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La mia vita tra la gente - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 11:31

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La mia vita tra la gente

Filomena Basile, Lecce

Dedicandomi alla felicità dei miei parenti e amici mi sono accorta che l’ansia e la paura sono finalmente sparite dal mio cuore e ciò mi fa capire che il problema è solo un mezzo per realizzare kosen-rufu

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Dedicandomi alla felicità dei miei parenti e amici mi sono accorta che l’ansia e la paura sono finalmente sparite dal mio cuore e ciò mi fa capire che il problema è solo un mezzo per realizzare kosen-rufu

Avevo vent’anni quando nel 1999 ho ricevuto il Gohonzon. Nel 2012, dopo aver conseguito la laurea in Beni culturali e mentre frequentavo un master, entrai in crisi: non capivo più se la strada intrapresa coi miei studi fosse quella giusta. Quell’anno partecipai a un corso buddista col desiderio di superare il periodo di stallo in cui mi trovavo: praticavo, partecipavo alle attività, ma non ero felice e non riuscivo neanche a fare shakubuku. Durante quel corso, mentre recitavo Daimoku, sentii una gioia immensa, la mia vita abbracciava l’universo, ero davvero un Bodhisattva della Terra. Rientrata a Lecce incontrai Silvia, un’amica a cui avevo parlato di Buddismo dieci anni prima, che mi disse che avevo un aspetto solare e volle iniziare a praticare.
Iniziai a fare compagnia per alcune ore alla signora Vittoria, una “giovanotta” di ottantasei anni che amava ascoltare la lettura dei discorsi del presidente Ikeda. Quando arrivavo a casa sua mi chiedeva di recitare Daimoku insieme, così le scrissi a caratteri cubitali Nam-myoho-renge-kyo su un foglio. Quando, purtroppo, si è spenta, ancor prima di saperlo l’ho sognata che mi aspettava a casa per salutarmi, sorridente, prima di andare via.
Oltre al dispiacere per la sua perdita ero di nuovo senza lavoro. Mi teneva in piedi l’attività fatta nella Divisione giovani, a cui continuavo a dedicarmi, ma ogni mattina appena sveglia combattevo contro il fantasma della depressione, mi sentivo apatica e non avevo più la forza di spedire curriculum o di cercare lavoro.
Ripresi in mano la mia sudata tesi in geografia economica e decisi di spedirla al presidente Ikeda per dimostrargli la gratitudine che provavo nei suoi confronti. Un giorno, proprio quando mi sentivo sprofondare nella sofferenza, mi arrivò il messaggio che sensei aveva ricevuto la mia tesi. A quel punto sentii un grande incoraggiamento: il mio maestro era con me e fu proprio in quei giorni che Silvia, la mia amica, mi disse che aveva deciso di praticare seriamente.
Durante l’estate del 2014 mio fratello si trovò ad affrontare un grande problema che fece piombare nell’inferno tutta la mia famiglia. Ebbi l’occasione di partecipare al corso nazionale di Chianciano in cui Hideaki Takahashi, responsabile della SGI europea, spiegando un Gosho disse che quando recitiamo Daimoku attiviamo la natura di Budda dei nostri familiari, dei compagni di fede, dei concittadini, degli esseri viventi dell’universo e tutti traboccano di gioia. Quando agiamo basandoci sulla fede entriamo in contatto con numerosi amici con cui abbiamo un legame karmico, e ognuno di noi ne ha tanti che ancora non è riuscito a richiamare attraverso il Daimoku; li definì compagni di fede “dormienti” e disse che prendendoci cura di loro avremmo potuto realizzare la nostra missione di Bodhisattva della Terra.
Tornai a casa decisa a mettere in pratica questo incoraggiamento. Il mio gruppo si riuniva il giovedì: desideravo con il cuore trovare una soluzione per alcuni amici che non riuscivano a partecipare. Con Brunella, la mia coinquilina buddista, decidemmo di offrire casa ogni sabato mattina: Silvia fu la prima a partecipare e portò alcuni suoi amici; si riaffacciarono anche delle persone cui avevo parlato del Buddismo diversi anni prima. Quattro di loro hanno ricevuto il Gohonzon. Quegli incontri del sabato mattina diventarono un appuntamento fisso, così è nato il gruppo Cittadella, dove finora sono stati consegnati sei Gohonzon.
In quel periodo davo ripetizioni a Martina, una dodicenne che all’età di due anni aveva affrontato una difficile malattia per la quale ancora oggi è costretta a fare controlli medici e sedute di fisioterapia. Mi disse subito: «A cosa serve studiare? Tanto poi muoio!». Ogni giorno prima di incontrarla recitavo Daimoku per lei, per toccare il suo cuore privo di desideri, volevo che tirasse fuori la gioia insita nella sua vita. Per mesi sembrò un’impresa impossibile, poi un giorno mi chiese di fare insieme tre Daimoku. Il giorno dopo sua madre Mary aveva una visita medica per cui era molto agitata e così le dissi di ripetere Nam-myoho-renge-kyo. Quando tornò, mamma e figlia iniziarono a praticare e Mary, a marzo ricevette il Gohonzon.
Le problematiche emotive di Martina e le sue conseguenti difficoltà nello studio, oltre al fatto di essere vittima di bullismo, divennero la “mia” sfida, anche perché i suoi professori avevano detto che probabilmente sarebbe stata bocciata. Ma grazie alle sue preghiere e al suo impegno, l’anno scorso è stata promossa, gli insegnanti hanno visto il suo cambiamento e tutti gli “impreparati” dello scorso anno sono diventati dei sette. In particolare un’insegnante è rimasta colpita dalle sue parole: «Prof, mica posso morire, io devo studiare!». Martina era così felice che ha voluto scrivere anche al presidente Ikeda per raccontargli dei suoi successi! Anche Maria, la mamma di Lorenzo, un meraviglioso quindicenne a cui la mia coinquilina insegna inglese, ha ricevuto il Gohonzon. Lorenzo e Martina sono diventati amici, partecipano insieme alle riunioni Futuro e parlano di Buddismo ai loro coetanei.
L’anno scorso ho conosciuto un’altra ragazza con problemi psicofisici, affetta da tetraparesi spastica, che aiuto nella preparazione degli esami universitari. Mentre stavo valutando l’idea di iscrivermi al master di counselor, pubblicarono sul Nuovo Rinascimento (NR, 531, 4) un saggio di sensei per gli educatori, in cui lodava proprio il ruolo dei counselor per il loro sostegno ai ragazzi vittime del bullismo; sentivo il forte incoraggiamento del mio maestro: chi più di me, vittima anch’io di bullismo a scuola, poteva capire il cuore dei ragazzi? Sentivo di aver trovato la mia strada. Oggi posso dire di essere finalmente felice in quello che faccio.
Intanto mio padre era caduto in depressione a causa del problema di mio fratello, ma più la situazione peggiorava, più io continuavo a recitare e a parlargli di Buddismo, e nel giro di pochi mesi lui ritornò a lottare. Inaspettatamente, quel mese ricevetti molto più dello stipendio che mi spettava e quel gesto di riconoscenza fu come una dolce carezza; decisi di donarlo alla Soka Gakkai con gratitudine. Di lì a pochi giorni mia nonna mi fece un regalo: una somma cinque volte maggiore della cifra della mia offerta!
Intanto chiesi un consiglio nella fede su come affrontare la mia questione familiare e fui incoraggiata a continuare a recitare Daimoku per kosen-rufu, unica strada possibile per la vittoria assoluta.
Ogni mattina presto mandavo a mio fratello una frase del presidente Ikeda e dopo mesi bui trascorsi a letto, a dicembre mi ha confidato il suo obiettivo dell’anno: tornare al lavoro da uomo nuovo. Sta facendo un profondo percorso con se stesso in cui ha deciso di chiedere aiuto a un terapeuta e sta lottando come un leone per vincere in ogni aspetto della sua vita. Io continuo ad approfondire gli scritti del presidente Ikeda, in particolare c’è un brano della Nuova rivoluzione umana che mi sta a cuore: «Tuttavia, quando si risvegliarono alla loro missione di Bodhisattva della Terra e cominciarono a percorrere la grande strada di kosen-rufu, quelle sofferenze che in precedenza li avevano fagocitati diventarono poco significative, come una pellicina sulla punta di un dito. La sofferenza maggiore che turbava i loro cuori era come salvare gli amici e condurli alla felicità. Queste sono le vere preoccupazioni che affliggono i Budda e i Bodhisattva della Terra» (NR, 494, XXII). Mi si è aperto un mondo: mi sono accorta che agendo per la felicità dei miei parenti e dei miei amici l’ansia e la paura sono finalmente sparite dal mio cuore e ciò mi fa capire che ogni problema è solo un mezzo per realizzare kosen-rufu.
Ora sono responsabile della Divisione donne del capitolo Lecce e quest’anno con Manuela, la mia corresponsabile, abbiamo costruito profondi legami con le donne attraverso una forte preghiera e gli incontri individuali. Abbiamo deciso, insieme alle responsabili di settore, di sostenere i gruppi fino alla realizzazione dell’obiettivo di due nuovi membri. Il gruppo che ho frequentato ha consegnato quattro Gohonzon nel 2015. A oggi nel nostro capitolo ventitré persone hanno ricevuto il Gohonzon, di cui undici giovani. Uniti al cuore del maestro, continueremo a impegnarci per rendere quante più persone possibile felici nella nostra terra!

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