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La vita creativa - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:29

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La vita creativa

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Talvolta basta un fiore in un vaso per trasformare una stanza, conferendole un aspetto caldo e accogliente: questo è il potere della bellezza, e in questo senso lo scopo dell’arte è dare gioia e felicità alle persone. L’essenza della vita creativa, scrive il presidente Ikeda, consiste nel perseverare nei nostri sforzi per crescere come esseri umani, un processo dinamico che non riguarda soltanto gli artisti: ognuno di noi è protagonista del film della sua vita… Come è testimoniato dalle esperienze e interviste in queste pagine, si tratta di lottare e vincere seguendo fino in fondo  l’arcobaleno dentro il nostro cuore.

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Agli artisti della prossima generazione

Herbie Hancock e Wayne Shorter sono icone della creatività musicale. Più volte vincitori del premio Grammy Award, le loro innovazioni hanno influenzato per più di mezzo secolo il panorama dell’improvvisazione musicale. Entrambi sono membri della SGI. Quando il sito web NEST HQ ha chiesto loro di dare dei consigli agli artisti più giovani alla luce delle attuali sfide globali, hanno risposto con una lettera aperta che pubblichiamo di seguito

Viviamo un tempo turbolento e imprevedibile. Dall’orrore del Bataclan (Parigi) agli sconvolgimenti in Siria, agli insensati spargimenti di sangue di San Bernardino (USA), siamo in un’epoca di grande confusione e di dolore. Come artista, crea­tivo e sognatore che vive in questo mondo, ti chiediamo di non farti scoraggiare da ciò che vedi, ma di utilizzare la tua vita e la tua arte come strumenti per la pace.
È vero che i problemi da affrontare sono complessi, ma la via della pace è semplice: comincia da te. Non occorre vivere in un paese del terzo mondo o lavorare in una ONG per fare la differenza. Ognuno di noi ha una missione unica. Siamo tutti parte di un immenso puzzle dove la più piccola azione influenza profondamente tutto il resto.
Tu conti. Le tue azioni contano. La tua arte conta.
Pur essendo rivolta agli artisti, questa lettera trascende i confini professionali e fa appello a ogni singola persona.

Prima cosa, risvegliati alla tua umanità

Non siamo soli. Non possiamo esistere da soli e da soli non possiamo creare. Questo mondo necessita di un risveglio umanistico. Occorre elevare la condizione vitale affinché le nostre azioni si radichino nell’altruismo e nella compassione.
Non nasconderti dietro una professione: si tratta di diventare un essere umano. Dedica la tua energia a diventare l’essere umano migliore che puoi. Concentrati a sviluppare empatia e compassione. In questo processo potrai attingere alla ricchezza del nostro esistere su questo pianeta. La musica non è che una goccia nell’oceano della vita.

Abbraccia e conquista il sentiero non battuto

Il mondo ha bisogno di nuove strade. Non farti condizionare da illusioni e luoghi comuni su come dev’essere vissuta la vita. Sta a te diventare un pioniere. Che sia attraverso l’esplorazione di nuovi suoni, ritmi e armonie, o attraverso inedite esperienze, processi e sinergie, noi ti incoraggiamo a rifuggire ogni forma negativa di ripetizione.
Lotta per intraprendere nuove azioni, sia nella musica che nel cammino della vita. Non ti conformare.
Accogli l’ignoto: il nuovo necessita, istante per istante, di improvvisazione. È un processo creativo senza pari quanto a potenzialità e senso di realizzazione.
Non vi è alcuna prova generale per la vita, perché la vita stessa è di per sé la prova.
Ogni relazione, ostacolo o interazione è una prova per la tua prossima avventura. Tutto è collegato. Ogni cosa è costruzione. Nulla va sprecato. Vivere in questo modo richiede coraggio. Sii audace e non perdere mai il tuo entusiasmo e stupore per la meraviglia che ti circonda.

Comprendi la vera natura degli ostacoli

Ci portiamo dietro l’idea del fallimento, ma ciò non è reale, è un’illusione. Non esiste fallimento. Ciò che percepisci come tale è una nuova opportunità, è la prossima mano di carte, la nuova tela bianca su cui dipingere e creare. La vita contiene possibilità illimitate. “Successo” e “fallimento” sono etichette, ogni istante è un’opportunità.
Tu, come essere umano, non hai limiti. In ogni circostanza esistono infinite potenzialità.
Non temere di interagire con chi è diverso da te.
Il mondo ha bisogno di maggior interazione, cuore a cuore, tra persone di differenti origini, valorizzando l’arte, la cultura e l’educazione. Le nostre differenze sono ciò che abbiamo in comune.
Abbiamo bisogno di connetterci e sperimentare la vita, imparare uno dall’altro. Non potremo mai avere pace se non comprendiamo il dolore nel cuore degli altri. Più interagiamo, più comprendiamo che la nostra umanità trascende tutte le differenze.
Ogni forma d’arte è un mezzo di dialogo, uno strumento potente. È tempo per la musica di produrre storie sonore che accendano il dialogo riguardo al mistero della nostra esistenza. Ciò significa sfidare le paure che ci impediscono di attingere all’illimitato coraggio insito nella nostra vita.
Sì, tu sei importante, tu vali.
Continua ad avanzare.

Guardati dall’ego

L’arroganza può svilupparsi negli artisti quando credono che il loro status li renda più importanti, o che il fatto di agire in ambito creativo conferisca loro una sorta di superiorità. Guardati dall’ego: la creatività non può fluire quando è asservita all’ego.
Vivere con integrità creativa può portare benefici mai immaginati.
Apprezza la generazione che ha camminato prima di te. I tuoi predecessori ti possono aiutare. Sono una fonte di ricchezza e di saggezza. Hanno resistito a tempeste e sofferenze, fai delle loro lotte una luce che brilla nell’oscurità. Non perdere tempo a ripetere i loro errori. Fai tesoro di ciò che hanno fatto, e lanciati verso la costruzione di un mondo migliore per le generazioni a venire.

E per finire, vivi in uno stato di continuo stupore

Man mano che accumuliamo gli anni, la nostra immaginazione tende a smorzarsi.
Che sia a causa della tristezza, del protrarsi della lotta o del condizionamento sociale, da qualche parte lungo il cammino le persone dimenticano come attingere alla magia che esiste dentro di loro.
Non permettere a quella parte di immaginazione di svanire. Guarda le stelle, e immagina di essere un astronauta o un pilota. Immagina di esplorare le piramidi o Machu Picchu. Immagina di volare come un uccello o di sfondare i muri come Superman. Immagina di correre con i dinosauri o di nuotare come una creatura marina. Tutto ciò che esiste è il prodotto dell’immaginazione di qualcuno. Fai tesoro e nutri la tua immaginazione, e ti troverai sempre nella vertigine della scoperta.
Come può questo condurre alla creazione di una società pacifica?
Tutto inizia da una causa. La causa che poni adesso crea gli effetti che danno forma al tuo futuro, tuo e di tutti coloro che ti circondano.
Sii il protagonista del film della tua vita. Tu sei il regista, il produttore e l’attore.
Sii audace e instancabilmente compassionevole, mentre danzi in questo viaggio che è la vita.

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Vivere nella direzione dei nostri sogni

«Voglio svilupparmi a 360 gradi come persona e come artista, portare avanti la mia passione e dare il mio contributo per cambiare il mondo». Questa è la determinazione che Blu Yoshimi Di Martino ha condiviso durante l’intervista che Il Nuovo Rinascimento le ha fatto dopo l’uscita del film Piuma di cui è protagonista

Come è iniziata l’avventura del film Piuma, appena uscito nelle sale?

Ero tornata apposta da Parigi, dove studiavo, per fare il provino, nonostante non ci credessi affatto, perché erano tre anni che facevo provini che non andavano in porto. Leggendo il copione avevo pensato: «Cavolo, questo è proprio il mio film!», sembrava fatto su misura per me. Quando ho saputo che non mi avevano presa la prima reazione è stata: «Vedi, hai fatto bene a non crederci!», ma mia madre mi ha incoraggiata dicendo: «Lo volevi dal primo momento, no? Allora prova, fai Daimoku, prova a vincere questa sfida!».
Così ho cominciato a pregare molto convinta pensando: «Io questo ruolo lo prendo!». Un mese dopo mi hanno chiamata per fare altri provini e a giugno, nel bel mezzo di un trasloco in seguito a uno sfratto, ero disperata quando è arrivata la telefonata: avevano cambiato idea, ho sentito una gioia pazzesca! Poi c’è stato il Festival di Venezia, tutta una serie di vittorie conquistate con il Daimoku, con la fede.
Piuma è la storia di una giovane coppia che aspetta un bambino inaspettato, e anche io sono stata una figlia “inaspettata”, quindi per me è stato un po’ come rivivere la stessa esperienza dall’altra parte, e questo mi ha permesso di apprezzare ancora di più tutto ciò che ha fatto mia madre.

Hai iniziato prima a fare l’attrice o a praticare?

Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia buddista e mia madre fa l’attrice, quindi le due cose per me sono iniziate quasi contemporaneamente.
Poiché mio padre è andato subito via da casa, sono cresciuta a stretto contatto con mia madre che lottava per realizzare il suo sogno: ogni giorno provini, teatri e seminari, dormivo praticamente nei backstage. Quindi il desiderio di fare l’attrice è nato in modo molto naturale. La prima volta che ho avuto la possibilità di recitare in un film, ancora piccina, ho sentito che fare l’attrice mi faceva stare veramente bene.
Quanto alla pratica, ho iniziato a dodici anni, il primo giorno di seconda media. Mi sono messa la sveglia dieci minuti prima e mi sono detta: «Ok, oggi incomincio!», e non ho smesso più. Sono passati sette anni.
Naturalmente il mio primo obiettivo è stata la relazione con mio padre. A quell’età la sua assenza era la cosa che mi faceva soffrire di più. Ho passato tante fasi, dalla rabbia alla tristezza alla felicità – poca – ma proprio in questi giorni sento una nuova consapevolezza, mi sento molto grata a mio padre perché mi ha dato la vita, io amo molto la vita e quindi non posso non amare mio padre.

Qual è la sfida per te più difficile?

Sicuramente l’aspetto economico è un tasto dolente. In famiglia c’è un karma economico pesante, e tuttavia mia madre ha sempre continuato a lottare per fare l’attrice e non ha mai smesso di crederci. Io mi sono chiesta tante volte se ne valesse la pena. Sicuramente l’instabilità economica mi fa paura, e in questa fase sto cercando di lavorare proprio sulla paura, piuttosto che sui soldi: per esempio sarei portata a fare tremila lavoretti pur di mantenermi, come ho sempre fatto, e invece me lo sto vietando, perché voglio dedicarmi a costruire la mia professione.
Nel frattempo sto facendo anche le prove di ammissione all’Università Soka per lavorare nel campo dei diritti umani. Ancora non so dire come unirò queste due cose, ma penso a figure come Angelina ­Jolie o Emma Watson, attrici che stimo tantissimo che sono anche attive nel campo dei diritti delle donne in tutto il mondo. Sono figure che mi dimostrano che si può fare. Ovviamente le loro circostanze sono diverse dalle mie, ma se avessi dato retta alle circostanze probabilmente non avrei mai fatto nulla nella mia vita! Il mestiere di attrice ti porta a contatto con tantissime persone, sul set ma anche dopo, per esempio girando tante città per presentare il film, e questo mi ha permesso di sviluppare una forte sensibilità, il desiderio di fare qualcosa anche per gli altri.
Comunque, la mia sfida più grande è sicuramente quella di percepire il mio valore. Sia nella vita che sullo schermo, ancora c’è una parte di me che non crede fino in fondo che posso essere una brava attrice, una brava persona. È la paura di non farcela. E lì lotto con il Daimoku, per forza, il Daimoku è fondamentale.

Come ti sostiene in questa sfida la relazione con il presidente Ikeda?

Che bello! Gli ho scritto più volte, anche prima di andare a Venezia. In questi anni leggendo la Rivoluzione umana e il Diario giovanile ho instaurato un rapporto molto stretto con lui. Nelle situazioni nuove, quando non so cosa fare, mi chiedo: «Sensei cosa farebbe al posto mio?». So che in lui posso trovare la saggezza adatta per qualunque situazione. Io porto il nome che mi ha dato lui, Yoshimi, che significa “bella e buona”. Sensei è sempre dentro di me, sento un gran desiderio di ripagarlo in qualche modo di tutto ciò che ha fatto. Per questo voglio entrare all’Università Soka e diventare un’attrice-attivista dei diritti umani.
Il presidente Ikeda dice che il sorriso non è l’effetto, ma la causa della felicità, e io specialmente nei momenti di grande sofferenza cerco di sorridere, anche se magari mi verrebbe da piangere, perché ho notato che funziona, e un sorriso sincero incoraggia tanto le persone.
Tre anni fa c’è stato il primo corso nazionale della Divisione futuro. Ricordo che quando ho letto il messaggio che sensei ci ha inviato ho iniziato a piangere e non riuscivo più a fermarmi. Ho sentito veramente quanto lui ci tiene, quanto crede in noi, e che il fatto di sentirmi una nullità è una forma di arroganza, perché sto screditando ciò in cui crede lui. Se il mio maestro crede che posso farcela, chi sono io per pensare che non è così? È stato un atto di fiducia nei suoi confronti, ho deciso di fidarmi di lui.

Come incoraggi i tuoi coetanei?

Sicuramente aver fatto grandissimi sforzi nella vita permette di stare vicino e incoraggiare davvero gli altri dimostrando che le cose non arrivano dal nulla, ma sono il frutto di sforzi costanti e quotidiani.
Io incoraggio sempre i ragazzi che ancora non riescono a trovare lavoro a vivere comunque nella direzione dei loro sogni, giorno dopo giorno. Ad esempio, per un artista il corpo è uno strumento, quindi è importante prendersi cura di sé. Ma anche vedere una mostra, studiare, leggere un libro, qualsiasi cosa che ti possa arricchire come persona. Prima di essere pittori, cantanti, attori, siamo tutti esseri umani. Come artista regali sempre al pubblico qualcosa di te, qualcosa di intimo, quindi è importante che la parte di te che offri agli altri sia bella e sana.
Come diceva Toda, noi giovani dovremmo coltivare sogni impossibili da realizzare, perché più punti in alto, più riesci a dare significato a ogni sforzo che fai. Quando facevo la cameriera, ad esempio, certo non pensavo: «Che bello sono un’attrice che fa la cameriera!», anzi morivo dal sonno e dovevo pure studiare, però sentivo che quello sforzo mi avrebbe portata da un’altra parte, e questo mi permetteva di farlo con il sorriso…
Qui in Italia vedo che i ragazzi, soprattutto alla fine del liceo, vanno in crisi e spesso si sentono consigliare di andare all’estero. Per questo credo sia importante avere un obiettivo basato su un desiderio profondo, così hai più voglia di lottare. Se tiri fuori i tuoi sogni puoi fare qualcosa di bello anche per gli altri.
È importante avere chiaro dove vuoi arrivare, poi magari non ci arrivi, ma intanto hai fatto un bel percorso. E se ricevi rifiuti, negazioni, anche quello può diventare il tuo carburante. Per me è stato così: più mi dicevano “no” più mi dicevo: «Ok, adesso ti dimostro che si può fare!». Voglio farcela, anche per un senso di giustizia, non voglio arrivare da grande a pensare che non ho realizzato nulla, non ce la faccio! Voglio svilupparmi a trecentosessanta gradi come persona e come artista, portare avanti la mia passione e dare il mio contributo per cambiare il mondo. E poi voglio vincere la mia paura, perché ne ho tanta dentro, anche se sono combattiva, voglio sentire il click del cambiamento dentro di me, riuscire a sentirmi sicura al cento per cento!

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Dal libro Cultura arte e natura di Daisaku Ikeda

Il potere dell’arte è quello di rasserenare, di incoraggiare chi è stanco, di rigenerare e sollevare il morale a chi è sotto tensione. (pag. 2)

L’arte e la cultura dovrebbero arricchire e stimolare a esprimersi e, nello stesso tempo, cercare di raggiungere e sensibilizzare il maggior numero di persone. Il fine dell’arte è dare a tutti l’opportunità di comunicare e incontrarsi. Il desiderio dell’artista dovrebbe essere quello di dare gioia e felicità agli altri piuttosto che cercare fama e ricchezza. (pag. 4)

Una società che dà valore alla cultura è necessariamente una società che dà valore alla felicità delle persone. (pag. 18)

La pace e la cultura sono una cosa sola: una nazione ricca di cultura è necessariamente una nazione ricca di pace, e viceversa. Quando si moltiplicano i conflitti, la cultura declina e le nazioni precipitano in una condizione infernale.
La storia dell’umanità è la storia della lotta tra la cultura e la barbarie. (pag. 25)

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Aprire la porta della vita

Sfidando le avversità e lucidando il gioiello della vita imparerete a camminare sul supremo sentiero della vera umanità

di Daisaku Ikeda

Permettetemi di elaborare oggi ciò che intendo per “vita creativa”. Non voglio lanciarmi in una difficile disquisizione. Vorrei solo incitarvi a diventare degli allegri viaggiatori sulla lunga strada della vita, e suggerirvi qualcosa preso a prestito dalla mia esperienza.
So di aver fatto qualcosa di creativo quando mi sono lanciato di tutto cuore in un compito e ho lottato senza risparmiarmi fino alla fine, vincendo così nella mia lotta per crescere. È una questione di sudore e lacrime. La vita creativa richiede uno sforzo costante per migliorare i pensieri e le azioni. Forse il dinamismo che si crea quando ci si sforza è la cosa più importante. Attraverserete tempeste e potrete subire delle sconfitte. L’essenza della vita creativa tuttavia consiste nel perseverare di fronte alla sconfitta e seguire l’arcobaleno dentro il vostro cuore. L’indulgenza e l’indolenza non sono creative. I rimpianti e le evasioni sono segno di codardia e corrompono la naturale tendenza della vita verso la creazione. La persona che si arrende nella lotta per la creatività si dirige in definitiva verso l’inferno che distrugge la vita. Non allentate mai gli sforzi nel tentativo di costruire la vostra nuova esistenza.
Creatività significa aprire la pesante porta della vita. Non è una lotta facile, anzi può essere il compito più arduo del mondo, perché aprire la porta della vostra stessa vita è più difficile che aprire le porte dei misteri dell’universo. Ma questa azione giustifica la vostra esistenza come esseri umani e rende la vita degna di essere vissuta.
Nessuno è più solo o infelice di chi non conosce la pura gioia di creare la propria vita. Essere umani non è semplicemente una questione di stare eretti e manifestare ragione e intelletto. Essere umani nel pieno senso della parola significa condurre una vita creativa. La lotta per creare una nuova vita è una cosa veramente meravigliosa che rivela una luminosa saggezza; la luce dell’intuizione che porta alla comprensione dell’universo; la forte volontà di giustizia e la decisione interiore di sfidare tutti i mali che ci potranno attaccare; l’empatia che permette di farci carico delle sofferenze altrui; un senso di unione con l’energia della compassione che sgorga dalla fonte cosmica della vita e crea un ritmo gioioso nell’esistenza degli esseri umani.
Sfidando le avversità e lucidando il gioiello della vita imparerete a camminare sul supremo sentiero della vera umanità. Chi conduce una vita creativa dal presente al futuro rimarrà all’avanguardia nella storia. Penso a questa fioritura della vita creativa come alla rivoluzione umana che è la vostra missione, ora e per tutta la vita.

D. Ikeda, “La lotta per vivere una vita creativa”, in L’educazione Soka, creazione di valore e cittadinanza globale, Esperia, pagg. 135-136

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La mia sfida più grande

intervista a Daniele Romeo, ballerino

Come sei diventato membro della SGI?

Avevo vent’anni e stavo attraversando un periodo molto difficile: il mio sogno di diventare ballerino classico sembrava irrealizzabile a causa di un problema alle ginocchia.
All’epoca frequentavo la John Cranko Schule di Stoccarda, una delle scuole più prestigiose e selettive d’Europa, dalla quale fui espulso proprio per via di quel problema alle cartilagini: il direttore riteneva che il mio corpo fosse troppo fragile per diventare un ballerino professionista. Depresso, me ne tornai al mio paese natale e dopo poche settimane mi capitò tra le mani un libro sul Buddismo di Nichiren Daishonin. Iniziai a recitare Daimoku ogni giorno con la forte determinazione di superare la mia paura di non farcela.
Dopo un paio di settimane superai un’audizione per la scuola di balletto di Basilea. Era il primo beneficio che ottenevo grazie alla pratica: avevo imparato a rialzarmi da solo e a impegnarmi diligentemente per realizzare i miei sogni.

Come hai iniziato a danzare?

Quand’ero piccolo amavo ballare, cantare e disegnare. Ero molto sensibile e il giudizio degli altri condizionava molto la mia vita.
A undici anni iniziai ad avere attacchi di panico: non volevo andare a scuola né vedere nessuno, ero terrorizzato. Con l’aiuto di uno psicologo imparai a gestire almeno in parte le mie paure, anche se non ancora a trasformarle.
Fu grazie alla danza che, durante l’adolescenza, iniziai a dare meno importanza ai commenti dei miei coetanei. Tuttavia una vera consapevolezza del potenziale della mia vita iniziò a emergere solo con la pratica buddista. È lì che è iniziato il mio vero viaggio.

Quali ostacoli hai dovuto affrontare?

A scuola di danza ero sempre il più grande perché avevo iniziato tardi a ballare e quindi mi sentivo sempre inadeguato. A livello fisico, oltre all’infiammazione alle ginocchia, ho dovuto affrontare due ernie alla spina dorsale. Senza sottopormi a interventi chirurgici, mi sono impegnato con tutto me stesso in esercizi e trattamenti di ogni tipo per superare questo problema. È stata molto dura, ma ora capisco che solo con un fisico forte e tanta disciplina i ballerini possono godere pienamente di quest’arte. Senza dubbio alla base di questa lotta c’erano il Daimoku, le guide del presidente Ikeda, il Gosho e la volontà di applicare il Buddismo alla mia vita quotidiana.

Come hai iniziato a lavorare per il Teatro Nazionale Croato (2012)?

Lavoravo a Wurzburg come guest dancer. Non avevo un contratto che mi garantisse lavoro per una stagione intera, venivo chiamato per esibirmi in occasione dei singoli spettacoli. Desideravo più stabilità lavorativa e soprattutto un appartamento in cui custodire il Gohonzon. Così iniziai a pregare con questo obiettivo, e poche settimane dopo appresi che il nuovo direttore artistico del balletto a Rijeka cercava nuovi ballerini da assumere. Affrontai l’audizione e immediatamente il direttore mi convocò per dirmi: «Ottima performance, hai il lavoro, potresti iniziare tra due settimane?». Traboccavo di gioia!
La sovrintendente del teatro dopo un anno e mezzo decise di cambiare il mio contratto: da guest dancer a solista. Fu un grande beneficio che mi consentì tra l’altro di disporre di un bell’appartamento in cui ospitare regolarmente gli zadankai. Ora il mio obiettivo è diventare primo ballerino, e questo comporterà un allenamento ancora più duro e tanta disciplina.

Quali sono state le più grandi sfide?

La mia grande sfida è sempre quella di superare i miei limiti ed essere pronto a imparare cose nuove. L’anno scorso ho iniziato a lavorare come assistente coreografo del mio direttore. Mi sono sentito onorato di questa ulteriore responsabilità che comporta il coordinamento delle prove di ballo. Naturalmente non è semplice, ma ho constatato che trattando i miei colleghi con rispetto e professionalità vengo ricambiato allo stesso modo.
Senza il Buddismo non sarei la persona che sono. La pratica buddista mi ha dato la consapevolezza dell’infinito potenziale inerente alla mia vita. Con questa forte fede ho intrapreso un viaggio che mi sta portando molto lontano. Inoltre, cosa più importante, vedo non solo il potenziale che c’è in me, ma anche negli altri. Sono tre anni che lavoro in questa compagnia e molti colleghi mi chiedono da dove mi vengono tanta forza e determinazione. Naturalmente ho parlato loro del Buddismo e so che presto vedrò germogliare questo seme nella loro vita.
Il mio obiettivo adesso è crescere artisticamente e professionalmente e diventare così bravo da poter ballare nei teatri di tutto il mondo e diffondere la meravigliosa filosofia del Buddismo. Questo non è solo un desiderio, ma una promessa che faccio a sensei!

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Al ritmo del maestro

di Fabio Cinque, musicista

Sono siciliano doc ma calabrese di adozione e dacché ho memoria ho sempre suonato uno strumento musicale. Ho fatto della musica il mio lavoro e sono arrivato a percepirla come missione di vita: uno strumento per la mia e l’altrui rivoluzione umana.
Ma anche le cose più belle volgono al termine e così, quando la mia band storica si è sciolta, ho sentito morire una parte di me. Una porzione di cuore coltivata e protetta per vent’anni – gli ultimi quindici sotto la guida di sensei – gettata alle ortiche, calpestata dalle stesse persone che avevo imparato ad amare come fratelli. In pochi giorni ho visto svanire vent’anni di collaborazione, azzerati in un lampo fatto di incomprensioni.
Un periodo di grande stanchezza e tristezza, ma il Gosho mi ricorda che neanche i saggi e i santi possono evitare le avversità della vita.
Con queste parole nel cuore determino un cambiamento; l’impegno nel Daimoku e l’attività del gruppo di cui sono responsabile fanno emergere la buona fortuna di incontrare nuovi musicisti con cui collaborare. Il progetto riparte e la mia avventura sembra tornare sui binari giusti, ma è solo un sospiro passeggero: in pochi mesi anche i nuovi musicisti si allontanano e resto nuovamente solo.
Questa volta il tracollo emotivo mi inghiotte. La musica si spegne e mi lascio avvolgere dal senso di fallimento, inadeguatezza e inutilità.
Mi arrabbio e provo rancore verso la mia vita senza più suoni né melodie, che mi sembra non valga più la pena di essere vissuta.
Mentre combatto per non essere risucchiato, una guida personale e i compagni di fede mi aiutano a rompere la cortina di oscurità nella quale mi ero accomodato ricordandomi che l’unica cosa da fare è Daimoku e shakubuku, scavando nel mio cuore per trovare l’opportunità nascosta nel dolore.
Non è facile, ma pian piano la musica torna a farsi sentire, più forte e più bella di prima. Mi spoglio della mia inadeguatezza e mi sfido ancora di più, determinato a essere a ritmo con il mio maestro. Desidero andare avanti e supero brillantemente gli esami di contrabbasso classico al Conservatorio. La sfida adesso è trasformare i “demoni” in alleati, vincere fino in fondo senza accontentarmi per non permettere al tarlo del dubbio di insediarsi nella mia vita.
Continuo a pregare per la felicità delle persone e in particolare per chi più di tutti mi ha ferito da quando si è sciolta la band, e in un caldo lunedì di agosto del 2015 riesco a parlare con lui cuore a cuore. Quel giorno sciolgo questa sofferenza realizzando che non contano i torti subiti, ma il modo in cui li affrontiamo.
Percepisco forte la sua sofferenza e lo riconosco come un Budda degno di rispetto. Al tempo stesso scopro un nuovo Fabio, decido che è giunto il momento di incoraggiare le persone a diventare felici e lo faccio suonando con mia figlia Elisa. A settembre iniziamo a lavorare insieme alla realizzazione di un disco e prendo lezioni di canto. Per me è un sogno che si avvera. Decidiamo di partecipare a “Musica contro le mafie”, manifestazione nazionale patrocinata da “Libera” di Don Luigi Ciotti, con la canzone Ricadi.
Un grande successo condiviso con mia figlia, mia moglie e tutti gli amici musicisti che mi hanno sostenuto in questo fantastico percorso. Approdiamo in finale e vinciamo premi importanti arrivando fino a “Casa Sanremo” durante i giorni del Festival. Mia figlia Elisa vince un premio come giovane autrice che le permetterà di studiare musica e formarsi nella mia stessa classe di contrabbasso. Adesso, voltandomi indietro, capisco che non poteva capitarmi beneficio più grande che perdere la mia vecchia band.
Grazie a questo ho potuto approfondire ancora di più la mia fede e trasformare il veleno in medicina. Ho finalmente trovato la mia strada e mi sono liberato dal senso di paura e inadeguatezza che mi facevano sentire in gabbia. Ora mi sento forte e libero, e condivido il Buddismo con gli altri perché voglio che tutti siano felici.
Questo è il cuore del mio maestro, è la Soka Gakkai; questo è Nam-myoho-renge-kyo.

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“Le ali dorate di kosen-rufu”

di Giuseppina Trotta, cantante lirica

All’età di nove anni realizzai un mio grande sogno entrando a far parte di una scuola di musica. Il metodo impiegato dagli insegnanti era però molto rigido e io faticavo a seguirlo, al punto di giungere alla disperazione e sviluppare un atteggiamento molto pessimista nei confronti della vita. Avendo notato la mia costante preoccupazione, mia sorella maggiore mi parlò del Buddismo. Nonostante il mio rifiuto iniziale, alla fine decisi di provare a recitare Daimoku con lei. Subito percepii che qualcosa stava cambiando nel mio cuore e presto mi ritrovai carica di energia.
Il presidente Ikeda venne in Italia nel 1992 e nel 1994. Il suo caloroso incoraggiamento in quelle occasioni costituì un punto di svolta nella mia fede. In particolare nel ’94 partecipai al Festival mondiale dei giovani per la pace, Ali, a Milano, cantando nel coro davanti a sensei, il quale alla fine salì sul palco a salutarci. Avevo fatto grandi sforzi economici per partecipare alle prove che si svolgevano a centocinquanta chilometri da casa mia, ma tutte le volte era come “scambiare sassi con oro”. Fino ad allora, infatti, avevo svolto lavori molto umili guadagnando pochissimo, bloccata da una forte paura di affrontare le audizioni nei teatri.
Subito dopo il festival mi capitò di accompagnare un amico a un’audizione di voci maschili e al termine, con mia grande sorpresa, la commissione si informò se tra gli accompagnatori fosse presente un mezzosoprano. Ero io, l’unica! Così feci la mia prima audizione e cominciai a lavorare in teatro. Ne ho vinte poi tante altre.
Nel 1996 partecipai a un’audizione presso l’Arena di Verona. La superai e fui selezionata come mezzosoprano. Lavoro in Arena da vent’anni e ho cantato in molte delle principali opere, tra le quali Aida e Turandot.
Oggi siamo circa venti persone a praticare in questo teatro. Nel ’98 abbiamo inviato un regalo a sensei e una lettera nella quale abbiamo promesso, come lui ci aveva chiesto in un suo discorso, di essere “le ali dorate di kosen-rufu“. Oltre al mio lavoro come artista del coro dell’Arena di Verona mi sono sfidata anche come solista in varie occasioni. Per esempio, grazie alla buona fortuna accumulata, ho avuto occasione di essere partner del tenore di fama mondiale José Cura in una tournée europea di concerti, che per me ha rappresentato una grande sfida professionale.
Oggi sono sempre più determinata a trasmettere lo spirito Soka attraverso il canto. Questa è la mia missione e il mio modo di restare fedele alla promessa che ho fatto al mio maestro.

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