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La “Fattoria Soka” - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:22

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La “Fattoria Soka”

Ellis Aferi, Ghana

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Dopo la scuola superiore fui assunto come maestro rurale in un villaggio del Ghana. Ci si aspettava da me un esempio di vita cristiana e addirittura che dividessi il mio magro salario con i poveri. Il prete locale mi disse che ero destinato a essere povero perché la mia famiglia aveva praticato la stregoneria. Sentendomi rispondere così, decisi di darmi all’alcool, sperando che almeno quello mi avrebbe fatto sentir meglio. A causa delle continue sbornie persi il lavoro e mi rivolsi allora agli sciamani e agli spiritisti. Questi mi dissero che le streghe avevano conficcato un barile nel mio stomaco e per questo bevevo così tanto! Eseguirono ogni sorta di rituale magico ma senza risultato. Alla fine dovetti lasciare il villaggio per sfuggire a streghe e stregoni. Così, nel giugno 1974, giunsi nel porto di Tema, per iniziare una nuova vita e ottenni un lavoro nella Compagnia dell’Alluminio del Volta.
Mi imbattei in un cugino che mi invitò a una riunione di discussione buddista quella sera stessa. Accettai subito la nuova fede perché credevo che mi potesse proteggere dalle streghe e rimuovere il “barile” dal mio stomaco. Il suono della recitazione mi diede nuova speranza e gioia. Ma il giorno dopo, con mia grande costernazione e delusione mi informarono che ero stato licenziato. Maledii mio cugino che aveva attirato la sfortuna su di me con la sua religione. Mi recai a casa del responsabile buddista che avevo conosciuto la sera prima e mi lamentai amaramente. Ma egli mi incoraggiò dicendo: «A meno che non cambiamo il nostro karma negativo adesso, saremo costretti a sopportare le stesse disgrazie per l’eternità». Poi mi diede del materiale di studio da leggere e questo mi rincuorò e mi offrì una nuova prospettiva.
Continuavo a partecipare alle riunioni buddiste e a leggere molto. Dopo due anni fui nominato responsabile e trovai un nuovo lavoro con un buon salario. Cominciavo a vedere i frutti della mia pratica. Poi incontrai Rose, la donna che sarebbe diventata mia moglie. Io mi dimisi dal lavoro e avviammo insieme una piccola produzione artigianale di sapone. Ma nel 1988 ci fu una svolta drammatica. Gli affari calarono e la nostra piccola azienda fallì. Non potevamo più né pagare l’affitto, né saldare i conti e mia moglie era in attesa di un figlio. Ci trasferimmo in un appezzamento di terreno che avevamo acquistato in precedenza, sperando di coltivarlo. Era una zona sottosviluppata, non c’era acqua, né elettricità e neppure vicini. Durante le piogge, il tetto perdeva acqua e ogni giorno era una lotta per racimolare abbastanza denaro per mangiare. Ma sopravvivemmo e più difficile diventava la situazione più recitavamo con determinazione.
Nacque nostro figlio Kofi. Dopo un mese cominciò a piangere giorno e notte; gli diagnosticarono un’ernia che avrebbe dovuto essere operata. Non avevamo i soldi per pagare la degenza in ospedale così recitammo davanti al Gohonzon giorno e notte per una soluzione. Ci dissero che non c’erano letti disponibili e dopo l’operazione ce lo fecero riportare a casa, chiedendoci di tornare cinque giorni più tardi per la medicazione. Era proprio il beneficio che volevamo e il quinto giorno il medico dichiarò che la ferita si era perfettamente cicatrizzata.
In quel difficile periodo la pratica buddista era la nostra unica fonte di speranza. Non avevamo che un appezzamento di terreno di due acri e mezzo e, utilizzando le tecniche che avevo appreso facendo l’idraulico, il falegname e il muratore, durante la costruzione del Centro culturale della SGI-Ghana, costruii un piccolo porcile e un pollaio senza aver alcuna esperienza nell’allevamento degli animali. Mi lanciai nel commercio dei polli con soli dieci volatili, mentre mia moglie vendeva il pane. Questo fu l’inizio della Fattoria Soka. Volevo dimostrare che si poteva avviare una fattoria o un’impresa commerciale senza per forza dover fare affidamento sulle banche o sull’assistenza del governo.
L’agricoltore africano è il più povero e arretrato del globo. Usa strumenti ancora molto rudimentali, spera nella pioggia, ha scarsa disponibilità di fertilizzanti o semi di buona qualità e non ha facilitazioni economiche che gli permettano di espandersi a un livello commerciale. In realtà, il contadino africano riesce al massimo a nutrire se stesso e la propria famiglia. Ma, con il sostegno e l’incoraggiamento di mia moglie e mio figlio, io decisi di diventare un agricoltore di successo, affinché i giovani fossero ispirati a intraprendere l’agricoltura.
Capii subito che non avrei realizzato niente senza disciplina, determinazione, capacità direttive, fede e duro lavoro. Dovevo perseverare e superare tutti gli ostacoli. E capii anche che non potevo esplorare il settore che mi interessava, cioè i prodotti agricoli non tradizionali come funghi, conigli, miele, lumache e pesce, senza esperienza o istruzione. Così chiesi consiglio ai funzionari del dipartimento di agricoltura. Una persona in particolare, Nukpor, mi fu di grande aiuto, fornendomi informazioni utilissime sulle tecniche scientifiche di produzione, contabilità e gestione della fattoria. Ridiventai studente ed ero entusiasta di imparare. Partecipai a corsi e seminari per apprendere tutte le ultime scoperte scientifiche nel ramo.
Con la piccola somma di denaro che ricavai dalla vendita del pollame, delle uova e degli animali, avviai la produzione di funghi e miele e l’allevamento di lumache, conigli e pesci. Fu veramente difficile; progredivo, utilizzando il lento e doloroso sistema di reinvestire ogni volta i miei piccoli profitti e aspettare che rendessero nuovamente. Non ebbi alcuna assistenza finanziaria per accelerare lo sviluppo della mia impresa. Dopo molti alti e bassi, sono felice di affermare che, perseverando nella fede, siamo riusciti a elevare le nostre condizioni di vita e ora la nostra famiglia vive armoniosamente in campagna dopo ventiquattro anni di pratica. È un sogno che non avrei mai nemmeno immaginato. Tenendo a mente che “Buddismo è vincere o perdere” e determinati a non perdere mai, abbiamo perseverato nella lotta senza mai cedere finché le cose hanno cominciato a migliorare.
L’alloro per il nostro duro lavoro e per la determinazione giunse nel 1996, quando vincemmo il Premio del Miglior Contadino della regione di Tema. La fattoria è ben integrata e virtualmente nulla viene sprecato. Con gli scarti dei raccolti vengono nutriti i bovini e questi a loro volta forniscono prezioso concime per le messi e per gli ortaggi, mentre gli altri animali forniscono fertilizzante per il sistema di acquacultura. I pesci offrono proteine nobili per la famiglia e le api ci danno un salubre miele e così via.
Questo premio è stato un immenso onore per le Fattorie Soka, iniziate come una minuscola produzione da cortile. Del nostro successo hanno parlato diversi quotidiani e ora contadini, studenti e giovani giungono qui a frotte ogni giorno per informarsi su come mandare avanti una fattoria. Sono deciso ad aprire le porte della mia fattoria alla gioventù del Ghana affinché tutti possano imparare e adottare un nuovo approccio pratico e innovativo alla vita praticando un sistema di agricoltura integrata.
Senza il coraggio derivato dalla mia fede buddista, avrei sicuramente ceduto. C’era una famiglia da allevare, figli e dipendenti da educare. Era difficile conciliare tutto questo con l’esasperante lentezza del ritmo di sviluppo della mia attività agricola. La maggior parte del tempo non avevo neanche un soldo in tasca ma ho continuato a recitare affinché le virtù del Budda di coraggio, saggezza, forza vitale e fortuna mi permettessero di spezzare ogni barriera. Ero deciso a non perdere per dare prova concreta della mia fede ai giovani della SGI-Ghana e far vedere che, in qualsiasi circostanza, con la fede si può cambiare il veleno in medicina. Il presidente Ikeda ha detto che il ventunesimo secolo sarà il “Secolo dell’Africa”. I problemi che la nostra e tutte le altre nazioni africane devono risolvere sono tanti e difficili. Nonostante questo sono deciso a non deludere le aspettative di Ikeda e lottare più che mai per lo sviluppo dei paesi africani.

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