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In Val di Fiemme l'eco dei bodhisattva - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:50

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In Val di Fiemme l’eco dei bodhisattva

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Dal 3 al 5 settembre si è tenuta a Bellamonte la prima edizione del corso del Trentino Alto Adige-Südtirol

Il corso regionale del Trentino Alto Adige-Südtirol è stato caratterizzato da un forte Daimoku di “montagna”. A Bellamonte, lungo la strada che porta al passo Rolle, gli oltre 140 partecipanti hanno goduto degli intensi colori delle Dolomiti. Un’occasione preziosa per coloro che per la prima volta si sono trovati insieme nella loro regione con la presenza di sei responsabili nazionali e non ospiti di un’altra regione. Un passo decisivo per kosen-rufu dato che la zona da sempre è stata definita “terra di pionieri”, visto l’ubicazione e l’orografia che non rendono facile gli incontri anche per la proverbiale “diffidenza” della gente di montagna.
Il corso si è aperto con gli interventi delle autorità locali, l’assessore alla cultura e quello al turismo, che avevano messo a disposizione la sala comunale. Il racconto di esperienze profonde ha dimostrato che ogni trasformazione è possibile: lo studio vissuto come rifugio e solitudine può diventare momento di confronto e crescita consapevole, la malattia una fonte di sfide, l’essere diversamente abili una spinta per una lotta più profonda e la piena partecipazione alla vita sociale e politica, le relazioni difficili una strada per aprire nuove vie dentro e fuori di noi, “un sogno nel cassetto” che diventa realtà e lo straordinario impegno di fare shakubuku a ogni incontro.
Oltre alle esperienze sono stati i momenti di studio a tenere viva l’attenzione e a rinnovare il coraggio. Lo spazio dedicato a “domanda e risposta” ha offerto la possibilità di sciogliere molti dubbi: come posso fare emergere la mia fragranza interna? Come superare il senso di colpa? Come faccio a sapere qual è la decisione giusta? Tutte le risposte hanno avuto come centro lo sforzo di far emergere con il Daimoku il coraggio e la saggezza per sentire il cuore del maestro. In sintesi la consapevolezza che le nostre difficoltà del momento sono il mezzo per trasformare il karma in missione. Ovvero che trasformando quella difficoltà possiamo dimostrare la potenza del Gohonzon e aiutare coloro che condividono quel tipo di karma con noi a fare lo stesso per diventare felici. Dal tavolo dei relatori si è detto che anche se una caverna è rimasta al buio per anni ci vuole un attimo a illuminarla, “a volte è difficile trovare l’interruttore o non si ha il coraggio di schiacciarlo” ci ha sussurrato qualcuno all’orecchio. È vero ma lo slogan del corso era “Uniti realizziamo i sogni del nostro maestro. Ora! – Gemeinsam werden wir die Träume unseres Meisters verwirklichen. Jetzt!“. L’uso delle due lingue in ogni introduzione ha fatto sì che in una terra di contrasti etnici l’integrazione fosse rispettata in primo luogo. Toccanti i momenti di spettacolo a cura degli artisti e del coro regionale. Nel saluto conclusivo Franco “Titta” Malusardi, in una sala già stracolma, ha lanciato l’appuntamento per il prossimo anno ma «in questa sala non ci staremo più – ha detto – perché l’eco della montagna risveglierà molti altri Bodhisattva della Terra».
Guido Brigadoi, Adele Gerardi, Anna Mazzel

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Dal Friuli Venezia Giulia una promessa
Aiello del Friuli accoglie il primo corso regionale: novanta responsabili si riuniscono per ripartire dalle basi della pratica buddista

Nei discorsi del presidente Ikeda, il sole è un’immagine ricorrente. Simbolo di speranza, ottimismo, forza e bontà d’animo, gioia, fede; in una parola, degli infiniti tesori del cuore che danno senso e spessore alla vita. Lo stesso Nichiren, nel 1280 dalla gelida Minobu, scrive al discepolo Niiike: «Quando desideri vedermi, prega tutti i giorni rivolto verso il sole e una volta al giorno la mia immagine vi sarà riflessa». Ed è “nel paese delle meridiane”, gli orologi solari, altrimenti chiamato Aiello del Friuli (UD), che domenica 12 settembre – 739 anni tondi da quando sul cielo di Tatsunokuchi si accese una grande palla di fuoco salvando Nichiren dalla decapitazione – si è tenuto il primo minicorso per responsabili della regione più a nord-est d’Italia. Il Friuli Venezia Giulia: 450 membri distribuiti in cinque capitoli con due settori ciascuno, che si riuniscono in trentasette gruppi, da Aviano a ridosso delle Prealpi Carniche, a Muggia, porticciolo adriatico a dieci chilometri da Trieste sul confine con la Slovenia.
Una soleggiata giornata settembrina con tanta voglia di ripartire verso il traguardo del 31 dicembre: 500 partecipanti alle riunioni di discussione in un territorio tortuoso che costringe le persone a macinare chilometri di strada per raggiungere i luoghi di incontro.
Un ritorno alle basi della fede per oltre novanta responsabili, da gruppo in poi, convenuti ad Aiello a rilanciare le proprie determinazioni, sulla falsariga del corso estivo di Chianciano e il “la” del video Issare la bandiera del coraggio di Ikeda. In un susseguirsi a raffica di resoconti densi di emozioni e testimonianze di metamorfosi personali. Applausi a scroscio anche per le tre nuove nomine e per l’esordio dell’attività regionale “Corallo” e “Prometeo”. Per finire con un’esplosiva jam session di domande-risposte che ha visto la platea palleggiarsi, con passaggi degni dei più quotati fantasisti, un quesito di fondo. Che cosa significa vivere da «Budda di assoluta libertà»? Come porsi, per esempio, di fronte alle grandi questioni del nostro tempo: l’eutanasia, le biotecnologie, ma anche che cosa dire a un’amica di stanza in Afghanistan che ci chiede quale sia il punto di vista del Buddismo sulla professione del soldato. Tanti dilemmi e una sola chiave capace di districarli tutti. Assumersi ognuno la responsabilità di kosen-rufu in prima persona con la promessa «sensei, non devi preoccuparti di nulla, finché ci sono io».
Kenka Lekovich

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Firenze – Per l’undicesima volta l’11 settembre si sono riuniti gli ex studenti delle scuole e università Soka che vivono in Italia. Quella che oggi è una consuetudine con cadenza annuale, è iniziata nel 2000 come occasione per rinfrescare quello spirito giovane dei tempi trascorsi con il loro maestro, fondatore delle scuole soka, Daisaku Ikeda. Prima di partire per il viaggio verso casa, Harumi, oggi impiegata dell’Istituto buddista, ha detto: «È bello ritrovarci una volta all’anno. Anche solo il fatto di vedere il viso dei miei compagni mi è di incoraggiamento». Nella foto, il nuovo edificio principale della sede giapponese dell’ateneo.

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Donne e risoluzione dei conflitti
Un seminario organizzato da alcune associazioni, fra le quali la SGI, ha fatto il punto sullo stato di attuazione della risoluzione ONU volta a coinvolgere maggiormente le donne nel difficile campo della gestione dei conflitti

Tokyo – L’Università delle Nazioni Unite l’8 settembre ha ospitato il seminario dal titolo “Donne creatrici di pace: a che punto siamo? L’impatto della risoluzione 1325 del consiglio di sicurezza dell’ONU dopo dieci anni”. Il simposio, organizzato con la collaborazione di Global action to prevent war, della SGI e della ONG Working group on women, peace and security, mirava a valutare il livello di attuazione della risoluzione 1325 che si prefigge di conferire maggior riconoscimento al ruolo femminile nella gestione politica e nella risoluzione dei conflitti.
A dieci anni dalla risoluzione, solo 19 paesi nel mondo hanno dato effettiva attuazione tramite azioni e leggi nazionali, mentre i vari relatori hanno delineato luci e ombre della messa in pratica della risoluzione. I partecipanti hanno concordato sul fatto che l’obiettivo ultimo dovrebbe essere la costruzione di culture di pace, dove le donne e gli uomini abbiano il potere di esprimersi e di agire per affrontare abusi e risolvere controversie dovunque avvengano.
Kavitha Suthanthiraraj e Cristina Ayo hanno presentato il libro Promuovere la partecipazione delle donne nelle società in conflitto e post-conflitto: in che modo le donne nel mondo stanno creando e costruendo la pace, scritto a quattro mani.
È stato letto anche un messaggio del presidente della SGI, in cui egli afferma: «Il messaggio fondamentale della risoluzione è che […] i punti di vista e le voci delle donne, ai quali a oggi non viene rivolta adeguata attenzione, devono essere considerati e accolti nei processi decisionali dell’intera società».

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“Dialogo e natura”, mostra fotografica di Ikeda all’Avana
Un’esposizione di foto scattate dal presidente Ikeda ha trovato accoglienza presso la capitale cubana

Il Museo Nazionale di Arti Decorative dell’Avana dal 7 luglio al 31 agosto è stato la sede cubana del “Dialogo con la natura”, mostra di fotografie scattate da Daisaku Ikeda. Katia Varela Ordaz, direttore del museo, ha espresso il proprio apprezzamento per avere l’opportunità di esporre le foto di Ikeda e ha ricordato la mostra “Tesori dell’arte giapponese” proveniente dalla collezione del Museo d’Arte Fuji di Tokyo, che fu allestita nella stessa sede nel luglio del 1996. Ricordando la visita di Ikeda a Cuba nel giugno dello stesso anno, Armando Hart Dávalos, ex ministro cubano della cultura oltre che suo amico personale, ha sottolineato che l’arte fotografica del presidente della SGI esprime una forte sensibilità verso la natura e che la mostra contribuisce a sviluppare rapporti di amicizia e scambio tra Cuba e il Giappone.

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Un confronto fra Buddismo e Islam in indonesiano

Pubblicato in Indonesia, un paese a forte maggioranza musulmana, il libro Civiltà Globale. Un dialogo tra Buddismo e Islamismo di Majid Tehranian, musulmano sufi e Daisaku Ikeda, presidente della SGI.
Attualmente professore in visita all’Università Soka in America, l’iraniano Tehranian è stato dal 1996 al 2008 direttore del Toda Institute for Global Peace and Policy Research.
Nel loro dialogo gli autori delineano un terreno comune nelle varie tradizioni e civiltà religiose, scambiandosi opinioni sugli scontri avvenuti a partire dal VII secolo tra Buddismo e Islam, sui diritti umani universali, la reciproca fioritura di culture e la coesistenza pacifica nel mondo moderno.
È stata recentemente pubblicata anche una nuova edizione di Civiltà Globale in cinese tradizionale.
A oggi il libro è disponibile inoltre in italiano, giapponese, inglese, francese, tailandese, arabo, farsi e olandese.

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Shorter: il coraggio è creatività
Prima della tappa italiana, il grande sassofonista Wayne Shorter si è incontrato con un gruppo di membri. Un’occasione per ascoltare i suoi incoraggiamenti legati all’esperienza nell’ambito musicale e nella vita quotidiana

Il 28 giugno alcuni artisti della Lombardia hanno incontrato Wayne Shorter (al centro nella foto), membro della SGI-USA e musicista jazz, nei camerini del Teatro degli Arcimboldi. Shorter sta intrattenendo una serie di dialoghi con il presidente Ikeda e con un altro grande musicista, Herbie Hancock, che saranno pubblicati prima in lingua giapponese e poi in inglese. Durante una chiacchierata, Hiromasa, il figlio di Ikeda, gli ha raccontato che suo padre è un grande estimatore del jazz, in particolare dell’improvvisazione jazz vista in chiave contemporanea. Daisaku Ikeda, ha proseguito Shorter, ha analizzato il processo creativo del jazz, una forma di improvvisazione, e la situazione attuale mondiale e ha detto che sono in stretta relazione. «In un mondo così caotico, l’improvvisazione può essere un buon esercizio, perché è il filo che arriva dritto al cuore del Sutra del Loto. Ma con il termine improvvisazione non si intende coincidenza, ma processo creativo, il quale porta a Nam-myoho-renge-kyo».
Alla domanda su come poter incoraggiare gli artisti italiani, ha risposto che nei dialoghi tra lui, Ikeda e Hancock la parola che sensei ripete sempre è “coraggio”. Anche il processo di Illuminazione parte dal coraggio. Coraggio nella performance, coraggio di scrivere, coraggio di eseguire quello che realmente si sente nel cuore e non quello che gli altri ti dicono di fare. Ha ribadito ancora che di solito chi lavora attorno agli artisti, come manager, produttori ecc. dice sempre loro cosa fare. «Il Daimoku ti mostra come avere un dialogo con coloro che si oppongono al tuo processo creativo per convincerli a lasciarti esprimere ciò che hai dentro. Durante questi dialoghi basati sul Daimoku, il coraggio riesce a emergere». Ma quale coraggio? «Il coraggio di stare in piedi da soli», ha detto. «Un’ultima cosa – ha detto Shorter – un altro aspetto importante l’ho capito nei primi anni di pratica. Partecipavo alle riunioni e chiedevo perché non potessi disegnarmi da solo il mio Gohonzon, siccome tra l’altro so disegnare molto bene. Mi rispondevano sempre: “Vieni a un altro meeting e poi lo capirai da solo!”. E infatti dopo alcuni meeting ho capito la motivazione: il rispetto. Il rispetto per chi ha creato qualcosa di grande. Se ascolti od osservi un’opera di un altro artista, non puoi copiarla, farne una simile e poi dire che è una tua creazione! Saresti a tutti gli effetti un ladro. La stessa cosa vale per il Gohonzon. Bisogna rispettare chi per primo l’ha iscritto per la felicità delle persone di tutto il mondo, Nichiren Daishonin».
Marco Amati

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