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La loro e la mia bellezza - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:38

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La loro e la mia bellezza

Storia di una “vittoria comune”; la prima – ci auguriamo – di una lunga serie, se i lettori accoglieranno l’invito a raccontarci le loro esperienze legate all’attività buddista

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Storia di una “vittoria comune”; la prima – ci auguriamo – di una lunga serie, se i lettori accoglieranno l’invito a raccontarci le loro esperienze legate all’attività buddista

Pratico da giugno 2001, ho ricevuto il Gohonzon nel dicembre 2002 e sono responsabile di gruppo. Nel novembre 2004, di ritorno da una riunione in cui avevo raccontato una mia esperienza sul lavoro, davanti al Gohonzon avevo rafforzato la mia decisione di «essere un punto di riferimento per il gruppo di cui assumerò la responsabilità, di avere a cuore e realizzare la mia e la loro felicità…». Quello che avevo in mente era un’eventuale crescita all’interno del gruppo in cui praticavo e a un’eventuale sua divisione. Due giorni dopo mi è stato affidato un altro gruppo.
In questo nuovo gruppo ognuno stava soffrendo, chi per la perdita di una persona cara, chi per una separazione, chi per malattia e, ai miei occhi, apparivano tutti rassegnati e privi di volontà di lottare. Anche il mio corresponsabile aveva seri problemi personali e grosse difficoltà tanto che alla fine mi sono ritrovata da sola. C’era anche una sofferenza legata a problemi di attività che accomunava i membri del gruppo, per cui chiunque si avvicinasse dopo un po’ si sentiva quasi respinto, e questo stava succedendo anche a me che, essendo più fresca di pratica, cercavo di trasmettere il mio entusiasmo che veniva apprezzato ma non condiviso. Così il gruppo ristagnava, la riunione di discussione era diventata un luogo dove lamentarsi insieme e alla fine della riunione io me ne andavo via più triste e sfiduciata di quando ero arrivata: un’esperienza molto diversa rispetto a quella fatta nel gruppo precedente… Se da un lato provavo compassione, dall’altro ero arrabbiata e avvertivo un senso di inadeguatezza e di incapacità a cambiare le cose. Non vedevo né la mia né la loro Buddità. Mi sembrava di remare da sola, volevo fare di tutto per loro ma in realtà mi affannavo per dimostrare a me stessa di essere all’altezza. Avevo pensato di lasciare la responsabilità, ma ero stata incoraggiata a non vedere la situazione attuale e a immaginare il gruppo così come lo volevo veder crescere in futuro.
C’è una frase nella Nuova rivoluzione umana che dice: «Se vi sentite in stallo, vi prego, sfidatevi per superare la vostra stessa debolezza, raccogliendo l’immenso potere della fede. Il presidente Toda diceva che questo è il modo per “scartare il superficiale e rivelare il profondo” nella nostra esistenza» (NRU, 2, 76). Allora ho deciso di provare a cambiare le cose usando solo il cuore. Ho recitato Daimoku con atteggiamento e determinazione nuovi per la felicità mia e di ogni membro del gruppo, perché ognuno di noi entro la fine dell’anno realizzasse un desiderio su cui lottava da tempo e perché almeno due membri del gruppo prendessero il Gohonzon entro dicembre. Sentivo che avevamo tutti bisogno di una prova concreta.
Tutto ha iniziato a cambiare. Attraverso questa sfida, ho imparato dove dovevo cambiare io: smettere di preoccuparmi di essere accettata ma invece abbracciare gli altri e accettare me stessa, tutti con i nostri pregi e difetti. L’obiettivo non era più fare una bella riunione, portare io sola una bella esperienza o una bella lettura, ma che ognuno si sentisse artefice della riunione contribuendo con un brano, introducendo il meeting o curando tutti i partecipanti e che andasse via più felice di come era arrivato. A quel punto eravamo tutti in itai doshin: avevo deciso di diventare discepola del mio maestro e ora lo seguivamo.
Ognuno ha iniziato a impegnarsi al massimo nelle attività, comprese le recitazioni la mattina presto e nelle azioni per realizzare i propri obiettivi. Era una vittoria comune: ho iniziato a vedere la loro e la mia bellezza, a fidarmi degli altri, senza l’affanno che tutto, per andare bene, dovesse essere fatto come dicevo io. Ho trasformato quell’arroganza che derivava dalla mia insicurezza. Ripartendo dal “voto” di Nichiren per la felicità di tutte le persone, ho sentito che quella era la mia missione, ho recitato per far emergere il vero io profondo e il coraggio di sfidare me stessa e percepire la mia Buddità. Ho recitato perché tutto andasse bene e per riconoscere le qualità degli altri, che fanno le cose benissimo, anche senza il mio continuo intervento. Oggi il gruppo è attivo, felice e cresce. Nelle riunioni c’è una maggiore fiducia reciproca e un’attiva partecipazione, non ci sono più solo lamentele, l’atmosfera è meno pesante. C’è sempre almeno una persona nuova, durante questo anno tre persone hanno ricevuto il Gohonzon ed è stata una ventata di freschezza per tutti.
Nel lavoro, dove avevo sempre avuto problemi a relazionarmi con capi e colleghi, da sei mesi ho cambiato ufficio e la mia collega del vecchio ufficio ha iniziato a praticare. Nel nuovo ufficio, nel quale siamo in tre, il capo è un’amica, mia shakubuku, che ha ricevuto il Gohonzon, la mia nuova collega è una persona deliziosa con la quale mi trovo benissimo, mi piace il lavoro che svolgo e per me è diventata una gioia andare in ufficio.
Provo un’immensa gratitudine per il maestro e per i compagni di fede: è grazie alla crescita nell’attività buddista che la mia vita personale è progredita in parallelo!

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