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La causa giusta - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 14:29

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La causa giusta

Giulia Pellizzato, Venezia

Ho finalmente compreso cosa mi impediva di arrivare al traguardo: nella confusione della sofferenza avevo dimenticato che la gioia è la causa, non l’effetto, della nostra vittoria

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Ho finalmente compreso cosa mi impediva di arrivare al traguardo: nella confusione della sofferenza avevo dimenticato che la gioia è la causa, non l’effetto, della nostra vittoria

Un anno e mezzo fa mi sono laureata in Letteratura italiana. Amavo i miei studi, ma mi sembrava che la mia vita non facesse la differenza per nessuno: mi sentivo inutile. Avevo determinato le caratteristiche del lavoro che desideravo e facevo del mio meglio per trovarlo; non volevo sabotarmi con le solite “non azioni”. Leggevo gli incoraggiamenti del presidente Ikeda e il Gosho per trovare la motivazione, la fiducia, la saggezza che spesso mi mancavano. «Anche se siete senza speranza e pensate di essere incapaci, so che non lo siete. Non ho dubbi: ognuno di voi ha una sua grande missione. Sebbene altri possano screditarvi, ricordatevi che vi rispetto e vi stimo. […] Ogni volta che cadete, rialzatevi: se siete in grado di tirarvi su, potete andare avanti. Siete giovani. Questo è il tempo della sfida e della speranza!» (I protagonisti del XXI secolo, vol. 1, pag. 25). E così ripartivo. Determinavo una scadenza per il mio obiettivo lavorativo, davo il massimo, ma alla scadenza non accadeva niente. Mi sentivo un disastro, mi vergognavo di me stessa, temevo che, guardando me, le persone dubitassero del valore della pratica buddista.
Ancora non me ne rendevo conto, ma ero alle prese con la stessa tendenza che mi aveva fatto iniziare a praticare, sette anni prima. Frequentavo l’Università a Siena e avevo una terribile sfiducia in me, che si rifletteva nell’atteggiamento dei miei genitori e nel mio approccio allo studio: tentavo continuamente di dimostrare un valore che non riuscivo a sentire, i buoni risultati non servivano a nulla perché, dopo qualche istante di pace, mi sentivo sempre nello stesso modo. Sono stata incoraggiata dai miei responsabili a perseverare senza lasciarmi abbattere dalla negatività, fino a “trasformare il veleno in medicina”. Di volta in volta ho aumentato il Daimoku e l’attività, approfondendo più che mai il legame col maestro, fino a decidere di assumermi la responsabilità di realizzare un vita piena e felice! Mi sono state affidate prima la responsabilità di gruppo a Venezia dove mi ero nel frattempo trasferita, poi di settore, l’attività nazionale nella redazione del Volo Continuo. Ogni inverno si è trasformato in primavera: la Divisione giovani di Venezia oggi è un meraviglioso diamante, mia madre ha ricevuto il Gohonzon e ora lottiamo per kosen-rufu fianco a fianco. Nel trasformare il karma familiare ho imparato a fare io il primo passo, al di là di torto e ragione, con compassione e amore vero sia per me che per chi stava dall’altra parte. Mi sono finalmente concessa di essere semplicemente ciò che ero, prendendomi lo spazio di cui avevo bisogno per star bene e creare armonia anziché lasciarmi schiacciare da un ruolo che mi veniva attribuito dall’esterno.
Quando dopo una laurea con lode mi sono ritrovata nuovamente a detestarmi e a non sapere cosa fare, ho deciso che non volevo più sentirmi così e che da quel momento avrei pregato per venire letteralmente risucchiata dalla situazione migliore per me!
Mi sono trasferita temporaneamente in Svizzera, grazie all’ospitalità di mio fratello. Collaboravo, non retribuita, come tutor d’aula e fundraiser per una ONG di Milano che si occupa di formazione alla direzione etica nelle aziende. Non lasciavo nulla di intentato. Erano passati oramai dieci mesi dalla laurea: il tempo per essere assunta come stagista si stava esaurendo e mi sentivo il cuore schiacciato da un macigno. Davanti al Gohonzon ho dovuto riconoscere che anche se continuavo a impegnarmi ogni giorno, anche se credevo di avere fede, in realtà ero disperata. E ho finalmente compreso cosa mi impediva di arrivare al traguardo: nella confusione della sofferenza avevo dimenticato che la gioia è la causa, non l’effetto, della nostra vittoria.
Ho preso a recitare Daimoku col solo desiderio di coltivare un cuore vincente, far emergere dalla mia vita una gioia indomabile, al di là di ogni circostanza. Di lì a dieci giorni ho ricevuto una telefonata dall’università: avevo vinto una borsa di tirocinio europea! Ho trovato un ente ospitante in Germania che addirittura superava i miei obiettivi. Sebbene il mio profilo fosse diverso da quello che cercavano, erano stati colpiti dalla mia attività volontaria e avevano accolto la candidatura. Dopo i primi giorni in ufficio mi sono resa conto che avevo finalmente realizzato il lavoro determinato all’indomani della laurea.
Le cose al lavoro andavano bene e già si parlava di assunzione, eppure la sera tornavo a casa e mi chiedevo: «È proprio questo quello che ho sempre sognato?». Recitando sinceramente al Gohonzon ho dovuto ammettere che il lavoro che svolgevo era sì prestigioso e remunerativo, ma non rispondeva ai miei veri desideri. Mi sono ricordata della lettera che avevo scritto a sensei anni prima, in cui gli promettevo di realizzare kosen-rufu attraverso le parole. Mi sono tornate alla mente tutte le cose che avevo studiato con amore infinito e ho capito che le avevo abbandonate temendo di non aver di che vivere, influenzata dai miei pregiudizi ancor più che dall’opinione altrui.
Poco dopo ho ricevuto il messaggio di una compagna di fede che mi avvertiva di un bando di dottorato in letteratura. Non riuscivo più a capire cosa volevo fare. Recitavo Daimoku con sofferenza ed era così forte che non riuscivo a superarla neanche con un’ora, due o tre di preghiera… a un certo punto ho sentito finalmente che non c’era nessun dubbio. Se punto a kosen-rufu, cioè la mia missione, se lotto per realizzare ciò in cui credo senza lesinare la mia vita non posso sbagliare! Era la letteratura che amavo, era il dottorato che avrei rimpianto per tutta la vita se almeno non lo avessi tentato. Con questa consapevolezza ho declinato l’offerta di lavoro dei miei capi e deciso di tornare in Italia, determinando profondamente di offrire tutta la mia vita al Sutra del Loto.
I tempi per la preparazione della candidatura erano strettissimi. Dopo lotte e scoperte scoraggianti, continuando a cercare anche quando tutto sembrava perduto è emersa la soluzione: tutte le cose che avevo approfondito e studiato si intrecciavano in dei materiali inediti che avevo trovato nella biblioteca della città del bando di dottorato, Lugano! Ho scritto il progetto affrontando gli ultimi avanzi di sfiducia e la stanchezza, nelle ore che rimanevano prima della scadenza.
Ho preparato il colloquio di selezione aumentando il Daimoku e la determinazione: desideravo arrivare al cuore di tutte le persone presenti, scuoterle e spingerle a rinnovare lo spirito con cui studiavano la loro materia, indipendentemente dall’esito finale. Al colloquio mi sono state poste domande di attualità economica e sociale che ho utilizzato per parlare con coraggio e sincerità, esponendo il punto di vista buddista. La notizia è arrivata dopo qualche settimana: ce l’avevo fatta!
Ora lavoro da alcuni mesi come dottoranda-assistente. L’università ha avviato un ambizioso progetto che coinvolge altri atenei e permetterà a noi dottorandi di realizzare un lavoro di assoluta qualità. Sono determinata a impegnarmi al massimo con gratitudine per ripagare la fiducia che le persone hanno avuto in me e dimostrare l’immenso valore del Buddismo attraverso la mia vita.
Credo che le nostre tendenze negative siano in realtà il nostro più grande tesoro: chi ha difficoltà nelle relazioni grazie a Nam-myoho-renge-kyo può costruire relazioni armoniose più di chiunque altro, chi è infelice può diventare la persona più felice di tutte, chi non ha fiducia in sé può entrare profondamente in contatto con la propria vita percependone lo sconfinato potenziale e costruendo una fiducia che non può essere spazzata via da alcun fallimento. Ho deciso di dedicare a quest’ultimo obiettivo il mio prossimo milione di Daimoku! Sto cercando di realizzarlo ogni giorno, stringendo legami di valore con i compagni di fede ticinesi, sentendo la ricchezza e perfetta completezza della mia vita, sperimentando che non c’è gioia più grande che sostenere e far crescere le persone attorno a me. Grazie con tutto il cuore.

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