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La promessa mantenuta - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:41

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    La promessa mantenuta

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    Esistono delle ricette per realizzare quella espressione di pace chiamata kosen-rufu?
    Prendiamo un individuo coraggioso che decide autonomamente di agire. Che intraprende da solo il sentiero della riforma interiore che chiameremo “rivoluzione umana”. Non un eroe. Una persona comune, valorosa, che si alza da sola e risveglia gli altri al bene.
    È questa la ricetta di Erika, una giovane tra le tante, con una infanzia tormentata alle spalle e gli occhi colmi di desideri. La sua prima riunione, l’incontro con la Soka Gakkai, la decisione di realizzare i suoi desideri attraverso la pratica buddista. Il racconto dei suoi sforzi e della realizzazione dei suoi sogni.
    Lavorare per la felicità degli altri, l’orgoglio di essere un membro della Soka Gakkai e il desiderio di contribuire alla realizzazione di kosen-rufu attraverso la prova concreta. Questi gli ingredienti della preziosa ricetta per superare qualsiasi difficoltà e per realizzare una vita ricca di significato.

    La nuova rivoluzione umana, vol. 13, pagg. 239-248
    di Daisaku Ikeda

    Erika Koyama era nata a Kokura, nella prefettura di Fukoka. Era figlia di un militare americano e di una donna giapponese di nome Yurie. Poco dopo la sua nascita, suo padre venne ucciso in un combattimento durante la Guerra di Corea. Yurie ed Erika alla fine si trasferirono a Yokohama dove Yurie fece del suo meglio per allevare la figlia da sola. Dopo la morte del marito fu costretta a lavorare giorno e notte. Accettava qualunque lavoro, che fosse come ballerina o come cameriera. Ogni giorno poi, nelle prime ore del mattino, andava al mercato del pesce a pulire i pesci appena pescati. Ma nonostante tutti i suoi sforzi, la sua vita non accennava a diventare più facile. Yurie aveva una malattia cronica e soffriva di costanti emicranie. Le sue già precarie condizioni economiche peggiorarono quando un conoscente al quale aveva prestato del denaro attingendo dai suoi magri risparmi non ripagò il suo debito.
    «Perché continuano a capitarci solo sfortune sebbene non abbiamo fatto niente di male?». Erika non avrebbe mai dimenticato queste parole che sua madre aveva pronunciato con un sospiro di disperata rassegnazione.
    Yurie si unì alla Soka Gakkai nel 1958, colpita dalla convinzione di una persona che le aveva spiegato il concetto del karma. Erika, che all’epoca frequentava la scuola elementare, si unì all’organizzazione insieme alla madre. La prima riunione di discussione alla quale Erika partecipò le lasciò una forte impressione. I partecipanti erano vestiti semplicemente, ma i loro volti erano vivaci e splendevano di speranza. I loro discorsi erano pieni di calorose parole di incoraggiamento e inframmezzati da gioiose risate. Erika fu toccata anche dalle esperienze di fede che diverse persone raccontarono.
    «Se mi dedico a questa pratica, tutti i miei desideri si realizzeranno!», si disse la ragazzina.
    Poiché era molto alta per la sua età e aveva dei lineamenti marcati – caratteristiche che aveva ereditato dal padre americano – Erika veniva spesso presa in giro dagli altri bambini della scuola elementare.
    Quando correva in lacrime da sua madre, Yurie la consolava dicendo: «I bambini che prendono in giro gli altri per il loro aspetto sono meschini e non capiscono niente. Ai nostri giorni il mondo sta diventando sempre più piccolo ed è molto importante essere capaci di fare amicizia con paesi diversi dal nostro. Non devi mai discriminare nessuno e devi trattare gli altri con rispetto». Gli adulti, al contrario, spesso si complimentavano con lei per la sua statura e il suo aspetto, e le dicevano che avrebbe potuto fare la modella. Gradualmente, Erika cominciò ad acquisire più fiducia in se stessa e iniziò a sognare una carriera come modella.
    Quando era in sesta elementare [seconda media secondo il nostro sistema scolastico, n.d.r.], lesse su un giornale l’annuncio di un negozio di moda che cercava modelle dellla sua età e decise di presentarsi. Insieme a sua madre, recitò Daimoku con tutto il cuore per ottenere il lavoro. Quando effettivamente venne scelta, sentì che si trattava di un grande beneficio della pratica. Quando entrò alla scuola media, Erika si era già fatta ampiamente conoscere nel campo della moda.
    Cominciò anche a partecipare attivamente alle riunioni della Soka Gakkai insieme alle ragazze più grandi della Divisione giovani donne della sua area. Tramite l’attività dell’organizzazione, imparò quanto fosse meraviglioso dedicare la propria vita al nobile scopo di kosen-rufu, un movimento mirato a realizzare la pace e la felicità per tutti gli esseri umani.
    Nonostante la sua carriera di modella fosse ormai avviata, Erika aveva anche il sogno di diventare una cantante. Passò le selezioni per partecipare a un concorso canoro ma fu eliminata al secondo turno. Tuttavia le venne offerta la possibilità di ricevere lezioni di canto, che seguì con zelo.
    Nel luglio del 1966 a Tokyo si tenne il secondo festival delle arti della Soka Gakkai. La professione di modella aveva permesso a Erika di entrare a far parte della Divisione artisti. […] A quell’epoca non aveva ancora esordito come cantante.
    Trovandosi alla reception il giorno del festival, Erika potè accogliere Shin’ichi Yamamoto al suo arrivo. Pur non avendo l’occasione di parlargli direttamente, gli fece una silenziosa promessa nel cuore: «Sensei! Farò del mio meglio per poter salire sul palco come cantante al prossimo festival delle arti!».
    Risoluta a diventare una cantante a qualunque costo, Erika si dedicò a un rigido programma di lezioni quotidiane e recitò Daimoku sinceramente. Lottò con tutte le sue forze. Non voleva raggiungere quello scopo semplicemente perché era il suo sogno; come membro della Divisione artisti della Soka Gakkai voleva essere in grado di mostrare la prova concreta della fede.
    Continuando a praticare, arrivo a comprendere che né la ricchezza, né la posizione sociale potevano garantire una felicità duratura. Capì che la vera felicità si poteva raggiungere solo trasformando il proprio karma e accumulando fortuna, e che il Buddismo era l’unico mezzo per farlo. Inoltre comprese che il modo di vivere più nobile come essere umano non sta nel semplice perseguimento della felicità personale ma piuttosto nel dedicarsi a kosen-rufu – cioè, a lavorare per la felicità degli altri, per la prosperità della società e per la pace mondiale. […] Poco tempo dopo il secondo festival delle arti il desiderio accarezzato da Erika per lungo tempo si realizzò col suo debutto come cantante. Era l’autunno del 1966. La compagnia discografica con cui aveva firmato un contratto aveva riposto le proprie speranze su di lei e, fortunatamente, la sua prima canzone si rivelò un grande successo. Era stato un inizio eccellente. I critici musicali, però l’attaccarono duramente, definendo “insopportabilmente sdolcinata” la sua canzone. Questa fu la sua iniziazione al crudele mondo dello spettacolo. Per una ragazza della sua età fu un grande shock, ed Erika si sentì devastata.
    Ma si riprese e recitò Daimoku fervidamente, dicendo a se stessa: «Io sono un membro della Soka Gakkai. Non devo essere sconfitta! Se non sono abbastanza brava ora, dovrò solo raddoppiare i mei sforzi e dimostrare di essere una brava cantante».
    Erika diceva sempre a tutti con orgoglio di essere un membro della Soka Gakkai. […] Una persona del mondo dello spettacolo la ammonì: «Ci sono molte persone a cui non piace la Soka Gakkai, perciò ti consiglio di tenere nascosta la tua appartenenza all’organizzazione. Rischi di perdere il tuo lavoro e la tua popolarità».
    Ma per Erika era impensabile tenere nascosta la sua appartenenza alla Soka Gakkai. […] se per avere successo e diventare famosa avesse dovuto nascondere il fatto di essere un membro della Soka Gakkai, i risultati ottenuti sarebbero stati completamente inutili.
    […]
    La sera del 26 novembre 1968, alla sala Nippon Budokan, Shin’ichi assistette all’ultimo spettacolo del festival delle arti di Tokyo. Erika Koyama, vestita in un abito bianco e blu, cantò la sua canzone di esordio con il cuore. Sembrava che un essere divino fosse disceso dal cielo per adornare il palcoscenico. La promessa di cantare al festival delle arti, che aveva fatto a se stessa due anni prima, si era realizzata. Per lei era come un sogno.
    Cantando e danzando, fu sopraffatta dall’emozione e cominciarono a scenderle le lacrime. Facendo del suo meglio perché la sua voce non ne venisse influenzata, continuò a cantare con vitalità. Quando Erika terminò la canzone, un applauso roboante esplose nella sala.

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    Leggere La nuova rivoluzione umana / Compagno di viaggio

    Sono passati undici anni da quel 6 agosto del ’96, quando Daisaku Ikeda ha iniziato la stesura del romanzo La nuova rivoluzione umana. L’opera narrativa prende avvio dal 2 ottobre 1960, giorno in cui Shin’ichi Yamamoto, pseudonimo dell’autore, dopo aver ereditato dal maestro Toda la guida della Soka Gakkai si avventura in uno storico viaggio a sostegno della pace e visita Stati Uniti, Canada e Brasile. Il lungo racconto, come egli stesso dice nella prefazione, descrive «il Rinascimento Soka, ovvero il trionfo della gente comune nell’illuminare il mondo attraverso l’umanesimo del Buddismo di Nichiren Daishonin e nell’aprire una nuova pagina nella storia del genere umano» (NRU, 1-2, IV). Dalla sua penna affiora concreto e autentico un principio che è l’essenza del Buddismo da Shakyamuni a Nichiren Daishonin: lo spirito della relazione fra maestro e discepolo.
    Attraverso quelle righe si snoda la storia dei popoli di ogni latitudine e longitudine che si intreccia mirabilmente con il racconto degli avvenimenti della nostra organizzazione, la Soka Gakkai: la missione e la strada percorsa dai praticanti buddisti.
    E così La nuova rivoluzione umana è anche la voce di tante persone comuni che, coltivando insieme al loro maestro il desiderio di realizzare un mondo pacifico, hanno dato vita a meravigliose esistenze, forti e significativi legami umani.
    Ho iniziato a leggere La nuova rivoluzione umana dalle prime puntate apparse nella rivista Il Nuovo Rinascimento, eppoi attraverso i libri. Affascinato ma soprattutto incoraggiato e toccato nel cuore dalle vicende ed esperienze narrate. I grandi temi come la guerra, la pace, le calamità, la vita e la morte, visti in una nuova ottica.
    Per essere precisi il contagio positivo per questa lettura si era già stabilito con la precedente Rivoluzione umana, un racconto che parte dalle ceneri di un mondo devastato dalla Seconda guerra mondiale appena trascorsa fino alla morte del secondo presidente Josei Toda.
    In poche parole, da quando avevo ventitré anni questo romanzo è diventato il compagno di viaggio della mia vita. E ancora adesso continua a esserlo attraverso un forte incoraggiamento quotidiano. In quelle righe così piene di sentimento c’era anche una risposta alle, non solo mie, tante domande. È uno scritto che è un inno alla speranza. Ha scaldato il mio cuore nei momenti freddi, mi ha rincuorato, medicato. Sostenuto nei periodi difficili. Ma ha anche condiviso le vittorie personali, le piccole e grandi realizzazioni, diventando la bussola per la realizzazione dei miei sogni. È qui che ho “conosciuto” Daisaku Ikeda, ed è proprio in questa lettura che la relazione con il mio maestro ha messo radici. Con lui ho appreso il Buddismo, la vita e i suoi meravigliosi meccanismi, passo dopo passo. Mi ha parlato di grandi ideali, di insostituibili valori, del profondo rispetto. Spingendo la mia vita alla ricerca del valore universale che io possiedo insieme alle tante persone che mi circondano.
    Tanto che adesso, con venti anni in più dietro le mie spalle, attendo impaziente di avere fra le mani il prossimo libro della Nuova rivoluzione umana.
    Mauro Loi

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