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La persecuzione di Tatsunokuchi - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:32

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La persecuzione di Tatsunokuchi

13. Un’attenta analisi delle circostanze storiche, politiche e religiose che condussero alla più importante persecuzione subita da Nichiren Daishonin

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13. Un’attenta analisi delle circostanze storiche, politiche e religiose che condussero alla più importante persecuzione subita da Nichiren Daishonin

SAITO: Veniamo alla persecuzione di Tatsunokuchi, nel 1271. L’evento scatenante fu l’arrivo di una lettera ufficiale da parte dei mongoli nel 1268. Ma prima dobbiamo considerare come i “tre potenti nemici” giunsero a coalizzarsi contro il Daishonin e perciò occorre analizzare gli importanti cambiamenti politici e sociali che ebbero luogo a partire circa dall’epoca dell’esilio di Izu (1261).

MORINAKA: Dal punto di vista politico, si intensificarono gli scontri fra il ramo principale del clan Hojo, capeggiato da Hojo Tokiyori e dal figlio Hojo Tokimune, e i rami secondari costituiti dai Nagoe[ref]Ramo del clan Hojo discendente da Hojo Tomotoki, fratello minore del terzo reggente Hojo Yasutoki. Il clan cercò a lungo di impadronirsi della reggenza con varie cospirazioni.[/ref] e da altre potenti famiglie[ref]Samurai che avevano giurato fedeltà allo shogun nel periodo Kamakura (1192-1333) e che in cambio avevano ottenuto feudi oltre alla garanzia di conservare le terre di famiglia e alla nomina a conestabili o amministratori. Anche gli Hojo avevano un’origine simile.[/ref] al servizio dello shogun come gli Ashikaga.

IKEDA: Anche nel mondo religioso di Kamakura c’era un gran fermento. Era lo scenario adatto per l’apparizione di un personaggio chiave: Ryokan del tempio Gokuraku-ji, che più d’ogni altro impersona il terzo potente nemico.

SAITO: Nel febbraio 1262, mentre il Daishonin era in esilio a Izu, Eizon[ref]Eizon (1201-90): fondò la scuola Shingon-Ritsu introducendo i precetti (giapponese: Ritsu) nelle preghiere basate sugli insegnamenti Shingon.[/ref] del tempio Saidai-ji di Nara, maestro di Ryokan, visitò Kamakura su invito del quinto reggente Hojo Tokiyori e del suo dotto aiutante Hojo Sanetoki. Eizon giunse a Kamakura il 27 febbraio e fece ritorno a Nara il 15 agosto. In questo periodo di circa sei mesi, Eizon e Ryokan, che propugnavano il ritorno all’osservanza dei precetti buddisti, conferirono i precetti a un gran numero di persone.

MORINAKA: Tenevano in continuazione discorsi sul Sutra della Rete di Brahma[ref]Scrittura Mahayana in cui vengono elencati i dieci precetti fondamentali e i quarantotto precetti minori che il bodhisattva deve osservare.[/ref] che spiega i precetti Mahayana e conferivano i precetti a chiunque, indipendentemente dalla posizione sociale, a volte anche a diverse centinaia, o in alcuni casi anche migliaia, di persone nello stesso giorno.

IKEDA: Per effetto della visita di Eizon nella regione di Kanto, molte figure centrali del governo stabilirono strette relazioni con la fazione Saidai-ji della Scuola Shingon-Ritsu a cui appartenevano Eizon e Ryokan.

MORINAKA: Secondo le cronache immediatamente dopo l’arrivo di Eizon a Kamakura, l’ultimo giorno di febbraio, l’intera famiglia di Hojo Sanetoki e la madre di Hojo Tokimune assistettero a un suo sermone. La madre di Tokimune divenne un’accanita sostenitrice di Ryokan e usò la sua influenza per appoggiarne le attività. Anche Hojo Tokiyori, che era il padre di Tokimune e la persona più potente del luogo, ebbe frequenti occasioni di incontrare Eizon durante la sua permanenza.

SAITO: Anche i preti di varie altre scuole ricevettero i precetti da Eizon in quel periodo. I preti della scuola Zen gli portavano offerte e i preti del Kencho-ji, sede della setta Zen, ricevettero i precetti. E così fecero anche i Nembutsu. Fondamentalmente la pratica Nembutsu consisteva nel recitare unicamente il nome del Budda Amida senza seguire alcun precetto. Ma alcuni abbandonarono questa maniera rigida di praticare e decisero di ricevere i precetti Mahayana. Fra questi vi fu anche Doamidabutsu, prete anziano del tempio Shinzenko-ji e capo dei seguaci Nembutsu.

IKEDA: Ciò potrebbe significare che i preti di tutte le altre sette avevano scelto Eizon come maestro. In questo senso la visita di Eizon a Kanto [la zona orientale del Giappone] fu l’occasione per stabilire una nuovo ordine gerarchico fra le scuole buddiste di Kamakura che vedeva ora al vertice la scuola Shingon-Ritsu.

MORINAKA: In un certo senso il secondo potente nemico, cioè i preti astuti e arroganti che calunniano il devoto del Sutra del Loto, e il terzo potente nemico, i preti che godono del pubblico rispetto e inducono le autorità secolari a perseguitare i devoti del sutra, adesso stavano agendo in combutta.

IKEDA: In più anche i principali esponenti del governo avevano ricevuto i precetti da Eizon e Ryokan che avevano così assunto una posizione paragonabile a quella di “maestri della nazione”[ref]Titolo conferito dal governante di una nazione a particolari monaci buddisti considerati modelli di virtù.[/ref].
Con il sostegno del clan reggente Hojo, che rappresentava il primo potente nemico, i Nembutsu, rappresentanti del secondo potente nemico, adesso cospiravano con Ryokan, il terzo potente nemico, e nel 1271 questa alleanza iniziò ad attaccare il Daishonin e i suoi discepoli.

SAITO: L’invito a Eizon del Saidai-ji a visitare Kamakura nel 1262 permise alla scuola Ritsu del Saidai-ji di cominciare a giocare un ruolo importante come sostenitrice del regime di Kamakura, complementare all’influenza già stabilita della scuola Zen.

MORINAKA: Sempre in quel periodo, la responsabilità primaria della gestione e amministrazione dei principali servizi pubblici passò dalla scuola Nembutsu a quella Shingon-Ritsu. Ciò fu dovuto al fatto che i preti Nembutsu e Zen desideravano accaparrarsi i favori della scuola Ritsu.
Quest’ultima non aveva un mero orientamento religioso ma era interessata anche a creare un sistema per garantire la stabilità politica del governo e l’amministrazione fiscale.
In marzo, subito dopo la conclusione della visita di Eizon, Ryokan, su richiesta del figlio di Shigetoki, Naritoki, fu nominato priore del tempio Taho-ji conquistando così alla scuola Shingon-Ritsu una base d’appoggio a Kamakura.

IKEDA: Il viaggio di Eizon a Kanto determinò l’istituzione di un sistema autocratico di controllo sulle nomine religiose con al centro la scuola Shingon-Ritsu. Mentre il Daishonin era in esilio a Izu il governo varò un imponente numero di disposizioni nel quale Ryokan aveva un ruolo centrale.
Il Daishonin, che sin dagli anni attorno al 1260 aveva cominciato a mettere in luce non più solo gli errori della setta Nembutsu e Zen ma anche quelli della scuola Shingon-Ritsu, si era reso lucidamente conto di cosa stava accadendo. E, poiché teneva d’occhio quell’infame alleanza, ammonì che l’effetto risultante sarebbe stato il caos e l’infelicità generale.
In scritti quali Conversazione fra un saggio e un uomo non illuminato aveva già chiaramente messo in luce la disonestà di Ryokan.

MORINAKA: Scrive: «Ho sentito dire che gli antichi saggi che osservavano i precetti non pronunciavano nemmeno le parole “uccisione” o “accaparramento”, ma le sostituivano con giri di parole che suonassero più pure, e che, quando accadeva loro di vedere una bella donna, meditavano pensando a un cadavere[ref]Una delle cinque meditazioni per estinguere vari tipi di pensieri, nel caso specifico il desiderio sessuale.[/ref]. Ma se esaminiamo il comportamento dei monaci dei nostri tempi, che dovrebbero osservare i precetti, scopriamo che accaparrano sete preziose, ricchezze e gioielli e prestano denaro per interesse. Poiché le loro azioni differiscono tanto dalle loro dottrine, chi può pensare di porre fede in costoro!
«Venendo poi alla costruzione di strade e di ponti, in realtà è stata solo causa di sofferenza per la gente. Le opere di carità a Ijima-no-tsu e la raccolta di riso al dazio di Matsura hanno portato infelicità a moltissime persone, e l’imposizione di pedaggi lungo le sette strade delle varie province ha creato difficoltà ai viaggiatori. Queste sono cose che avvengono proprio davanti ai tuoi occhi. Non riesci a vederle?» (SND, 7, 35).

SAITO: Il Daishonin decrive dettagliatamente l’ambiguità e il comportamento antisociale di Ryokan e degli altri preti della scuola Ritsu. Si credeva che Eizon e Ryokan si dedicassero alle opere di carità per salvare gli emarginati[ref]Eizon viaggiava in vari luoghi per raccogliere offerte e poiché i preti che sollecitavano le donazioni si occupavano anche delle urne funerarie i preti della scuola Ritsu del Saidai-ji cominciarono anche a condurre le cerimonie. Agli emarginati, che erano addetti a maneggiare fisicamente i cadaveri, non era concesso vivere nella comunità e così si erano organizzati in gruppi autonomi, ai margini della città. Nel 1242 Eizon si mise in contatto con questi gruppi e diede inizio all’“opera di salvazione” dei suoi membri. Ma, con la scusa di salvarli, in realtà sfruttava il loro lavoro. Stipulò accordi con la corte e i nobili e, con l’approvazione ufficiale, acquisì il controllo sui poveri che vivevano nei pressi di Kyoto e Nara. Lo stesso sistema venne adottato anche a Kanto da Ryokan.[/ref] ma anche questo era un inganno. Quando conducevano cerimonie allo scopo di raccogliere offerte, esaltavano a parole i membri delle classi sociali più basse in quanto “emanazioni del bodhisattva Manjushri”[ref]I mendicanti venivano chiamati così perchè nel Sutra del Nirvana di Manjushri, questi appare ai praticanti buddisti come un povero, reietto e pieno di sofferenza che li aiuta nella pratica della compassione.[/ref] ma poi, nel comportamento quotidiano, li trattavano come peccatori dal karma profondo e li sfruttavano facendogli eseguire i lavori più pesanti.

MORINAKA: Uno studioso[ref]Ryoichi Hosokawa, Chusei no Mibunsei to Hinin, Tokyo, Nihon Editor School, 1994, pag. 144.[/ref] descrive quelli che dovevano essere i sentimenti di chi riceveva questo trattamento: «Dopo che la cerimonia era finita, probabilmente tutto ciò che rimaneva agli emarginati erano gli oggetti donati e l’errata consapevolezza, trasmessa durante la cerimonia, che la loro infima condizione di vita era una questione di karma [sulla quale non avevano alcun controllo]».

IKEDA: Il Daishonin refuta Ryokan e il movimento per la restaurazione dei precetti affermando: «Limitarsi ad abbracciare i precetti Hinayana senza tenere in considerazione il tempo o le capacità delle persone significa nuocere al Mahayana […] Coloro che seguono i precetti Hinayana si sono appropriati dei precetti Mahayana per includerli nell’Hinayana […] In questo modo ingannano i credenti Mahayana» (GZ, 349). Falsità e ipocrisia sono l’inevitabile effetto del seguire precetti che non si accordano con i tempi o le capacità delle persone. Infatti la gente fa solo finta di accettare simili regole fastidiose e così facendo non fa che nascondere il male dentro di sé e rendersene complice.
Inoltre, quando qualcuno si era guadagnato la qualifica di prete che osserva i precetti, veniva considerato automaticamente degno di rispetto e di ricevere offerte. Individui del genere spesso ingannavano gli altri, simulando di aver raggiunto il livello spirituale derivante dalla pratica dei precetti. Questo “precettismo”, che ignorava le realtà sociali ed era totalmente avulso dall’essenza dell’umanità, inevitabilmente finiva per tracciare una linea di demarcazione fra i cosiddetti santi che osservano i precetti e la “gente comune” che non lo fa.

SAITO: Di certo Eizon e altri sostenitori dei precetti sminuivano le altre persone definendole “esseri di infime capacità” ed elevando al tempo stesso se stessi alla condizione di saggi dotati di profonda compassione che conferivano i precetti per aiutare le persone a creare un legame con il Buddismo.

IKEDA: In più, come dichiara il Daishonin in Conversazione fra un saggio e un uomo non illuminato, pur essendo riveriti come saggi, in realtà lo erano solo in apparenza. Interiormente i loro cuori era pieni di ambizioni e desideri impuri.

MORINAKA: Sotto la protezione dei potenti, defraudavano la gente dicendo: «Anche le persone di inferiori capacità come voi possono salvarsi se accettano i precetti della scuola Ritsu», dando così a chi cercava la salvezza un mezzo e una motivazione per fare donazioni. Era un buon sistema per raccogliere offerte dalle persone comuni.

IKEDA: Eizon e Ryokan riuscirono a guadagnarsi la fama di salvatori di coloro che avevano peccati pesanti. Nel Gosho il Daishonin descrive l’opinione popolare[ref]«Ci si domanda se [Ryokan] sia apparso dal monte Kharadiya del bodhisattva Jizo o dal Picco dell’Aquila del venerabile Mahakashyapa» (GZ, 349).[/ref] nei confronti di Ryokan che veniva considerato “un Onorato dal mondo” e un “uomo degno di rispetto”. Ryokan lodava coloro che abbracciavono i precetti affermando che erano “tesori della nazione”. Il Daishonin in tutta risposta rimproverò severamente l’ipocrisia di Ryokan e degli altri preti della scuola Ritsu chiamandoli “traditori della nazione”.

MORINAKA: Una causa indiretta della persecuzione del 1271 fu l’arrivo del messaggio dei mongoli. Già nel settembre 1267 un messaggero di nome Hanbu era giunto in Giappone per recapitare una lettera da parte del governo mongolo ma era stato respinto e la lettera non era stata accettata. Quattro mesi dopo, nel gennaio 1268, giunse un’altra lettera dei mongoli e questa volta fu accolta [dall’ufficio governativo di Kyushu]. In febbraio la missiva fu trasmessa alla corte imperiale [a Kyoto], esaminata e inoltrata allo shogunato di Kamakura. Terminava con queste parole: «[Se il Giappone non giurerà fedeltà all’Impero Mongolo] saremo costretti a far uso della forza militare, cosa che nessuna delle due parte desidera. Il regnante dovrebbe ponderare attentamente tale questione».

IKEDA: Era il segno che stava per cominciare la calamità dell’invasione straniera. Le due calamità che, secondo la predizione del Daishonin nel Rissho ankoku ron, avrebbero colpito il Giappone si stavano verificando. Lo shogunato, che aveva ignorato il sincero ammonimento del Daishonin, e la corte imperiale erano totalmente confusi sul da farsi. Fu deciso di non rispondere ai mongoli e intanto di chiedere a conestabili e proprietari terrieri delle province occidentali di prepararsi all’invasione mongola. Non avevano un’idea precisa di come agire se non ordinare a tutte le varie scuole religiose di offrire preghiere agli dei e ai Budda. Inizialmente vi fu incertezza anche sul sutra da leggere durante le preghiere. Il paese cadde nella confusione più totale[ref]Nel Soshu Shojo, un documento datato 15 marzo 1268, si legge: «Viene spiegato perché occorre leggere i sutra e recitare le preghiere ma non viene indicato di quali sutra o preghiere si tratti».[/ref].

MORINAKA: In mezzo a tale confusione, nel marzo dello stesso anno, l’anziano Hojo Masamura abdicò a favore del giovane Hojo Tokimune che fu nominato ottavo reggente. Attorno a quel periodo continuava ad accentuarsi la tendenza, nell’ambito dello shogunato, al potere esclusivo[ref]Tale sistema portò a una concentrazione dei poteri in mano al ramo principale Hojo durante la reggenza di Tokiyori e Tokimune.[/ref] del ramo principale Hojo. In parte era un modo per rafforzare la capacità del regime di rispondere in un momento di crisi. Fu in queste circostanze che Hei no Saemon no-jo Yoristuna[ref](m. 1293): uno dei principali funzionari della reggenza Hojo che servì sia Hojo Tokimune che Hojo Sadatoki ed esercitò un’enorme influenza nelle scelte politiche e militari come vice capo della polizia.[/ref], essendo al servizio del ramo Hojo, riuscì gradualmente a farsi strada ai vertici del potere.

SAITO: In aprile, il Daishonin scrisse Presupposti per la stesura del Rissho ankoku ron, che inviò al prete Hogan il quale si riteneva avesse legami con lo shogunato. In agosto Nichiren inviò una lettera anche al prete laico Yadoya[ref]Yadoya Mitsunori, funzionario del governo Kamakura che servì i reggenti Hojo Tokiyori e Hojo Tokimune.[/ref] nella quale faceva notare che le sue previsioni avevano colpito nel segno e chiedeva che Yadoya riferisse al reggente Hojo Tokimune il consiglio di abbandonare gli insegnamenti errati delle varie scuole e dedicarsi all’insegnamento corretto. Poi, in ottobre, inviò altre undici lettere a undici diversi destinatari e templi. Fra questi vi era il reggente Tokimune, Hei no saemon, Doryu[ref]Prete cinese della scuola zen Rinzai e primo priore del Kencho-ji di Kamakura.[/ref] del tempio Kencho-ji, Ryo-kan del Gokuraku-ji e altri religiosi legati al potere governativo. In queste lettere richiedeva la convocazione di un pubblico dibattito per stabilire definitivamente quale delle varie dottrine fosse vera e quale falsa.

IKEDA: Nei Presupposti per la stesura del Rissho ankoku ron il Daishonin afferma: «Io, Nichiren, saprei cosa fare per porre rimedio a questa situazione. Oltre il saggio del monte Hiei [il Gran Maestro Dengyo, fondatore della scuola Tendai in Giappone], sono l’unico in tutto il Giappone che a ragione può definirsi tale» (SND, 1, 59) [nella nuova edizione (WND, 163) si afferma più esplicitamente «sono l’unico a saperlo in tutto il Giappone», n.d.t.].
Il Daishonin non poteva rimanere in silenzio davanti a una crisi che minacciava l’esistenza stessa della nazione e che avrebbe arrecato gravi sofferenze alle persone. Giustizia significa parlare apertamente e con compostezza quando è giunto il tempo di farlo. Agire così è vera compassione. Se non parlassimo quando il tempo lo richiede poi sarebbe troppo tardi. Non ci sarebbe un’altra possibilità. Penso che questa fosse la ragione dei vari appelli che il Daishonin sottopose al governo in rapida successione.

SAITO: Ma il governo di Kamakura, ben lungi dal prestare ascolto alle parole del Daishonin, una persona saggia le cui previsioni si erano dimostrate veritiere, non fece che perseguitarlo con accanimento ancor maggiore.

IKEDA: Era un regime a cui non interesseva la felicità delle persone ma solo la conservazione del proprio potere. Di conseguenza era destinato a scontrarsi con il Daishonin che aspirava all’adozione della dottrina corretta per la pace del paese. Il Dasihonin afferma che il popolo del Giappone aveva perso il senno[ref]Ne Il comportamento del Budda il Daishonin afferma: «Ciò è accaduto perché da molto tempo tutti i giapponesi, umili e potenti, sono ostili al Sutra del Loto. Così hanno accumulato gravi offese e sono caduti in preda ai demoni. La lettera ufficiale dei Mongoli li ha privati dell’ultimo residuo di sanità mentale» (WND, 763 – SND, 4, 40).[/ref].

MORINAKA: Il regime considerava il Daishonin sempre più pericoloso e stava studiando vari modi per perseguitare lui e i suoi discepoli. Ma fino a quel punto erano solo discussioni interne al governo su quali misure assumere nei suoi confronti e non c’era ancora stata alcuna persecuzione.

IKEDA: Possiamo ipotizzare che, dopo che la realizzazione della sua profezia di invasione straniera, un numero crescente di persone a Kamakura credesse nel Daishonin e si fosse convertita al Sutra del Loto. Secondo il Gosho Risposta a Shijo Kingo, il Daishonin inviò ancora lettere a vari personaggi nel novembre dell’anno successivo, il 1269, pienamente consapevole che avrebbero potuto provocare il suo esilio o la morte e pare che avesse anche ricevuto diverse risposte. Fu allora che il terzo potente nemico cominciò a dimostrare concretamente la sua vera turpe natura.

MORINAKA: A precipitare le cose vi fu la sfida con Ryokan sulle preghiere per la pioggia nel 1271. Dopo la totale sconfitta, il risentimento di quest’ultimo nei confronti del Daishonin si fece ancor più acuto. Ryokan, che si era insediato al tempio Gokuraku-ji nell’agosto 1267, aveva fatto delle preghiere per la pioggia il suo cavallo di battaglia. Nel 1269 aveva pregato con successo per far piovere a Enoshima (una piccola isola appena al largo della costa occidentale di Kamakura) e si era conquistato una certa fama non più soltanto come esponente della setta Ritsu ma anche come prete capace di pregare per la pioggia.
In Risposta a Shimoyama, il Daishonin scrive: «[Ryokan] dimostrava prontezza nel far cadere la pioggia» (GZ, 349). Secondo una sua biografia si dice che avesse pregato con successo per la pioggia ventiquattro volte nel corso della sua vita.

MORINAKA: Pare che Ryokan fosse entusiasta della proposta del Daishonin. Pregare per la pioggia era il suo forte e quindi sentiva di avere la vittoria in pugno[ref]In Lettera di petizione di Yoritomo il Daishonin scrive: «“Decideremo qual è l’insegnamento corretto attraverso la preghiera per la pioggia. Se piove entro sette giorni potrete credere di rinascere nella Pura Terra in virtù degli otto precetti del Nembutsu. Ma se non piove, dovrete riporre la vostra fede unicamente nel Sutra del Loto”. Soddisfatti di udire questo, i due portarono il messaggio per il prete Ryokan al tempio Gokuraku-ji. Piangendo di gioia, il prete Ryokan e più di centoventi discepoli, pregarono […] nello sforzo di produrre la pioggia in sette giorni» (SND, 6, 153).[/ref].

SAITO: Ryokan annunciò ai suoi discepoli che avrebbe fatto piovere entro sette giorni. La maniera in cui vennero condotte queste preghiere fu piuttosto strana. Come fa notare il Daishonin sembrava che pregassero a casaccio: «Recitarono il Nembutsu, il Sutra Shou[ref]Spiega il rituale per la pioggia e il comportamento che deve tenere colui che lo esegue.[/ref] e il Sutra del Loto, e Ryokan predicò sugli otto precetti…» (SND, 6, 153). Oltre ai rituali Ritsu, Shingon e Nembutsu, fecero ricorso anche al Sutra del Loto. Ma dopo sette giorni non era piovuto e, nonostante la proroga di una settimana, alla fine fu assolutamente evidente che Ryokan era stato sconfitto.

IKEDA: Invece di ammettere la propria sconfitta, Ryokan complottò con Nen’a Ryochu del tempio Jomoko-ji per inoltrare una denuncia per iscritto contro il Daishonin, utilizzando come prestanome un discepolo di Nen’a di nome Gyobin.

MORINAKA: Nella querela i discepoli del Daishonin venivano anche accusati di «gettare nel fuoco o nell’acqua, immagini di Maida e Kannon e altri oggetti tradizionalmente cosiderati degni di rispetto» (GZ, 181).

IKEDA: In realtà come veniva descritto nel brano già citato del Shaseki shu, erano i Nembutsu che commettevano queste azioni. Dunque sporsero una falsa denuncia accusando i discepoli del Daishonin di avere commesso atti di cui loro stessi erano responsabili. Per questo il Daishonin insisteva con veemenza che, se le loro accuse erano veritiere, dovevano essere in grado di esibire prove o testimoni per avallarle e che stavano attribuendo a lui e ai suoi discepoli la colpa di crimini commessi da Ryokan e altri[ref]«Se questo è vero, dovrebbero esibire un testimone. Ma se non ci sono prove, significa che il pio Ryokan e gli altri stanno soltanto cercando di attribuire a Nichiren la colpa delle loro stesse azioni di aver gettato oggetti di culto nel fuoco o nell’acqua» (GZ, 181).[/ref].

SAITO: I malvagi ricorrono sempre a simili tattiche. Attaccano i giusti utilizzando menzogne e dicerie, accusandoli proprio delle azioni meschine di cui loro stessi sono colpevoli. Ma, per quante menzogne possano accumulare, la verità è una sola. E anzi, più falsità riescono a generare, più è sicuro che tutte le loro bugie crolleranno.

IKEDA: Per questo è importante smascherare le menzogne fino in fondo. Allora i furfanti che profondamente sono codardi continueranno a fabbricarne altre fino a diventare gli artefici della loro stessa rovina. Il Daishonin inviò immediatamente una ricusazione: Risposta alle accuse di Gyobin (GZ, 181). Nella lotta contro il male non bisogna mai abbassare la guardia.

MORINAKA: Gyobin non fu in grado di presentare alcuna documentazione per supportare le sue accuse e così la denuncia cadde nel nulla.

SAITO: Allora Ryokan ricorse a un’altra strategia, sfruttando preti suoi sottoposti e altri intermediari in contatto con personaggi influenti per continuare a diffondere calunnie e accuse nei confronti del Daishonin.

IKEDA: Essendo impotenti a combattere il Daishonin con mezzi ufficiali, i preti buddisti di Kamakura, con Ryokan a capo, cercarono di intrappolare il Daishonin nella loro rete facendo ricorso a canali privati. Istigarono così la monaca laica, madre del reggente Tokimune e figlia dell’ex cofirmatario Shigetoki e altri a fare pressioni sui reggenti perché prendessero provvedimenti.
Il terzo potente nemico di rado si manifesta apertamente. Di solito perseguita un giusto manipolando le altre persone dietro le quinte. Questo è ciò che intende il Gran Maestro Miao-lo quando dice: «La terza (categoria) è la peggiore. Ciò perché la seconda è difficile da riconoscere per quella che veramente è, ma la terza è ancora più difficile» (SND, 1, 183).
Per questo dobbiamo assolutamente riuscire a smascherare gli intrighi dei tre potenti nemici. Josei Toda, secondo presidente della Soka Gakkai, affermava: «Quando i demoni vi si avvicinano, non annunciano la loro presenza dicendo: “Scusi, posso entrare?” ma si insinuano silenziosi e subitanei». La funzione della fede è di guardarci da essi e non permettergli di entrare e la riuscita dipende dalla forza della propria fede.

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ERRATA CORRIGE:
nel n. 278 del 15 marzo, nella seconda colonna di pagina 17, la frase «IKEDA: Shigetoki era il terzo figlio del terzo reggente dello shogunato di Kamakura, Hojo Yasutoki…» deve essere così corretta: «…Shigetoki era il terzo figlio del secondo reggente…»

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