visita provenienti da quattordici paesi. Questi brillanti intelletti sostengono il futuro delle rispettive nazioni, perciò mostrare loro stima e affetto equivale ad avere a cuore il benessere futuro delle terre in cui vivono. I rapporti di amicizia che stiamo creando insieme ci permetteranno in futuro di stabilire un simile legame anche con i loro paesi, contribuendo così a una pace duratura. È con questo spirito che io, in quanto fondatore dell’Università Soka, ho dato il benvenuto, con sincerità e rispetto, a questi eminenti studiosi, che con la loro vasta conoscenza ed esperienza sono stati una sorgente di profonda ispirazione, sia per le nostre facoltà sia per i nostri studenti.
Il professor Henry Indangasi, presidente dell’Associazione scrittori kenioti e docente di lettere presso l’Università di Nairobi, è uno di questi ammirevoli individui. Questo studioso arrivò in Giappone nel 2000 e insegnò all’Università Soka per un solo semestre, lasciando di sé, in quel pur breve periodo, un ricordo indelebile. In molte facoltà dell’Università Soka, infatti, lo consideravano un vero esempio di dedizione agli studenti. Non c’era mai ombra di arroganza nelle sue lezioni, né quell’atteggiamento superiore di certi professori che sembrano concedere le loro conoscenze, più che condividerle. Uno studente ha detto: «Ci ha sempre teso una mano con sincerità, osservandoci attentamente per assicurarsi che mantenessimo vivo l’interesse e l’impegno. Più che tenere una lezione, in classe si comportava come se stesse dialogando con noi studenti».
Questo grande studioso keniota, col suo modo di fare modesto, è davvero l’emblema dell’insegnante che ha il desiderio di imparare insieme ai suoi allievi. Ogni volta che qualcuno lo salutava nel campus, il professore rispondeva sorridendo e prima di ripartire per il suo paese lasciò agli studenti molti regali, in segno di amicizia.
Durante il soggiorno di Indangasi in Giappone, gli chiesi quali erano secondo lui i requisiti di un bravo educatore e lui rispose senza esitazione: «Per essere un bravo educatore bisogna prima di tutto essere un buon essere umano». È verissimo; un buon insegnante è una persona dal carattere caloroso e umano, sincera, compassionevole e premurosa.
Uno studente che aveva frequentato un suo corso ricordava: «Il professor Indangasi parlava sempre con noi come un genitore farebbe coi suoi figli, o un nonno coi suoi nipoti». Questo studente fu così ispirato dal suo atteggiamento che decise di diventare un insegnante e oggi può dire di aver realizzato il suo sogno.
Quando chi insegna tratta i propri studenti con lo stesso amore e lo stesso spirito di sacrificio che mostrerebbe per i suoi figli, gli studenti ricambiano questo affetto, e in più crescono e imparano. Il concetto di educazione umanistica è stato ampiamente dimostrato dal professor Indangasi.
Non sono solo i genitori e gli insegnanti che si dovrebbero prendere cura dei giovani.
Il docente keniota mi raccontò un episodio della sua vita. Nato e cresciuto in una famiglia povera, i suoi genitori non potevano permettersi di pagargli gli studi di scuola superiore, così alcuni parenti, al corrente della situazione, si rivolsero a un suo zio, che era in condizioni più facoltose: «È tuo nipote dopo tutto – gli dissero – porta il tuo stesso cognome. Ha passato gli esami di stato ed è stato scelto per frequentare una delle scuole più prestigiose». Dopo aver sentito questo, lo zio fu felice di finanziare gli studi del nipote. Mi ha molto colpito questa storia di caldo sostegno familiare.
Certamente questo tipo di comportamento non stupisce in Africa, dove la famiglia allargata è molto importante. È anche vero però che, se l’educazione dei figli, il nostro tesoro del futuro, fosse vissuta come un impegno collettivo e questo meraviglioso spirito di alleanza si diffondesse nel mondo, i bambini avrebbero più opportunità di mettere a frutto le loro potenzialità. Se le famiglie, le scuole e le comunità si unissero, mostrando per tutti i bambini lo stesso amore che riservano ai propri figli, le nostre società avrebbero un grande futuro. Questo è il motivo principe che mi ha spinto a dar vita alla Divisione futuro nella Soka Gakkai.
Indangasi mi raccontò anche di un incontro avuto in Giappone con alcuni membri della Soka Gakkai, durante il quale avvertì lo stesso calore umano del suo paese. Un giorno, disse, stava aspettando l’autobus a una fermata vicina all’ingresso del campus dell’Università Soka, quando arrivò una donna con le sue quattro figlie. Cominciarono a chiacchierare e la figlia maggiore, aiutata dalle sorelle, traduceva le parole della madre dal giapponese all’inglese. Indangasi venne così a sapere che erano membri della Soka Gakkai. Quando disse loro che era keniota e che insegnava all’Università Soka, quella famiglia ne fu entusiasta, lo incoraggiarono ripetutamente a fare del suo meglio e gli donarono un cappello come ricordo del loro incontro. Questo gesto scaldò il cuore del professore, facendolo sentire veramente come uno della famiglia.
La globalizzazione è un argomento assai discusso oggigiorno, e sta progredendo rapidamente nell’ambito dell’economia, della tecnologia, dell’informazione e della comunicazione, ma la cosa più importante rimane l’incontro cuore a cuore tra le persone. Mi viene in mente l’idea di cittadinanza globale che il mio maestro Toda, secondo presidente della Soka Gakkai, sosteneva con tanta forza. Se si trascendono le differenze nazionali, etniche e ideologiche, la razza umana è un’unica grande famiglia; solo con questo senso della comunità potrà fiorire una cultura di pace.
Per rispondere a questo grande ideale del mio maestro ho fondato la SGI, che si è assunta il compito di inaugurare un’epoca di vera globalizzazione, nel senso di unire e avvicinare maggiormente le persone fra loro.
Nel maggio del 2000 una delegazione di trentaquattro membri in rappresentanza dei diciannove stati settentrionali della Nigeria venne in visita all’Università Soka. Cominciai il mio discorso all’auditorium principale dell’ateneo ponendo delle domande sulla Nigeria ai membri del pubblico: chiesi quanti abitanti avesse il paese, quale fosse il fiume più importante e quale lo sport più diffuso. Sapendo che il giapponese medio conosce molto poco la Nigeria, feci queste semplici domande con l’intento di creare un po’ di familiarità con questa terra.
Fortunatamente le mie preoccupazioni si rivelarono infondate, molte mani si alzarono dal pubblico e a tutte le mie domande furono date risposte corrette. Citai anche diversi proverbi nigeriani durante il mio discorso: proverbi e modi di dire tradizionali riflettono la cultura di una nazione. Queste espressioni ricche di arguzia e saggezza – acquisita a duro prezzo dalla vita quotidiana – esprimono verità eterne, sono accessibili a tutti e rappresentano uno splendido modo di conoscere un paese e la sua cultura.
Indangasi era presente: mi hanno riferito che il mio discorso gli aveva ricordato la tradizione di letteratura orale nel suo paese, con cui viene trasmessa da una generazione all’altra la storia e la cultura del popolo africano e la saggezza dei suoi antenati. Anche in essa si trovano numerosi proverbi e modi di dire di facile comprensione.
Il fatto che una cosa sia facile da comprendere non significa che sia priva di importanza. Indangasi osservò che semplicità e accessibilità non indicano necessariamente una mancanza di raffinatezza, ma, al contrario, esprimono ciò che è fondamentale, l’essenza delle cose. Le espressioni semplici spesso comunicano il significato più profondo e sono di maggior impatto. Shakyamuni utilizzava abili parabole per presentare concetti buddisti difficili, e Nichiren Daishonin scriveva le sue lettere nella lingua popolare del tempo. L’intento di entrambi questi saggi era di comunicare i loro insegnamenti alle persone comuni.
La dottrina più profonda e meravigliosa resterà incompresa se presentata in un linguaggio oscuro; chi fa questo dimostra soltanto egocentrismo, arroganza e mancanza di compassione. È un insulto nei confronti di coloro a cui si rivolge. Lo spirito della Soka Gakkai è, ed è sempre stato, quello di comunicare in modo che tutti possano capire, cercando continuamente una forma chiara e semplice per presentare il Buddismo del Daishonin alle persone del nostro tempo.
Compassione e saggezza si manifestano proprio nello sforzo di raggiungere davvero il cuore degli altri e questo impegno costante risplende di calda umanità.

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Henry Indangasi

Nato in Kenya nel 1947, è professore di lettere all’Università di Nairobi e presidente sia dell’Associazione degli scrittori kenioti che dell’Associazione di letteratura orale.
Laureatosi presso la facoltà di Lettere dell’Università di Nairobi, Indangasi proseguì i suoi studi post-universitari presso l’Università della California, a Santa Cruz, ottenendo un dottorato in lettere. A metà degli anni ’80 divenne presidente del Dipartimento di Letteratura presso l’Università di Nairobi e, a partire dall’aprile 2000, insegnò all’Università Soka di Tokyo per sei mesi, come professore ospite.
Nel luglio 2000, lo studioso keniota iniziò un dialogo con il presidente della SGI Ikeda su argomenti di vario genere, come ad esempio il fascino della letteratura africana, che furono pubblicati all’interno della serie Sekai no Bungaku wo Kataru (Dialoghi sulla Letteratura mondiale) sulla rivista Ushio, un mensile affiliato alla Soka Gakkai. Inoltre ha curato insieme ad altri il libro Daisaku Ikeda e l’Africa-Riflessioni di scrittori kenioti, pubblicato nel 2001 dall’Università di Nairobi. Indangasi attualmente tiene un corso speciale sugli scritti del presidente della SGI presso l’università keniota.

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