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In alto, partendo dalle radici - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 10:54

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In alto, partendo dalle radici

Velathri, nome etrusco di Volterra, contiene il significato di “alto” (vel). Attraverso il Daimoku, viene riscoperto proprio il valore “alto” della trasformazione delle sofferenze e della trasformazione di una terra

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Velathri, nome etrusco di Volterra, contiene il significato di “alto” (vel). Attraverso il Daimoku, viene riscoperto proprio il valore “alto” della trasformazione delle sofferenze e della trasformazione di una terra

Abito a Volterra in provincia di Pisa, un luogo isolato, lontano dai maggiori centri che, anche se attrattivo dal punto di vista turistico, offre però poche occasioni lavorative. L’età media degli abitanti è tra le più alte della Toscana, e forse d’Italia. I giovani, infatti, decidono spesso di andare a studiare o a lavorare nelle città limitrofe. Qui, nel 1986, ho iniziato a praticare, e l’anno successivo ho ricevuto il Gohonzon. Ho accettato varie responsabilità, a partire da quella di gruppo. Oggi, e da oltre dieci anni, sono responsabile di capitolo.
Inizialmente Volterra era un settore e faceva parte di un capitolo più ampio che includeva i settori di Certaldo e Castelfiorentino, distanti ognuno circa cinquanta chilometri dalla città. Successivamente, per effetto di una serie di riorganizzazioni territoriali, l’attività ha iniziato a svilupparsi verso le città di San Gimignano e Colle Val D’Elsa, più vicine, ma ancora piuttosto impegnative dal punto di vista delle distanze e dei tempi di percorrenza.
La distanza non è mai stata un problema per me, anzi, mi evitava il peso di fare attività nella mia città. Personalmente, infatti, consideravo Volterra un luogo adatto solo ai pensionati, da cui i giovani non potevano che fuggire, e da cui io stessa sarei fuggita volentieri.
Tuttavia, nonostante questo atteggiamento di fondo, cercavo di parlare ad altre persone della pratica. Così, grazie a questo impegno e al Daimoku, nel 2003 la mia più cara amica, Paola, ha iniziato a praticare e il maggiore dei miei figli, Alessio, ha deciso di diventare membro. Era l’unico rappresentante della Divisione giovani.
Nel 2006 fu avviata una nuova zonizzazione, per permettere alle persone di svolgere al meglio la propria attività, in un ambito territorialmente ancora molto frammentato. Volterra divenne così un capitolo autonomo, di cui mi fu affidata la responsabilità insieme a dei nuovi corresponsabili. Tutti sembravano contenti, tranne me. Non mi andava bene nulla, e continuavo a lamentarmi. Soprattutto, non riuscivo ad accettare le persone con cui avrei dovuto condividere l’attività. Naturalmente tutto ciò mi procurava molta sofferenza. Svanita la possibilità, e quindi l’alibi, di fare attività lontano da casa, ora non potevo più evitare il confronto diretto con queste persone. Era tutto alquanto inspiegabile, ma sicuramente molto doloroso.
Alla base della mia nuova attività c’era dunque una buona dose di lamentela e di continua polemica. L’unico luogo di rifugio per me era rappresentato da un settore esterno al capitolo, che aveva come base Castelnuovo Val di Cecina, un paesino a più di cinquanta chilometri da Volterra.
Tuttavia, verso la fine del 2006, i responsabili di questo settore esterno, proposero di unirsi nell’attività a Massa Marittima, più vicina e più comoda da raggiungere, la qual cosa, naturalmente e mio malgrado, fu immediatamente approvata. In quel frangente, quando mi recai a Massa Marittima per il primo ritrovo con il nuovo settore, piansi tutto il tempo.
Alla fine del 2006 mi ritrovai allora di fronte a due sole possibilità di scelta: lasciare la responsabilità, oppure decidere con più forza e ripartire da lì. Scelsi la seconda, decidendo profondamente di costruire una forte unità fra i corresponsabili, di sostenere la crescita della Divisione giovani e di consegnare dieci Gohonzon nel corso dell’anno successivo.
Non sapendo come avrei potuto realizzare tutto questo, arrivai alla conclusione, forse apparentemente scontata, che dovevo affidarmi al Gohonzon e approfondire seriamente la mia relazione con il maestro.
Leggendo Il mondo del Gosho fui colpita da una frase, già letta e sentita più volte: «Superare tutte le differenze significa che tra i discepoli del Daishonin, non ci deve essere opposizione e rifiuto verso gli altri. “Divenire inseparabili come i pesci e l’acqua in cui nuotano” può essere inteso come l’atteggiamento di apprezzarsi l’un l’altro in quanto individui insostituibili, cercando di mettere in evidenza la parte migliore di ciascuno» (D. Ikeda, esperia, vol. 1, pag. 142). Era questo che non avevo mai fatto e che il maestro ora mi chiedeva di fare. Decisi quindi di mettere in pratica “alla lettera” questo insegnamento.
A marzo, insieme a Stefano, il mio corresponsabile, partecipai a un corso al Centro europeo a Trets durante il quale fummo incoraggiati a “impregnare con il Daimoku le nostre terre”. Realizzai allora di non aver mai recitato Daimoku per la mia terra e da questa consapevolezza nacque in me la decisione di trasformare la mia città attraverso un cambiamento sostanziale del mio atteggiamento. I risultati non si sono fatti attendere. Ad aprile sono arrivati a Volterra i primi due Gohonzon, uno dei quali di mio figlio Alessio, già membro, trasferitosi di recente in un piccolo appartamento. Era il primo Gohonzon della Divisione giovani che veniva aperto a Volterra.
Anche la relazione con i miei corresponsabili ha cominciato a trasformarsi in maniera evidente, passando da una quasi insormontabile difficoltà di comunicazione, a un rapporto telefonico quasi giornaliero. Ci incontriamo ogni settimana per decidere le attività da portare avanti insieme e, in quelle occasioni, non solo non sento più la sofferenza di un tempo, ma provo gioia e gratitudine nei confronti dei miei corresponsabili Maria, Giulio e Stefano.
Il cambiamento della relazione con loro mi ha permesso di trasformare anche le relazioni a me più care: quella con mia sorella Alessandra che, grazie a ciò, ha iniziato a praticare e ha ricevuto il Gohonzon nel giugno 2007, quella con mia sorella Anna che già praticava, ma che, grazie al mio incoraggiamento, approfondendo la relazione con il maestro, ha trasformato le enormi sofferenze che in passato l’avevano allontanata dalla pratica buddista. Ma sono cambiate anche altre relazioni importanti: quelle con i figli, con mio marito e con le colleghe di lavoro.
Alla fine del 2007 il capitolo Volterra ha consegnato undici Gohonzon, cinque dei quali a giovani. Volterra conta oggi settantacinque praticanti. Negli ultimi mesi abbiamo accolto sei nuovi membri, cinque dei quali fanno parte della Divisione giovani. Oggi a Volterra ci sono quattro giovani uomini e sei giovani donne, per un totale di dieci membri, quattro dei quali hanno partecipato alla riunione europea del 16 marzo a Milano.
Voglio concludere la mia esperienza con una frase che il mio maestro Ikeda ha dedicato a Josei Toda e che rispecchia esattamente il mio sentimento nei suoi confronti: «Il debito di gratitudine che ho nei confronti di sensei come mio maestro è più grande di una montagna, più profondo dell’oceano, non devo dimenticarmene. Lascerò un superbo ricordo del mio maestro a tutto il mondo: lo prometto solennemente» (NR, 367, 8).

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