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La consapevolezza da ricercare - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:45

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La consapevolezza da ricercare

Il commento al Gosho L’eredità della Legge fondamentale della vita – spiegato in due parti nei primi numeri di gennaio e di febbraio – è accompagnato da due considerazioni che partono dall’esperienza personale. Ecco la prima

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Il commento al Gosho L’eredità della Legge fondamentale della vita – spiegato in due parti nei primi numeri di gennaio e di febbraio – è accompagnato da due considerazioni che partono dall’esperienza personale. Ecco la prima

«Recitare Myoho-renge-kyo con la consapevolezza che non esiste alcuna differenza fra Shakyamuni che ottenne l’Illuminazione nel lontano passato, il Sutra del Loto che è la strada dell’Illuminazione di tutti gli esseri e noi comuni mortali, significa ereditare la Legge fondamentale di vita e morte. Questo è essenziale per i discepoli, preti e laici, di Nichiren: questo è il significato di abbracciare il Sutra del Loto».
da L’eredità della Legge fondamentale della vita
Il Nuovo Rinascimento, n. 342, pag. 16

Il primo dei tre punti che Nichiren Daishonin indica come necessari per ereditare nella nostra vita la legge di Nam-myoho-renge-kyo, è la consapevolezza che non esiste alcuna differenza fra Shakyamuni, il Sutra del Loto e noi. Leggere la spiegazione di questa frase, rifletterci sopra, capirne razionalmente il significato, è tutto sommato abbastanza facile. «Nam-myoho-renge-kyo è la nostra vita», «Noi siamo il Budda», «Tutti hanno la Buddità»; si tratta di concetti che “suonano bene” e che non sollevano riserve al nostro vaglio analitico. Le cose cambiano radicalmente se andiamo oltre al senso di appagamento della nostra mente razionale e confrontiamo questo “primo punto” con le nostre “vere” convinzioni e credenze, quelle che sentiamo nel profondo del cuore, quelle che condizionano il formarsi dei nostri pensieri, delle nostre parole e delle nostre azioni. Scavando in questa direzione, è sorprendente scoprire quanto la consapevolezza che indica Nichiren sia necessaria per la nostra felicità e come si tratti di un percorso dove non si è mai abbastanza avanti.
I nostri conflitti, le sofferenze interiori, le frustrazioni hanno spesso tra i loro ingredienti una grande incertezza rispetto al proprio valore e la conseguente necessità di ottenere dal nostro ambiente, dalle persone con cui interagiamo, approvazione, gratificazione, legittimazione. Altre volte questa necessità di legittimare la propria esistenza (essenzialmente a se stessi), porta ad un’estenuante gara per prevalere su tutti, essere i migliori, vincenti, superiori. È il tipo di confronto con l’altro in cui si vince o si viene sconfitti … in cui si contano le ricchezze del vicino con la segreta angoscia che ne abbia più di noi. E così, spesso il “sentire” priva di valore la nostra vita, ci porta a non vedere il valore della vita di chi abbiamo intorno e ad interagire con rabbia, amarezza, sospetto verso tutti, anche verso chi amiamo di più. Osservando il nostro “funzionamento” individuale viene da pensare che dietro la furiosa ricerca di competizione, di profitto, di sopraffazione di questa epoca ci sia il bruciante bisogno di trovare e affermare il valore della propria vita.
Sapere, credere davvero di “essere” Budda. Proprio qui dove ci troviamo. Proprio ora, in questo momento così “incasinato” e non dopo, in un momento “migliore”. Questo cambia radicalmente e immediatamente la prospettiva. L’orizzonte si sposta dall’angoscioso bisogno di affermazione di sé alla serena consapevolezza di “essere” e di avere il potere, manifestando Nam-myoho-renge-kyo, di trasformare qualunque cosa. Gli altri diventano meravigliosi perché anche noi lo siamo e ci dispiace che siano funestati dalla tremenda oscurità innata della vita, proprio come capita a noi.
Il Daishonin ci dice che senza questa consapevolezza non si “eredita la Legge”, vale a dire che la stessa pratica diventa inefficace. Da questo punto di vista è chiaro che stiamo parlando di uno degli elementi “base” della pratica quotidiana. Può sembrare strano che ci sia un momento in cui ci diciamo: «Suvvia, ora faccio un’oretta di Daimoku ricercando la consapevolezza di essere Budda!» oppure «Da ora in poi ogni volta che recito Gongyo e Daimoku voglio cercare la consapevolezza di essere Budda» ma, perché ci sia un viaggio, occorre una partenza. Sto sperimentandolo da alcuni mesi. Trovo difficile valutare su di me il grado di questa consapevolezza, emergono anzi inquietanti indizi di un lunghissimo cammino da fare (ma non demordo). Tuttavia, è incredibile come il semplice fatto di ricercare “quella” consapevolezza, di volerla, faccia emergere uno stato di vita assolutamente differente. Quando si recita Daimoku sforzandosi di essere consapevoli che in quel preciso istante siamo Budda, lo stato vitale cambia. Cambia in quel preciso istante.

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