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"La grande montagna", puntate 19-22 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 11:41

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“La grande montagna”, puntate 19-22

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«Se potessi, scriverei una lettera di apprezzamento e incoraggiamento a ognuno di voi. Ma sono una persona sola e c’è un limite fisico a quello che posso realizzare. Così ogni giorno scrivo una puntata de La nuova rivoluzione umana. È la mia lettera quotidiana a tutti voi» (D. Ikeda)

I volumi dal 24 al 30 sono pubblicati su www.sgi-italia.org/riviste/nr/

Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto

[19] In seguito alle spiegazioni ragionevolmente argomentate con grande sincerità da parte di Shin’ichi e dei discepoli di Josei Toda, numerosi membri dell’assemblea convocata dal clero della Nichiren Shoshu cambiarono idea e acconsentirono a revocare la delibera sulla punizione da infliggere a Toda. Alla fine il patriarca Nissho Mizutani decise di non adottare la delibera.
L’unione spirituale tra maestro e discepolo della Soka Gakkai che aveva superato con successo il “caso Kasahara”, era diventata ancora più forte e solida. Dispiegando le ali contro il vento avverso, la Gakkai aveva preso energicamente il volo verso il raggiungimento dell’obiettivo di 750.000 famiglie di praticanti.
In quel momento Shin’ichi si preoccupava perché non sentiva nei responsabili centrali né la volontà ferma e risoluta di vivere per la causa di kosen-rufu attraverso il legame di maestro e discepolo, né l’ardente spirito combattivo della Soka.
Il 6 aprile del 1279 si era recato al tempio principale per partecipare alla cerimonia di “aerazione dei tesori” e aveva incontrato il patriarca Nittatsu. In quell’occasione gli trasmise la sua intenzione di rinunciare alla carica di sokoto e alla presidenza della Soka Gakkai.
Per Shin’ichi la cosa più importante era proteggere i membri della Gakkai dagli attacchi dei preti corrotti. Aveva la ferma convinzione che anche se avesse lasciato la presidenza, le giovani generazioni avrebbero ricevuto il testimone della Soka per la realizzazione di kosen-rufu e avrebbero svolto dinamicamente la loro missione sul grande palcoscenico del ventunesimo secolo. Se ci fossero stati dei successori non avrebbe avuto preoccupazioni né rimpianti. Un leader è felice quando può affermare con orgoglio di avere dei giovani che seguono le sue orme, perché è così che il futuro si riempie di speranza.
Nel pomeriggio del 7 aprile, Shin’ichi accolse una delegazione di venti membri della ­All-China Youth Federation in visita all’Università Soka, davanti al ciliegio magnificamente fiorito, piantato sulle rive del “lago della letteratura” in memoria dello scomparso premier Zhou Enlai.
Alle dieci del mattino dello stesso giorno, alcuni rappresentanti dei giovani avevano dato un caloroso benvenuto alla delegazione recatasi alla sede centrale del quotidiano Seikyo, e insieme si erano intrattenuti in scambi di opinioni mirando alla costruzione di durevoli rapporti di amicizia.
I giovani cinesi erano infine giunti all’Università Soka dove li attendeva Shin’ichi. Il suo pensiero costante era che fosse giunto il momento di unire il mondo intero con una filosofia per la promozione della pace.
Ecco perché, indipendentemente dalle circostanze e nonostante le tempeste che si abbattevano su di lui, continuava a dedicare tutte le energie all’opera di costruzione di ponti di pace in tutto il pianeta.

[20] «Ni hao (Buongiorno)! Benvenuti in Giappone!».
Shin’ichi aprì le braccia e le mise intorno alle spalle di Gao Zhanxiang, il capo delegazione della All-China Youth Federation, che indossava la tipica giacca della Repubblica Popolare Cinese. Poi strinse le mani di ogni membro.
«Non vedevamo l’ora di conoscerla, maestro Yamamoto. Lei ha gettato un ponte di amicizia tra la Cina e il Giappone. Il nostro desiderio si è finalmente avverato!».
Rivolgendosi a Gao, che sorrideva con le guance rosse di gioia e la voce piena di emozione, e ai membri della delegazione, Shin’ichi raccontò la storia del ciliegio dedicato a Zhou Enlai: «Questo ciliegio è stato piantato su mia proposta il 2 novembre 1975 da alcuni studenti cinesi che l’Università Soka aveva accolto come borsisti, pregando per la buona salute di Zhou Enlai ed esprimendo il desiderio di una pace e un’amicizia durevoli. Nel dicembre dell’anno precedente, il premier aveva voluto incontrarmi, nonostante le sue condizioni di salute critiche, nell’ospedale in cui era ricoverato a Pechino, e aveva espresso l’ardente desiderio di creare un’amicizia eterna tra Cina e Giappone, e di costruire la pace nel mondo. Durante quell’incontro Zhou Enlai mi raccontò con aria nostalgica di quando aveva lasciato il Giappone, nel periodo della fioritura dei ciliegi, e io gli dissi: “La prego di venire di nuovo in Giappone quando i ciliegi fioriranno”. Rispose: “Mi piacerebbe molto, ma realisticamente non sarà possibile”. Sul suo volto si leggeva un profondo rammarico. Fu così che proposi di far piantare uno di quei ciliegi, che Zhou Enlai tanto amava, a dei borsisti cinesi che ne avevano ereditato le aspirazioni».
I legami di amicizia sono uniti dal filo della sincerità. I giovani della federazione cinese ascoltavano attentamente, annuendo.
«Il premier Zhou scomparve nel gennaio del 1976, quasi due mesi dopo la messa a dimora del ciliegio. Affranto da un profondo dolore, giurai che mi sarei dedicato a promuovere quelle amichevoli relazioni sino-giapponesi che il premier aveva auspicato, e che mi sarei adoperato affinché durassero in eterno. Con questa determinazione ho disposto i preparativi per piantare oggi insieme a voi, giovani leader della Cina, due ciliegi in memoria di Zhou Enlai e della moglie Deng Yingchao. Piantiamo insieme questi alberi esprimendo la nostra riconoscenza a questa grande coppia, e promettiamo di mantenere salda la nostra amicizia in eterno!».

[21] Shin’ichi faceva da guida alla delegazione della All-China Youth Federation. Accanto a due ciliegi piantati a qualche decina di metri dal “ciliegio Zhou”, si poteva scorgere un cumulo di terra. Su quegli alberi, alti circa quattro metri, erano sbocciati dei fiori rosa. A sinistra appariva il “ciliegio Zhou Enlai” e a destra il “ciliegio Deng Yingchao”.
La cerimonia di messa a dimora si svolse sotto gli sguardi attenti dei membri della delegazione cinese e di alcuni rappresentanti degli studenti dell’Università Soka. Shin’ichi e il capo delegazione, Gao Zhanxiang, servendosi di una pala, ricoprirono di terra le radici degli alberi.
I giovani manifestarono il loro consenso con un caloroso applauso.
«Facciamo tutti insieme una foto ricordo!». Alla proposta di Shin’ichi venne scattata una foto di gruppo con la delegazione. Con animo visibilmente commosso, Gao iniziò a parlare. Un giovane interprete traduceva in giapponese. «Come mostrano i ciliegi dedicati a Zhou Enlai e ai due coniugi, la sincerità del maestro Yamamoto che ha continuato a pensare e ad agire con tutto il cuore per la pace e l’amicizia con la Cina, è veramente commovente. Ho provato una forte emozione e desidero esprimere la mia riconoscenza al maestro recitando una ­poesia».
Presentò così la sua poesia in cinese, con voce chiara e sonora.

In visita al vicino Paese dell’Est
nella stagione di fioritura dei ciliegi,
la nostra volontà si è rafforzata
e i nostri sentimenti sono più che mai sinceri.
Piantare un fiore è un’emozione
molto più forte che ammirarlo,
come quando si beve l’acqua e il pensiero
va a chi ha scavato il pozzo.

Il suo tono di voce riecheggiava profondamente nel cuore. Shin’ichi apprezzò molto quell’espressione di riconoscenza.
L’origine dell’amicizia è il sentimento di gratitudine reciproca che dimora nel cuore.
Rientrato in Cina, Gao Zhanxiang scrisse in un taccuino una poesia in cinese che esprimeva la gioia sperimentata durante quella visita in Giappone:

La corrente della stretta striscia di mare[ref]Striscia di mare che separa la Cina dal Giappone.[/ref]
non si esaurisce,
i fiori dell’amicizia sono un’eterna primavera.

In seguito intraprese insieme al figlio lo studio del giapponese. Egli era fortemente convinto che gli scambi amichevoli tra i popoli dei due paesi sarebbero continuati per sempre. Il premier Zhou Enlai aveva profondamente determinato di costruire legami di amicizia che durassero per le generazioni a venire.
L’autentica fratellanza si crea attraverso il passaggio di testimone dell’amicizia da una generazione all’altra.

[22] Shin’ichi, pur essendo di sette anni più anziano, nutriva nei confronti di Gao Zhanxiang, capo della delegazione della All-China Youth Federation, un senso di rispetto come verso un “giovane amico” e il legame di amicizia tra i due, nato in Giappone, non si era mai affievolito nel corso degli anni. Nell’autunno del 1992, anno in cui ricorreva il ventesimo anniversario della normalizzazione dei rapporti tra Cina e Giappone, Shin’ichi fece la sua ottava visita ufficiale in Cina. In quell’occasione il Ministero della cultura cinese, in segno di riconoscimento per il suo contributo alle attività di scambio culturale tra i due paesi, conferì a Shin’ichi il primo riconoscimento assegnato dal Ministero per la promozione degli scambi in quell’ambito. Durante la cerimonia, il premio a Shin’ichi fu conferito proprio da Gao Zhanxiang, a quel tempo vice ministro della cultura cinese. Profondo conoscitore di poesia cinese e giapponese, dell’arte calligrafica giapponese e dell’arte fotografica, egli fece dono a Shin’ichi di una poesia:

Solo una striscia d’acqua ci separa
mentre lontana è la fonte
e lungo il corso della nostra storia.

Gao Zhanxiang ricoprì successivamente cariche importanti: fu presidente della Conferenza politica consultiva del popolo cinese, presidente dell’Associazione d’arte e fotografia cinese, segretario di partito delle Federazioni delle associazioni di letteratura e arte cinesi e segretario generale della Direzione per la promozione della cultura cinese, dando un ulteriore contributo allo sviluppo delle attività culturali del proprio paese.
Fu inoltre autore di numerose pubblicazioni, tra cui Il potere della cultura e Trattato su società e cultura.
Intrattenne con Shin’ichi un continuo scambio di idee sul tema del potere della cultura e nel 2010 il loro dialogo venne pubblicato a puntate, per quasi un anno, sulle pagine del mensile Ushio con il titolo “Il potere della cultura è capace di unire il pianeta”; venne poi pubblicato in un libro nel 2012.
Era un dialogo che spaziava in diversi ambiti, dalla storia degli scambi sino-giapponesi alle arti, dalla cultura alla religione, attraverso un unico tema di fondo che riconosceva nel potere della cultura la forza della pace in grado di unire l’umanità.
Il pensiero di Shin’ichi, che aveva deciso di dimettersi da terzo presidente, aveva già spiccato con forza il volo verso il mondo. Egli, infatti, lacerato nel cuore come buddista e come essere umano dai continui focolai di guerra che si stavano sprigionando ovunque in Asia, aveva deciso in cuor suo di aprire proprio in quel momento la strada della pace e della coesione per l’umanità.
Era convinto che questo fosse un tema di fondamentale importanza, che tutti i leader e gli intellettuali del mondo dovevano necessariamente affrontare unendo i loro cuori in questo sforzo. Saldo come una montagna maestosa e imponente, Shin’ichi fissava con lo sguardo il vasto cielo del futuro. Il frastuono che lo circondava per lui non era più del fruscìo delle chiome di una foresta mosse dal vento.

(continua)

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