Deprecated: Function strftime() is deprecated in /var/www/vhosts/ilnuovorinascimento.org/wp-dev.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/themes/nuovo-rinascimento/functions.php on line 220
La mia nuova rivoluzione umana - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:33

516

Stampa

La mia nuova rivoluzione umana

Con questa intervista a Tamotsu Nakajima, direttore generale dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, si apre lo speciale dedicato al tema della “mia nuova rivoluzione umana”: un percorso in cui far emergere il vero io e risvegliarsi alla propria missione di Bodhisattva della Terra, fino a sorprendere perfino se stessi per ciò che si riesce a realizzare

Dimensione del testo AA

Con questa intervista a Tamotsu Nakajima, direttore generale dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, si apre lo speciale dedicato al tema della “mia nuova rivoluzione umana”: un percorso in cui far emergere il vero io e risvegliarsi alla propria missione di Bodhisattva della Terra, fino a sorprendere perfino se stessi per ciò che si riesce a realizzare

“Determino di sfidarmi in ogni momento nella mia personale nuova rivoluzione umana”: questa la promessa che è stata sottoscritta dai responsabili italiani all’inizio di quest’anno al corso di Cecina e inviata al presidente Ikeda. Cosa si intende?

Ci sono tanti modi per intendere questa “nuova rivoluzione umana”, io la vedo proprio come una nuova partenza per la nostra organizzazione. Dal 2012 è cominciato un periodo di due anni per riorganizzare la Soka Gakkai, per migliorarla e ripartire in vista del prossimo 18 novembre, quando sarà inaugurata a Tokyo la nuova sede centrale, il castello di kosen-rufu mondiale. È giunto il tempo di decidere di fare una profonda trasformazione, di lasciare l’aspetto transitorio (shakumon) e ripartire abbracciando il profondo (honmon). Per la nostra vita ciò vuol dire manifestare il vero io, il vero motivo della nostra esistenza, realizzando una “nuova” rivoluzione umana.
Il termine “nuova” significa trovare lo scopo della vita, comprendere perché sono qua, risvegliare una nuova consapevolezza. Ogni giorno mi domando come portare avanti la Soka Gakkai italiana; per me “nuova” vuol dire anche non ragionare più come prima, cercare un modo nuovo, rinnovare sempre la decisione di dedicarmi a kosen-rufu. È fondamentale mantenere la nostra decisione in ogni momento. Siamo in una nuova fase, una nuova era. Quando insegnavo ai ragazzi, da giovane, mi accorgevo che ogni anno gli studenti erano diversi. I tempi cambiano velocemente. Tutti noi ora dobbiamo cambiare. Sono davvero contento dei giovani. Anche i giovanissimi sono molto diversi da come ero io alla loro età; dicono delle cose bellissime e profonde… Ogni generazione ha le sue particolarità.

Recentemente in Giappone si è parlato del significato della costruzione della nuova sede centrale della Soka Gakkai…

Adesso abbiamo la possibilità di creare un tempo nuovo. Esiste il tempo naturale, oggettivo, e poi c’è il tempo che si crea in base alla decisione di ognuno. Pensiamo al presidente Ikeda, alla campagna di Kamata, al capitolo Bunkyo… fin dall’inizio stabiliva obiettivi impossibili e riusciva a realizzarli, impegnandosi con tutte le forze. In ogni momento è lui che crea il tempo, il tempo di kosen-rufu.
Il presidente Toda realizzò prima della sua morte l’obiettivo di 750.000 famiglie di praticanti in Giappone, e dopo solo sette anni erano arrivate a tre milioni, grazie alla decisione del giovane Ikeda di realizzare il sogno del suo maestro! Incredibile. Anche noi, lavorando insieme a sensei, riusciremo a creare un grande movimento.
Dopo l’ottantesimo anniversario della Soka Gakkai pensavamo di puntare al 2030, ma il presidente Ikeda ci ha indicato una tappa intermedia, il 18 novembre di quest’anno: un trampolino verso il centenario, una grande occasione per tutti noi. La nuova sede della Soka Gakkai è fondamentale per lo sviluppo di kosen-rufu a livello mondiale. È il concetto stesso di religione che si sta trasformando, mettendo al centro le persone comuni. Possiamo dire che il Buddismo di Nichiren Daishonin, portato avanti dalla SGI, si sta affermando come religione mondiale della nostra epoca. Tra un po’ di tempo comprenderemo meglio questi cambiamenti, man mano diventerà tutto più chiaro.
Sono passati solo ottant’anni dalla fondazione della Soka Gakkai, e ancor meno se pensiamo alla ricostruzione nel dopoguerra e ai primi viaggi del presidente Ikeda fuori dal Giappone, dal 1960 in poi. Ovunque andasse recitava Daimoku per piantare i semi della Legge mistica. Nessuno allora immaginava un tale sviluppo…

In questo momento così importante per lo sviluppo di kosen-rufu, cosa dobbiamo cambiare nella nostra vita?

Ognuno deve cercare di capire che è un Bodhisattva della Terra ed è nato per propagare la Legge mistica. La nostra vita ha un grande valore, perciò bisogna utilizzarla al meglio, cercando di far emergere il motivo originale per cui siamo al mondo e risvegliare la consapevolezza di essere Bodhisattva della Terra che ricercano la felicità di ogni persona. Questo porta un beneficio enorme, è un punto di vista veramente diverso, rivoluzionario. Stiamo tutti praticando per risolvere i nostri problemi, ma la pratica di Nichiren Daishonin non si limita a questo. Anche alle persone nuove bisogna trasmettere fin dall’inizio in che cosa consiste la pratica corretta.

A volte, pur impegnandoci nella nostra rivoluzione umana e nell’attività, kosen-rufu nella nostra zona non progredisce. Da cosa dipende?

Quando ci impegniamo nella nostra rivoluzione umana e nell’attività per kosen-rufu, qualcosa si vede subito e qualcosa no, ma il progresso sicuramente c’è. Vedere subito il risultato non è essenziale, ciò che conta è la nostra convinzione. Ad esempio, se prendiamo una medicina continuando a domandarci se funziona o no, questa potrebbe non funzionare. Siamo noi che abbiamo la possibilità di far funzionare le cose, ma il problema è il dubbio nella nostra testa. Non possiamo perdere nella lotta contro l’oscurità, per questo non dovremmo dubitare, ma credere a ciò che dice il Daishonin, credere a ciò che dice il maestro. Si può risolvere tutto praticando, studiando e facendo conoscere il Buddismo agli altri, in altre parole facendo shakubuku. Nichiren ha lasciato questa pratica così semplice perché fosse accessibile a tutti. Ma bisogna credere.

E quando la nostra vita non progredisce, cosa possiamo migliorare?

La vita comprende tante cose e ogni aspetto è da migliorare. Se vuoi diventare Budda devi migliorare il comportamento da essere umano. Il Daishonin scrive: «Il cuore di tutti gli insegnamenti del Budda è il Sutra del Loto e il cuore della pratica del Sutra del Loto si trova nel capitolo “Mai Sprezzante”. Cosa significa il profondo rispetto del Bodhisattva Mai Sprezzante per la gente? Il vero significato dell’apparizione in questo mondo del Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, sta nel suo comportamento da essere umano» (RSND, 1, 756).

A volte la nostra rivoluzione umana si blocca perché cadiamo nelle quattordici offese. Come evitarle?

Dopo la pioggia si formano le pozzanghere e a noi piace scivolarci dentro, ma se vogliamo possiamo evitarle. Non commettere le quattordici offese non è una cosa automatica. Il Daishonin afferma che se pratichiamo correttamente, proprio come lui insegna, siamo naturalmente esenti dalle prime dieci. Le ultime quattro, invece, (disprezzare, odiare, invidiare, serbare rancore) bisogna decidere di non farle, perché è veramente difficile evitarle. Per non commettere le quattordici offese bisogna seguire ciò che è scritto nel Gosho e i consigli del presidente Ikeda, che spiega in termini attuali gli insegnamenti buddisti.
Non basta praticare, bisogna cambiare anche il modo di comportarci. È vero che siamo potenzialmente dei Budda, ma è importante manifestare tale potenzialità nel comportamento. Se non ci comportiamo da Budda, in realtà non lo siamo. Anche il Bodhisattva Mai Sprezzante si inchinava dicendo alle persone che sarebbero diventate Budda. Quel “diventare Budda” si riferisce al modo di comportarsi.
Se vediamo tutti come Budda è impossibile comportarci in modo rabbioso verso gli altri. Quando prevale la rabbia è perché non si riesce a vedere la Buddità. Il nostro comportamento riflette la nostra condizione vitale.

Tutto parte dalla preghiera, ma quale tipo di preghiera ci permette di continuare a sfidarci di fronte a grossi ostacoli?

Ci vuole una preghiera che comprende tutto, ichizen in giapponese (zen: bene; ichi: uno), che significa “l’unico bene che comprende tutto”, quello portato avanti dai bodhisattva-Budda che agiscono sempre per il bene degli altri. Nel Rissho ankoku ron (Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese) il Daishonin spiega l’importanza di adottare la visione corretta della vita e abbandonare “l’unico male da bandire” (ikkyo in giapponese; cfr. RSND, 1, 16) che portava a credere di poter raggiungere la felicità solo dopo la morte. Questa visione porta le persone ad abbandonare completamente la vita, a lasciarsi andare; ma la vita è da utilizzare al meglio, perciò la preghiera deve essere indirizzata verso l’unico bene: la felicità di tutti. Questo tipo di preghiera comprende ogni cosa. Se oscilliamo continuamente non otterremo mai l’Illuminazione. Tutte le situazioni sono relative, ma Nam-myoho-renge-kyo è assoluto, è l’unico bene: significa desiderare la felicità di ogni persona e decidere di agire per questo obiettivo, in altre parole kosen-rufu.
Il Buddismo del Daishonin parte dal Daimoku, bisogna quindi recitare Nam-myoho-renge-kyo e farlo conoscere agli altri, proprio come è scritto nel Gosho: «Adesso, nell’Ultimo giorno della Legge, il Daimoku che recita Nichiren è diverso da quello delle epoche precedenti. È Nam-myoho-renge-kyo che comprende sia la pratica per sé, sia insegnare a praticare agli altri» (WND, 2, 986).
Come si fa a cambiare il karma accumulato nel passato? Si tende a pensare che sia impossibile, ma con una forte preghiera possiamo trasformare anche l’impossibile.
Questo Buddismo è immenso, l’importante è continuare a recitare Daimoku e fare shakubuku. Tante volte ci perdiamo in piccolezze, chiedendoci se una cosa sia giusta o sbagliata. Ma la visione di kosen-rufu è molto vasta, comprende ogni aspetto della vita. Approfondire la consapevolezza di essere Bodhisattva della Terra permette di vedere tutto da una prospettiva più ampia.

• • •      • • •      • • •

Oltre i propri limiti

Il processo individuale della rivoluzione umana riguarda la costruzione di un nuovo io, libero dagli schemi del karma e dai pregiudizi del passato. È una sfida paziente ma tenace contro i propri limiti che si realizza recitando Daimoku con forza e agendo con coraggio per trasformare qualsiasi veleno in medicina

di Alessandra Fornasiero

Il presidente Ikeda paragona kosen-rufu e la rivoluzione umana al moto della terra di rivoluzione intorno al sole e di rotazione attorno al proprio asse: uno non esiste senza l’altro. L’impegno di lucidare giorno dopo giorno la mia vita si riflette su tutte le vite che mi circondano, e al tempo stesso gli sforzi costanti che compio dedicandomi alla felicità degli altri per realizzare il voto di kosen-rufu e la visione del mio maestro sono il motore principale, la spinta ideale e la via concreta più efficace per compiere la mia personale rivoluzione umana.
Recitando Daimoku, mettendo in pratica il Gosho e le parole del presidente Ikeda, giorno dopo giorno apro la mia vita, rompo il guscio del piccolo io che mi tiene prigioniera impedendomi di essere felice e conquisto uno stato vitale sempre più ampio e saldo, capace di abbracciare sempre più persone.
Kosen-rufu è la meta ma è anche il percorso, un percorso fatto di ogni singolo passo, di ogni piccola o grande vittoria di ognuno sulla propria oscurità, sul proprio karma.
In Lettera a Horen Nichiren Daishonin scrive: «Come quello che succede alle giunture della canna di bambù, se ne viene spezzata una, anche le altre si divideranno» (RSND, 1, 456). Una persona che manifesta coraggio e supera i propri limiti crea un effetto domino nell’ambiente che la circonda. Questa consapevolezza può essere di grande incoraggiamento nell’intraprendere il cammino della propria rivoluzione umana.
Quando io cambio il mondo cambia, e la chiave di qualsiasi cambiamento è la trasformazione del cuore. Grazie a un’intensa preghiera posso trasformare radicalmente non solo il mio destino, ma anche quello della mia famiglia e della società. Scrive Daisaku Ikeda: «Esistono vari tipi di rivoluzione: politica, economica, industriale, scientifica, artistica… ma, indipendentemente da cosa viene cambiato, il mondo non sarà mai migliore finché le persone rimarranno egoiste e prive di compassione. In questo senso, la rivoluzione umana è la più importante di tutte le rivoluzioni e allo stesso tempo la più necessaria per l’umanità».
È un principio di grande responsabilità, e di grande libertà.

La rivoluzione in atto

La rivoluzione umana è un percorso di autoriforma e di trasformazione interiore che dura tutta la vita e si consolida portando avanti la pratica corretta giorno dopo giorno. È come il tronco che impercettibilmente cresce fino a svilupparsi in una grande quercia… D’altra parte però, questo processo di sviluppo graduale si gioca in ogni singolo istante, anzi si può dire che è la somma di infiniti istanti. In questa prospettiva la mia rivoluzione umana dipende dall’atteggiamento con il quale affronto ogni singola situazione.
Ogni momento che vivo è l’occasione per fare un pezzetto della mia rivoluzione umana. Sta a me coglierla oppure no, con il risultato di rimanere esattamente com’ero un istante prima, il giorno prima, l’anno prima. In questo caso la mia rivoluzione può rallentare fino ad arenarsi. Allora comincio a lamentarmi, giudico e do la colpa agli altri, in sostanza faccio tutto il possibile per scaricare la responsabilità della mia vita all’esterno, pur di evitare la fatica di affrontare, di cambiare… giro attorno ai problemi, li trascino, apparentemente sono in stand-by, in realtà comincio a scivolare indietro: o si vince o si perde, se non avanzo retrocedo.
Ciò che è più grave, in questa passività smetto di sperimentare il potere del Gohonzon e mi addormento. Quanto può durare questo sonno? Infinite vite, fino a che non ridecido di alzarmi e di sfidarmi.
Hon’in myo: questo è il Buddismo della vera causa: tutto riparte da ora, ricomincio da qui, proprio dove sono caduta, senza farmi influenzare dal passato, concentrandomi esclusivamente sulla causa che metto nel presente. La mia nuova rivoluzione umana si gioca in questo istante, a partire da questa situazione che mi fa soffrire, attraversandola con il Daimoku e decidendo con gratitudine di utilizzarla per crescere e migliorare almeno un po’.
Vincendo sulla pigrizia, innanzi tutto, e sugli ostacoli che mi impediscono di recitare più Daimoku, sulla sfiducia in me stessa che mi impedisce di vedere l’infinita potenzialità di cambiamento che c’è nella mia vita, sull’orgoglio e sull’arroganza che mi impediscono di mettermi nuda davanti al Gohonzon, affidandomi così come sono, senza paura di sbagliare o di scoprire cosa c’è da cambiare di me. Perché sono sempre io che devo cambiare, non gli altri. Questo mi insegna il Gosho.
Non perché non vado bene, ma per essere più felice. Non esiste veleno che io non possa trasformare in medicina, basandomi sul Gohonzon. Non esiste circostanza esterna che io non possa cambiare, a patto di assumermi la responsabilità al cento per cento. Infatti, se da qualche parte persiste in me il pensiero che la causa sia al di fuori di me, per quanto Daimoku io possa recitare, non c’è trasformazione.
Posso continuare a girare intorno alla base della montagna tutta la vita senza decidermi a muovere il primo passo per conquistarne la cima. Ma questa non è rivoluzione umana, è un’altra storia. La mia “rivoluzione” inizia nel momento in cui raccolgo il coraggio della fede e decido di affrontare, smetto di prendere tempo e incomincio a scalare.
È un percorso lungo quanto la vita, ma si gioca ogni volta in questo primo passo.
Nichiren Daishonin scrive che la potente spada del Sutra del Loto sarà inutile nelle mani di qualcuno che non si sforza di lottare.
La mia vita per fiorire ha bisogno della lotta. Per diventare quel fiore di pesco o di susino che sono, devo affrontare la mia oscurità, vincere su me stessa a qualunque costo, e questa battaglia richiede coraggio e un coinvolgimento totale di tutte le mie forze. Non si vince sull’oscurità lottando a tempo perso. I demoni intanto approfittano e ballano, fanno a gara per interferire. Farne degli alleati vuol dire tirare fuori uno stato vitale così forte che qualunque cosa accada sarò in grado di affrontarla senza spaventarmi, senza fuggire.
Josei Toda diceva: «Dovreste decidere con convinzione “io sono Myoho-renge-kyo”».
La Legge mistica può trionfare su tutto. Mi sforzerò nella pratica, approfondirò la mia fede, farò del mio meglio determinata a rendere possibile anche l’impossibile per il mio maestro e per kosen-rufu.
Continuerò a sfidarmi con lo spirito di imparare sempre e migliorare ancora, avanzando ogni giorno qualsiasi cosa accada, anche solo un passo più di ieri, domani un passo più di oggi.
Come scrive il presidente Ikeda: «Oggi, di nuovo, decidiamo / di accumulare felicità / giorno dopo giorno, / sforziamoci con gioia ed energia per la nostra rivoluzione umana» (NR, 507, 7).

• • •      • • •      • • •

Cavalcare gli ostacoli con gioia

In occasione della riunione per l’anniversario della fondazione della Divisione futuro i ragazzi del Lazio e del Molise hanno vissuto un mese d’intensa attività: Daimoku, studio e dialoghi, ingredienti essenziali per superare l’obiettivo di trecento ragazzi partecipanti alla riunione! Paloma ci racconta la sua sfida

di Paloma Messina

La mia tendenza è quella di essere ovunque e di fare tutto io. Nel preparare questo evento ho avuto l’occasione di vederlo chiaramente, perché di fatto non potevo occuparmi di tutto ed essere fisicamente in più posti contemporaneamente. La lotta più dura è stata quella di credere assolutamente nel mio Daimoku, credere che sarebbe arrivato dove io concretamente non potevo stare, andando oltre i limiti della mia mente. Di conseguenza ho cominciato a fidarmi delle persone, del Daimoku e della Buddità degli altri, con la convinzione che ogni singola azione che facevo nel luogo in cui stavo, avrebbe coinvolto le persone che avevo intorno portando a una serie di vittorie a catena. Inoltre la mia determinazione era volta a proteggere ogni situazione e ogni ragazzo della Divisione futuro, con il desiderio che il 19 maggio sarebbe stata una giornata storica per tutti, anche per chi non poteva partecipare fisicamente alla riunione.
Alla fine la mia personale vittoria è stata quella di non provare più ansia per gli imprevisti dell’ultimo minuto, ma anzi cavalcare gli ostacoli con gioia, certa che stavamo agendo tutti per lo stesso obiettivo: sostenere le basi del futuro di kosen-rufu. Infatti l’esperienza più grande è stata quella di aver agito in unità, condividendo questa attività con i giovani e con gli adulti, come occasione per avanzare tutti in armonia insieme al nostro maestro. E quel giorno, quando ho visto in sala 301 ragazzi, ho visto la concretizzazione degli sforzi di tutti noi e ho provato una gioia indescrivibile.

• • •      • • •      • • •

Quattordici offese? No, grazie

La mia bussola per cercare di mantenere la rotta è una frase di Daisaku Ikeda che ci invita a esprimere le nostre opinioni “con un cuore che desidera la pace”. Preparare questo cuore prima di aprire bocca significa smantellare l’arsenale interiore e guardare al futuro

di Laura Barbieri

Nell’inverno del 1276, Nichiren Daishonin scrive una lettera a Matsuno, il nonno materno di Nanjo Tokimitsu, per ringraziarlo delle offerte che gli ha inviato a Minobu. Insieme ai doni, Matsuno aveva rivolto a Nichiren una domanda: «C’è una differenza fra i benefici del Daimoku recitato da un santo e i benefici del Daimoku che recitiamo noi?» (Le quattordici offese, RSND, 1, 670). Nichiren gli risponde che non ci sono differenze fra gli esseri umani, che l’oro posseduto da uno stolto non è diverso da quello posseduto da un sapiente. «Tuttavia c’è una differenza se si recita il Daimoku e allo stesso tempo si va contro all’intento di questo sutra» (ibidem). Non esistono categorie di persone privilegiate o svantaggiate nell’accesso ai benefici. L’accesso ai benefici è legato a un’unica condizione, uguale per tutti, che è quella di pensare, parlare e agire in accordo con l’intento del Sutra del Loto.
Il Daishonin chiarisce poi quali sono le cause negative contro la Legge o contro le persone che credono in essa. Si tratta di quattordici offese, presenti nel terzo capitolo del Sutra del Loto e citate nei commentari al sutra stesso.
Le prime dieci offese sono relative all’insegnamento: arroganza, negligenza, opinioni personali errate, comprensione superficiale, attaccamento alle illusioni e ai desideri, non voler comprendere, non credere, mostrare ripugnanza aggrottando le sopracciglia, covare dubbi, offendere la Legge.
Le ultime quattro, invece, sono rivolte alle persone che praticano la Legge: disprezzare, odiare, invidiare, serbare rancore.
Nichiren spiega al suo discepolo che la recitazione diligente del sutra e del Daimoku produce benefici se è accompagnata dal rispetto per la natura di Budda presente in ogni persona, che corrisponde all’”intento” del Sutra del Loto. Questi due livelli della pratica del Buddismo non possono essere disgiunti, perciò esorta il suo discepolo a evitare di commettere le quattordici offese.
Il Daishonin prosegue ricordando a Matsuno che tutti gli esseri umani sono dotati della natura di Budda, perciò «la colpa di pronunciare una sola parola sprezzante contro chi abbraccia e predica il Sutra del Loto […] è più grave della colpa di insultare direttamente il Budda Shakyamuni per un intero kalpa» (ibidem).
Posso confermare, attraverso una quantità e varietà di esperienze degna, come mole, dell’Enciclopedia Britannica, che quest’ultima affermazione di Nichiren corrisponde a verità. Ogni volta che delle parole sprezzanti, sempre precedute da pensieri e giudizi poco lusinghieri, sono uscite dalla mia bocca, ho sperimentato una serie di effetti negativi che mi hanno costretta a estenuanti programmi di recupero.
Innanzitutto devo, a suon di Daimoku, ritornare a uno stato vitale degno di questo nome. Si guadagna l’uscita dal mondo di Inferno e di Collera solo quando ci si assume la completa responsabilità dei sentimenti negativi che si nutrono verso gli altri, il che può richiedere tempo e dolorosi bilanci. Quando finalmente si esce dal labirinto interiore, occorre ripristinare buoni rapporti con chi è stato aggredito verbalmente, il che comporta tempo, pazienza e disponibilità, nutriti dall’abbondante recitazione di Daimoku. Finché tutta questa trasformazione non è avvenuta, vivo malamente, nel senso che mi è preclusa l’esperienza completa della gioia.
Se dovessi fare un esempio, direi che tutte le azioni che rafforzano e confermano la presenza della natura di Budda negli altri equivalgono a tessere una tela di relazioni che lega tutto ciò che vive, mentre commettere le quattordici offese è come lacerare quel tessuto. Per quanto mi riguarda, ho raggiunto la consapevolezza che non me lo posso permettere, che il costo di ognuno di questi episodi vanifica tanti di quegli sforzi da rendere preferibile impegnarsi a includere ogni persona nel tessuto della vita.
La mia bussola per cercare di mantenere la rotta è una frase di Daisaku Ikeda che ci invita a esprimere le nostre opinioni “con un cuore che desidera la pace”. Preparare questo cuore prima di aprire bocca significa smantellare l’arsenale interiore e guardare al futuro, inserendo il desiderio di trasformare ogni divergenza in un progetto comune che non escluda nessuno.
Praticare il principio dell’inclusione è realizzare kosen-rufu, perché il Buddismo di Nichiren ci insegna a non discostarci mai dalla condizione umana, a non pensare che esista una Terra di Budda separata da questo mondo, ma rivela il modo di fare in ogni momento la nostra rivoluzione umana e trasformare ogni difficoltà in gioia profonda.

• • •      • • •      • • •

Il tesoro nascosto

Le risposte concrete ricevute dalla pratica buddista hanno rafforzato la fede di Olivia fino a convincerla che avrebbe potuto vincere su tutti gli aspetti della vita, compresi quelli legati ai suoi familiari più stretti

di Olivia Iannoccheri

Ho diciannove anni e ho iniziato a recitare Nam-myoho-renge-kyo più o meno tre anni fa. Di tanto in tanto frequentavo le riunioni e andavo dalla madre di una mia amica per praticare con altre persone, ma mi sentivo scettica e distante. A quel tempo frequentavo persone non del tutto raccomandabili, il che non costituiva un problema in quanto ero ben contenta di poter contraddire le raccomandazioni di mia madre e distruggere il ruolo di figlia perfetta che pensavo di avere all’interno della famiglia. Non applicavo il Buddismo ai problemi della vita, ma semplicemente recitavo Daimoku per curiosità.
Nello stesso periodo ho cominciato a soffrire di bulimia e, in seguito ai gravi problemi derivati da questo disturbo, anche di anoressia e così venni ricoverata in ospedale; più tardi, a causa della grande debolezza e di una profonda depressione passai l’estate stesa a letto. Non sapevo come e cosa fare per superare la sofferenza che provavo dentro, sentivo di non avere la forza di affrontare la vita.
Pian piano, frequentando le riunioni, ho cominciato a recitare Daimoku con più convinzione, sentendomi sempre incoraggiata ad affrontare le cause della mia sofferenza, pur sapendo che non sarebbe stata una strada semplice. Dopo cinque mesi di pratica costante sentii che il vero cambiamento sarebbe potuto cominciare solo dopo aver ricevuto il Gohonzon, per questo decisi di diventare membro della Soka Gakkai. Quel giorno ho sentito una gioia profonda.
Ricevere il Gohonzon ha significato assumermi nuovamente la responsabilità della mia vita, anche nei confronti della malattia, che derivava da una profonda insicurezza e dalla paura. Continuando a recitare Daimoku ho cominciato a sentire di essere di nuovo capace di vivere, gradualmente è svanita quell’insicurezza che mi aveva portato a chiudermi fino ad ammalarmi ed è emersa una potenza che si è riflessa in tutti gli ambiti.
Nel frattempo abbiamo anche scoperto che il tumore diagnosticato a mia madre sei anni prima e mai curato adeguatamente, si era ripresentato. Incoraggiata dalle parole di sensei: «Una vita dedicata a una missione incontra sicuramente una serie di dolorose difficoltà, ma se il cuore rimane saldo e la fede non si fa sviare, non c’è difficoltà che non possa essere superata. Le persone possiedono intrinsecamente un potere incommensurabile, il potere del Budda di gioia senza limiti, perciò più lottiamo, più potere tiriamo fuori. La fede è il mezzo per estrarre questo tesoro nascosto» (NR, 504, 19), ho mirato profondamente alla sua guarigione.
Compresi che il Gohonzon era arrivato nel momento giusto per poter affrontare con determinazione questa fase difficile della nostra vita. Dopo innumerevoli visite mediche e tanto Daimoku, finalmente una buona notizia: la tipologia del tumore di mia madre poteva essere curata. Nel mio cuore nasceva una nuova speranza e la consapevolezza che avrei potuto vincere su qualsiasi problema. Colpita da questa esperienza, mia madre ha cominciato a recitare Nam-myoho-renge-kyo. Già durante il primo periodo della mia pratica aveva visto dei cambiamenti nel mio stato vitale, ma ora aveva la prova concreta del profondo potere del Daimoku.
Un altro importante beneficio è stato il cambiamento del mio ruolo all’interno della famiglia: mentre quando ero piccola sentivo di dover andare contro tutti e rompere gli schemi, ora avevo finalmente compreso l’importanza della condivisione delle sofferenze e del sostegno reciproco, e di quanto l’impegno a migliorare i rapporti in famiglia avrebbe influenzato positivamente anche il mio relazionarmi con l’esterno.
Iniziai a pregare con maggiore determinazione, decisa a vincere a ogni costo, e così anche il rapporto con mio fratello è cambiato: in precedenza le sue reazioni aggressive mi portavano a chiudermi nei suoi confronti, ma attraverso il Daimoku sono riuscita a incoraggiarlo a seguire la sua strada e a credere in se stesso. Questo lo ha aiutato a impegnarsi, sfidando la sua insicurezza, in un campo che ama da sempre, la vela. Adesso sta seguendo un corso per diventare istruttore di barca a vela, e sta cercando di aprirsi sempre di più con me.
Attraverso le difficoltà che ho affrontato e superato grazie alla pratica buddista, sono sempre più consapevole che ogni sofferenza, ogni problema può essere risolto abbracciando il Gohonzon per tutta la vita.

• • •      • • •      • • •

Cambio io, cambia il mondo

La non dualità di vita e ambiente è un principio fondamentale del Buddismo che rappresenta una luce di speranza. Nella decisione e nell’impegno di continuare a cambiare noi stessi risiede la chiave per attingere all’infinito potenziale e far fiorire la terra intorno a noi

di Matteo Pisani

«La rivoluzione umana di un singolo individuo contribuirà al cambiamento nel destino di una nazione e condurrà infine a un cambiamento nel destino di tutta l’umanità… questo è l’argomento della mia storia»

La storia di cui parla Daisaku Ikeda nella prefazione del romanzo La rivoluzione umana potrebbe essere la storia di ognuno di noi, la storia dei continui sforzi volti a rivoluzionare se stessi in base ai princìpi del Buddismo di Nichiren Daishonin che affermano la sacralità della vita. Perché è così importante impegnarsi nella nostra personale rivoluzione umana?
Secondo il Buddismo ogni aspetto della vita, la natura, la società, l’universo stesso sono intimamente collegati alla forza vitale degli esseri umani. Come scrive Nichiren Daishonin: «Dal singolo fattore della mente scaturiscono tutte le varie terre e le condizioni ambientali» (La dichiarazione unanime dei Budda, WND, 2, 843).
Il nostro pianeta è spesso colpito da disastri naturali e calamità di ogni genere e le condizioni ambientali risultano critiche sotto molti punti di vista. Il Daishonin descrive i tratti caratteristici dell’Ultimo giorno della Legge come «un tempo in cui il paese pullula di preti dalle visioni distorte che offendono l’insegnamento buddista corretto, in cui scoppiano continuamente calamità naturali e disastri come siccità, epidemie, carestie, guerre, e le persone sono tormentate dalle sofferenze» (BS, 158, 44).
Se ci guardiamo intorno vediamo che il mondo sta attraversando tutte queste difficoltà; la popolazione di alcune zone è sottoposta a indicibili sofferenze a causa di guerre e violenza, o costretta a rialzarsi dopo essere stata colpita da violente calamità naturali. Anche per i paesi più “fortunati” sembra non essere un buon momento: il perdurare delle difficoltà economiche, la perdita dell’occupazione, gli episodi di intolleranza verso le diversità sono solo alcuni dei problemi che caratterizzano questo periodo storico.
Proprio oggi alla radio ho ascoltato una notizia relativa all’ultimo sondaggio realizzato dall’Istat. Riguardava il numero dei giovani che, in Italia, sono senza lavoro: 2.250.000. Sono sobbalzato sulla sedia. Per un istante la sensazione di sfiducia e assenza di speranza che accompagna questo grande numero mi ha investito. Ma un attimo dopo, grazie all’approfondimento del concetto della “triplice trasformazione della terra”, che descrive uno dei princìpi più profondi del Buddismo, la non dualità della vita e dell’ambiente, il mio cuore si è riempito nuovamente di speranza.
La triplice trasformazione della terra è un principio di cambiamento esposto nel Sutra del Loto, che descrive la purificazione delle terre di tutto l’universo compiuta dal Budda Shakyamuni. Un’azione che manifesta il suo desiderio di purificare la terra e dal quale mi sono sentito, mai come in questo momento, particolarmente incoraggiato.
Il Buddismo insegna che non esiste separazione tra la nostra vita e l’ambiente, e ci aiuta a comprendere quanto sia importante non perdere di vista il nostro cambiamento. Scrive sensei a tal proposito: «Gli sforzi incessanti di ognuno di noi per compiere la propria individuale rivoluzione umana all’interno della società, sono i mezzi attraverso i quali possiamo cambiare il mondo che ci circonda, e rappresentano un’espressione moderna della “triplice trasformazione della terra”. E questo perché, in definitiva, la trasformazione della terra dipende dalle persone che trasformano il proprio cuore e la propria mente» (NR, 422, 3).
La trasformazione del nostro cuore e della nostra mente fa parte di quel processo di cambiamento che Josei Toda denominò rivoluzione umana e che descrive in due parole la chiave rivoluzionaria della visione buddista: cambio io, cambia il mondo.
Una visione straordinaria, che mette nelle nostre mani la possibilità di trasformare qualunque situazione. Un’opportunità che per essere colta richiede una profonda decisione: rinnovare sempre la nostra determinazione di impegnarci a fare, in ogni momento, la nostra personale rivoluzione umana, per diventare persone che credono e agiscono nel rispetto della natura di Budda, la realtà che sottostà a tutti i fenomeni. Secondo il Buddismo questa trasformazione basata sulla fede nella Legge mistica può davvero permettere alle nostre terre di fiorire. A volte, nonostante tutti gli sforzi, mi capita di non riuscire a vedere un cambiamento e in quel momento è più difficile non cedere al sentimento di sfiducia di cui parlavo prima, soprattutto davanti a notizie a volte così spiacevoli.
Prendendo in esame la triplice trasformazione attuata da Shakyamuni, sensei ci spiega che «un grande cambiamento può essere realizzato solamente attraverso un impegno costante e continuo» sottolineando che «il punto importante sta nel fatto che Shakyamuni procedette in rapida successione, senza intervalli, nel trasformare prima un gruppo di terre, poi un secondo e poi un terzo» (NR, 422, 7).
Ho capito che questo cambiamento non è qualcosa di lontano dalla mia realtà né tantomeno da ricercare come effetto fuori di me, almeno non nell’immediato. Lo spirito della triplice trasformazione della terra ha avuto la forza di cambiare il mio cuore, di creare dentro di me un ritmo diverso, scandito da piccole scelte apparentemente semplici da compiere in “rapida successione, senza intervalli”: decidere, in ogni istante, se credere in questo principio di trasformazione ed essere felice oppure no. Uno stimolo costante a scegliere la fede e compiere così, in ogni momento, la mia nuova, personale e mai deludente rivoluzione umana.
Alla fine di questo percorso, i 2.250.000 giovani disoccupati si sono trasformati in compagni di viaggio, singoli individui che come me hanno una grande potenzialità di cambiare anche la situazione più difficile. Il desiderio che ciascuno di loro abbia la possibilità di intraprendere il proprio cambiamento personale e contribuire alla creazione di una “nuova” società, mi ha lasciato la voglia di continuare a lottare, per cambiare il mondo… partendo da me.

• • •      • • •      • • •

La testimonianza della rivoluzione umana

Affrontando il tema della triplice trasformazione della terra in un saggio della serie “Il Gosho e la relazione maestro e discepolo”, Daisaku Ikeda indica la strada per trasformare nel profondo la società a partire da se stessi

«Se guardiamo a un livello ancora più profondo, dalla prospettiva del Buddismo di Nichiren, ci accorgiamo che, nel momento stesso in cui decidiamo di trasformare il nostro ambiente, la nostra vita subisce un enorme cambiamento. Ciò accade perché, quando costruiamo la decisione profonda e incrollabile di impegnarci in questa impresa, istantaneamente sconfiggiamo le tre categorie di illusioni. Come risultato, anche il nostro ambiente, la terra, cambia infallibilmente.
La triplice trasformazione della terra rappresenta essenzialmente la sfida di compiere la nostra rivoluzione umana per rompere il guscio sottile del nostro piccolo io. Questo significa recitare Nam-myoho-renge-kyo vigorosamente e intraprendere con coraggio le attività per kosen-rufu, con lo stesso spirito del nostro maestro di fede. La vittoria sta nell’agire proprio qui e ora, non in un istante non meglio definito nel futuro. Dal punto di vista della società umana, la “triplice trasformazione della terra” potrebbe essere considerata un’allegoria per descrivere l’armoniosa coesistenza di tutto il genere umano […].
Dal punto di vista della vita, la Legge mistica è la legge dell’universo. Quindi, in qualunque luogo noi diffondiamo la Legge mistica, tutti i Budda e i bodhisattva dell’universo si riuniranno gioiosamente per lodarci e proteggerci.
Le dottrine esposte da Shakyamuni nella Cerimonia nell’aria – che inizia con la “triplice trasformazione della terra” – lo dimostrano chiaramente. Kosen-rufu è il processo di diffusione della Legge mistica in questo mondo travagliato e pieno di conflitti. Dedicarsi a kosen-rufu vuol dire impegnarsi nella battaglia connessa alla “triplice trasformazione della terra”, la battaglia per trasformare nel profondo la società, da luogo afflitto dai tre veleni di Avidità, Collera e Stupidità, a terra del Budda». ( NR, 422, 8)

• • •      • • •      • • •

Se la Buddità fosse nelle mie mani?

«Se reciti e credi in Myoho-renge-kyo ma pensi che la Legge sia al di fuori di te, stai abbracciando non la Legge mistica ma un insegnamento inferiore»
(Il conseguimento della Buddità in questa esistenza)

di Gioia Grossi

Mentre leggevo questo Gosho, mi rimbalzava sotto gli occhi una parola che, seppur breve, è come un piccolo lucchetto che, se sbloccato, ci permette di accedere al potenziale illimitato celato dentro ognuno di noi. La parola di cui parlo è quella che precede l’intera frase: se. Questa piccola parola mi ha aiutata a capire che l’accesso ai benefici della fede si racchiude in una possibilità, in un condizionale, in un se. Ne è pieno tutto lo scritto: «se vuoi liberarti…», «se comprendiamo che la nostra…», «se hai una profonda fede…».
La parola se è particolarmente importante in quanto ci spiega che la possibilità di sbloccare quel piccolo lucchetto e scoprire tutta la libertà, l’ampiezza e la profondità di questo Buddismo risiede nelle nostre mani. Una decisione che si compie in un istante e che non va ricercata chissà dove, chissà come, ma nel credere e nel percepire la nostra natura più profonda, la Buddità. Tuttavia noi esseri umani siamo abili a complicarci la vita e pur avendo la chiave in mano, cerchiamo di scassinare la serratura con la Collera, la ignoriamo ballandoci sopra con l’Animalità, la disprezziamo con l’Inferno, la osserviamo distaccatamente e prendiamo nota con lo Studio.
Determinare, semplicemente, di sforzarmi di guardare dentro di me, da adesso in poi, significa sfidarmi nella mia rivoluzione umana, e dato che non è la prima volta che comincio questo percorso, sarà la mia “nuova” rivoluzione umana.
C’è un se, però, che mi ha colpito più degli altri in quanto pone una condizione anche nel momento in cui stiamo facendo la cosa più alta e preziosa, recitare Nam-myoho-renge-kyo.
Nichiren Daishonin afferma infatti: «Se reciti e credi in Myoho-renge-kyo ma pensi che la Legge sia al di fuori di te, stai abbracciando non la Legge mistica ma un insegnamento inferiore» (RSND, 1, 3).
Nella vita a volte mi è capitato di desiderare che qualcuno mi dicesse esattamente cosa fare o come comportarmi, ma in un certo senso obbedire a un comando ci fa tornare a una condizione che non implica l’assumersi la responsabilità di decidere.
Ho scoperto che questa decisione, questa responsabilità, quest’impegno attivo dovevo riportarlo anche nella recitazione del Daimoku. Per attingere al vasto potenziale che esiste dentro di noi non basta solamente recitare Daimoku, ma dobbiamo essere profondamente convinti che Nam-myoho-renge-kyo è la nostra stessa vita. Questo è il consiglio di Josei Toda per risvegliare l’incommensurabile forza che esiste dentro ognuno di noi, in grado di trasformare qualsiasi situazione in una sorgente di benefici (cfr. BS, 119, 33). Sensei afferma: «In Nam-myoho-renge-kyo, che Nichiren per primo ha iniziato a invocare, esiste la forza incommensurabile che permette di ottenere benefici. A prescindere dalle sfide che ci aspettano, recitando questo Daimoku, riusciamo a ricongiungerci con la grande vita dell’infinito passato» (NR, 504, 8).
Certo, a volte capita che la mia vita assuma la forma più di una corsa a ostacoli che di una passeggiata in un meraviglioso giardino, e di aver la sensazione di essere a rincorrere qualcosa… quando provo queste sensazioni cerco di tornare al punto di partenza, alla realtà fondamentale che sottostà al ritmo frenetico e sincopato della quotidianità, al costante ritmo rigenerante di Nam-myoho-renge-kyo.
Ma per manifestare in ogni momento la Buddità che abbiamo dentro è necessario un piccolo sforzo: rivoluzionare la mente e usare il karma come opportunità e come il nostro migliore alleato-su-misura, come un “allenatore” capace di farci vincere sulla nostra oscurità.
Fintanto che il solo pensiero di srotolare quel bandolo di matassa di dolore o apatia in cui è avvolta la mia Buddità mi chiude la bocca dello stomaco, forse vuol dire che non sono ancora disposta a cambiare per essere felice, e a sostituire “difficoltà” con “occasione”.
In quel preciso momento è come se resistessi a quel naturale processo che ci appartiene che è la nostra rivoluzione umana. E forse se vivessi da sola sul pianeta Terra l’idea di rimanere uguale per tutta la vita non mi creerebbe troppo disagio; ma per fortuna siamo qui, ognuno a illuminare i limiti dell’altro, nello spingerci avanti per sperimentare insieme l’illimitata condizione vitale del Budda, che una volta Toda descrisse così: «È come giacere supini in un grande spazio aperto, con le braccia e le gambe distese, e guardare il cielo sovrastante. Tutto ciò che desideri immediatamente appare. Per quanto tu possa donarne agli altri, non si esaurisce mai» (­ibidem).

• • •      • • •      • • •

La sincerità della fede

Per risolvere una situazione è necessario arrivare a toccare i propri limiti e superarli. E spesso il limite è quello di non percepire il proprio valore

di Marco Marini

Una volta ho letto che Toda diceva: «Come devoti del Sutra del Loto è importante capire dove arriva la sincerità della nostra fede». In effetti, mentre una notte recitavo Daimoku per realizzare l’obiettivo che mi ha portato a fare questa esperienza, ho avvertito che la mia fede in quel momento era davvero sincera. Affidavo tutto me stesso al Gohonzon; il mio sforzo nella lotta era totale e “non risparmiavo la mia vita per vedere il Budda”, ovvero la mia Buddità e il suo effetto nella mia vita, la prova concreta. L’obiettivo che da tempo perseguivo era trasferire il mio lavoro di docente dall’Università di Urbino a quella di Roma, dopo venti anni di pendolarismo.
A settembre del 2011 andai al ministero a informarmi per le procedure di mobilità regionale. Mi dissero che non c’era alcuna possibilità, perché le leggi vigenti non la prevedono più. Ero paralizzato, ma anche sollevato: niente più obiettivo, niente più sforzo.
In quel periodo si preparava il meeting europeo della SGI. I gruppi del mio settore avevano superato lo scopo. In quei giorni esortavo tutti ad andare fino in fondo, senza risparmiarsi. Poiché lo dicevo a tutti ho cominciato a crederci anch’io, e ho rimesso in gioco il mio obiettivo personale. Arriva ottobre e il mio territorio non ha ancora trovato la sede per gli esami di secondo livello. Così mi sono messo a cercare un’aula alla Facoltà di Ingegneria, dove avevo tenuto un corso durante una supplenza. Con un po’ di timore mi sono presentato come un buddista della SGI, ho mostrato i libri di Daisaku Ikeda, mi hanno detto che dovevo parlare con il preside…
Due giorni dopo una funzionaria del ministero mi telefona dicendo: «Lei rientra nei requisiti, una classe di laurea è stata soppressa nella sua università, può fare domanda di trasferimento incentivata dai fondi del ministero». Io le dico: «No, guardi che non ci sono, i requisiti», ma lei dice: «Sì, ci sono…». Allora ho cominciato a crederci, a collegare le varie cose, esami buddisti-università-obiettivo. E ho iniziato ad agire. Ho scritto al dipartimento de La Sapienza, ho parlato col rettore di Urbino, avevo tempo fino al 31 dicembre. Improvvisamente tutto si muove: due settimane dopo La Sapienza accoglie la mia richiesta con una delibera; la mia facoltà di provenienza e l’Ateneo di Urbino deliberano d’urgenza il nullaosta per il mio trasferimento.
Sembra fatta. Ma il 23 dicembre il ministero chiede ulteriori delibere: è impossibile che il senato accademico di Urbino si riunisca nell’arco di una settimana, e per giunta sotto Natale! Non c’è speranza. Recito Daimoku dalla mattina alla sera e telefono a docenti, rettori, prorettori…
Lo sforzo davanti al Gohonzon genera alleati. Il rettore di Urbino indice una riunione telematica durante la quale chiede ai presidi dell’ateneo di votare il trasferimento, ma alcuni remano contro. Recitando davanti al Gohonzon ho potuto sentire la forza del mio Daimoku senza limiti. Ho provato la gioia della Legge. Mi sono anche chiesto perché un’esperienza buddista debba essere così dura, così al limite. Ho percepito che Illuminazione e oscurità sono “fuse” insieme. Il Daimoku è quella forza tremenda che le separa. Per fare l’esperienza è necessario arrivare ai propri limiti, e superarli. E il mio limite è quello di non percepire il mio valore.
La mattina del 29 dicembre ottengo il decreto d’urgenza da Urbino. La Sapienza firma alle sette di sera e il giorno dopo prendo servizio come docente, con brindisi e spilletta dell’ateneo. Ma l’esperienza non è conclusa.
Comincio a rilassarmi un po’ troppo. A gennaio il ministero chiede ulteriori requisiti. A giugno del 2012 arriva la lista dei trasferimenti finanziati dal ministero, il mio nome non c’è! Ora il problema è serio: non ci sono basi legali per la mia chiamata e, in teoria, dovrei tornare indietro al mio precedente ateneo, ma non posso più farlo.
Daimoku, Daimoku e tanta attività, mentre mi viene affidata la responsabilità di capitolo. Un giorno, mentre tornavo a casa un po’ depresso per questa situazione che non si sbloccava, improvvisamente dentro di me ho sentito un calore nuovo: qualsiasi cosa fosse accaduta io avrei lottato passo dopo passo, senza retrocedere di un millimetro. Mi sono sentito imbattibile. Come dice Nichiren: «Il mezzo meraviglioso per porre veramente fine agli ostacoli fisici e spirituali di tutti gli esseri viventi non è altro che Nam-myoho-renge-kyo» (RSND, 1, 747).
Quella sera stessa mi è arrivato un messaggio dal ministero sul cellulare: «Il suo caso è stato pienamente risolto, passi un buon weekend». Sono stato reinserito nella lista dei finanziati e riceverò in aggiunta una cifra una tantum di diecimila euro lordi per il trasferimento, come previsto dalla legge.

• • •      • • •      • • •

La persona che volevo essere

«È il cuore che è importante. Non importa quanto forte Nichiren possa pregare per te, se manchi di fede sarà come tentare di accendere il fuoco con un’esca bagnata. Sforzati di raccogliere il potere della fede. Considera prodigiosa la tua sopravvivenza. Usa la strategia del Sutra del Loto prima di ogni altra. […] Abbi profondamente fede in questo. Un codardo non potrà mai ottenere risposta a nessuna delle sue preghiere»
(La strategia del Sutra del Loto)

di Giulia Savarese

La strategia del Sutra del Loto è il “metodo” indicato dal Daishonin per vivere una vita vittoriosa, come si evince da questa frase di Gosho indirizzata a Shijo Kingo, che si era ritrovato in una situazione apparentemente senza via d’uscita. Mettendo in pratica punto per punto i consigli di Nichiren, Kingo ha rivoluzionato la sua decisione e il suo stato vitale e ha dimostrato una evidente prova concreta della fede.
«È il cuore che è importante»: questo è il punto cardine. Di fatto, qualunque strategia o tecnica ha alla base un ichinen, un’intenzione, una direzione del cuore. La strategia del Sutra del Loto si basa sul cuore del Budda descritto nel sutra: “Un cuore che anela alla propria e altrui felicità”, che lotta per sconfiggere l’oscurità o il dubbio sulla propria e altrui natura e con coraggio dimostra la prova concreta di questa battaglia – lo splendore umano – propagando il Sutra del Loto. Shijo Kingo ha vinto perché si è fidato del suo maestro e questo gli ha permesso di manifestare lo stesso stato vitale.
Io ho avuto la fortuna di iniziare a praticare da giovanissima, quando avevo una totale e incondizionata sfiducia in me stessa e nelle mie capacità. Il risultato era una naturale tendenza alla pigrizia e all’inerzia, alla superficialità e alla codardia, intesa come forte propensione alla resa e al senso di sconfitta.
Ho dedicato gli ultimi quattordici anni a cercare di mettere in pratica la “strategia” indicatami dal presidente Ikeda. Ciò mi ha permesso di costruire una vita di realizzazione: contro ogni previsione mi sono laureata, ho fatto tanta attività per kosen-rufu e conosciuto ogni tipo di persona, ho rivoluzionato la mia famiglia e realizzato piccoli e grandi sogni. Tuttavia, durante questi anni nell’ambito lavorativo le mie tendenze di base uscivano sempre in modo prepotente lasciandomi spesso sconfitta.
Lo scorso anno, proprio mentre realizzavo un enorme obiettivo sulla strada del mio sogno di lavorare all’ONU, cioè riuscire a frequentare un corso intensivo post-laurea all’Università delle Nazioni Unite di Tokyo, ho trovato anche un lavoro, che però rappresentava esattamente tutto ciò che non avrei voluto fare! In questo momento di crisi economica, tuttavia, non potevo rifiutare, e soprattutto ho sentito di volermi sfidare, come dice sensei, scavando proprio sotto i miei piedi.
Ero terrorizzata perché so bene che l’inerzia mi assale quando faccio cose che non mi piacciono o so di non saper fare. All’inizio la sofferenza era fortissima, come pure il desiderio di rimanere a casa; non trovavo il mio posto nell’ufficio e non mi sentivo in grado di lavorare lì. Nonostante piccole sconfitte ho deciso di mettere in pratica la strategia del Sutra del Loto prima di ogni altra: mi alzo prima al mattino per recitare Daimoku, quando arrivo in ufficio faccio il giro per salutare tutti, appena posso lodo i miei colleghi per le loro qualità e non parlo mai male di nessuno, anche se a volte mi piacerebbe tanto. Ho parlato della pratica buddista quasi a tutti, nonostante la paura del giudizio, e ogni giorno cerco di incoraggiare la persona che ho di fronte. La prima volta che mi sono trovata a dover portare a termine da sola dei compiti importanti ero agitatissima; l’ansia era tale che mi sono svegliata tardi! Mi sono messa davanti al Gohonzon e ho pregato “disperatamente” per tirar fuori le mie capacità e la fortuna che mi servivano per la giornata. È andata talmente bene che i miei colleghi hanno sgranato gli occhi chiedendomi come avessi fatto, perché era davvero impossibile, e io: «Ve l’ho detto! Nam-myoho-renge-kyo!».
Ora mi ritrovo a dare il massimo per portare a termine il mio lavoro, a volte anche fino a tardi, cercando di non rimandare al giorno dopo. Tutto ciò si riflette nell’ambiente attraverso il rispetto e l’apprezzamento dei miei colleghi e, morale della favola, senza accorgermene, un passo dopo l’altro, grazie all’infallibile strategia del Sutra del Loto, sono diventata esattamente il tipo di persona che volevo essere.

©ilnuovorinascimento.org – diritti riservati, riproduzione riservata