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La rivoluzione dello spirito - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:55

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La rivoluzione dello spirito

Quando Jon Miller sentì spiegare da un professore all’università che la «rivoluzione spirituale era la prossima tappa dell’umanità», vi riconobbe il principio della rivoluzione umana di cui aveva sentito parlare da Kamioka Masayuki, suo compagno di università. E decise di unirsi al progetto della Soka Gakkai per rendere il mondo un posto migliore

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Quando Jon Miller sentì spiegare da un professore all’università che la «rivoluzione spirituale era la prossima tappa dell’umanità», vi riconobbe il principio della rivoluzione umana di cui aveva sentito parlare da Kamioka Masayuki, suo compagno di università. E decise di unirsi al progetto della Soka Gakkai per rendere il mondo un posto migliore

Fra i partecipanti alla prima Conferenza per la pace mondiale c’era anche un giovane che veniva dalla Danimarca, il primo paese europeo visitato da Shin’ichi [pseudonimo di Daisaku Ikeda, n.d.r.] nell’ottobre 1961. Era Jon Miller, un ventottenne studente di cultura giapponese all’Università di Copenhagen.
In occasione della visita di Shin’ichi in Danimarca quattordici anni prima non c’erano membri della Gakkai, ma ora, nel 1975, si contavano una quarantina di membri che partecipavano regolarmente a vivaci riunioni di discussione.
In ogni società e nazione, le condizioni cambiano continuamente.
Non conta quanto possano essere avverse le condizioni nel presente, se continuiamo con impegno a gettare i semi di kosen-rufu, quei semi alla fine fioriranno; il nostro proposito dovrebbe essere quello di fare in modo che questo accada. Dobbiamo pregare con forza e aspettare pazientemente l’arrivo del momento giusto e, nello stesso tempo, combattere per fare arrivare quel giorno.
Come Nichiren Daishonin scrive: «Può esserci qualche dubbio che […] la grande pura Legge del Sutra del Loto si diffonderà ampiamente nel Giappone e in tutti gli altri paesi di Jambudvipa?» (La scelta del tempo, RSND, 1, 491).
Jon Miller aveva iniziato a praticare il Buddismo di Nichiren nel dicembre del 1967. Aveva sentito parlare di questa filosofia da Masayuki Kamioka, il suo compagno di stanza alla scuola superiore Askov, a Vejen. Le scuole superiori danesi sono istituzioni educative indipendenti frequentate da studenti maggiorenni che hanno terminato la scuola dell’obbligo. Queste scuole si concentrano su uno stile educativo che pone particolare enfasi sull’interazione tra studenti e insegnanti, i quali alloggiano e mangiano tutti insieme nel campus.
Kamioka era stato un membro attivo della Divisione studenti della Soka Gakkai in Giappone ma, desideroso di vedere il mondo mentre era ancora giovane, si era preso un periodo di pausa dal college e aveva iniziato a viaggiare. Diretto a Helsinki, in Finlandia, passò per l’Unione Sovietica prima di fermarsi definitivamente a Copenhagen dove lavorò in una azienda agricola e imparò il danese. Entrò ad Askov seguendo il suo desiderio di conoscere meglio i danesi e il loro paese. Miller si iscrisse ad Askov nell’autunno del 1967, sperando di chiarirsi quale strada intraprendere nel futuro dopo aver terminato il servizio militare obbligatorio. La vita è apprendimento, e una caratteristica distintiva dei giovani è il desiderio appassionato di imparare.
Masayuki Kamioka era l’unico giapponese fra i trecento studenti della scuola superiore pubblica di Askov. Ogni mattina e ogni sera, nella sua stanza, Kamioka faceva Gongyo con grande energia. Il suo compagno, Jon Miller, sapeva molto poco del Giappone, a parte il fatto che un tempo era stato abitato dai samurai. Osservando sospettoso Kamioka che recitava Gongyo, si chiedeva se questo canto facesse parte delle abitudini giapponesi. Poi un giorno gli chiese apertamente: «Masayuki, cosa fai esattamente tutti i giorni mattina e sera?».
Kamioka rispose: «È la pratica buddista insegnata da Nichiren Daishonin, un Budda senza pari. Recitando tutti i giorni Nam-myoho-renge-kyo e questi passi del Sutra del Loto, siamo in grado di trasformare il nostro stato vitale. Per quanto possiamo desiderare la pace e il cambiamento sociale, non cambierà nulla se non cambiamo la nostra vita. Il Buddismo è una bellissima filosofia di vita che dimostra come la pace e la prosperità possono essere raggiunti a livello sociale quando gli individui intraprendono la propria personale rivoluzione umana». Kamioka continuò a descrivere il punto di vista buddista. Miller si era interessato tempo prima al Buddismo tibetano e indiano, ma dopo la spiegazione di Kamioka la sua impressione sul Buddismo cambiò completamente. Miller trovò interessanti i concetti del Buddismo di Nichiren tanto che occasionalmente si unì al suo compagno di stanza nella recitazione.
A dicembre, a scuola ci fu una lezione sulla Rivoluzione russa. Un professore che Miller aveva sempre rispettato, alla fine della lezione commentò: «La Rivoluzione francese è stata una rivoluzione politica, quella russa è stata una rivoluzione economica. Se dovesse esserci un’altra rivoluzione, sarebbe senz’altro una rivoluzione spirituale orientata verso una profonda trasformazione interiore».
A queste parole, Miller ebbe la sensazione che gli cadesse una benda dagli occhi: «Questa è proprio la rivoluzione umana di cui mi parlava Masayuki!». Miller era sinceramente interessato a rendere il mondo un posto migliore. Come dichiarò una volta il Mahatma Gandhi (1869-1948): «Ciò che dovrebbe interessare un riformatore è un cambiamento radicale più nello spirito che nella forma esteriore». La rivoluzione umana è il passo decisivo per realizzare pace e felicità durevoli ed è il genere di rivoluzione di cui tutti nel mondo sono alla ricerca.
Fu allora che Miller divenne un credente del Buddismo del Daishonin. Dopo che ebbe iniziato a praticare, Miller era impaziente di conoscere di persona la Soka Gakkai e il presidente Shin’ichi. Con questo forte desiderio, alla fine di maggio del 1968, si recò a un corso in Giappone. Ovunque andasse, veniva accolto dai saluti calorosi ed entusiastici dei membri. Da questo, comprese che la Gakkai era una rete di persone unite dalla fede che condividevano, al di là delle differenze etniche e nazionali.
Miller partecipò a una grande riunione di responsabili della Divisione giovani uomini che si teneva presso il Taito Gymnasium di Tokyo. All’evento avrebbe partecipato anche Shin’ichi. Miller sedeva a metà del primo settore della sala. Si succedettero sul podio alcuni giovani i cui discorsi furono accolti da forti applausi. Miller era sorpreso dall’atmosfera: la trovava insieme impressionante e sorprendente.
All’inizio della riunione Shin’ichi osservò attentamente i partecipanti e si accorse del giovane biondo dalla barba folta che sedeva al centro della sala. Se la determinazione di Shin’ichi di realizzare kosen-rufu a livello mondiale non fosse stata così forte, probabilmente non avrebbe notato il giovane danese in mezzo a tanta folla. Il presidente della Soka Gakkai iniziò il suo discorso dicendo: «Oggi è con noi un membro straniero. A nome di tutti noi giapponesi vorrei consegnargli un juzu. Potrebbe venire sul palco?». Fece cenno a Jon Miller di avvicinarsi. Non comprendendo il giapponese, Miller non aveva idea di ciò che Shin’ichi stesse dicendo, ma le persone vicino a lui lo esortarono ad avvicinarsi.
Shin’ichi si accovacciò sul palco, scusandosi di dover parlare da quella altezza e offrì a Miller, in piedi sul pavimento sottostante, una scatola con dentro il juzu. Miller accettò il regalo e allungò la mano per stringere con decisione quella di Shin’ichi che ricambiò la stretta. «Qual è il suo nome?» chiese Shin’ichi. «Da quale nazione viene?». Uno dei responsabili sul palco tradusse le domande di Shin’ichi in inglese. Miller rispose: «Jon Miller, dalla Danimarca». «Grazie per essere venuto da così lontano – disse Shin’ichi – sono molto onorato di incontrarla».
Miller fu profondamente colpito dal calore e dalla compassione che aveva sentito nelle parole di Shin’ichi. Stringendo la mano a Jon Miller, Shin’ichi Yamamoto disse: «Per favore faccia del suo meglio per la felicità delle persone in Danimarca!». Miller annuì. Gli occhi luminosi di Shin’ichi sembravano avvolgere il suo cuore trasmettendogli la sincerità e le grandi speranze del presidente della Soka Gakkai. Quel momento segnò un vero e proprio punto di svolta nella vita di Jon Miller. Shin’ichi metteva tutto se stesso in ogni incontro personale, sapendo bene che poteva essere l’unica possibilità che aveva per incoraggiare quella determinata persona. Lo faceva con l’ardente desiderio che ogni membro che incontrava si dedicasse a kosen-rufu e a costruirsi una vita di indistruttibile felicità. Le persone con cui parlava erano colpite dalla sua serietà e dalla sua dedizione. L’incoraggiamento è il modo per ispirare la vita degli altri.
Tornato in Danimarca, Jon Miller lavorò per qualche tempo prima di iscriversi, finalmente, all’Università di Copenhagen, dove il suo compagno di fede Masayuki Kamioka stava già frequentando le lezioni. All’università, Miller studiava la cultura giapponese e si concentrava sull’apprendimento della lingua. L’intenzione originaria di Kamioka era di rientrare in Giappone dopo un anno, ma mentre si trovava in Danimarca maturò la ferma decisione di lavorare insieme a Miller per kosen-rufu in quel paese.
In seguito, durante le visite in Europa e in altre occasioni, Shin’ichi avrebbe incontrato e incoraggiato questi due giovani uomini con la speranza profonda che continuassero ad avanzare lungo il supremo cammino della rivoluzione umana per tutta la vita.
E ora Miller era lì, alla prima Conferenza mondiale per la pace. Quando Shin’ichi lo vide a Guam, gli mise un braccio intorno alle spalle ed espresse la sua gioia per questo incontro. Poi al termine della conferenza parlò con lui, rispondendo con attenzione alle sue domande, incoraggiandolo. Da quel momento in poi, Miller si impegnò a fondo per rispondere alle aspettative di Shin’ichi, gettando solide fondamenta per kosen-rufu in Danimarca. Alla fine, Kamioka divenne il primo direttore generale della SGI-Danimarca, e Miller il secondo. Nel settembre del 2000, la scuola superiore pubblica di Askov ha consegnato a Shin’ichi il primo Premio Askov per l’educazione. In seguito sono stati piantati tre alberi di ciliegio nei giardini della scuola in memoria dei primi tre presidenti della Soka Gakkai: Tsunesaburo Makiguchi, Josei Toda e Shin’ichi Yamamoto.
Al termine del suo discorso alla Conferenza mondiale per la pace, Shin’ichi passò fra i tavoli per ringraziare tutti i delegati. Giunto a quello dove sedevano i membri del sudest asiatico, si rivolse a Koh Kong Ming, un membro di Singapore di circa cinquant’anni e dall’aspetto benevolo: «Signor Koh, lei ha lavorato duramente. Singapore ha fatto grandi progressi verso kosen-rufu. La prima volta che atterrai all’aeroporto di Singapore, non c’era neanche un membro».
Shin’ichi si riferiva alla sua prima visita in Asia, nel gennaio 1961. Durante il viaggio da Hong Kong a Colombo (Sri Lanka), l’aereo atterrò a Singapore per il rifornimento di carburante. Mentre attendeva in aeroporto, Shin’ichi riflettè sulle grandi sofferenze e le molte morti causate dall’invasione e dall’occupazione delle forze militari giapponesi durante la Seconda guerra mondiale. Questo pensiero gli fece male al cuore. In quanto giapponese, promise in silenzio di dedicare la sua vita alla lotta per la pace e la felicità del popolo di Singapore. Accanto alla vetrata della sala d’attesa, recitò Daimoku sottovoce pregando con fervore perché a Singapore apparissero dei Bodhisattva della Terra per portare avanti la loro nobile missione e perché il paese prosperasse.
«Sono passati quattordici anni da allora – disse Shin’ichi a Koh – e kosen-rufu ha avuto un progresso sorprendente a Singapore così come in Malesia, un’altra zona di cui lei è responsabile. Insieme rappresentano un mondo diverso e questi successi sono dovuti ai suoi sforzi. Sono consapevole di quanto lei abbia combattuto dietro le quinte per tutto questo». Come diceva il presidente Toda: «Assicurati sempre di lodare quei membri che si sono impegnati con tutte le loro capacità». Lodare coloro che combattono per kosen-rufu equivale a lodare gli inviati del Budda.
Con gli occhi lucidi di commozione, Koh rispose: «È troppo generoso. Non merito questi complimenti».
Malgrado avesse un nome cinese, Koh era in realtà giapponese, nato a Yugejima, un’isola del Mar del Giappone. Aveva studiato in una scuola della Marina mercantile, dove aveva migliorato il livello del suo inglese. Dopo il diploma, ottenne un lavoro come ufficiale di rotta per una compagnia di spedizioni marittime e più tardi ebbe il compito di registrare e sdoganare i cargo per un’agenzia di navi a vapore. In questa veste venne inviato a Singapore nel 1942, durante la Seconda guerra mondiale.
Koh Kong Ming era arrivato a Singapore subito dopo l’invasione delle forze militari giapponesi, all’inizio dell’occupazione. I giapponesi avevano ribattezzato Singapore Shonan (luce del Sud) e trattavano gli abitanti con l’insolenza del dominatore. Koh trovava che tutto ciò fosse molto duro da sopportare per la gente, e sapeva che non avrebbe prodotto altro che odio verso i giapponesi. Come uomo, consapevole dell’importanza dell’uguaglianza, sapeva che i giapponesi non avrebbero potuto far nulla senza la fiducia della gente.

(7. continua)

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