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La dignità della vita - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:43

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La dignità della vita

Utilizzando la lezione sulla centralità della dignità della vita tenuta da Katsuji Saito al corso europeo, Francesco Santangelo, Giulia Savarese e Marta Bonomo hanno approfondito un tema fondamentale nel Buddismo

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Utilizzando la lezione sulla centralità della dignità della vita tenuta da Katsuji Saito al corso europeo, Francesco Santangelo, Giulia Savarese e Marta Bonomo hanno approfondito un tema fondamentale nel Buddismo

Attualità del tema

Quando Daisaku Ikeda utilizza l’espressione “dignità della vita” intende parlare in termini laici e universali della “natura di Budda”.
Sempre più spesso si sente parlare di dignità della vita, quando per esempio si tratta di definire quali siano i diritti umani da rispettare universalmente, eppure il mondo è pieno di violazioni della dignità della persona. Per questo è importante e urgente per l’umanità definire l’ampiezza e la profondità di questo concetto, che stabilisce chi siamo e come si colloca la nostra esistenza nell’universo.
Ikeda parla spesso di “dignità della vita” sia nei dialoghi con varie personalità del mondo della cultura e della scienza sia nelle sue Proposte di pace, usando un linguaggio facilmente accessibile anche a chi non è buddista, per cominciare a riflettere su cosa fare per riuscire a vivere in armonia con la nostra vera natura e con tutto ciò che ci circonda.

Il Budda è la nostra vita interiore

L’Illuminazione conseguita da Toda in prigione conteneva in sé una profonda considerazione per la sacralità della vita. Nel momento in cui percepì che il Budda non è altro che la vita stessa fu in grado di dare all’insegnamento di Nichiren un nuovo vigore, capace di sostenere la vita umana nella nostra epoca da un punto di vista pratico. Il fatto che ogni singola persona percepisca la grandezza della vita, non in generale e in astratto, ma concretamente e all’interno della propria esistenza, è fondamentale, poiché tale consapevolezza fa emergere una grande forza vitale. Riappropriarsi della consapevolezza della natura della vita è la strada verso la felicità.

I dialoghi con Toynbee: la natura positiva della vita

La prima volta che Daisaku Ikeda ha parlato di Buddismo al mondo occidentale è stato in occasione dei suoi dialoghi con lo storico inglese Arnold Toynbee (1889-1975), iniziati nel 1972. Nel volume che li contiene, dal titolo italiano Dialoghi, l’uomo deve scegliere (Bompiani, 1988), vengono affrontati vari temi scottanti per l’umanità; tra questi, la sacralità della vita e la dignità dell’essere umano. Consideriamo in breve tre punti centrali trattati nell’opera.
Primo. La vita è importante perché ha in sé la Buddità. Il fondamento della sacralità di ogni singolo individuo, quindi, sta proprio in questa capacità di manifestare la condizione vitale del Budda, o “vero io”, che qui Ikeda definisce «sostanziale indipendenza dell’essere umano» (cfr. pag. 351).
Secondo. La vita è libera perché è basata sulla responsabilità personale (karma) che Ikeda, parlando con Toynbee, definisce “destino”. Le differenze tra le persone non dipendono dal caso né da una forza soprannaturale ma dalle differenze di karma, cioè in altri termini dalla legge di causa ed effetto. Per questo l’essere umano ha la libertà di autodeterminarsi attraverso le sue azioni compiute e non solo di sperare (come se fosse in balia del caso) o supplicare (come se dipendesse da una forza sovrannaturale) di migliorare la propria condizione. Dunque la conseguenza più importante dell’esistenza del karma, che riguarda la dignità della vita, è che restituisce all’essere umano la libertà originaria di determinare la propria vita (cfr. pagg. 269-270).
Terzo. La vita è molto più vasta di quanto non sembri. L’intelletto, la ragione o il sentimento sono solo una parte superficiale della vita, ma non ne costituiscono la sostanza. Vista da questa prospettiva più profonda, questa vita “complessiva” che sostiene ogni singola esistenza – come la parte sommersa di un iceberg – è, secondo Ikeda, il fondamento su cui si basa la sacralità della vita (cfr. pag. 166).
Il fondamento teorico della sacralità della persona dunque sta proprio nella capacità di manifestare questa vita profonda, il “vero io”, cioè la condizione vitale del mondo di Buddità.

Il fondamento negli scritti di Nichiren

Nell’Apertura degli occhi il Daishonin dice che la visione di Sha­kya­mu­ni sulla natura e sul funzionamento della vita è molto più profonda e saggia di quelle che lo hanno preceduto, in particolare perché egli: 1. comprende la simultaneità di causa ed effetto; 2. ha una visione che va oltre la vita e la morte; 3. sconfigge l’oscurità fondamentale.
Vediamo in dettaglio questi tre punti, che rendono illuminata la vita (del Budda) e quindi degna del massimo rispetto la vita di tutti gli esseri.
1. La simultaneità di causa ed effetto è il vero aspetto della vita. Essa si evidenzia, per esempio, nel mutuo possesso dei dieci mondi, per cui tutti i fenomeni e tutti gli stati vitali sono compresi contemporaneamente uno nell’altro. Per esempio, solo grazie a questa simultaneità con la recitazione del Daimoku (causa) possiamo assaporare la condizione vitale del Budda (effetto) in maniera simultanea.
2. La sua visione va oltre la vita e la morte. Sha­kya­mu­ni riesce a superare le sofferenze di nascita e morte percependo la vera dimensione della vita che è immensa come l’universo, continuo e dinamico. Percepisce l’eterno fluire della vita come un ciclo costante e creativo di nascita e morte.
3. Sconfigge l’oscurità fondamentale. L’oscurità ci fa credere che la nostra vita sia piccola e impotente e non ci fa vedere la nostra Buddità; è l’ignoranza della grandezza immensa della nostra vita e della realtà. L’oscurità fondamentale è la base dei “tre veleni” (Avidità, Collera, Stupidità) e può essere superata solo con la saggezza del Budda. Il Budda non trasforma i desideri terreni uno a uno, ma cancella ogni volta in un colpo solo tutta l’oscurità fondamentale con la luce della saggezza.
In questi tre aspetti si trova la dignità della vita e la dignità dell’essere umano rivelate dal Buddismo. Tutti gli esseri umani possono realizzarli.
La rivoluzione fatta da Nichiren consiste nell’aver svelato la volontà del Budda Sha­kya­mu­ni secondo la quale questi tre aspetti possono essere realizzati da tutti, e nell’aver spiegato come fare.

Come si fa?

Come si fa a realizzare concretamente l’ideale della dignità della vita? Come possiamo vivere nella nostra esistenza individuale la vasta condizione vitale che abbiamo descritto finora e che, in mancanza di tale realizzazione, resterebbe una semplice costruzione intellettuale? Tutti noi possiamo accedere alla Buddità. Nichiren trova lo strumento per rendere concreta tale possibilità.
Nel Gosho si legge: «Le pratiche di Sha­kya­mu­ni e le virtù che come conseguenza egli ottenne sono tutte contenute nei cinque caratteri di Myoho-renge-kyo. Se noi crediamo in questi cinque caratteri, ci saranno garantiti naturalmente gli stessi benefici che come conseguenza egli ottenne» (L’oggetto di culto per l’osservazione della mente, RSND, 1, 325; nella vecchia edizione degli Scritti di Nichiren Daishonin il titolo è Il vero oggetto di culto).
La massima saggezza che l’essere umano può sviluppare è quella con cui comprende che tutti i fenomeni sono interrelati, compresa la sua vita. Ovviamente non è facile raggiungere tale consapevolezza, perché la nostra abitudine mentale va nella direzione opposta, ossia pensare che ognuno di noi abbia un vita indipendente che entra in relazione con le altre vite ma che è comunque un’entità a sé.
Quindi ci serve un mezzo per risvegliarci a tale realtà. Nichiren Daishonin ha istituito una pratica profonda ma al tempo stesso accessibile a tutti per sviluppare questa consapevolezza della globalità: recitare Daimoku con fede nel Gohonzon. Così possiamo percepire quanto la nostra vita sia compenetrata a tutte le altre forme di vita, e provare gioia e saggezza.
Ma credere non basta, occorre perseverare. Dobbiamo sviluppare una fede come l’acqua, che scorre nonostante gli ostacoli e i demoni (le influenze negative) che attaccano la fede mirando ai punti più vulnerabili di ognuno.
Fede è credere nella dignità della propria vita. È rispettare qualsiasi forma di vita. È fare azioni per mettere in pratica questo ideale.

Nel Gohonzon è iscritta la profonda dignità della vita

Nichiren Daishonin ha superato l’oscurità, perseverato nella fede nonostante le persecuzioni e propagato la Legge manifestando così il Budda di perfetta Illuminazione. Il Gohonzon non è altro che l’iscrizione di questo mondo interiore che il Daishonin ha osservato in sé e sperimentato concretamente, cioè il vero aspetto della propria vita e dell’universo. Il Gohonzon è la manifestazione della condizione vitale di perfetta Illuminazione che si acquisisce mantenendo la fede, ed è quindi la manifestazione concreta della vita suprema e nobile del Budda che sta alla base di tutti i fenomeni dell’universo. In altre parole, nel Gohonzon è iscritto il vero aspetto della nostra vita, la “vera identità positiva sostanziale” dell’essere umano, la “dignità” della sua vita.
Nichiren ha iscritto il Gohonzon: 1. per permettere a tutti di raggiungere la Buddità, essendo il Gohonzon la “causa esterna” per manifestare la stessa condizione di Nichiren; 2. per rendere concreti gli ideali del Buddismo, attuarli e diffonderli nel mondo.

Nichiren nel Gosho insegna a mettere in pratica questo ideale

In diversi scritti il Daishonin indica ai suoi discepoli come comportarsi per vivere coerentemente con la propria natura profonda: 1. alla moglie di Toki Jonin insegna a prendere consapevolezza della preziosità della propria vita, a impegnarsi a vivere il più a lungo possibile dimostrando la volontà di guarire da una malattia (Il prolungamento della vita, RSND, 1, 847); 2. a Shijo Kingo insegna a essere saggio attraverso consigli pratici: non essere impaziente, irascibile, non farsi trascinare dalla collera… Grazie all’esempio del Bodhisattva Mai Sprezzante (Fukyo) che si inchinava rispettosamente innanzi a ogni persona, esprimendo così il cuore della pratica del Sutra del Loto, gli mostra l’importanza di dedicare la vita alla Legge. Ma il comportamento del Bodhisattva Mai Sprezzante, dice Daisaku Ikeda (Il mondo del Gosho, esperia, vol. II, pag. 3), si accetta facilmente in teoria ma si mette in pratica con difficoltà perché le emozioni prendono il sopravvento. La tendenza a sbagliare pur sapendo di sbagliare è effetto dell’oscurità, e far emergere la Buddità è il modo per trasformarla. Non occorre diventare modelli di perfezione, basta credere nella parte positiva di ogni persona (I tre tipi di tesori, RSND, 1, 752); 3. a tutti i suoi discepoli (Lettera da Sado, RSND, 1, 266) insegna l’importanza di dedicare la vita alla Legge. La vita va protetta perché è unica, ma non va risparmiata per motivi futili, perché in questo modo non si concretizza la vera dignità della vita ma anzi si manifesta la stupidità (Nichiren fa l’esempio dei pesci e degli uccelli che per sopravvivere vengono attratti dalle esche e dalle trappole e così trovano la morte). Non risparmiarsi significa chiedersi in base a quali principi vivere la propria vita, e decidere di usarla per kosen-rufu.

Per concludere

Il vero intento del Buddismo è ristabilire la dignità della vita nel mondo.
Ogni essere umano desidera la felicità. Non si tratta di un “buonismo diffuso”, ma è una lotta contro il senso di impotenza che pervade la maggior parte delle persone. Per diffondere il Buddismo la cosa migliore è sperimentarlo e parlarne usando parole nostre, con naturalezza e convinzione.

All’approfondimento del tema della dignità della vita Buddismo e società dedicherà lo speciale del numero 131 (novembre-dicembre 2008).

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