Clara appartiene alla prima generazione di praticanti in Italia, era tra coloro che hanno accolto il presidente Ikeda a Firenze nell’81 e tutti i grandi cambiamenti della sua vita sono stati determinati dalla relazione con il maestro. Con questa esperienza, raccontata al corso nazionale donne, apriamo una serie dedicata alle pioniere e ai pionieri di kosen-rufu in Italia
Per far capire il mio percorso devo tornare a quando ero bambina, facevo la brava per non far piangere la mamma, volevo fare il medico ma mio padre, preoccupato per la mia salute, decise che era meglio che studiassi lingue…
A ventitré anni ho lasciato l’università e mi sono sposata per scappare dai litigi familiari, ma è durata solo tre anni. Nel ’76 ho incontrato il padre dei miei figli e dopo un anno ci hanno parlato del Buddismo, lui ha iniziato subito e io poco dopo. Tanti pianti davanti al Gohonzon, lacrime liberatorie perché vedevo tutta l’insoddisfazione che c’era nella mia vita.
Mi sentivo come l’uccello Kankucho descritto nel Gosho Lettera a Niike, che quando fa freddo dice che si costruirà un nido ma poi il mattino, riscaldato dal sole, se ne dimentica e continua a lamentarsi per tutta la vita.
«Che c’è da piangere? – mi dicevano – Decidi di cambiare il tuo karma!». Era proprio così.
Iniziai a scrivere la tesi e mi riavvicinai ai miei per prendermi cura di loro. Stavo prendendo in mano la mia vita, nessuno avrebbe più deciso del mio futuro. In breve mi sono laureata e mio padre, felice, mi ha regalato una casa che è subito diventata un piccolo ufficio per kosen-rufu, con una fotocopiatrice perché allora non c’erano le riviste. Fin dall’inizio ho voluto fare l’offerta e questo mi ha portato tanta buona fortuna nella vita. Ho fatto attività byakuren, di interprete e di segreteria, con una macchina da scrivere che se sbagliavi un nome dovevi ricominciare da capo la lista…
Quindi lavoro, matrimonio, casa, è nato il primo figlio, poi mia figlia, mia mamma è guarita dalla depressione ed è tornata a sorridere, e mio fratello vedendo questi risultati ha iniziato a praticare e non ha smesso più.
In seguito abbiamo comprato una casa più grande, all’asta, a un quarto del valore reale, a due passi dai miei: un grande beneficio perché quando poi sono rimasta sola con i bambini, i miei hanno potuto aiutarmi, e quando sono diventati anziani io ho potuto star loro vicina.
Nell’81 ho incontrato Sensei per la prima volta, a Firenze. Recitammo tantissimo Daimoku per proteggere tutto e tutti, per cogliere il suo spirito e la sua fede. Io accompagnai i partecipanti da Roma, con il pullman. All’arrivo ci hanno raccontato che Sensei aveva detto di “puntare a vent’anni di pratica”, e io me lo sono segnato. Soprattutto mi ha folgorata il suo atteggiamento: sorrideva a tutti, metteva tutti a proprio agio. Tutta la sua energia era volta a far crescere i giovani. Nel pomeriggio ci parlò del principio di “emergere dalla terra”. Disse:
«La vita può essere definita una lotta continua contro le difficoltà ma, come praticanti del Buddismo di Nichiren, tutte le sfide e le sofferenze che incontriamo e superiamo servono per dimostrare la prova dell’incredibile potere della nostra pratica buddista. In altre parole, trionfare sulle sofferenze dovute al karma ci consente di dimostrare la verità e la validità del Buddismo di Nichiren e di diffondere la Legge mistica» (NRU, 30, 374)
Poi è arrivato il ’92, tutti in pista perché il presidente Ikeda tornava in Italia! Io in quei giorni ero sempre in albergo perché mi occupavo dello staff regali. Quindi non ho partecipato al Garden Party, ma a un certo punto un membro tirandomi mi ha detto: “Vieni, adesso passa Sensei!”. Io avevo gli occhiali da sole neri che più neri non si può. Sensei passando in auto mi ha lanciato un’occhiata che mi è arrivata dritta allo stomaco, come se mi dicesse: “Togliti quegli occhiali e guarda in faccia la realtà!”.
Il giorno dopo Sensei ha ricevuto il Fiorino d’oro, a Palazzo Vecchio, mentre la signora Kaneko ha incontrato le responsabili nazionali donne e ha regalato a ognuna un cartoncino con degli ideogrammi, da parte del marito. Nel mio c’erano due parole: “Gioia e gloria”. E lì di nuovo ho sentito che c’era un problema che dovevo affrontare.
Appena rientrata a Roma l’ho affrontato e ho preso la decisione di separarmi, con due bambini. Non è stata una passeggiata perché tutto quello che avevo cercato di costruire, la mia “famiglia gioiosa”, è andato per aria. Per un attimo ho pensato “è finita, ora la depressione mi travolge”, ma avevo il sostegno dei compagni di fede, dei genitori e anche di mio fratello. Essendomi separata avevo urgenza di lavorare e mi sono messa a fare un Daimoku disperato, continuavo a pregare finché non mi sentivo felice, e il giorno dopo ricominciavo. E così, in pieno agosto, ho trovato quattro lavori e li ho presi tutti! Dopo due anni, però, mi sono resa conto che non mi restava più tempo di dedicarmi ai membri e quindi determinai con forza di trovare un lavoro che mi permettesse di fare anche attività, perché questo era il mio desiderio profondo. Dopo un po’ mi arrivò la proposta di lavorare per la Soka Gakkai: ero basita, non ci potevo credere! Tuttavia in quel periodo ero ancora tormentata dal rancore e ricevetti una guida severa: “Diventa brava tu!”. Così decisi una volta per tutte di coltivare la fede invece del rancore. Piuttosto che guardare i difetti degli altri, potevo realizzare molto di più migliorando me stessa. Poi, dopo un periodo di tregua arrivò il momento di affrontare l’adolescenza turbolenta di mio figlio, un ragazzo intelligente bocciato per la terza volta. Io ero furibonda, ma una compagna di fede mi indicò un numero de Il nuovo rinascimento con una guida che diceva: “Considera una bocciatura come un grande potenziale ancora da esprimere”: Sensei mi stava seguendo passo dopo passo!
Mio figlio mi domandò stupefatto: “Ma non ti arrabbi?”, e io risposi: “Vuol dire che ci farai vedere quello che vali, perché adesso dovrai fare due anni in uno!”. Da lì è cominciata la sua lenta ripresa. Decisamente è valsa la pena di dargli fiducia! Mia mamma ha vissuto fino a 98 anni dicendo che la vita è bella e se la voleva godere. Anche mio padre è morto sorridente, mentre mio fratello oggi è un bravo padre e un bravo marito.
E anch’io non posso lamentarmi: alla mia età non prendo un farmaco!
Adesso voglio ripartire più aperta che mai e dedicarmi alla propagazione con tutta me stessa.
Sempre in Lettera a Niike, Nichirenscrive:
«Rispettare gli anziani e proteggere i giovani sono regole di comportamento universali» (RSND, 1, 910)
Sono certa che Sensei ha seminato così tanto e bene che le sue idee si stanno radicando e diventeranno parte integrante della società, perché sono in accordo con la ragione. Altrimenti io non le avrei mai seguite!


