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La mappa della nostra vita - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:23

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La mappa della nostra vita

Una carrellata sui “personaggi principali” che compaiono nel Gohonzon a simboleggiare i molteplici aspetti dell’esistenza illuminati dai raggi di Nam-myoho-renge-kyo

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Una carrellata sui “personaggi principali” che compaiono nel Gohonzon a simboleggiare i molteplici aspetti dell’esistenza illuminati dai raggi di Nam-myoho-renge-kyo

Apro il butsudan. Offro acqua, incenso e candele. Mi seggo e, di fronte al Budda Shakyamuni e al Budda Molti Tesori, mi fondo con la folla di personaggi che, raccolti al Picco dell’Aquila, partecipano alla Cerimonia nell’Aria rappresentati da Nichiren Daishonin nei mandala da lui iscritti, i Gohonzon. Come me, che sono a volte triste, altre in collera o serena, anche nel Gohonzon la vita è rappresentata nelle sue sfaccettature: ci sono i Quattro re celesti, che hanno una funzione protettrice, i Quattro grandi bodhisattva, funzioni e virtù del Budda, insieme ad altre forze benefiche, ma ci sono anche i collerici Asura, demoni della mitologia indiana sempre in lotta con le divinità, l’avida Kishimojin con le sue figlie e l’infernale Devadatta. Proprio come dentro di me. E questo mi piace molto.
Quando Nichiren Daishonin stabilì che recitare Daimoku davanti al Gohonzon avrebbe permesso agli esseri umani di manifestare la condizione di Illuminazione, scrisse che «…questo Gohonzon è il supremo mandala mai conosciuto prima, poiché non è mai apparso nei duemiladuecentoventi anni dopo la morte del Budda» (Il vero aspetto del Gohonzon, SND, 4, 203). Quindi una innovazione nel panorama buddista. Il mandala di per sé risponde a un’antica tradizione, però come afferma Nichiren nella stessa lettera, egli riprodusse fedelmente la Cerimonia nell’Aria: «Com’è straordinario che Nichiren sia stato il primo a iscrivere questo grande mandala come il vessillo della propagazione del Sutra del Loto, mentre anche grandi maestri come Nagarjuna, Vasubandhu, T’ien-t’ai e Miao-lo non furono in grado di farlo! Questo mandala non è in alcun modo un’invenzione di Nichiren. È l’oggetto di culto che descrive perfettamente il Budda Shakyamuni nella Torre Preziosa e tutti gli altri Budda che erano presenti, così fedelmente come la stampa riproduce la matrice» (Il vero aspetto del Gohonzon, SND, 4, 202).
Nell’India di migliaia di anni fa, mandala indicava un cerchio disegnato sul terreno per delimitare il luogo in cui si teneva una cerimonia religiosa; era un cerchio sacro che circondava sia l’altare sia coloro che prendevano parte alla cerimonia, proteggendoli dalle influenze demoniache. In sanscrito infatti mandala significa cerchio, simbolo di eternità e di completezza. Il mandala è una rappresentazione dell’universo buddista, meditando sul mandala si può arrivare a uno stato di coscienza in cui si sperimentano le verità mistiche rappresentate e ci si identifica con la divinità o con il Budda presente nel cosmogramma.
Nichiren Daishonin tenne a sottolineare che non era l’oggetto di culto di per sé, il Gohonzon, ad assicurare benefici al devoto, ma che soltanto una fede intensa e profonda avrebbe condotto al conseguimento dell’Illuminazione. «Quando invochi la Legge – per esempio scrisse a Toki Jonin nel Raggiungimento della Buddità in questa esistenza –, e reciti il Sutra del Loto, devi essere profondamente convinto che Myoho-renge-kyo è la tua stessa vita» (SND, 4, 4). E, in Risposta a Kyo’o, si legge: «L’anima di Nichiren non è nient’altro che Nam-myoho-renge-kyo», (SND, 4, 150). Nichiren mise davvero la sua vita al centro del Gohonzon, sotto a Nam-myoho-renge-kyo, l’essenza ultima della vita, concretizzando il principio buddista di ninpo ikka, l’inseparabilità fra Persona e Legge, cioè che la Legge è inseparabile dal Budda (la persona) che la insegna.
La “descrizione perfetta” del Budda Shakyamuni nella Torre Preziosa e di tutti gli altri Budda e personaggi presenti alla cerimonia, riprodotta come afferma lo stesso Daishonin “così fedelmente come la stampa riproduce la matrice” è effettivamente la rappresentazione grafica della Cerimonia nell’Aria nel suo aspetto tridimensionale. Il Budda Molti Tesori siede vicino a Shakyamuni nella Torre Preziosa, adornata dai sette tipi di gioielli. La torre, insieme all’assemblea di persone, è innalzata nell’aria dove si svolge la cerimonia, e alla quale prendo parte anch’io. È il momento per Shakyamuni per rivelare di aver ottenuto l’Illuminazione come comune mortale in un passato senza inizio né fine e l’occasione nella quale innumerevoli Bodhisattva emergono dalla terra per giurare di diffondere l’insegnamento del Budda nell’epoca di mappo, o Ultimo giorno della Legge. La Torre Preziosa rappresenta l’immenso potenziale degli esseri umani che risplendono della loro Illuminazione. «Nell’Ultimo giorno della Legge – scrisse il Daishonin nel Gosho intitolato La Torre Preziosa – non esiste altra Torre Preziosa che gli uomini e le donne che abbracciano il Sutra del Loto. Perciò ne consegue che coloro che recitano Nam-myoho-renge-kyo, qualunque sia la loro condizione sociale, sono essi stessi la Torre Preziosa, e allo stesso modo sono essi stessi il Budda Taho (Molti Tesori). Non esiste altra Torre Preziosa che Myoho-renge-kyo» (SND, 4, 212).
Proseguiamo il viaggio nel Gohonzon: in posizione centrale, come si è visto, Nam-myoho-renge-kyo Nichiren. La Legge mistica che regola l’universo e il Budda, l’Illuminato, sono dunque al suo centro. Guardando il Gohonzon, vediamo Sha-kya-muni a sinistra di Namu, Molti Tesori a destra. Immaginiamo la Torre preziosa con le porte aperte e i due Budda rivolti verso di noi, Shakyamuni seduto alla destra di Molti Tesori. È come se vedessimo tutti gli altri personaggi di spalle, rivolti come noi verso la Torre Preziosa. Molti Tesori, che viveva nel mondo della Purezza del Tesoro, aveva giurato che sarebbe apparso anche dopo la sua entrata nel nirvana ogni volta che fosse stato predicato il Sutra del Loto per confermarne la validità. Secondo T’ien-t’ai, Shakyamuni e Molti Tesori seduti l’uno accanto all’altro, rappresentano la fusione di realtà e saggezza (kyochi myogo), la stessa che realizziamo noi di fronte al Gohonzon. Molti Tesori è la verità oggettiva o la realtà ultima e Sha-kya-muni la saggezza soggettiva per comprenderla.
Nichiren credeva che la vita stessa fosse il tesoro più grande e che ciascuno potesse far risplendere la propria esistenza attraverso la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo di fronte al Gohonzon. E comprendere che «tu stesso sei un vero Budda che possiede le tre virtù dell’Illuminazione. Recita Nam-myoho-renge-kyo con questa convinzione» (La Torre Preziosa, SND, 4, 212) è fondamentale.
Se il Gohonzon rappresenta la vita della gente comune nella sua totalità, non possono mancare né l’oscurità e neppure le sofferenze e le illusioni della vita terrena. Anzi, secondo il concetto della coesistenza di tremila condizioni di vita in un istante (ichinen sanzen), il Gohonzon rappresenta il mutuo possesso dei dieci mondi. La Buddità è raffigurata al centro del mandala, ma intorno ci sono gli altri nove stati vitali dell’esistenza, nessuno escluso, visto che «illuminati dai cinque caratteri della Legge mistica, rivelano la natura illuminata che possiedono intrinsecamente. Questo è il vero oggetto di culto» (Il vero aspetto del Gohonzon, SND, 4, 203).
Nella seconda fila ci sono i bodhisattva Fugen e o Monjushiri (Monju). Poi ci sono Maudgalyayana (Mokuren) e Sharihotsu, i rappresentanti dei “due veicoli”, cioè dell’ottavo e settimo mondo, mondo di Illuminazione parziale e di Studio. Rappresentano la ricerca della verità verso l’Illuminazione attraverso lo studio e l’osservazione dei fenomeni della vita.
Il mondo di Estasi, della felicità temporanea, o mondo degli dèi, è rappresentato dal Demone del sesto cielo e dalle divinità del sole, della luna, delle stelle. Queste divinità sono le forze della natura con le quali si entra in armonia recitando Daimoku, gli shoten zenjin a cui dedichiamo una preghiera silenziosa durante Gongyo.
Il quinto mondo, quello umano, è rappresentato da T’ien-t’ai, da Dengyo e dal Re che gira la ruota, il sovrano ideale che governa con magnanimità basandosi sulla legge dell’universo. Aggressività e animosità, le condizioni normali degli Asura, gli esseri mitologici sempre in lotta con gli uomini e gli dèi, sono il mondo di Collera. «Un uomo arrogante si impaurisce incontrando un forte nemico, come l’arrogante Asura che si rimpicciolì e si nascose in un fiore di loto del lago Munetchi quando fu redarguito da Taishaku», scrisse Nichiren sugli Asura in Lettera da Sado. La perfida Kishimojin, demone femmina che rubava i figli altrui per sfamare i suoi, rappresenta insieme alle sue dieci figlie (Jurasetsu) il mondo di Avidità. Quello di Animalità è rappresentato dal Re Drago, sovrano anche dei Naga, e da sua figlia Ryunyo, che a otto anni ottenne l’Illuminazione. In Cina e Giappone i Naga erano immaginati con l’aspetto di draghi, in India invece come serpenti marini che vivevano in un palazzo in fondo al mare ed erano depositari della conoscenza. Il mondo d’Inferno è rappresentato da Devadatta, che cercò più volte di uccidere Shakyamuni e di rompere l’unità dei credenti, e Ajatashatru, il quale incitato da Devadatta uccise suo padre, fedele di Shakyamuni, attentò alla vita del Budda e dei suoi discepoli, ma che si convertì infine al Buddismo.
Ecco perché secondo il principio del mutuo possesso dei dieci mondi, quando noi recitiamo di fronte al Gohonzon da qualunque condizione vitale partiamo, possiamo rispecchiarci nella Buddità. Il Gohonzon contiene tutti e dieci gli stati vitali.
Sempre nella prima fila in alto ci sono anche i Quattro grandi Bodhisattva della terra. A destra di Taho i Bodhisattva Jogyo e Muhengyo, a sinistra di Shakyamuni, Jyogyo e Anryugyo. Jogyo rappresenta il vero io, il grande io, e corrisponde al fuoco che s’innalza verso il cielo: è la pratica costante e coraggiosa per l’Illuminazione. Mu-hen-gyo rappresenta l’eternità della vita e corrisponde al soffiare inarrestabile del vento: è la compassione che si estende su ogni cosa senza incontrare ostacoli. Jyogyo rappresenta la purezza e corrisponde all’acqua: è la mente fondamentalmente incontaminata che elimina ogni impurità. Anryugyo rappresenta la felicità e corrisponde alla terra che sostiene e nutre tutte le cose. Si chiamano Bodhisattva, ma le loro funzioni sono in realtà le funzioni del Budda.
Poi «i Quattro Re Celesti – si legge nel Gosho Il vero aspetto del Gohonzon – sono seduti ai quattro angoli». Sono i guardiani dei quattro continenti ai quattro lati del monte Sumeru; funzioni sia nella nostra vita che nell’ambiente naturale e sociale.
Sul margine destro e sinistro ci sono due caratteri sanscriti: Fudo e Aizen. Fudo (Acala, l’inamovibile), sconfigge i demoni e gli ostacoli che impediscono la pratica buddista e rappresenta il principio di shoju soku nehan (le sofferenze di nascita e morte si trasformano in nirvana o felicità). Aizen (Ragaraja, re degli attaccamenti) libera gli uomini dai desideri terreni e dalle conseguenti sofferenze e rappresenta il principio di bonno soku bodai (le passioni e illusioni terrene diventano Illuminazione).
Ovviamente non saranno esclusivamente le informazioni dettagliate sul contenuto del Gohonzon e una maggiore capacità di comprensione del suo significato ad accrescere la nostra fede. Il Gohonzon può essere paragonato a una mappa che indica il tesoro supremo della vita e dell’universo. Una mappa del tesoro che ci conduce dentro le nostre esistenze, utile a chi afferra il messaggio che porta con sé: mettere in grado ogni persona di manifestare la propria Buddità. Che poi è esattamente lo scopo che ha spinto Nichiren Daishonin a iscrivere il Dai Gohonzon. A questo punto il compito è nostro.
«Così è per i caratteri del Sutra del Loto: un cieco non li vede affatto, l’occhio del comune mortale li vede di colore nero, le persone dei due veicoli li vedono come “vuoto”, i bodhisattva li vedono di vari colori, mentre una persona in cui sono pienamente maturati i semi della Buddità li vede come Budda. Il sutra dichiara: “Chi lo sostiene, starà sostenendo il corpo del Budda”» (Lettera a Horen, SND, 7, 71-72).

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