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La partita più importante - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:20

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La partita più importante

Matteo Gay, Livorno

È stata una lotta dura perché i miei desideri si scontravano con l’immagine che avevo lasciato di me e non c’è sfida più dura che mostrare agli altri di essere cambiati

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È stata una lotta dura perché i miei desideri si scontravano con l’immagine che avevo lasciato di me e non c’è sfida più dura che mostrare agli altri di essere cambiati

Ho trentatré anni, e conosco il Buddismo del Daishonin dal 1993. Ho sempre avuto una grande passione per il calcio e negli anni in cui ho conosciuto il Buddismo, a Milano, ero un calciatore professionista in una squadra di serie B. Quando andai alla mia prima riunione di discussione rimasi sorpreso dall’atmosfera di gioia e profondità ma, nonostante il Buddismo mi affascinasse, non iniziai subito a praticare. Avevo tutto quello che i ragazzi della mia età sognavano: una bellissima ragazza, soldi, fama e una famiglia felice, non conoscevo né la sofferenza né la sconfitta.
Dopo circa un anno iniziò una serie di problemi: iniziai a fare uso di sostanze stupefacenti e la mia famiglia subì un grave fallimento economico, con tutte le conseguenze del caso. La nostra vita cambiò ma soprattutto mi segnò profondamente l’improvvisa scomparsa di mio nonno al quale ero molto legato e da cui avevo ereditato tutte le mie passioni: l’amore per il calcio, il mare e la pesca, inoltre mi accorsi che la ragazza con cui stavo mi tradiva e ci lasciammo. Entrai in un mondo di grande sofferenza, mi sentivo perso. Incontrai di nuovo la persona che mi aveva portato allo zadankai e tornai a parteciparvi perché mi sentivo incoraggiato e alleggerito. In quegli anni nel Milan giocava Roberto Baggio. Egli era sempre stato, oltre che il mio idolo, un grandissimo esempio. Grazie ad alcuni membri ebbi l’occasione di conoscerlo. Andai diverse volte a casa sua, ma per me era solo un pretesto per poter vedere da vicino il miglior calciatore al mondo. Se adesso sono quello che sono e ho trasformato la mia vita e le mie tendenze, lo devo proprio a lui e alla sua fede. Porto ancora nel cuore le sue parole e il suo esempio fu la spinta che mi fece iniziare a praticare seriamente. Ogni giorno mi sentivo meglio, tanto che tornai a sperare di poter realizzare il mio sogno: giocare in serie A. Feci shakubuku ai miei genitori e mia madre ora è membro della Soka Gakkai. Mi dedicai molto all’attività per gli altri, pensando di avere una forte fede, ma in realtà non combattevo contro le mie vere debolezze.
Vivevo due vite, quella apparente in cui sembravo un vincente nella fede e quella personale dove, nonostante la mia professione e il mio sogno, continuavo a fare uso di sostanze stupefacenti. Piano piano lasciai le responsabilità e in seguito smisi di praticare. Non ebbi il coraggio di andare fino in fondo e di sconfiggere la mia oscurità. Svanirono insieme al mio voto, tutti i miei sogni e tutti i miei desideri. Ho trascorso otto anni della mia vita giocando di città in città per tutta l’Italia, apparentemente con una bella carriera, vincendo tanti campionati e segnando tanti goal, ma ovviamente non realizzando il mio sogno: la serie A. Vittorie tristi, effimere. Ho provato tante volte in questi anni a ricominciare a praticare, ma nonostante gli incoraggiamenti di tutti i membri nelle varie città in cui giocavo, tutti i tentativi fallirono sempre. Il senso di sconfitta e di sfiducia in me stesso mi portarono ad abusare anche di alcol e ne divenni dipendente. Iniziai a essere allontanato dalle squadre in cui giocavo e nessuna società era più disposta a darmi fiducia. Smisi di fare il calciatore. Ero uno dei tanti alcolizzati in Italia.
Tornai a vivere con la mia famiglia che nel frattempo si era trasferita a Livorno e la convivenza fece emergere chiaramente il mio problema, causando grandi sofferenze a chi mi voleva bene. Infine riconobbi in pieno il mio fallimento: ero solo, senza lavoro, senza una compagna e sconfitto dalle mie tendenze. Raccolsi tutto il mio coraggio e il mio istinto di sopravvivenza mi spinse ad andare al Centro culturale di Livorno. Sapevo che solo la pratica mi avrebbe salvato. Grazie all’unico amico che avevo, Daniele, ricominciai a partecipare alle riunioni, sforzandomi di recitare costantemente, nonostante l’alcol dominasse ancora la mia vita. Decisi di riaprire il Gohonzon, di ricominciare a fare attività di protezione con la squadra dei soka-han, ragazzi fantastici a cui sono molto legato. Durante un consiglio sulla fede fui incoraggiato a trasformare questa sofferenza e a dedicare la mia vittoria agli altri e a kosen-rufu.
Poi si è verificato l’evento che ha cambiato la mia vita. Al Centro ho conosciuto Elisa. Tra noi si è stabilito subito un forte legame, un profondo sentimento, come se ci fossimo davvero “ritrovati”, ma poco dopo il mio problema emerse in maniera lampante: ancora una volta l’alcol stava distruggendo le cose più belle della mia vita. Lei mi dimostrò il suo amore ma nello stesso tempo era determinata a non voler stare con una persona con questi problemi. Soffrivo moltissimo e compresi che solo con il Gohonzon, il Daimoku e il coraggio, avrei potuto trasformare questa parte del mio karma. Iniziai a recitare con la determinazione di cambiare la mia vita con ogni singolo Nam-myoho-renge-kyo. Sentii la vittoria nel mio cuore, perché avevo deciso che qualsiasi cosa fosse accaduta, avrei davvero lottato fino alla fine. Con l’incoraggiamento del presidente Ikeda e il desiderio di vivere, andai in un centro specializzato che cura le dipendenze dove sono stato curato e supportato. Dopo tanti anni ho provato di nuovo amore per la mia vita e ho sentito quanto fosse preziosa.
Grazie a questa vittoria e alla rinnovata fede nel Gohonzon sentii il desiderio di tornare a giocare a calcio. Il mio obiettivo era quello di avere un’altra occasione. Desideravo “trasformare il veleno in medicina” e ripetendo queste parole nel mio cuore, recitavo Daimoku affinché con la mia esperienza, potessi mostrare a tutti il potere della Legge mistica. È stata una lotta dura perché i miei desideri si scontravano con l’immagine che avevo lasciato di me e non c’è sfida più dura che mostrare agli altri di essere cambiati. Combattevo contro la mia paura di perdere. Nel pieno della lotta ho ricevuto una telefonata in cui poteva esserci la svolta per realizzare il mio sogno. Recitavo Daimoku con forza per sostenere nell’attività Elisa e tutti gli altri membri che stavano partecipando al corso estivo a Rimini. In un momento critico mentre aspettavo una risposta, sentii un senso di sfiducia e di sconfitta ma Elisa mi inviò un sms con le parole di sensei: «Gli sportivi devono vincere!». Chiamai a raccolta tutta la mia fede e poco dopo ecco la risposta che aspettavo: sarei tornato a fare il calciatore. La vera vittoria non era stata solo quella di tornare a giocare, ma l’atteggiamento con cui sono tornato a farlo, avendo cambiato profondamente l’oscurità nella mia vita attraverso la fede. Questa esperienza è stata un’occasione per dimostrare ai miei compagni di squadra il potere della Legge e fare shakubuku.
Elisa non è più solo una compagna di fede, ma la compagna della mia vita. Il 16 marzo ci siamo sposati e a giugno mi ha donato la grandissima gioia di diventare padre. Ho scritto al mio maestro, promettendogli di essere il miglior padre per mio figlio e di realizzare tutti i miei sogni, costruendo una famiglia felice e di valore. Come è scritto nel Gosho Risposta a Kyo’o: «Una spada sarà inutile nelle mani di qualcuno che non si sforza di lottare» (RSND, 1, 365). Grazie sensei, grazie a tutti. Alla fine ce l’ho fatta.

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