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La ricostruzione di una famiglia - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:51

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La ricostruzione di una famiglia

Franco Martella, Firenze

«L’inferno è nel cuore di chi interiormente disprezza suo padre e trascura sua madre». Cercai di capire profondamente queste parole

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«L’inferno è nel cuore di chi interiormente disprezza suo padre e trascura sua madre». Cercai di capire profondamente queste parole

Il mio incontro con il Buddismo è avvenuto nove anni fa, quando la ragazza con cui stavo mi accompagnò a una riunione di discussione. Non fu una bella esperienza, avevo la sensazione che tutti fossero a conoscenza dei miei problemi e mi sentivo molto irrequieto. Sinceramente volevo andare via, ma due cose mi trattennero dal farlo: la loro tranquillità e una frase con la quale “sarei potuto diventare felice”. Infatti dopo pochi giorni… lei mi lasciò! Stavo da cani, ma ricordandomi quella frase iniziai a recitare Nam-myoho-renge-kyo. Era il 16 marzo 2001 e il mio scopo era di tornare insieme a lei e risolvere tutti i miei problemi.
Il rapporto con la mia famiglia era complicato. Mio padre era un uomo violento mentre mia madre era affetta da una grave malattia psichiatrica e questo mi ha creato fin da piccolo disagi con me stesso e profondi conflitti: mi vergognavo di lei. Avevo anche problemi di depressione – forse dovuta anche all’uso che avevo fatto di stupefacenti – tanto che non uscivo di casa neanche per fare la spesa e a volte abbandonavo il luogo di lavoro. Recitai Daimoku per trovare il terapeuta adatto a me, e una volta trovato, recitai per guarire. Facevo quattro sedute al mese. Stavo sviluppando la mia personalità e questo processo richiedeva autonomia e indipendenza: due cose nuove per me.
A causa della depressione recitavo pochissimo Daimoku, cinque minuti al giorno, e leggevo una pagina del libretto di Gongyo. Anche se può sembrare poco, in realtà era uno sforzo enorme per me: non appena iniziavo a recitare mi veniva un forte mal di testa.
Fui incoraggiato a migliorare il rapporto con i miei familiari, come è scritto nel Gosho di Capodanno: «L’inferno è nel cuore di chi interiormente disprezza suo padre e trascura sua madre» (RSND, 1, 1008). Cercai di capire profondamente queste parole. Mi sforzavo sia con la preghiera, sia con le azioni e, anche se non vedevo reali cambiamenti, decisi di perseverare. Riuscii per la prima volta a parlare serenamente con mio padre: stavo trasformando il mio rapporto di odio e conflitto con lui. Ero soddisfatto di me.
La vita però ci mette di fronte sempre nuove sfide e nuovi problemi. A maggio 2005, durante il matrimonio di una mia cugina, mia madre morì proprio sotto i miei occhi. Nonostante la tragedia ebbi la forza di sostenere mio padre e la mia famiglia, anche grazie al sostegno di tutti i compagni di fede con un’energia nuova, che prima di praticare sicuramente non avrei mai pensato di possedere. Questo è il mio più grande beneficio e la ragione per cui continuo tuttora a farlo. Accettai con gioia la responsabilità di capitolo, e poco dopo di Centro, dei giovani uomini con lo scopo di diventare insieme a loro una persona che contribuisce alla pace.
In questi anni ho sempre pensato di riprendere gli studi, e dopo tanto tempo ho avuto il coraggio di iscrivermi alle scuole serali – di giorno lavoro in un’azienda – per prendere il diploma di maturità. Volevo dimostrare alla mia famiglia che ero un bravo figlio.
I primi due anni non ho avuto grandi problemi con la scuola, ma l’anno conclusivo è stato molto duro. Io non avevo mai studiato in vita mia, lo studio non faceva parte della storia della mia famiglia: mio padre è analfabeta, mia madre era malata di mente, nessuno dei due mi ha mai seguito quando andavo a scuola.
Nonostante le difficoltà quotidiane una cosa che non ho abbandonato mai è stata l’attività per gli altri. Ho sempre cercato di aiutare le persone a praticare al meglio senza tralasciare le attività di protezione (soka-han) al Centro culturale.
Parallelamente avevo deciso anche di ricostruire la mia famiglia. I miei genitori, sposati entrambi in seconde nozze, vivevano in Puglia e avevano, dai loro precedenti matrimoni, dei figli che io non avevo mai visto.
Quando mia madre morì venni a sapere che una sua figlia viveva a Firenze in una casa famiglia, perché affetta da problemi psichiatrici. Decisi allora di costruire un rapporto con lei. Parlando con il suo psichiatra e i medici dell’istituto seppi che era stata abusata dal suo padre biologico e dai suoi fratelli, ed esitavano quindi a farci incontrare per evitare che ciò potesse incidere sul suo stato psichico. Col Daimoku riuscii a superare anche le loro resistenze e incontrai mia sorella. La cosa bella è che assomiglia molto a mia madre. Ancora oggi non mi riconosce ma va bene lo stesso… sono felice che mi sorrida quando ci vediamo.
Per quanto riguarda mio padre, sapevo che con la prima moglie aveva avuto un figlio e che non si vedevano da ventisei anni. Io ci tenevo che si incontrassero e volevo che succedesse al più presto, dato che mio padre ha ottantaquattro anni. Così un giorno, dopo un turno di protezione al Centro, chiamai mio fratello e, anche se al momento mi rispose che non ne voleva sapere niente di noi, dopo un mese mi richiamò e da allora ci sentiamo spesso. Lui vive al nord e ha cinquantacinque anni e due anni fa è tornato in Puglia a trovare nostro padre. Lo scorso anno – quando l’ho incontrato per la prima volta – ci siamo abbracciati e nei mesi in cui preparavo la maturità ogni tanto mi chiamava per sapere come andava con lo studio. Che bella sensazione!
Per i miei problemi di apprendimento e per il poco tempo da dedicare allo studio – visto che lavoravo e frequentavo le serali – non è stato facile sostenere l’esame di maturità, e inoltre i miei voti erano bassi e mi demoralizzavo. Poi, mentre studiavo, mi ritornava il mal di testa, come quando iniziai a praticare. Provavo ad alzarmi un’ora prima la mattina, cioè alle cinque, ma a volte ero così stanco che mi riaddormentavo. Cadevo e mi rialzavo. Ma continuavo comunque a recitare Daimoku e a studiare. Nei momenti bui mi ha incoraggiato molto questa frase del presidente Ikeda: «I giovani studenti dovrebbero fare dello studio la loro priorità. Senza dubbio la fede è importante, ma questa deve concretizzarsi in tutti gli aspetti della nostra vita […]. Se non ci si impegna allora non riusciremo ad acquisire conoscenze e importanti capacità. In seguito nutriremo dei rimpianti. La fede si manifesta nella realtà quotidiana» (D. Ikeda, Giorno per giorno, 5 settembre, Esperia).
Il sostegno dei compagni di fede è stato prezioso come quello della mia ex ragazza che in tutto questo periodo mi ha aiutato molto. A giugno durante una partita di calcio mi strappai il quadricipite destro: così, mio malgrado, avevo più tempo da dedicare allo studio! Arrivò l’ammissione agli esami. Superai bene due prove scritte ma nella terza mi bloccai e andai nel pallone. Pensai di avere fallito e di non aver superato l’esame. Lo stesso giorno pubblicarono i risultati degli scritti e la sera tardi, quando li esposero, vidi che avevo preso la sufficienza!
L’esame orale era il mio punto debole, perché ho problemi di balbuzie fin da bambino, quindi mentre mi preparavo per l’interrogazione non facevo altro che recitare Daimoku e studiare. Arrivò il giorno dell’orale. Quando toccò a me, con la sorpresa di tutti feci una prova da non credere. Ero io?! Promosso con sessantotto… che gioia! Ad agosto sono andato in Puglia al cimitero da mia madre: anni fa le avevo promesso che ce l’avrei fatta.

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