Lucia Castellana, di Palermo, ha condiviso la sua esperienza durante la riunione
Sono cresciuta in un ambiente in cui ho imparato a dover dimostrare di meritare l’affetto, a essere migliore degli altri, perché così si misura il valore di una persona. Ero sempre stata la prima in qualunque cosa: la migliore studentessa, la figlia perfetta. Il primo anno di università, però, vissi un’esperienza di violenza e stalking così forte da scardinare tutto ciò in cui credevo e che mi portò a rallentare il mio percorso di studi.
Vedevo i miei colleghi laurearsi e affacciarsi nel mondo del lavoro, mentre io sperimentavo una condizione nuova e scomoda: non ero più la prima e, quindi, pensavo di non valere nulla. Più mi ripetevo questo, più rimanevo immobile, non davo esami e mi rimproveravo. Mi ero sempre immaginata laureata, in carriera, con un bell’appartamento, in viaggio per meeting di lavoro. Invece soffrivo arrancando dietro a ogni esame. Fu in quella situazione che cominciai a praticare il Buddismo, e fin da subito mi venne naturale fare shakubuku ai miei amici.
Trovai un lavoro in un ambiente stimolante e dinamico, ma riuscivo a vedere solo ciò che mi mancava. Pur praticando, commiseravo me stessa e continuavo a pensare che ormai era troppo tardi per coltivare un sogno e riprendere in mano la mia vita.
Mi chiudevo sempre di più in me stessa, arrivando a parlare pochissimo di Buddismo agli altri.
Il Gongyo di Capodanno 2018 fu il momento di svolta. Sentii che sensei mi stava chiedendo di vincere. Decisi che lo avrei fatto là dove mi veniva più difficile, determinando di concludere l’università. Lo avrei fatto non solo per me, ma per incoraggiare tutte le giovani donne. In gioco c’era quanto io decidevo finalmente di credere in me stessa e nelle mie potenzialità. Ognuno di noi fiorisce nel modo che gli è proprio, senza doversi paragonare agli altri. E questo valeva anche per me!
Presa questa determinazione, le difficoltà non sono tardate ad arrivare. Nel lavoro la situazione divenne insopportabile. Mi venivano affidate mansioni di poco conto, non mi sentivo apprezzata, mi credevano un’incapace.
Lo stesso avveniva in famiglia: i miei genitori continuavano a dirmi che non avrei mai fatto nulla di importante nella vita.
Anche nell’attività buddista mi sentivo giudicata e non considerata una buona responsabile. L’ambiente mi stava mostrando quel che c’era dentro di me: continuavo a paragonarmi agli altri, non mi sentivo all’altezza e non mi apprezzavo per quello che ero. Nella disperazione più totale, facendo Daimoku per sentire il mio valore, ho determinato la vittoria assoluta.
Ad agosto 2018 si presentò la possibilità di partecipare al corso giovani europei in Giappone, intitolato “Il voto”. Ho sempre considerato un mio grande limite quello della lingua inglese. Così, quando ho letto che la conoscenza dell’inglese era un requisito fondamentale per partecipare, ho rinunciato prima ancora di provarci. Mentre incoraggiavo le giovani donne a partecipare, si faceva però strada un pensiero dentro di me: “E se invece ci provassi?”
Si trattava di andare al Daiseido per rinnovare il voto al mio maestro, adesso, mentre lui è ancora in vita. Sensei ci invita ad agire sempre in modo da non avere rimpianti, perciò decisi di inviare il form.
Passai la prima selezione, quindi avrei dovuto sostenere un colloquio in inglese. Ero talmente nel panico che pensai di non rispondere al telefono! Alla fine risposi e mi ritrovai, incredula, a parlare per quindici minuti. Passai anche quella selezione. Scoprii di essere l’unica partecipante proveniente dalla Sicilia, e se dovevo andare in rappresentanza di tutti i giovani siciliani, dovevo partire con una vittoria per sensei. Decisi di finire gli esami all’università.
Cominciai a studiare con una convinzione che neanche immaginavo di avere, mentre al lavoro le cose da fare aumentavano. Mi alzavo molto presto, recitavo Daimoku, studiavo, andavo in ufficio, rientravo, studiavo fino a notte fonda.
A spingermi ad andare avanti era la promessa fatta al mio maestro. Il giorno dell’ultimo esame l’ansia era forte, ma mentre lo sostenevo sentii una tranquillità mai provata prima e lo superai.
Nel frattempo, al lavoro cominciarono ad apprezzare la mia serietà, la mia gentilezza con i clienti, il mio arrivare in ufficio sempre col sorriso nonostante le difficoltà.
In Giappone, promisi a sensei che in Sicilia sarebbe nata un’ondata di giovani meravigliosi per cambiare le sorti della nostra terra.
Inoltre gli promisi che mi sarei laureata entro marzo 2019.
A gennaio andai dal professore per chiedere informazioni sulla tesi. L’assistente però mi disse che ero fuori tempo massimo per la consegna e che avrei dovuto presentarmi alla sessione successiva.
Scoraggiata e sul punto di cedere alla sconfitta, ho cominciato a recitare Daimoku. Poco dopo mi ha chiamata un’amica a cui avevo fatto shakubuku anni prima, dicendomi che aveva deciso di ricevere il Gohonzon. Ho pensato: “Ma dopo aver realizzato una vittoria così profonda, come posso anche solo pensare di non farcela?”.
Così, nonostante tutto, ho completato la tesi e l’ho presentata al professore. Lui non solo l’ha accettata, ma si è addirittura complimentato! Gli ho spiegato tutte le difficoltà per portarla a termine facendogli infine shakubuku.
Il 18 marzo 2019 mi sono laureata. È stata la prova concreta di come il voto fatto al maestro possa rendere possibile l’impossibile.
Dopo la laurea, ho cominciato la pratica forense, contenta di questa nuova avventura. Oggi so che non è mai troppo tardi per cambiare, per credere in un sogno. Sensei scrive alle giovani donne: «Se siete coraggiose nella fede non c’è nulla da temere, perché il mondo intero è la terra del Budda» (Il voto dell’Ikeda Kayo-kai, pag. 53).