Quando ciascuno sposa lo scopo comune, le relazioni diventano armoniose e la “prova concreta” non si fa attendere: arrivano tanti nuovi amici e il gruppo raddoppia!
Il 2005 è stato un anno di cambiamento nel mio modo di essere buddista. Tutto prese inizio dal corso autunnale abruzzese tenutosi a Montesilvano nell’ottobre del 2004. A causa di incomprensioni con alcuni membri avvenute precedentemente, ero in contrasto con tutta la Soka Gakkai. Non mi fidavo più.
Ma in questo corso avevo riscoperto i rapporti umani che contraddistinguono la nostra organizzazione e avevo compreso quanto la mancanza di fiducia avesse fermato la mia vita, quanto fossi stata fregata da questo “demone”. Era il momento di rimettere la mia vita in movimento. Dove iniziare? Dal gruppo, pensai. La situazione si dimostrò subito complicata. Praticavo ormai da quattordici anni e il Buddismo nell’ambiente dove vivevo non attecchiva proprio. I problemi maggiori erano la mancanza di comunicazione con i responsabili di gruppo, tra i quali mio fratello: il loro modo di fare attività non mi piaceva, non c’era fiducia e aleggiava nell’aria la staticità più completa.
Il primo effetto di questo risveglio fu una forte litigata con mio fratello. Basta, pensai: me ne vado da Avezzano, mi trasferisco! La soluzione l’avevo trovata, ma era esterna a me. Decisi di chiedere un consiglio. Mi ricordarono la famosa frase del Gosho Il raggiungimento della Buddità in questa esistenza: «[…] non ci sono terre pure e terre impure di per sé: la differenza sta unicamente nella bontà o malvagità della nostra mente» (SND, 4, 5), e che, prima di decidere razionalmente sul da farsi, dovremmo affidarci al Gohonzon, partire sempre da lì.
Da qui iniziò la mia sfida. Il gruppo Avezzano era composto da tre membri, un principiante e qualche simpatizzante. Il presidente Ikeda ha realizzato il desiderio del suo maestro Toda di propagare il Buddismo di Nichiren Daishonin in tutto il mondo. Allora mi sono detta se Nam-myoho-renge-kyo è uguale per tutti, perché se Ikeda ci è riuscito, non dovrei riuscirci io?
La prima mossa è stata sentire come proprio lo scopo di ricevere due Gohonzon per gruppo entro l’anno. In un gruppo che da almeno un anno non cresceva, non era un’impresa semplice. Volevo che il gruppo crescesse, che altre persone iniziassero a praticare e che diventassero felici. Allora decisi una scadenza temporale e quanto Daimoku recitare al giorno. Lessi il Gosho quotidianamente e approfittai di ogni attività per muovermi e mettere in moto questo cambiamento. Da dove partire: sicuramente dalla fiducia! Dovevo imparare a dare fiducia agli altri.
In questa fase mi sono basata sul Gosho di Capodanno: «Il tuo cuore che desidera fare offerte al Sutra del Loto ora, all’inizio del nuovo anno, è come il fiore che spunta dall’albero, come il sandalo che cresce sulle Montagne nevose o come la luna che sorge» (SND, 4, 272). Ho cominciato a dar fiducia agli altri, a incoraggiarli a sperimentare e a mettere al centro della loro vita Nam-myoho-renge-kyo. Primo effetto, un giovane uomo decide di ricevere il Gohonzon, il primo dopo anni, ad Avezzano.
Una delle attività più intense è stata la giornata dell’offerta che si è svolta a Roma in primavera. Ho cominciato a recitare Daimoku e ho coinvolto anche gli altri membri del gruppo a farlo per sperimentare il potere di Nam-myoho-renge-kyo. Abbiamo realizzato regalini e biglietti da donare ai membri che venivano a fare l’offerta. Ad Avezzano dopo anni si respirava un’aria di allegria. Mentre preparavamo la giornata dell’offerta, il gruppo cresceva: un giovane uomo si trasferì da Roma, i simpatizzanti diventarono principianti e iniziarono a praticare persone nuove.
Come è scritto sul Gosho Il vero aspetto di tutti i fenomeni: «Dapprima solo Nichiren recitò Nam-myoho-renge-kyo, ma poi due, tre, cento lo seguirono, recitando e insegnando agli altri. La propagazione si svilupperà così anche in futuro. Non vuol dire ciò “emergere dalla terra”?» (NR, 336, 19). Infatti, quello che fino ad allora era il mio obiettivo, diventò anche di altri.
Tra la prima e la seconda giornata dell’offerta altre persone hanno iniziato a praticare, e la cosa più bella è stata che nelle consegne di marzo e di maggio due donne hanno ricevuto il Gohonzon. Ci trovavamo a metà dell’anno e già avevamo realizzato l’obiettivo di accogliere due nuovi Gohonzon nel gruppo. L’entusiasmo saliva e anche la voglia di fare di più.
L’estate era arrivata, ci sentivamo pronti a dividere il gruppo, l’obiettivo si avvicinava, ma non si realizzava. E questo mi fece tornar fuori quella mancanza di fiducia nei riguardi dei responsabili e della Soka Gakkai in generale. Davanti a me vedevo solo autoritarismo. Questo era il mio ostacolo da superare.
Non è stato un periodo facile. Non riuscivo più a recitare Daimoku con la fiducia che ci sarebbe stato un cambiamento. Il tempo passava e le cose peggioravano. L’equilibrio e l’armonia che avevamo costruito nel gruppo e con mio fratello era saltata completamente, eravamo tutti in preda a un “demone” che ci impediva di comprenderci. Grazie all’allenamento di basarmi sulla recitazione di Daimoku prima di ogni altra cosa, studiare e fare attività, rilanciai l’obiettivo, decisa a proteggere i membri.
Presi spunto dalla frase del Gosho L’eredità della Legge fondamentale della vita: «In generale, che i discepoli di Nichiren, preti e laici, recitino Nam-myoho-renge-kyo con lo spirito di “diversi corpi, stessa mente”, senza alcuna distinzione fra di loro, uniti come i pesci e l’acqua, questo si chiama eredità della Legge fondamentale della vita. In ciò consiste il vero scopo della propagazione di Nichiren. Se è così, anche il desiderio di kosen-rufu potrà realizzarsi. Ma se qualcuno dei discepoli di Nichiren distrugge l’unità di “diversi corpi, stessa mente”, sarà come chi distrugge il proprio castello dall’interno» (NR, 344, 18).
Ripresi a recitare due ore di Daimoku al giorno e a incoraggiare gli altri, con il solo intento di sperimentare e comprendere questa frase e il concetto di “diversi corpi, stessa mente” (itai doshin), senza usare le parole, che sono state sempre occasione e causa di fraintendimento, e soprattutto evitando di “distruggere il mio castello dall’interno”. Era fondamentale tornare ad agire e non farsi fermare dall’ambiente, in altre parole ripartire davanti al Gohonzon!
Grazie alla frase del Gosho abbiamo compreso che per realizzare l’unità di “diversi corpi, stessa mente” bisogna avere la stessa mente e cuore di Nichiren e che tramite la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo con l’obiettivo comune di kosen-rufu, possiamo davvero appianare le nostre divergenze.
I benefici non si sono fatti attendere: tutte le difficoltà che avevamo incontrato sono scomparse come una bolla di sapone. Eravamo riusciti nuovamente nell’impossibile: ricreare l’armonia. Ma ancora di più, nelle consegne di settembre, novembre e dicembre un uomo, una giovane donna e una donna hanno ricevuto il Gohonzon. Sentivamo che nulla ci poteva fermare. E così è stato, la prova concreta non si è fatta attendere.
A dicembre il gruppo si è diviso in due: il gruppo Avezzano e il gruppo Velino, composti ciascuno da dieci membri. Ora ad Avezzano siamo circa venti praticanti, tutti attivi.
Guardandomi indietro posso realmente dire che recitando Nam-myoho-renge-kyo con il desiderio di Nichiren Daishonin di realizzare kosen-rufu e partecipando alle attività della SGI, tutto è possibile.
Gli obiettivi futuri sono diventare un capitolo e far crescere la Divisione giovani. Questo si potrà realizzare solamente tramite lo shakubuku, mettendo Nam-myoho-renge-kyo al centro e iniziando questo percorso insieme al Gohonzon. Ci abbiamo preso gusto!