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"Il voto", puntate 75-139 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 08:10

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“Il voto”, puntate 75-139

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«Il mio desiderio è che voi, miei giovani amici, portiate avanti e trasmettiate il nobile spirito dei primi tre presidenti della Soka Gakkai rimanendo in eterno fedeli al legame tra maestro e discepolo. Chi di voi riuscirà a fare questo sarà un vincitore assoluto.
Questa è anche la via fondamentale per assicurare l’eterno successo della Soka Gakkai nel ventunesimo secolo.
È il modo per adempiere al grande voto di kosen-rufu e creare una pace mondiale duratura.
Conto su di voi, giovani uomini, giovani donne e studenti!
Conto sui giovani Soka di tutto il mondo!».
Daisaku Ikeda

● ● ●

CONTESTO STORICO
In queste pagine si conclude la pubblicazione de La nuova rivoluzione umana con le ultime puntate del capitolo “Il voto”.
Siamo nel 1991, il maestro Ikeda racconta il grande sviluppo di kosen-rufu in seguito all’“indipendenza spirituale della Soka Gakkai” dopo la scomunica da parte del clero della Nichiren Shoshu.

Potete leggere l’epilogo de La nuova rivoluzione umana in NR, 644 del 15 febbraio 2019, a pagina 29

Nella narrazione l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto

[75] Il presidente Akizuki annunciò la creazione di uno “staff cerimonie” in ogni area e prefettura del Giappone per celebrare le liturgie funebri e di altro tipo.
Riferì poi che la petizione condotta in Giappone e in tutto il mondo per chiedere le dimissioni del patriarca Nikken aveva fino a quel momento raggiunto un totale di dodici milioni e quattrocentoventimila firme. Akizuki disse che la petizione, che esprimeva l’indignazione per le azioni di Nikken da parte di persone di tutto il mondo, sarebbe stata sottoposta alla Nichiren Shoshu.
Il pubblico manifestò la sua approvazione con un forte applauso. Tutti i presenti si resero conto che si era giunti a una svolta decisiva, che avrebbe aperto le porte a kosen-rufu nel mondo. Erano tutti eccitati ed euforici, perché erano i protagonisti di una nuova e storica riforma religiosa.
Venne poi il turno di Shin’ichi Yamamoto nel prendere la parola. Esordì scherzando: «Ho saputo che si sarebbe tenuta una speciale celebrazione oggi, quindi ho pensato bene di unirmi a voi!».
Il pubblico scoppiò in una risata e in un applauso. L’atmosfera dell’incontro era allegra, rilassata e traboccava di gioia e determinazione.
Riferendosi alla Notifica di scomunica che la Nichiren Shoshu aveva inviato alla Soka Gakkai il 28 novembre, Shin’ichi disse: «Il 28 novembre è ormai una data storica. Novembre è il mese della fondazione della Soka Gakkai e, come tutti sapete, il numero ventotto è per noi di grande importanza perché ventotto sono i capitoli del Sutra del Loto. Inaspettatamente, eppure in modo molto significativo, questa data è ora diventata il giorno della nostra indipendenza spirituale».
Un altro applauso risuonò nella sala. Alle parole “il giorno della nostra indipendenza spirituale”, tutti sentirono nascere in cuor loro una speranza senza limiti e immaginarono un futuro dalle potenzialità illimitate.
Shin’ichi ribadì che i membri della Soka Gakkai si erano impegnati in modo disinteressato a diffondere ampiamente la Legge mistica in perfetto accordo con gli insegnamenti del Daishonin, e osservò: «Nessun’altra organizzazione ha propagato la Legge mistica nella misura in cui l’ha fatto la Soka Gakkai, condividendola con persone di tutto il mondo. Eppure il nostro vero lavoro deve ancora iniziare. Sono convinto, proprio come disse il presidente Toda, che il nome della Soka Gakkai sarà inciso solennemente nelle scritture buddiste delle epoche future».
La Soka Gakkai porta avanti l’intento del Budda e ognuno dei suoi membri, i quali si sono adoperati con instancabile dedizione per kosen-rufu, è un Budda.

[76] Gli esseri umani non esistono in funzione della religione; al contrario, è la religione a essere al servizio degli esseri umani, per consentire loro di diventare felici. Confondere o invertire questa relazione essenziale è una distorsione della realtà. Osservando che era questo l’errore fondamentale della Nichiren Shoshu, Shin’ichi espresse le sue speranze per il futuro: «Il Buddismo di Nichiren Daishonin è il Buddismo del sole; è una religione mondiale che illumina l’intero genere umano. Sotto ogni aspetto, lo sviluppo della Soka Gakkai come movimento i cui membri sostengono questa grande filosofia progredirà in modo globale e universale. Non potrà essere confinato all’interno di un angusto sistema feudale».
Nel Gosho Il maestro del Tripitaka Shan-wuwei, Nichiren Daishonin scrive: «Quando il sole sorge nel quadrante orientale, tutti i cieli del grande continente di Jambudvipa, posto a sud, si illuminano grazie alla vasta luce emanata dal sole» (RSND, 1, 149). “Il grande continente di Jambudvipa posto a sud” indica il mondo intero. Il sole del Buddismo del Daishonin ha il potere di dissipare le nubi oscure di qualsiasi sofferenza e diffonde una luce di felicità sul mondo intero.
Attingendo alle osservazioni fatte da vari studiosi e pensatori riguardo alle questioni che la Soka Gakkai stava affrontando con la Nichiren Shoshu, Shin’ichi descrisse le qualità necessarie a una religione mondiale:

  1. Un’amministrazione aperta e
  2. Garantire la libertà di parola pur aderendo ai fondamenti della
  3. Garantire il rispetto reciproco e la partecipazione di tutti i credenti basandosi sull’e-
  4. Dare più importanza alla fede che ai
  5. Consentire a tutti i membri di pervenire a posizioni di responsabilità, basandosi sulle loro capacità piuttosto che sul diritto di nascita
  6. Universalità della dottrina e propagazione effettuata utilizzando metodi appropriati alla mentalità dell’epoca.

Shin’ichi condivise alcune istruzioni del presidente Toda secondo cui la Soka Gakkai doveva mantenere un legame diretto con il Daishonin attraverso il Gosho. Sottolineò che la Soka Gakkai continuava a sforzarsi risolutamente basandosi sugli scritti del Daishonin, in accordo con l’intenzione di Nichiren Daishonin, e che si sforzava di adempiere al grande voto di «kosen-rufu attraverso la compassionevole propagazione della Grande Legge», come è riportato sul Joju Gohonzon della Soka Gakkai.
Specificò che non vi era alcun bisogno di intermediari tra i membri e il Daishonin; anzi, nel contesto della Soka Gakkai il ruolo dei responsabili era semplicemente quello di aiutare le persone a creare una connessione diretta con il Daishonin.
I presidenti Makiguchi e Toda si erano dedicati, senza interessi personali, a diffondere la Legge mistica proprio come Nichiren Daishonin aveva raccomandato; avevano lasciato un esempio di come i suoi discepoli avrebbero dovuto sviluppare la propria fede e la propria pratica. Nella Soka Gakkai le relazioni tra maestro e discepoli, tra compagni di fede e tra gli individui e l’organizzazione stessa servono a trasmettere e ad apprendere lo spirito del Daishonin, nonché la fede e la pratica corrette basate sui suoi scritti.

[77] Shin’ichi Yamamoto approfondì quale fosse la missione della Soka Gakkai nel portare avanti il movimento di kosen-rufu in tutto il mondo nel futuro.
«Nella Raccolta degli insegnamenti orali il Daishonin afferma: “E ora, quando Nichiren recita Nam-myoho-renge-kyo, sta mettendo in grado tutti gli esseri viventi di conseguire la Buddità nei diecimila anni dell’Ultimo giorno della Legge” (cfr. BS, 110, 72). Fermamente convinti che chiunque si sforzi come insegna il Daishonin possa conseguire la Buddità, diamo l’avvio a una nuova, magnifica partenza piena di speranza, mirando al futuro, da qui a diecimila anni.
«Anche Nikko Shonin, discepolo diretto e successore del Daishonin, scrisse: “Le sacre scritture di questo paese [il Giappone] dovranno essere tradotte dal giapponese in cinese e in sanscrito quando arriverà il momento dell’ampia propagazione” (GZ, 1613). Ciò significa che, proprio come le parole dell’indiano Shakyamuni furono tradotte in cinese, in giapponese e in altre lingue nelle epoche passate, le nobili parole del Daishonin dovevano essere diffuse in India, in Cina e negli altri paesi al tempo di kosen-rufu, traducendo il Gosho dal giapponese in tutte quelle lingue.
«Solamente la Soka Gakkai è stata in grado di tradurre correttamente il Gosho e di farlo conoscere in tutto il mondo in perfetto accordo con le istruzioni di Nikko Shonin. La Soka Gakkai continuerà ad avanzare sulla base degli scritti del Daishonin, fedele allo spirito di Nikko. Sono sicuro che sia Nichiren Daishonin sia Nikko Shonin se ne rallegreranno e ci loderanno per i nostri sforzi».
Shin’ichi si riferì poi a uno degli articoli dei Ventisei ammonimenti di Nikko, in cui si afferma: «Non seguite nemmeno il patriarca se questi va contro l’insegnamento corretto del Buddismo e propone opinioni personali» (GZ, 1618). È un severo monito che esorta a non seguire alcuna dottrina arbitraria che contraddica gli insegnamenti buddisti, persino nel caso in cui fosse sostenuta da un patriarca.
Shin’ichi sottolineò l’importanza di seguire l’ammonimento di Nikko Shonin e di mantenere sempre un legame diretto con il Daishonin, continuando a impegnarsi energicamente per realizzare kosen-rufu in tutto il mondo. Concluse esortando con vigore: «Spero che tutti voi proseguiate con coraggio e allegria a costruire una Soka Gakkai che non tema rivali. Vorrei che celebrassimo il settantesimo anniversario della fondazione della Soka Gakkai, nell’anno 2000, con una vittoria sorprendente!»
I presenti espressero la loro determinazione a realizzare questo obiettivo con tanto entusiasmo che gli applausi fecero vibrare la sala.
La Soka Gakkai aveva impartito una nuova, vivace e gioiosa partenza verso il nuovo secolo e verso un’epoca di umanesimo, con l’intento di diventare una vera religione mondiale.

[78] I compagni di fede in tutto il Giappone e in tutto il mondo si alzarono con vigore, come campioni del Rinascimento Soka. Dettero inizio a una nuova fase del viaggio per kosen-rufu nel mondo, incidendo queste parole del Daishonin nel proprio cuore: «Se la compassione di Nichiren è davvero grande e onnicomprensiva, Nam-myoho-renge-kyo si diffonderà per diecimila anni e più, per tutta l’eternità» (Ripagare i debiti di gratitudine, RSND, 1, 658).
Giurarono l’un l’altro di non allontanarsi mai dal corretto percorso della fede e della pratica che avevano appreso in seno alla Soka Gakkai, e di avanzare per sempre insieme all’organizzazione, conducendo una vita felice e assicurandosi che nessuno dei compagni fosse mai sviato da influenze negative finendo per avere rimpianti in eterno. Rafforzando la loro unità in questo modo, si lanciarono con ottimismo e fiducia verso il ventunesimo secolo, verso un secolo della vita.
Il 27 dicembre 1991, a circa un mese dalla notifica di scomunica della Nichiren Shoshu, la Soka Gakkai inviò a Nikken la petizione che chiedeva le sue dimissioni dalla posizione di patriarca; era stata firmata da più di sedici milioni di persone di tutto il mondo. Era un fatto incontestabile, che sarebbe rimasto per sempre inciso negli annali di kosen-rufu.
In quello stesso mese di dicembre la Soka Gakkai organizzò festival culturali e musicali a livello locale in varie zone del Giappone; tra queste le circoscrizioni di Edogawa, di Katsushika e di Adachi a Tokyo, e di Kawasaki nella prefettura di Kanagawa. La banda musicale Fuji, l’orchestra studentesca Fuji e il coro studentesco Fuji promossero ovunque esibizioni e concerti. In molti di questi eventi fu intonata con fierezza la canzone Il gioioso trionfo Soka, la cui base musicale era costituita dall’Inno alla gioia di Beethoven, mentre il testo era stato scritto per l’occasione. Shin’ichi Yamamoto partecipava ogni volta che i suoi impegni glielo consentivano, non solo per vedere le esibizioni, ma soprattutto per incoraggiare i presenti.
Il vivace canto dei membri risuonava come una melodia piena di speranza che annunciava l’alba del 1992, l’Anno del Rinascimento Soka.
Il 1991 era stato un anno tumultuoso, ma era anche stato l’anno in cui la Soka Gakkai aveva ottenuto l’indipendenza spirituale ed era rinata, l’anno che l’aveva spinta con forza sulla strada della trasformazione in un movimento religioso mondiale.
Ora, il grande bastione Soka per la creazione della pace e della felicità del genere umano si ergeva in tutto il suo splendore. Proprio nel momento in cui era finalmente giunta l’epoca di kosen-rufu in tutto il mondo, la Nichiren Shoshu – incarnando il passo del tredicesimo capitolo del Sutra del Loto secondo cui «demoni malvagi si impossesseranno di altre persone per farci maledire, ingiuriare, coprire di disonore» (SDL, 272) – aveva rivelato la sua vera natura demoniaca e aveva voluto allontanarsi dalla Soka Gakkai. Era giunto un momento dal significato mistico. Ogni avvenimento che era accaduto rispecchiava le intenzioni del Budda.

[79] La campana del Rinascimento Soka risuonava ovunque.
Nel giorno di Capodanno del 1992 Shin’ichi Yamamoto fece Gongyo con i rappresentanti dei vari Gruppi nella sede della Soka Gakkai, e dette inizio ai suoi sforzi di quell’anno incoraggiando i presenti.
Alla riunione di Capodanno per i responsabili del 5 gennaio invitò i partecipanti a dare il via a una nuova partenza, esortandoli a trattare ogni singola persona con calore e attenzione, perché era quello il primo passo per guidare gli altri nella fede.
Nel corso del 1992 molti preti abbandonarono la Nichiren Shoshu. Alcuni di loro inviarono una lettera aperta alla scuola, denunciando la condotta di Nikken e del clero come un tradimento degli insegnamenti di Nichiren Daishonin.
Nell’agosto di quell’anno la Nichiren Shoshu espulse ufficialmente Shin’ichi dalla lista dei suoi fedeli laici. Il clero era determinato a recidere il legame tra il maestro e i discepoli, ma i membri non avevano più timore di quelle azioni.
Separatasi dalla Soka Gakkai, la Nichiren Shoshu vide il numero dei suoi seguaci diminuire vertiginosamente e scivolò verso un inevitabile declino.
Dopo aver scomunicato la Soka Gakkai il clero cessò di consegnare i Gohonzon ai membri della Soka Gakkai. Il reverendo Sendo Narita, abate del Joenji nella prefettura di Tochigi, aveva lasciato la Nichiren Shoshu; egli propose alla Soka Gakkai di utilizzare come matrice per produrre gli oggetti di culto individuali un Gohonzon che era custodito presso quel tempio e che era stato trascritto da Nichikan Shonin (1665-1726), il ventiseiesimo patriarca e riformatore degli insegnamenti del Daishonin.
Nel settembre del 1993 furono convocati il consiglio esecutivo della Soka Gakkai, la consulta, la conferenza esecutiva del Dipartimento di studio, la conferenza dei responsabili di prefettura e il consiglio dei direttori. Durante quella riunione fu deciso di accettare l’offerta. Le copie di quel Gohonzon sarebbero state consegnate ai membri di tutto il mondo dalla Soka Gakkai, in qualità di organizzazione che diffondeva kosen-rufu in accordo con l’intento del Daishonin e di comunità armoniosa di praticanti che portavano avanti la vera eredità della fede.
Nel 1995, con il pretesto che la struttura non era antisismica, la Nichiren Shoshu annunciò la demolizione della Grande Sala dei Ricevimenti e procedette senza indugio a smantellare l’edificio. Nel giugno del 1998 procedette col distruggere il Tempio Principale (Sho-Hondo), che era il frutto delle donazioni sincere di otto milioni di credenti. Uno dopo l’altro, furono demoliti tutti gli edifici che erano stati donati al tempio principale per iniziativa di Shin’ichi e che rappresentavano il frutto dei meriti del predecessore di Nikken, Nittatsu.
Alla fine di gennaio del 1992, Shin’ichi lasciò il Giappone per visitare i vicini paesi asiatici. Ora che la Guerra Fredda era finita, era il momento di costruire ponti di pace in tutto il mondo. Con questo pensiero in mente, Shin’ichi non poteva sprecare nemmeno un istante.

[80] Mentre si trovava in Thailandia, il presidente Yamamoto fu ricevuto da Sua Maestà il re Bhumibol Adulyadej presso Palazzo Chitralada a Bangkok. Erano trascorsi quattro anni dall’ultima volta che si erano incontrati. La loro conversazione spaziò tra vari argomenti che riguardavano la cultura, la pace e l’arte. Considerato un raffinato uomo di cultura, il re Bhumibol era noto per la sua erudizione e per il suo profondo apprezzamento per le arti.
Durante la sua prima udienza nel 1988, Shin’ichi aveva proposto di organizzare in Giappone una mostra di fotografie scattate dal re, mostra che fu poi effettivamente allestita nel 1989 presso il Museo Fuji di Tokyo. In seguito, la mostra fu poi esportata negli Stati Uniti e nel Regno Unito, dove riscosse grande successo.
Durante questo secondo incontro, Shin’ichi propose di organizzare uno speciale concerto con la musica composta dal re. Questa proposta fu realizzata l’anno successivo, nel novembre del 1993, presso l’auditorium dell’Università Soka, come evento che commemorava il trentesimo anniversario della prima visita di stato in Giappone del re Bhumibol e della regina Sirikit. Durante la sua terza udienza, che avvenne nel 1994, Shin’ichi propose l’organizzazione di una mostra dei dipinti del re Bhumibol, che fu poi effettivamente allestita a Tokyo, Nagoya e Osaka nel 1996.
Durante la sua permanenza in Thailandia agli inizi di quel 1992, Shin’ichi si dedicò instancabilmente ai membri della Soka Gakkai presenti nel paese.
Il cuore del Buddismo di Nichiren Daishonin si trova nel desiderio e nell’azione di incoraggiare gli altri. I suoi insegnamenti umanistici si manifestano nel comportamento dei praticanti. I membri della Soka Gakkai thailandese erano orgogliosi dell’amicizia tra il re Bhumibol e Shin’ichi e si sforzavano di dare un contributo positivo alla società, conquistandosi costantemente la fiducia dei loro concittadini. L’organizzazione continuava a svilupparsi mentre i suoi membri ampliavano la rete di relazioni basate sulla felicità in tutta la Thailandia, la “terra dei sorrisi”.
Nella tappa successiva del suo viaggio, l’India, Shin’ichi incontrò il presidente indiano Ramaswamy Venkataraman e il vicepresidente Shankar Dayal Sharma, oltre ad altre figure di rilievo. Tra loro c’era Bishambhar Nath Pande, discepolo diretto del Mahatma Gandhi e vice presidente del Gandhi Smriti e del Gandhi Darshan Samiti, un complesso museale dedicato alla memoria del grande leader dell’indipendenza indiana e campione della nonviolenza. Su invito di quella istituzione, Shin’ichi tenne una conferenza dal titolo Verso un mondo senza guerre – Il Gandhismo nel mondo contemporaneo.
Partecipò poi a un festival culturale organizzato dai membri della Soka Gakkai dell’India. Gli amici indiani stavano crescendo in modo incredibile, in particolar modo stavano emergendo moltissimi giovani capaci. Alla riunione parteciparono anche i membri del Nepal, il luogo di nascita di Shakyamuni, e per l’occasione Shin’ichi posò con loro per le foto di gruppo.
Shin’ichi percepiva che stava per sorgere una nuova alba.

[81] Arrivato a Hong Kong dopo la visita in India, Shin’ichi incontrò il governatore David Wilson e partecipò a numerosi altri eventi. Il 22 febbraio tornò in Giappone, fermandosi prima a Okinawa.
Era stato il primo viaggio all’estero per la pace dopo che la Soka Gakkai aveva ottenuto l’indipendenza spirituale dal clero.
Sia in India, paese d’origine del Buddismo, sia in Thailandia e a Hong Kong, i membri avevano instaurato forti legami di amicizia e di fiducia con le persone delle loro comunità e lavoravano attivamente per promuovere la pace, la cultura e l’educazione. Pensando allo sviluppo futuro del movimento, Shin’ichi dedicava tutte le sue energie a gettare nuove basi per lo sviluppo di kosen-rufu nel mondo.
Il 25 febbraio a Okinawa ebbe inizio il primo meeting generale della SGI asiatica, che si svolse nell’arco di tre giorni presso il Centro di formazione di Okinawa a Onna-son. Vi parteciparono i rappresentanti di paesi e territori provenienti da tutta l’Asia. Shin’ichi presenziò a tutti gli eventi, incoraggiando i membri con tutte le sue forze.
Dopo il Gongyo del secondo giorno (il 26 febbraio), Shin’ichi annunciò che sarebbe nato il Giardino Soka dell’Albero della Bodhi nella periferia di Nuova Delhi in India. Sottolineando che il Daishonin desiderava la felicità di ogni individuo, ribadì che lo scopo della pratica buddista è che ognuno viva un’esistenza energica e gioiosa. Commentò: «Non dovete vivere la fede come un obbligo opprimente o come un condizionamento eccessivo. Non bisogna nemmeno dare consigli nella fede che facciano sentire le persone oppresse, che le demoralizzino o che facciano perdere la gioia di praticare.
«Recitare Gongyo e Daimoku porta benefici alla vostra vita, ma non significa che sarete puniti o che subirete conseguenze negative se non lo fate. Altrimenti, si potrebbe pensare che chi non ha mai praticato il Buddismo del Daishonin sia più fortunato di noi!
«Il Daishonin insegna che nutrire una fede sincera nella Legge mistica e la recitazione anche di un solo Nam-myoho-renge-kyo sono fonte di benefici incommensurabili. Se siete animati da questa convinzione e dalla determinazione di sforzarvi nella pratica buddista con coraggio, fiducia e gioia, il vostro stato vitale si espanderà senza limiti e accumulerete una fortuna sempre maggiore. La nostra pratica buddista non è un obbligo; è il nostro più grande privilegio. La chiave per comprendere la fede nel Buddismo di Nichiren Daishonin sta in questa sottile trasformazione nel nostro modo di pensare».
Shin’ichi desiderava che tutti i membri della famiglia Soka avanzassero con saggezza e gioia lungo il sentiero di kosen-rufu, assaporando la felicità di praticare il Buddismo.

[82] Il 27 febbraio, il terzo e ultimo giorno della riunione generale della SGI asiatica, un festival musicale per la pace si svolse in concomitanza con la riunione dei responsabili di centro della Soka Gakkai e la riunione generale della prefettura di Okinawa. Parteciparono membri da Okinawa e da tutto il Giappone, oltre a duecentocinquanta compagni di fede della SGI provenienti da quindici paesi e territori dell’Asia.
Quell’anno Okinawa si preparava a celebrare il ventesimo anniversario della restituzione dell’arcipelago al Giappone da parte degli Stati Uniti, avvenuta il 15 maggio 1972; i membri erano decisi a fare di ognuna delle isole di Okinawa una terra di felicità eterna, una terra della “luce eternamente tranquilla”. Rinnovarono il loro voto di diffondere, a partire da Okinawa, la porta d’ingresso in Asia, la filosofia del Daishonin per realizzare una vera pace e prosperità in quella parte del mondo.
I membri asiatici rafforzarono inoltre la loro volontà di lavorare a stretto contatto con i compagni di fede, stringendo legami di amicizia e fiducia con i membri delle loro comunità e costruendo le basi per promuovere relazioni amichevoli e pacifiche. Durante il festival musicale, il responsabile del Gruppo giovani uomini dell’India lesse la “Dichiarazione dell’Asia”: «Noi, membri della SGI Asiatica, affermiamo i seguenti tre punti: primo, rispetteremo la cultura e le tradizioni dei nostri paesi e daremo prova del principio secondo cui “la fede si manifesta nella vita quotidiana” per contribuire alla prosperità delle nostre società.
«In secondo luogo, ci impegneremo attivamente negli scambi culturali ed educativi internazionali basati su una visione globale.
«Come terzo punto, sosterremo gli sforzi volti a costruire un nuovo ordine internazionale pacifico incentrato sulle Nazioni Unite».
La dichiarazione fu adottata con un applauso di approvazione di tutto l’uditorio.
Dopo che le bande musicali di Okinawa ebbero suonato una fanfara dal titolo L’alba dell’Asia, iniziò uno spettacolo di canti e danze eseguiti da membri della SGI provenienti dalla Malesia, dall’Indonesia, dalle Filippine e da Singapore, molti dei quali indossavano i costumi tradizionali nazionali. L’atmosfera traboccava di vitalità giovanile e della gioia vibrante di chi dedica la propria vita alla causa di kosen-rufu.
Nel finale entrò in scena un coro di duecento elementi, la maggior parte dei quali erano ragazzi sui vent’anni, nati proprio nel 1972, l’anno in cui Okinawa era ritornata al Giappone; il coro cantò La marcia dei Bodhisattva della Terra e Le nostre belle isole di Okinawa. Alcune persone si alzarono e iniziarono a ballare il kachashi, la tradizionale danza di Okinawa, a ritmo della musica.
Quando venne a sapere che la maggior parte dei membri del coro aveva vent’anni, gli occhi Shin’ichi si illuminarono di gioia.
«È fantastico», disse. «I giovani sono tutti dei tesori. Se i giovani si impegnano con entusiasmo nella fede, il futuro è assicurato».

[83] Shin’ichi si rivolse ai responsabili di Okinawa mentre continuava a guardare le esibizioni: «Dovete dare valore ai giovani e al loro potenziale, sostenendo con calore ogni persona, in modo che possa svilupparsi e crescere. Non potete contribuire alla crescita degli altri se li lasciate soli.
«Dovremmo fare attività con i membri più giovani o meno esperti recitando Daimoku con loro, studiando insieme gli scritti del Daishonin, andando a far loro visita a casa e accompagnandoli quando parlano agli altri del Buddismo di Nichiren Daishonin. Dobbiamo insegnare loro le basi della fede, della pratica e dello studio. È importante dedicare attenzione alla loro crescita, con diligenza e pazienza.
«Proprio come accade in questo festival musicale, diamo ai giovani la possibilità di essere al centro della scena in modo che possano imparare a pensare da soli e ad agire di propria iniziativa, valorizzando le loro capacità e potenzialità.
«Lo scenario che vediamo qui oggi costituisce un modello per il futuro dell’organizzazione a Okinawa. I bravi responsabili sono quelli che incoraggiano costantemente i giovani a diventare ancora più bravi di loro. Se vi impegnate con serietà a formare i giovani e ne fate una tradizione, Okinawa nel ventunesimo secolo poggerà su fondamenta indistruttibili».
Nel frattempo gli spettatori si erano alzati uno dopo l’altro per ballare il kachashi e ora ondeggiavano tutti al ritmo del canto traboccante di passione e di energia dei giovani.
I membri presenti alla riunione generale provenivano da paesi con storie e culture diverse, ma erano uniti dalla comune preoccupazione per l’Asia, in un impegno di pace.
Shin’ichi si avvicinò al microfono e iniziò il suo discorso: «Qui ci sono dei fiori bellissimi; c’è un mare meraviglioso e una luce radiosa. Il Centro di formazione di Okinawa è inondato dai colori della primavera». I membri applaudirono con entusiasmo. Le parole di Shin’ichi rispecchiavano l’immensa gioia che provava ora che la Soka Gakkai aveva spezzato le catene che il clero autoritario voleva imporre loro, e aveva iniziato un nuovo brillante viaggio.
Nel suo discorso, Shin’ichi annunciò il progetto di costruire un centro di formazione nelle Filippine e di istituire una scuola materna Soka a Singapore, dopo quella che sarebbe stata presto inaugurata a Hong Kong. Ogni progetto che veniva annunciato risvegliava la speranza nei cuori degli ascoltatori. Shin’ichi menzionò il ruolo storico di Okinawa come ponte di collegamento tra le nazioni asiatiche e dichiarò che quella riunione generale della SGI asiatica a Okinawa segnava l’inizio di un’epoca protesa verso il ventunesimo secolo e caratterizzata da intensi scambi filosofici e culturali per la pace. Mentre parlava, Shin’ichi pensò che il suo maestro Josei Toda sarebbe stato molto felice di assistere a quella riunione generale. Toda aveva tanto desiderato che tutti i popoli dell’Asia godessero di pace e di felicità.

[84] A Okinawa vengono tradizionalmente coltivati il rispetto per la vita e relazioni di amicizia generose e aperte, come è illustrato da due famose espressioni, Nuchi du takara (“la vita è un tesoro”) e Ichariba chode (“una volta che ci siamo incontrati, siamo fratelli e sorelle”).
Come disse Saion, grande leader di Okinawa (1682-1761): «Bisogna prendersi cura della propria vita, perché è il tesoro più importante che si possa possedere».
Durante la Seconda guerra mondiale Okinawa fu teatro di una sanguinosa battaglia, in cui innumerevoli abitanti persero la vita.
Ogni volta che Shin’ichi Yamamoto pensava a Okinawa, sentiva il forte desiderio di cambiare il destino di quelle isole, realizzando la visione di pace del Daishonin attraverso gli ideali umanistici del Buddismo.
Il 16 luglio 1960, due mesi e mezzo dopo essere stato nominato terzo presidente della Soka Gakkai, Shin’ichi fece la sua prima visita a Okinawa. Aveva scelto il 16 luglio perché era la data in cui, nel 1260, Nichiren Daishonin aveva presentato il suo trattato Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese alle autorità giapponesi. Shin’ichi desiderava che i membri di Okinawa accettassero la sfida di costruire un regno di pace e prosperità durature, e di mostrare al mondo che era possibile concretizzare l’ideale del Daishonin di “adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese”.
Durante quel primo viaggio a Okinawa, Shin’ichi visitò diversi siti nella parte meridionale dell’isola principale, dove aveva avuto luogo la battaglia durante la Seconda guerra mondiale. Ascoltò le terribili esperienze di guerra dei membri. Addolorato dai loro racconti strazianti, fece il profondo e risoluto voto di battersi insieme ai membri di Okinawa per trasformare quelle isole in luoghi felici e vibranti dove kosen-rufu si sarebbe realizzato.
Alla luce degli insegnamenti del Buddismo, coloro che hanno sofferto maggiormente meritano di godere della più grande felicità.
Come espressione della sua decisione, Shin’ichi scelse Okinawa come luogo in cui dare inizio alla stesura del suo romanzo La rivoluzione umana, il 2 dicembre 1964. Il romanzo si apre con le parole: «Niente è più barbaro della guerra, niente è più crudele».
Il tema di quell’opera comprendeva il principio enunciato dal suo maestro Josei Toda per creare la pace: «La rivoluzione umana di un singolo individuo contribuirà al cambiamento nel destino di una nazione e condurrà infine al cambiamento nel destino di tutta l’umanità». Il centro di formazione della Soka Gakkai di Okinawa fu inaugurato nel 1977. Era stato costruito sul terreno dove un tempo sorgeva una base missilistica americana, i cui “Mace B” erano puntati verso gli obiettivi sensibili in Asia. Shin’ichi aveva deciso di trasformare l’ex base militare in una base di trasmissione del messaggio di pace al mondo.

[85] Il progetto originale del centro di formazione di Okinawa prevedeva lo smantellamento delle piattaforme di lancio dei missili. Quando venne a saperlo, Shin’ichi propose: «Perché invece non le lasciamo sul posto a testimonianza storica dell’ossessione e della follia costituita dalla guerra, e ne facciamo un simbolo di pace mondiale?».
Al tempo della visita di Shin’ichi nel febbraio del 1992, i terreni del centro di formazione erano stati ormai allestiti. Le piattaforme di lancio dei missili erano state trasformate in un monumento per la pace nel mondo, con sei statue di giovani il cui sguardo volgeva verso il futuro; il centro era diventato un luogo in cui le persone si impegnavano a costruire una pace duratura. Più di un centinaio di varietà di piante adornavano i terreni del centro, tra questi il ciliegio, la bougainvillea e l’ibisco. L’ex base missilistica statunitense era rinata e si era trasformata in un luogo in cui si riunivano i membri per ribadire il loro impegno per kosen-rufu e per la pace mondiale.
Nichiren Daishonin scrive: «Non ci sono terre pure o terre impure di per sé: la differenza sta unicamente nella bontà o malvagità della nostra mente» (Il conseguimento della Buddità in questa esistenza, RSND, 1, 4). Il Daishonin ci assicura che un luogo non è essenzialmente differente da un altro; possiamo trasformare il luogo in cui viviamo nel miglior ambiente possibile attraverso la nostra decisione interiore e il modo in cui guardiamo il mondo.
La trasformazione interiore degli esseri umani, che sono gli agenti di ogni cambiamento, è la chiave per realizzare una società pacifica e prospera.
Il Daishonin dedicò tutta la sua esistenza all’obiettivo di adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese. “Adottare l’insegnamento corretto” significa consolidare nel cuore delle persone gli ideali del Buddismo, ovvero il rispetto per la dignità della vita e la compassione, grazie ai nostri sforzi finalizzati a diffondere il più possibile l’insegnamento della Legge mistica. “La pace nel paese” è la realizzazione di una società fiorente in cui regna una pace duratura che deriva proprio dall’adozione dell’insegnamento corretto.
La nostra missione religiosa di praticanti del Buddismo del Daishonin è anche un’azione sociale, quella di “adottare l’insegnamento corretto”, o kosen-rufu, che conduce in modo naturale alle azioni per concretizzare “la pace nel paese”. Senza l’adozione di un insegnamento corretto, non è possibile ottenere una vera pace. E senza contribuire alla pace, i nostri sforzi per adottare l’insegnamento corretto non arriverebbero allo scopo.
Noi membri della Soka Gakkai, orgogliosi della nostra missione e fermamente radicati nella realtà, continuiamo il nostro graduale ma costante progresso per realizzare la visione di pace del Daishonin, raggiungendo una persona dopo l’altra grazie al dialogo. Qui si trova il percorso che porta all’autentica vittoria delle persone comuni.

[86] Durante la riunione generale della SGI asiatica del 27 febbraio 1992 a Okinawa, Shin’ichi Yamamoto si rivolse ai compagni dell’arcipelago e a quelli provenienti da tutta l’Asia, ma anche ai membri di tutto il Giappone che assistevano all’incontro via satellite: «La nostra famiglia Soka avanzerà solidale, basandosi sulla sincerità, sull’eguaglianza e sulla fiducia, trascendendo i confini nazionali e le differenze etniche, libera da ogni tipo di discriminazione. Sono convinto che in nessun’altra parte del mondo esista una famiglia globale così bella e unita da ideali umanistici. Come cittadini globali di prim’ordine, saliamo sul grande palcoscenico del nuovo rinascimento e di una nuova riforma religiosa».
Poi aggiunse con ancora maggiore convinzione: «Anche la strada che stiamo per intraprendere nella prossima era di kosen-rufu è destinata a essere piena di prove e di ostacoli. Non potremo ottenere le nostre vittorie o realizzare risultati eccelsi se non sviluppiamo saggezza e determinazione.
«Il Buddismo è vincere o perdere. Anche la vita è innanzitutto vincere o perdere. Per questo motivo noi della Soka Gakkai dobbiamo vincere. Vincere è l’unico modo per proteggere i membri e difendere la giustizia.
«Desidero che diventiate leader determinati e vittoriosi che proteggono risolutamente i membri, consentendo loro di diventare felici!».
Giurando in cuor loro di realizzare queste parole, gli spettatori tributarono a Shin’ichi un applauso fragoroso.
Dopo aver visitato Okinawa, il presidente Yamamoto si recò nella prefettura di Oita nel Kyushu. Era il primo viaggio che faceva in quella regione da dieci anni a quella parte. Durante la riunione generale di prefettura, diresse il coro dei membri che cantavano una canzone della Soka Gakkai.
I membri di Oita non erano rimasti affatto turbati dal recente incidente con i preti della Nichiren Shoshu (che in seguito divenne noto come la “seconda questione con il clero”). Probabilmente perché, durante la prima questione con il clero, che risaliva alla fine degli anni settanta, avevano già subìto le critiche e gli attacchi insensati dei preti dello Shoshin-kai, un’associazione clericale contraria alla Soka Gakkai; i membri di quella regione si erano alzati risolutamente e con coraggio per proclamare l’integrità dell’organizzazione laica.
Conoscevano fin troppo bene la natura perfida dei preti e i metodi subdoli da loro utilizzati per attaccare la Soka Gakkai. Erano inoltre pienamente consapevoli, grazie alla lettura attenta degli scritti del Daishonin, che questi attacchi manifestavano le azioni del re demone del sesto cielo, ed erano determinati a non lasciarsi sconfiggere.
Aver superato la sfida durante la prima questione con il clero aveva consolidato la loro determinazione a lottare per kosen-rufu insieme alla Soka Gakkai e anche la loro convinzione nella fede ne era risultata rafforzata.
Nichiren Daishonin scrisse: «Anche in quest’epoca, non sono gli alleati, ma i potenti nemici che aiutano una persona a progredire» (Le azioni del devoto del Sutra del Loto, RSND, 1, 685). La Soka Gakkai ha creato una storia e una tradizione gloriose e ottenuto uno sviluppo dinamico attirando difficoltà e opposizioni, combattendole e superandole.

[87] Shin’ichi Yamamoto proseguiva instancabilmente, senza fermarsi un attimo, nel suo viaggio verso kosen-rufu. Ora che la Soka Gakkai era libera dalle catene del dogmatismo e dell’autoritarismo della Nichiren Shoshu, Shin’ichi sentiva l’urgenza di costruire una magnifica e solida base per kosen-rufu nel mondo. “È arrivato il momento” diceva a se stesso. “L’alba piena di speranza di una nuova era è arrivata”.
Per completare le fondamenta necessarie a portare avanti questo obiettivo entro l’anno 2000 o, in altre parole, prima dell’inizio del ventunesimo secolo, aveva deciso di viaggiare in tutto il mondo, per quanto gli era fisicamente possibile. Nel 2001, il primo anno del ventunesimo secolo, avrebbe avuto settantatré anni. Il suo progetto era di completare le fondamenta di kosen-rufu in tutto il mondo prima di compiere ottant’anni. Dai primi di giugno all’inizio di luglio del 1992 intraprese un viaggio all’estero della durata di un mese, visitando la Germania, l’Egitto, la Turchia e altri paesi.
A Francoforte partecipò a una storica conferenza congiunta dei membri della SGI di tredici paesi, tra cui molti dell’Europa centrale e orientale quali la Polonia, la Cecoslovacchia, l’Ungheria, la Bulgaria e la Russia.
Quando parlò ai membri di quei paesi, Shin’ichi disse che Josei Toda, pensando ai popoli dell’Europa orientale e della Russia, era molto addolorato per gli avvenimenti della rivoluzione ungherese del 1956. Era preoccupato per il popolo ungherese e per le terribili sofferenze che aveva dovuto subire
Shin’ichi incoraggiò i presenti, dicendo: «Per trasformare il tragico destino del genere umano, Josei Toda invitò i giovani a fondare le proprie vite su una solida filosofia e a unire il mondo grazie alle azioni basate sui princìpi umanistici. Mi sono sforzato di realizzare tutti i progetti del mio maestro e ora, in Ungheria, paese per cui Toda era tanto preoccupato all’epoca, come nel resto dell’Europa orientale e della Russia, sono emersi tanti meravigliosi Bodhisattva della Terra».
Shin’ichi sapeva che tante persone, in ogni paese che visitava, non stavano aspettando altro che conoscere gli insegnamenti del Buddismo del Daishonin.
Nell’ottobre dello stesso anno Shin’ichi si recò per l’ottava volta in Cina. Durante quella visita l’Accademia cinese delle scienze sociali gli conferì il titolo di professore e dottore ricercatore onorario, un’onorificenza mai concessa prima. In quell’occasione Shin’ichi tenne una lezione dal titolo Il ventunesimo secolo e la civiltà dell’Asia orientale. Si soffermò sull’ethos della simbiosi, o coesistenza armoniosa, che caratterizza la civiltà dell’Asia orientale e sottolineò la necessità di una nuova corrente di pensiero che facilitasse la coesistenza armoniosa tra esseri umani e tra il genere umano e la natura.

[88] Verso la fine di gennaio del 1993, l’anno che la Soka Gakkai aveva designato “Anno del Rinascimento e della vittoria Soka”, Shin’ichi Yamamoto partì per un viaggio oltreoceano della durata di circa due mesi, durante i quali visitò il Nord e il Sud America.
In California, presso il prestigioso Claremont McKenna College tenne una conferenza intitolata Alla ricerca di nuovi princìpi di integrazione. Shin’ichi spiegò che per ripristinare la totalità dell’esperienza umana è fondamentale cercare nuovi princìpi di integrazione per il nostro mondo e che per raggiungere questo obiettivo sono necessari un approccio graduale basato sul dialogo aperto, sulla tolleranza e sulla nonviolenza. Menzionò a questo proposito l’esempio delle condizioni vitali del Bodhisattva e della Buddità illustrati nel Buddismo del Daishonin. Il dottor Linus Pauling, premio Nobel sia per la chimica sia per la pace, intervenne come commentatore dopo la conferenza. Si disse convinto che lo spirito del bodhisattva presentato dal presidente Yamamoto fosse una condizione fondamentale per la felicità del genere umano e affermò che il mondo era fortunato che esistesse un’organizzazione come la Soka Gakkai, che incarnava tale spirito.
Shin’ichi incontrò poi Rosa Parks, nota come la madre del movimento americano per i diritti civili, presso il campus dell’Università Soka a Los Angeles.
Nel 1955 la signora Parks aveva protestato contro la politica discriminatoria che riservava alcuni posti a sedere ai bianchi sugli autobus di Montgomery, in Alabama. La sua azione, che consistette nel rifiutarsi di cedere il suo posto a un bianco, aveva scatenato il famoso boicottaggio degli autobus di Montgomery, che aveva condotto alla fine della segregazione.
Insieme a un gruppo di giovani, Shin’ichi accolse la signora Parks e, in omaggio alla sua disinteressata lotta per i diritti umani, la salutò con le parole: «Benvenuta, “tesoro dell’umanità”, madre del mondo!”». Durante il loro incontro, Shin’ichi e i presenti festeggiarono l’imminente ottantesimo compleanno della signora Parks con un dolce che sua moglie Mineko aveva fatto preparare.
Durante la loro conversazione emerse il comune amore di Shin’ichi e Rosa Parks per il genere umano, e la signora Parks menzionò un libro alla cui pubblicazione stava collaborando e che sarebbe stato intitolato Talking Pictures (“Fotografie che parlano”). Era basato sull’idea di far scegliere a diversi personaggi la fotografia che aveva esercitato sulla loro vita l’impatto più profondo e commentò: «All’inizio avevo pensato di scegliere una foto del periodo del boicottaggio degli autobus ma oggi ho cambiato idea, rendendomi conto che è l’incontro con lei, presidente Yamamoto, l’evento più significativo della mia vita. Vorrei partire insieme a lei nel viaggio per la pace nel mondo. Se lei è d’accordo, in quel libro vorrei pubblicare una fotografia del nostro incontro di oggi».

[89] Shin’ichi Yamamoto si sentì onorato e riconoscente per la richiesta di Rosa Parks.
Qualche tempo dopo, Shin’ichi ricevette una copia del libro appena pubblicato e, fedele a quanto aveva affermato Rosa Parks, conteneva una fotografia di loro due che si stringevano la mano durante il loro incontro a Los Angeles. Nella foto, sul volto della madre del movimento americano per i diritti civili risplendeva un magnifico sorriso.
In una breve nota di accompagnamento la signora Parks spiegava: «Questa foto parla del futuro. Non riesco a pensare a un momento più importante di questo, in tutta la mia vita». Nella nota affermava anche che le persone possono trovare un punto d’incontro nonostante le differenze culturali e che considerava il suo incontro con Shin’ichi un passo avanti verso la pace nel mondo.
Durante quella visita negli Stati Uniti, Shin’ichi visitò il Museo della Tolleranza a Los Angeles, che esponeva una mostra sull’Olocausto, il più tragico sterminio attuato nella storia umana, e su altri casi di oppressione dei diritti umani in tutto il mondo. Dopo aver visitato il museo e aver preso visione delle immagini della crudele persecuzione inflitta al popolo ebraico, Shin’ichi disse ai funzionari del museo: «Queste esposizioni sono profondamente commoventi, ma soprattutto hanno suscitato una grande indignazione nel mio cuore. Non solo, hanno suscitato in me la profonda determinazione che, in futuro, mai più si dovrà ripetere una simile tragedia, in nessun momento e in nessun luogo».
La natura demoniaca che si cela profondamente nell’esistenza umana si manifesta come discriminazione e oppressione di coloro che presentano differenze etniche, ideologiche e religiose, e inquina il cuore degli esseri umani che accettano e avallano tali discriminazioni e oppressioni. La missione dei praticanti del Buddismo del Daishonin è combattere tale natura. Il primo presidente della Soka Gakkai Tsunesaburo Makiguchi morì in prigione per le sue convinzioni dopo essersi opposto al governo militarista giapponese che attuava una politica di controllo del pensiero con l’intento di convogliare tutte le energie della popolazione verso lo sforzo bellico. Il secondo presidente della Soka Gakkai Josei Toda, che fu incarcerato insieme a Makiguchi, dopo la guerra si rialzò e sostenne l’ideale di una cittadinanza globale. Le azioni del maestro e del discepolo erano una battaglia contro ogni forma di intolleranza che genera divisioni tra gli esseri umani.
Kosen-rufu è il processo di costruzione e di espansione di una rete di solidarietà per la difesa dei diritti umani.

[90] Il 6 febbraio Shin’ichi Yamamoto prese un volo da Miami, in Florida, per recarsi in Colombia. Era la sua prima visita in quel paese dell’America Latina, e vi si recava su invito del presidente César Gaviria Trujillo e del ministero della cultura colombiano. Il presidente Gaviria era entrato in carica nell’agosto del 1990 e, a quarantatré anni, era il più giovane presidente di quella nazione; era energicamente impegnato nella lotta al terrorismo e ai cartelli della droga.
Poco prima che Shin’ichi e la sua delegazione partissero da Miami, era esplosa un’autobomba in un trafficato quartiere commerciale della capitale della Colombia, Santafé de Bogotá (ora Bogotá), che aveva ucciso e ferito molte persone. Era l’ultima di una lunga serie di attacchi terroristici a opera dei cartelli della droga ed era stato dichiarato lo stato d’emergenza. Nella repubblica colombiana Shin’ichi aveva in programma di partecipare alla cerimonia di inaugurazione della mostra Tesori eterni del Giappone, che presentava la collezione d’arte giapponese del Museo Fuji. L’evento era stato concepito come uno scambio culturale che seguiva la mostra Gli ori della Colombia: i tesori leggendari dell’El Dorado, allestita al Museo Fuji a Tokyo tre anni prima, nel 1990.
L’ufficio esecutivo del presidente Gaviria inviò un’informativa a Shin’ichi chiedendo se intendesse ancora visitare la Colombia dopo il recente attentato. Shin’ichi rispose senza esitazione: «Per favore, non preoccupatevi per me. Intendo visitare la Colombia come previsto. Mi comporterò come un cittadino della Colombia, i cui abitanti sono tanto coraggiosi». Quella risposta corrispondeva a una promessa fatta da Shin’ichi. Quattro anni prima, nel 1989, aveva ricevuto l’Ordine della Gran Croce al merito della Colombia dall’allora presidente Virgilio Barco Vargas che si trovava in visita in Giappone. In quell’occasione, Shin’ichi aveva detto: «Desidero contribuire al suo paese come un compatriota».
Shin’ichi credeva che, a prescindere dalle circostanze, la fiducia dovesse essere sempre ripagata con la fiducia, perché questa è la strada dell’amicizia e degli esseri umani.
Il 7 febbraio, il giorno successivo al suo arrivo in Colombia, fu istituito un capitolo della SGI. Shin’ichi posò per una fotografia di gruppo con i membri colombiani e li incoraggiò. L’8 febbraio incontrò il presidente Gaviria e la first lady Ana Milena Muñoz presso la residenza presidenziale, nota come Casa de Nariño. Offrì al presidente una lunga poesia da lui composta, che elogiava il coraggio e l’attivismo del giovane leader ed esprimeva le sue speranze che la Colombia potesse godere di un futuro luminoso.

[91] Il presidente Gaviria accolse Shin’ichi Yamamoto con calore e gli consegnò l’Ordine della Gran Croce di San Carlos.
Quel giorno Shin’ichi aveva partecipato anche alla cerimonia di inaugurazione della mostra Tesori eterni del Giappone, durante la quale era stato insignito dell’onorificenza per meriti culturali dal direttore generale dell’Istituto colombiano di cultura, una sezione del ministero della pubblica istruzione.
Il 9 febbraio Shin’ichi volò a Rio de Janeiro, in Brasile.
Un anziano signore aspettava Shin’ichi già da due ore prima del suo arrivo all’aeroporto internazionale di Rio de Janeiro.
Aveva una folta chioma di capelli bianchi e il suo volto era solcato da rughe che raccontavano le coraggiose lotte che aveva combattuto. A causa della sua età avanzata, il suo passo era leggermente instabile, ma aveva un atteggiamento risoluto che gli dava un aspetto leonino e fiero e che sembrava smentire i suoi novantaquattro anni. Era Austregésilo de Athayde, presidente dell’Accademia brasiliana delle lettere, uno dei principali baluardi del pensiero e della cultura in America Latina; era una delle istituzioni che avevano reso possibile la visita di Shin’ichi in Brasile.
Dopo essersi laureato in giurisprudenza a Rio de Janeiro, allora capitale del Brasile, Athayde era diventato giornalista. Negli anni trenta aveva combattuto contro la dittatura, era stato imprigionato e poi costretto a vivere in esilio per tre anni. Dopo la Seconda guerra mondiale, nel 1948, aveva rappresentato il suo paese alla terza riunione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, svolgendo un ruolo importante insieme alla fautrice dei diritti umani Eleanor Roosevelt, al premio Nobel per la pace francese René Cassin e ad altri, nella stesura della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Aveva continuato a lottare contro la discriminazione come giornalista della carta stampata e, anche dopo essere stato nominato direttore dell’Accademia brasiliana delle Lettere, aveva continuato il suo attivismo attraverso la scrittura.
Athayde aveva sentito parlare per la prima volta di Shin’ichi da un amico che viveva in Europa. Dopo aver letto gli scritti di Shin’ichi e parlato con i membri della SGI brasiliana, sviluppò interesse e una forte simpatia per i pensieri e le azioni di Shin’ichi e desiderava incontrarlo di persona.
All’aeroporto, Athayde aspettava con impazienza l’arrivo di Shin’ichi.
Preoccupato per la sua salute, un responsabile della SGI lo pregò di sedersi e di riposare un po’, ma Athayde rispose: «Ho atteso per novantaquattro anni il presidente Yamamoto. E ora, se anche aspetto un’altra ora o due, è cosa da nulla».

[92] Erano le 21 del 9 febbraio quando Shin’ichi Yamamoto atterrò all’aeroporto di Rio de Janeiro. Il presidente dell’Accademia brasiliana delle Lettere, Austregésilo de Athayde, e la delegazione che attendeva con lui salutarono Shin’ichi e il suo gruppo con entusiasmo.
Nato nel 1898, Athayde era quasi coetaneo del maestro di Shin’ichi Josei Toda, il quale era nato nel 1900. Shin’ichi si rese conto che Athayde gli ricordava Toda e gli sembrò quasi che ci fosse il suo maestro ad accoglierlo.
I due si strinsero le braccia a vicenda in un amichevole abbraccio.
«Lei è una delle figure che sono riuscite a dare un’impronta a questo secolo, presidente Yamamoto. La invito a unire le forze per trasformare la storia dell’umanità».
Shin’ichi si sentiva imbarazzato e onorato allo stesso tempo dalle parole di elogio di Athayde. Esse esprimevano il fervido desiderio e la speranza che in futuro i diritti umani di ogni persona fossero protetti.
Gli rispose: «Lei è per me un compagno, un amico. Lei è un tesoro per il mondo».
Le barriere della discriminazione stavano aumentando in tutto il mondo e i diritti umani venivano calpestati e violati dall’autoritarismo, da poteri economici e dalla violenza. Per riuscire a trasformare in realtà lo spirito della Dichiarazione universale dei diritti umani gli esseri umani avevano ancora davanti a sé una strada lunga e irta di difficoltà. Athayde era indubbiamente alla ricerca di persone a cui poter passare il testimone di quella sfida.
Il giorno seguente Shin’ichi partecipò a una riunione di rappresentanti della SGI brasiliana a Rio de Janeiro. L’11 febbraio segnava il novantatreesimo anniversario della nascita di Josei Toda. Riflettendo su quella ricorrenza Shin’ichi citò i consigli del suo mentore su come applicare il Buddismo nella vita quotidiana e nella società: «Toda diceva: “Qualcuno ritiene superficialmente, per il solo fatto di aver ricevuto il Gohonzon, di poter godere di benefici senza doversi preoccupare del modo migliore di gestire i propri affari, o senza dover compiere sforzo alcuno. Non si tratta solo di un grave errore, ma dovrebbe essere considerata addirittura un’offesa alla Legge [perché va contro gli insegnamenti del Buddismo]”.»
Toda voleva sottolineare che nel Buddismo del Daishonin non ci si rivolge a un potere al di sopra di noi, né si dipende da esso. Questa religione ci insegna piuttosto a creare valore attingendo alla nostra innata saggezza e alla nostra forza grazie alla recitazione di Nam-myoho-renge-kyo di fronte al Gohonzon; ci insegna a continuare a sfidarci mentre utilizziamo in modo positivo quella saggezza e quella forza.

[93] Shin’ichi, desiderando con tutto il cuore che i presenti fossero felici, aggiunse: «Commentando le parole del Daishonin, secondo cui “Se si conosce il Sutra del Loto, si può comprendere il significato degli affari di questo mondo” (L’oggetto di culto per l’osservazione della mente, RSND, 1, 336), Toda asserì che era un grave errore interpretare questo passo nel senso che possiamo ottenere benefici senza sforzo alcuno da parte nostra.
«E continuava dicendo: “Le persone che non sono in grado di notare i propri difetti o i punti deboli del proprio lavoro e che non ritengono necessario migliorare dovrebbero farsi un bell’esame di coscienza. È fondamentale continuare a studiare e ricercare per migliorare la propria attività. Il mio desiderio è che voi, miei cari compagni, arriviate a ‘comprendere il significato degli affari di questo mondo’ il più rapidamente possibile affinché il vostro lavoro ne tragga beneficio e voi possiate condurre esistenze stabili”.
«Il desiderio di Toda è anche il mio desiderio. Oggi, i venti della recessione economica soffiano spietatamente in tutto il mondo. Non possiamo limitarci a deplorare la situazione; invece, dobbiamo risvegliare la nostra saggezza e la forza vitale attraverso la pratica buddista e usarle per superare brillantemente le circostanze difficili. Questo è ciò che ci rende in grado di “comprendere il significato degli affari di questo mondo”.
«È un errore pensare superficialmente che le cose si aggiusteranno in qualche modo solo perché abbiamo fede nella Legge mistica. Anzi, è proprio perché pratichiamo il Buddismo di Nichiren Daishonin che dobbiamo recitare seriamente con l’intento di risolvere ogni problema che ci ritroviamo di fronte; dopo di che, dobbiamo agire. Da uno spirito risoluto di questo genere nasce una saggezza ineguagliabile. Fare buon uso di questo incredibile potere della saggezza generata dalla fede è la chiave per vincere sempre». L’11 febbraio, nell’anniversario della nascita di Josei Toda, fu pubblicata sul Seikyo Shimbun l’ultima puntata de La rivoluzione umana, il romanzo in dodici volumi nel quale Shin’ichi raccontava la storia del suo maestro e il suo viaggio verso la realizzazione di kosen-rufu.
Shin’ichi aveva iniziato a scrivere il romanzo a Okinawa il 2 dicembre 1964, e la pubblicazione a puntate sul Seikyo Shimbun era iniziata il primo gennaio 1965. Nel corso degli anni la pubblicazione aveva subìto occasionalmente delle interruzioni a causa dei viaggi all’estero di Shin’ichi o per qualche sua indisposizione fisica, ma era riuscito a completarne la stesura il 24 novembre 1992 e l’ultima puntata, la numero 1509, era andata in stampa l’11 febbraio 1993. In conclusione al romanzo Shin’ichi aveva scritto: “Dedicato al mio maestro, Josei Toda”.
La rivoluzione umana rappresentava il voto di kosen-rufu del discepolo, Shin’ichi Yamamoto, ed era al tempo stesso l’espressione della sua gratitudine nei confronti del maestro.

[94] Sempre l’11 febbraio, Shin’ichi partecipò a una cerimonia in cui gli fu conferito un dottorato onorario da parte dell’Università federale di Rio de Janeiro.
Nel discorso di accettazione, menzionò il fatto che quel giorno cadeva l’anniversario della nascita di Josei Toda e parlò della filosofia del suo mentore: «Il mio maestro mi ha insegnato che tutte le persone, senza alcuna discriminazione, possono rivelare il tesoro più prezioso, insito nella loro vita. Mi ha indicato la via maestra della pace, realizzabile attraverso l’impegno costante nel dialogo sincero e l’espansione della rete di solidarietà tra le persone. Ho ereditato la sua visione della natura umana in base alla quale, quando ci impegniamo in azioni compassionevoli per la felicità degli altri, dal nostro essere scaturisce una saggezza senza limiti.
«Poco dopo la Seconda guerra mondiale, il mio maestro esortò i giovani ad adottare l’ideale di una cittadinanza globale. A quel tempo non venne riconosciuto il valore della sua visione, ma oggi il mondo, tormentato dall’intensificarsi dei conflitti etnici, sta iniziando ad aspirare a quella stessa strada per giungere a una coesistenza pacifica».
Shin’ichi desiderava far conoscere la grandezza di Josei Toda al mondo e dedicare quel dottorato onorario appena ricevuto al suo maestro, che lo aveva incoraggiato e istruito.
Il giorno dopo Shin’ichi visitò l’Accademia brasiliana delle Lettere a Rio de Janeiro, dove si intrattenne con il suo presidente, Austregésilo de Athayde. In quell’occasione i due uomini presero la risoluzione di dar seguito all’idea, di cui avevano già discusso in precedenza, di pubblicare una serie di dialoghi intitolata Diritti umani nel ventunesimo secolo. Stabilirono che, per dare inizio al progetto, Shin’ichi avrebbe preparato diverse domande da inviare al presidente Athayde.
«Sono felice» affermò Athayde, «di intraprendere un dialogo con lei, presidente Yamamoto, che comprende così profondamente la questione dei diritti umani. È vero che è stata pubblicata la Dichiarazione universale dei diritti umani, ma è lei che ne mette in pratica e ne diffonde lo spirito nel modo più chiaro ed esemplare. I suoi meriti sono persino superiori a quelli dei redattori della Dichiarazione, perché le cose più importanti sono l’azione e una sana filosofia. Portiamo a compimento il nostro dialogo!».
Shin’ichi rinnovò la sua determinazione, deciso a non deludere le grandi aspettative di Athayde.

[95] Parlando a voce bassa, ma con un tono che trasmetteva grande passione, il presidente Athayde disse a Shin’ichi: «Tra non molto compirò cent’anni, e in tutta la mia vita non ho mai desiderato incontrare qualcuno quanto di conoscere lei. Lei ha una grande missione. È una persona ricca di intuizione e di umanità, un leader spirituale.
«Ogni aspetto della sua vita ha un profondo significato. Lei sta cambiando il destino del mondo, che sta gradualmente ma significativamente migliorando grazie alle sue azioni. Lei sta trasformando la storia del genere umano.
«Sono profondamente colpito dal modo in cui è stato in grado di realizzare concretamente i suoi ideali attraverso le azioni.»
Shin’ichi percepì che le grandi aspettative del presidente Athayde nei suoi confronti erano un’espressione del suo ardente desiderio di vedere lo spirito della Dichiarazione universale dei diritti umani diventare realtà.
Guardando Shin’ichi con uno sguardo penetrante, il presidente Athayde aggiunse: «Presto inizierà il nuovo secolo. Ritengo che l’alba di una nuova era per il Brasile, per il Giappone e per il mondo intero sia alle porte».
«È proprio così», rispose Shin’ichi. «Lei ha lottato per costruire questa nuova epoca. Io ho fatto altrettanto. Il nostro obiettivo comune è aprire le porte a una nuova era in cui tutto il genere umano possa vivere felice».
Il presidente Athayde sorrise alle parole di Shin’ichi e aggiunse con vigore: «Il termine latino per “parola” è verbum, che significa anche “dio”. Continuiamo la nostra lotta utilizzando come arma suprema le parole più nobili!».
I loro spiriti risuonavano all’unisono, con forza e intensità.
Dopo l’incontro con il presidente Athayde, Shin’ichi prese parte alla cerimonia di conferimento dello status di membro onorario dell’Accademia brasiliana delle Lettere.
L’accademia era stata fondata nel 1897 dopo il passaggio dalla monarchia costituzionale alla repubblica, con il proposito di farne un faro di conoscenza e saggezza che avrebbe illuminato il Brasile. Era composta da quaranta membri brasiliani e da venti membri stranieri onorari, tutti nominati a vita.

[96] Tra i membri stranieri nominati dall’Accademia brasiliana delle Lettere, “custodi della cultura e della letteratura”, erano annoverati giganti della letteratura e intellettuali come lo scrittore russo Lev Tolstoj, lo scrittore francese Émile Zola e il sociologo britannico Herbert Spencer.
Shin’ichi Yamamoto era il primo giapponese e il primo asiatico a essere nominato membro straniero onorario.
Alla cerimonia di conferimento erano presenti personaggi di rilievo dei circoli culturali e letterari del Brasile, oltre al ministro della cultura Antonio Houaiss, in rappresentanza del presidente della repubblica. Lo stesso presidente del Brasile Itamar Franco inviò un messaggio di congratulazioni.
Durante la cerimonia, a Shin’ichi venne consegnata anche la medaglia Machado de Assis, onorificenza che prendeva il nome dal primo presidente dell’Accademia brasiliana delle Lettere e che rappresentava il massimo riconoscimento dell’Accademia, riservata a “protagonisti della cultura che si sono contraddistinti per i loro meriti a livello mondiale”.
In quell’occasione Shin’ichi tenne una lezione dal titolo Un’alba di speranza per la civiltà dell’umanesimo in cui osservava che i progressi scientifici e tecnologici continuavano ad accelerare il ritmo della globalizzazione, creando il bisogno di una religiosità che coltivasse ed elevasse lo spirito degli esseri umani, fornendo al contempo le basi per costruire un nuovo, armonioso ordine universale. Secondo lui, quel tipo di religiosità avrebbe costituito la spina dorsale della civiltà globale nel ventunesimo secolo.
I giornalisti dei maggiori quotidiani brasiliani accorsero all’evento, riportando poi con grande risalto la nomina di Shin’ichi a membro straniero onorario e il testo della sua lezione.
Shin’ichi considerava tutti gli onori che gli erano stati riservati in Brasile, a partire da quella dell’Accademia brasiliana delle Lettere, una luminosa testimonianza della vittoria dei membri della SGI brasiliana, che stavano contribuendo in modo positivo alla loro società e lavoravano con successo per diffondere la comprensione del movimento della Soka Gakkai tra i loro concittadini.
In passato, per via delle incomprensioni e dei pregiudizi nei confronti della Soka Gakkai, a Shin’ichi era stato negato il visto per entrare nel paese, mentre ora aveva ricevuto i più alti tributi ed espressioni di fiducia da parte della principale istituzione culturale dell’America Latina, finendo per venirne nominato membro onorario.
I nostri sforzi quotidiani, per quanto poco evidenti, possono trasformare la società.
Shin’ichi avrebbe voluto congratularsi con ogni singolo membro brasiliano, e in cuor suo gridava: “Viva il Brasile!”.

[97] Il 14 febbraio Shin’ichi Yamamoto lasciò Rio de Janeiro per recarsi, per la prima volta, in Argentina.
Poco tempo dopo il loro incontro, il presidente dell’Accademia brasiliana delle Lettere Athayde si ammalò. Ciò nonostante il suo entusiasmo per il dialogo intrapreso con Shin’ichi non si smorzò. Appena si riprese, a metà giugno, registrò a voce su un nastro le risposte alle domande e alle riflessioni che Shin’ichi gli aveva inviato. Conducendo una strenua battaglia contro il tempo limitato che gli restava da vivere, raccolse le forze per comunicare ciò che desiderava. Dedicò la sua esistenza, fino all’ultimo giorno, alla difesa dei diritti umani per la nuova epoca che stava per giungere.
Il dialogo tra Shin’ichi e il presidente Athayde proseguì per corrispondenza, incentrato sui temi che avevano concordato durante il loro incontro a Rio de Janeiro. Athayde dettò la sua ultima risposta verso la metà di agosto. Pochi giorni dopo fu ricoverato in ospedale e, il 13 settembre 1993, poco prima del suo novantacinquesimo compleanno, la straordinaria esistenza di questo gigante dei diritti umani si concluse.
Dopo la pubblicazione a puntate su Ushio, una delle riviste della Soka Gakkai, la raccolta dei dialoghi tra Shin’ichi e Athaide fu pubblicata in giapponese anche sotto forma di volume, che uscì l’11 febbraio 1995 con il titolo di Nijuisseiki no Jinken o Kataru (“I diritti umani nel ventunesimo secolo”).
Il 15 febbraio, il giorno dopo il suo arrivo a Buenos Aires, Shin’ichi incontrò in albergo Alberto Kohan, ex segretario generale della presidenza della Repubblica argentina, e partecipò poi alla riunione dei rappresentanti della SGI argentina che si svolgeva in città.
Tra i partecipanti vi erano giovani uomini e donne abbronzati che stavano preparando l’undicesimo Festival culturale mondiale dei giovani per la pace, che si sarebbe tenuto il 18 febbraio.
Anche in Argentina il Gruppo giovani era cresciuta magnificamente, superando ogni ostacolo sulla strada di kosen-rufu.
La sera del 15 febbraio in Argentina corrispondeva in Giappone alla mattina del 16 febbraio, anniversario della nascita di Nichiren Daishonin. Shin’ichi parlò con convinzione ai membri riuniti: «Quando il sole sorge nel cielo d’oriente, la sua immensa luce illumina il mondo intero. Allo stesso modo il Buddismo del sole, che è nato in Giappone, illuminerà la vita di tutte le persone sul nostro pianeta con la grande e compassionevole luce della Legge mistica. Il valore delle vostre attività in Argentina dimostrano la dimensione globale e l’universalità del Buddismo di Nichiren Daishonin».

[98] La voce di Shin’ichi Yamamoto risuonava energica: «L’Argentina e il Giappone si trovano agli antipodi sul globo terrestre e sono separati da una vasta distanza, ma oggi stiamo celebrando insieme, qui in Argentina, il giorno della nascita di Nichiren Daishonin. Sono sicuro che il Daishonin ne sarebbe molto felice. Un proverbio argentino dice che il sole splende per tutti. Parimenti, il Buddismo del sole del Daishonin è il Buddismo dell’eguaglianza. Il Daishonin ha esposto il suo insegnamento per tutti gli esseri umani, per tutte le persone dei diecimila anni e più dell’Ultimo giorno della Legge. È un insegnamento privo di intolleranza e discriminazioni, che non fa distinzioni tra credenti o non credenti. Spero che, con un cuore grande e uno spirito radioso come il sole, diffonderete la luce della speranza in tutta l’Argentina, per tutte le persone».
Shin’ichi incoraggiò i membri con lo spirito espresso dal Gosho L’eredità della Legge fondamentale della vita: «Adesso è l’ultimo momento della sua vita» (RSND, 1, 189).
Ricordò ai partecipanti le parole del famoso poeta argentino Almafuerte: «A volte un grande destino è sopito dentro una persona ed è la sofferenza a risvegliarlo».
«Il Buddismo insegna che la sofferenza è il trampolino di lancio verso l’Illuminazione. Non esistono persone, non esistono famiglie e nemmeno comunità senza problemi e preoccupazioni. La vita è una lotta costante contro i problemi. Ciò che conta è il modo in cui affrontiamo le sofferenze che si abbattono su di noi. Dobbiamo risvegliare tutta la nostra saggezza e sforzarci ripetutamente per risolvere i problemi e ottenere la vittoria che ci attende una volta che li abbiamo superati. Sognare una vita senza problemi significa cercare di fuggire dalla realtà e condurrebbe solo alla sconfitta nella vita. Chi si sforza costantemente con spirito positivo, pensando a come superare ogni problema e a come trasformarlo in una fonte di valore e di vittoria, è un vero vincitore nella vita.
La forza della vostra decisione determina la vostra vita. Spero che siate tutti protagonisti della rappresentazione vittoriosa della vostra esistenza, che diate prova di questa verità e che siate persone che incoraggiano e infondono fiducia a tutti coloro che vi circondano».
Shin’ichi desiderava che tutti i compagni argentini, nessuno escluso, diventasse un indomito vincitore nella vita.

[99] A mezzogiorno del 16 febbraio Shin’ichi incontrò il presidente argentino Carlos Menem nel palazzo presidenziale di Buenos Aires.
Durante la loro conversazione, Shin’ichi sottolineò l’importanza di fare del ventunesimo secolo un’epoca di coesistenza pacifica tra gli esseri umani e di fioritura di una cultura globale. Espresse grandi aspettative nei confronti dell’Argentina, paese multiculturale e multietnico, il cui spirito vivace e cosmopolita poteva contribuire enormemente alla realizzazione di questi obiettivi.
Il viaggio di Shin’ichi in America Latina fu caratterizzato da una serie ininterrotta di eventi ufficiali e di incontri con i politici e i leader di ogni paese del suo itinerario. Ad assisterlo come interpreti e traduttrici furono delle giovani donne, figlie di immigrati giapponesi cresciute in Argentina. Avevano appreso lo spirito della fede grazie all’impegno nelle bande musicali e nelle altre attività della Soka Gakkai, acquisendo un profondo desiderio di dedicare la vita a kosen-rufu per recare felicità alle persone. Dopo aver studiato nelle università nazionali argentine e in quelle giapponesi grazie alle borse di studio del governo giapponese per studenti stranieri, si erano impegnate ad affinare le loro abilità nella lingua giapponese, diventando interpreti ufficiali della SGI.
Il seme del voto piantato in una giovane vita si trasforma con il tempo nell’imponente albero della propria missione, che cresce fino a toccare il cielo.
La sera del 16 febbraio Shin’ichi si recò in visita al Senato e alla Camera dei Deputati, i due rami del parlamento argentino.
Il Congresso nazionale, sede di entrambe le camere, era un solenne edificio in stile greco-romano, completato nel 1906. Era stato chiuso durante la dittatura militare che aveva sospeso la legislatura; al termine della dittatura nel 1983, aveva ripreso la sua funzione ed era diventato il simbolo dell’alba della democrazia in Argentina.
A Shin’ichi furono consegnati due premi, uno dal Senato che elogiava i suoi “instancabili sforzi per la pace”, l’altro dalla Camera dei Deputati che ne onorava la “lotta per la pace fra i popoli della Terra”.
Anche dalla parte opposta del mondo rispetto al Giappone le persone ascoltavano le parole di Shin’ichi e ne osservavano le azioni, e anche questo era dovuto al costante impegno dei membri locali che si dedicavano a dialogare sinceramente, creando fiducia e comprensione intorno alla Soka Gakkai.
Shin’ichi era profondamente riconoscente e desiderava condividere con loro le onorificenze che aveva ricevuto.

[100] Conversando con Shin’ichi, il presidente del Senato argentino gli disse che la legislatura aveva appena approvatoun disegno di legge basato in parte su una delle Proposte di pace di Shin’ichi.
La nuova legge istituiva il “Giorno della pace” e prevedeva l’inserimento di studi sulla pace nelle scuole elementari, medie e superiori, con la creazione di vari eventi sul tema.
Tra i motivi che avevano portato alla promulgazione della nuova legge, si leggeva che: «Un noto pensatore giapponese riassume con le seguenti parole le sfide della nostra epoca»; il testo citava poi una parte della Proposta di pace del gennaio 1983, menzionando Shin’ichi per nome: «Il ventunesimo secolo è subito qui, davanti a noi. Non dovrà mai e poi mai accadere che l’avvenire delle giovani generazioni che svolgeranno un importante ruolo su questo luminoso palcoscenico venga ridotto in cenere dalla guerra. La creazione di un’epoca che veda il popolo come autentico protagonista dipenderà esclusivamente dai cittadini. Oggi più che mai si richiede una saggia decisione rispetto alla strada da intraprendere».
La nuova legge entrò in vigore nell’agosto del 1985.
Il presidente del Senato spiegò a Shin’ichi: pace non è semplicemente assenza di guerra sia un invito a costruire un mondo in cui alle persone venga offerto il rispetto che meritano come esseri umani e in cui possano vivere con dignità. Fortunatamente la Guerra Fredda è finita, ma guerre e conflitti continuano a devastare molte parti del mondo. Ritengo che nelle sue azioni e nelle attività della SGI possiamo trovare i princìpi guida e i valori di cui abbiamo bisogno per risolvere questi conflitti».
La SGI suscitava enormi aspettative in tutto il mondo. Gli accompagnatori giapponesi di Shin’ichi si resero conto che il movimento per la pace basato sulla filosofia buddista della sacralità della vita del Daishonin rispondeva pienamente alle esigenze dell’epoca attuale.
Nel corso di una cerimonia che si svolse il giorno seguente, il 17 febbraio, Shin’ichi ricevette una laurea honoris causa e fu insignito di una cattedra onoraria in giurisprudenza presso l’Università nazionale di Lomas de Zamora.
In quell’occasione fu annunciato che l’assemblea legislativa della provincia di Buenos Aires aveva deliberato l’ufficialità della visita di Shin’ichi in Argentina, e dieci comuni della provincia donarono a Shin’ichi le targhe commemorative o le chiavi delle loro città.

[101] La sera del 18 febbraio, in un’atmosfera allegra e piena di entusiasmo, millecinquecento membri del Gruppo giovani presero parte all’undicesimo Festival mondiale dei giovani per la pace, che si svolse presso il Teatro Coliseo di Buenos Aires.
Il segretario generale delle Nazioni Unite Boutros Boutros-Ghali inviò un messaggio di congratulazioni per il festival, che godeva del patrocinio dalla città ed era intitolato Melodie di speranza nella terra dell’armonia etnica. Vi parteciparono molti personaggi di spicco della società argentina, tra cui l’ex presidente Arturo Frondizi, il sindaco di Buenos Aires e i rettori delle università nazionali di Córdoba, di Lomas de Zamora e di La Matanza. Erano presenti inoltre i rappresentanti delle organizzazioni della SGI di dieci nazioni del Centro e del Sud America.
Visibilmente commosso dall’evento, uno degli ospiti commentò: «La popolazione argentina è in gran parte composta da seconde e terze generazioni di emigrati da varie nazioni europee. Ciò è stato talvolta causa di tensioni. Molti sentono un forte legame con il loro paese d’origine, mentre la coscienza nazionale tra gli argentini è piuttosto debole. Il tema di questo evento, la “terra dell’armonia etnica” esprime davvero la nostra aspirazione».
L’ospite aggiunse di essersi commosso e di aver tratto ispirazione dall’assistere a un simile esempio di armonia.
Un altro, commentando che era proprio ciò di cui il mondo di oggi aveva bisogno, riconobbe l’attenzione che la SGI prestava alla crescita di cittadini del mondo.
Il palcoscenico del teatro era stato allestito in modo da rappresentare un aeroplano, ed esprimeva l’idea che l’Argentina sarebbe decollata per librarsi nei cieli della pace, per il mondo e per tutto il genere umano.
Il festival si aprì con una sfilata di bandiere seguita dalle esibizioni delle bande musicali, del coro e da energiche rappresentazioni danzanti eseguite da giovani uomini e donne proiettati verso il futuro. Sei artisti del Teatro Colón, uno dei più grandi e prestigiosi del mondo, interpretarono un bellissimo ed entusiasmante balletto. Il momento culminante del festival era costituito dalla performance dei grandi maestri del tango argentino Osvaldo Pugliese e Mariano Mores.
I partecipanti seguivano lo spettacolo ammaliati, incapaci di credere alla fortuna di assistere a quello che poteva sicuramente essere definito l’evento musicale del secolo. I due maestri componevano un irripetibile duo da sogno. L’evento era tanto più speciale perché Pugliese si era ritirato dalle scene nel novembre del 1989 e, dopo settant’anni dedicati al tango come pianista e compositore, aveva già annunciato che non sarebbe più tornato sul palco.
Shin’ichi era profondamente grato per il gesto generoso di quei due famosi artisti.

[102] Il 15 febbraio, tre giorni prima dell’undicesimo Festival mondiale dei giovani per la pace, Mariano Mores aveva visitato il Teatro Coliseo dove si sarebbe tenuto il festival, e aveva detto ai membri della SGI argentina che si stavano preparando per l’evento: «Il 18, la data del festival, è il mio compleanno, ma non ho intenzione di organizzare una festa. Mi esibirò invece per il presidente Yamamoto e per tutti voi».
Quando Mores era venuto a sapere del festival, aveva approvato l’idea e aveva espresso il desiderio di dare una mano in ogni modo possibile, promettendo di esibirsi durante l’evento.
Shin’ichi aveva incontrato per la prima volta Mariano Mores e sua moglie Myrna nell’aprile del 1988, quando l’artista argentino si trovava in Giappone per una tournée di concerti sponsorizzata dall’Associazione concertistica Min-On, affiliata alla Soka Gakkai. In quell’occasione, Mores disse che avrebbe composto un brano musicale per Shin’ichi. Shin’ichi rispose allora che avrebbe piantato un albero di ciliegio in un luogo con una bella vista sul Monte Fuji in onore del figlio della coppia, Nito, che era morto quattro anni prima.
Qualche tempo dopo, Mores fece omaggio a Shin’ichi della sua nuova composizione dal titolo Ahora (“Ora”).
Osvaldo Pugliese si era invece recato in Giappone nel 1989 durante la sua tournée di addio alle scene, anch’essa promossa dall’Associazione concertistica Min-On. Fu in quell’occasione che Shin’ichi lo incontrò per la prima volta, insieme a sua moglie Lidia. Quando si incontrarono, Pugliese disse che desiderava comporre un tango per Shin’ichi. Adempiendo alla sua promessa, quando completò l’opera la nominò Luminosa Tokyo e la presentò a Shin’ichi, su suggerimento del quale aggiunse poi il sottotitolo Ode all’amicizia.
Il 16 febbraio, il giorno dopo la visita di Mariano Mores al teatro Coliseo, arrivò al teatro per le prove anche Osvaldo Pugliese con la sua orchestra. Fece portare tutti i suoi strumenti, compreso il suo amato pianoforte a coda. Il grande maestro, che aveva ottantasette anni, si mise poi a spingere il piano, per metterlo in posizione, da solo. I membri della SGI argentina non riuscirono a nascondere il loro stupore nel vedere il più grande artista di tango dell’America Latina venire a una prova insieme a loro, e spingere addirittura personalmente il suo pianoforte.
Entrambi i musicisti volevano ricambiare personalmente l’amicizia dimostrata da Shin’ichi. Non solo aderirono a un festival di giovani che aspiravano alla pace, ma offrirono senza riserve il loro sostegno e la loro collaborazione
Espandere la cerchia delle amicizie unisce le persone. “Pace” è un altro modo di dire “amicizia”.

[103] Con la loro esibizione congiunta, i due giganti del tango argentino entusiasmarono il pubblico del Festival mondiale dei giovani per la pace.
Profondamente commosso a ogni singola esibizione, Shin’ichi Yamamoto applaudiva con entusiasmo per incoraggiare tutti gli artisti. Per commemorare l’evento compose una poesia:

Al suono di questa festa della cultura il cielo e la terra gioiscono;
le divinità celesti dell’Argentina danzano di gioia.

Il pomeriggio del giorno successivo, il 19 febbraio, si tenne la prima riunione generale della SGI argentina, nella periferia di Buenos Aires.
Vi parteciparono duemilacinquecento membri provenienti da tutta l’Argentina, oltre ad altri compagni di fede giunti da tre paesi dell’America Latina e dalla Spagna.
Durante l’incontro, Shin’ichi fu insignito di un dottorato onorario dalla più antica università argentina, l’Università nazionale di Córdoba. Tra le motivazioni dell’onorificenza, il rettore Francisco Delich menzionò gli sforzi di Shin’ichi per stabilire e diffondere un “nuovo umanesimo” e l’aver dimostrato che è possibile per i paesi dell’Asia e dell’Occidente collaborare in armonia. Il rettore disse: «Abbiamo imparato che il genere umano può superare i conflitti derivanti dalle differenze culturali e religiose e che possiamo creare amicizie che trascendono le barriere della geografia, della distanza e del tempo. Questo grande messaggio universale di pace e di amicizia trascende i confini nazionali, così come quelli nelle nostre menti creati dall’ignoranza, e unisce tutta l’umanità come una cosa sola».
Anche alla riunione generale furono rappresentati diversi spettacoli del folklore argentino per dare il benvenuto a Shin’ichi. Accompagnate dal suono delle chitarre e dei piedi che battevano con vigore a terra, le canzoni e le danze popolari crearono un’atmosfera esuberante. I membri esprimevano così la loro gioia nel poter finalmente realizzare quell’incontro tanto atteso con Shin’ichi, ventinove anni dopo la fondazione del primo capitolo nel paese.
Prima e dopo l’incontro, Shin’ichi continuò a incoraggiare i membri dei vari staff facendosi ritrarre nelle foto commemorative insieme a loro. I giovani e i ragazzi del Gruppo futuro presenti a quell’incontro sarebbero diventati i leader del loro paese nel ventunesimo secolo. L’incoraggiamento è la forza trainante della crescita e dello sviluppo.

[104] Il viaggio per la pace di Shin’ichi Yamamoto continuava.
Il 20 febbraio 1993 Shin’ichi lasciò l’Argentina per recarsi in Paraguay, la tappa seguente del suo viaggio per aprire nuovi orizzonti di kosen-rufu. Era la sua prima visita nel paese sudamericano, una bellissima terra ricca di foreste e acque, dove l’immenso fiume Paraguay e molti altri nutrivano i campi e la popolazione.
Il sindaco di Asunción, la capitale del Paraguay, accolse Shin’ichi all’aeroporto, consegnandogli una targa di benvenuto con l’emblema della città.
Il 21 febbraio Shin’ichi partecipò alla prima riunione generale della SGI del Paraguay insieme a settecento membri che si erano riuniti presso il Centro culturale della SGI del Paraguay; quella sera era prevista anche la Serata dell’amicizia che commemorava il trentaduesimo anniversario del movimento di kosen-rufu in Paraguay. Anche qui, Shin’ichi iniziò incoraggiando per primi i bambini.
«Sono così felice di potervi incontrare», disse loro. «Mi piacerebbe che veniste in Giappone, quando sarete più grandi. Io vi aspetterò!».
Durante la riunione generale, Shin’ichi menzionò per nome i pionieri del Buddismo in quel paese e ne lodò gli sforzi, poi nominò il settore Amambay e tutti i capitoli del paese: Santa Rosa, Encarnación, Yguazú e Asunción, ringraziando i membri per i loro sforzi.
Il movimento di kosen-rufu in Paraguay era iniziato con alcuni migranti giapponesi che avevano affrontato difficoltà inimmaginabili nel loro nuovo paese.
Sebbene i membri della SGI paraguanense fossero ancora pochi, tutti loro, a cominciare da quei primi immigrati dal Giappone, avevano compiuto sforzi continui nel corso degli anni per creare profondi legami di fiducia con le persone con cui venivano in contatto nella società.
Nel 1990 ad Asunción era stata organizzata in stretta collaborazione dalla SGI e dal ministero dell’istruzione e della cultura del Paraguay la mostra I disegni dei bambini del mondo, visitata anche dal presidente del Paraguay Andrés Rodríguez. In occasione della visita di Shin’ichi nel paese, e per tutta la durata del suo soggiorno, gli uffici postali del Paraguay timbrarono ogni spedizione con un timbro speciale dedicato alla SGI. Il provvedimento che annunciava tale risoluzione spiegava che la SGI era un’organizzazione nata per creare valore, una ONG riconosciuta dalle Nazioni Unite le cui attività si concentravano sugli obiettivi fondamentali della promozione della pace mondiale, della comprensione tra i popoli e del rispetto della cultura. La nota ufficiale affermava inoltre che la visita del presidente della SGI sarebbe stata accolta con «espressioni di stima e di amicizia da parte del governo nazionale e delle relative istituzioni».
Un riconoscimento di tal genere tributato alla SGI era il risultato dei costanti contributi positivi dei suoi membri alla società.

[105] Nel corso di quella prima riunione generale della SGI del Paraguay, Shin’ichi Yamamoto dichiarò: «Le funzioni protettive dell’universo sostengono sempre le persone coraggiose».
Sottolineando l’importanza di alzarsi da soli, continuò: «Non è una questione di forza numerica. È sufficiente che una sola persona si alzi da sola per portare felicità a tutti coloro che la circondano e per trasformare positivamente il suo ambiente. Il punto importante consiste nel recitare Daimoku e portare avanti i propri scopi nella vita reale con decisione».
Grazie al sole della fede che irradia la loro vita, i membri della SGI continuano a trasmettere alle persone intorno a loro e alle loro comunità la grande luce della speranza e della rivitalizzazione e a costruire una rete di armonia umana basata sull’amicizia e sull’incoraggiamento. In ciò risiede il cammino certo verso kosen-rufu e il senso delle azioni dei pionieri della SGI. Con l’augurio che rimanessero saldi nel loro impegno di praticare il Buddismo, senza mai lasciar estinguere la fiamma della loro fede, Shin’ichi esortò i compagni di fede: «Non lasciatevi influenzare dagli alti e bassi della vita. Coltivate una visione a lungo termine della vostra vita e continuate ad avanzare con calma.
«Per quanto riguarda i vostri figli, l’importante per ora è che si concentrino negli studi. Fare dei loro studi scolastici la massima priorità, mentre apprendono correttamente le basi della fede, è il loro modo di mettere in pratica il Buddismo.
«Anche se è importante trasmettere la nostra fede alla prossima generazione, ricordate che essa deve essere una scelta spontanea e che i giovani devono poter scegliere da sé la religione che vogliono seguire. In quanto adulti, voi state dimostrando, tramite il vostro esempio, che recitando sinceramente Nam myoho renge kyo si può superare qualsiasi problema. Non siate eccessivamente ansiosi o preoccupati, e lasciateli crescere liberamente, al loro ritmo». La gioia dei membri esplose durante la Serata dell’amicizia. Le allegre voci di un coro femminile e di uno di bambini riempirono il luogo del ritrovo e venne eseguita la tradizionale dansa de la botella (“danza della bottiglia”) al ritmo di una musica vivace.
Il chitarrista classico di fama internazionale Cayo Sila Godoy, simpatizzante della SGI, eseguì un pezzo che aveva composto appositamente per l’occasione, intitolato Fantasía Japonesa (“Fantasia giapponese”).
I giovani delle bande musicali eseguirono con orgoglio la Canzone dell’hombu Paraguay, che era stata cantata fin da quando il movimento muoveva i primi passi nel paese. Per molti compagni di fede era una canzone legata a ricordi indimenticabili.

[106] Nel 1974 Shin’ichi Yamamoto aveva programmato di visitare il Brasile, ma a causa di malintesi e pregiudizi nei confronti della Soka Gakkai non gli era stato concesso il visto, e alla fine aveva dovuto cancellare il viaggio.
I membri delle bande musicali della SGI del Paraguay che speravano di esibirsi per Shin’ichi e trasmettergli lo spirito dei membri di quel paese, a quel punto erano già in viaggio per il Brasile. Anche a loro purtroppo fu negato l’ingresso nel paese, ma poterono perlomeno viaggiare in autobus fino alle Cascate dell’Iguazú, una famosa destinazione turistica al confine con il Brasile.
«Forza, suoniamo qui!» si dissero. «I nostri cuori raggiungeranno Sensei!».
Suonarono con tutte le loro forze, quasi volessero competere con il fragoroso boato delle cascate.
Dieci anni dopo, nel 1984, Shin’ichi poté finalmente tornare in Brasile dopo un’assenza di diciotto anni. I compagni di fede del Paraguay si rimisero in viaggio per l’occasione, con il cuore danzante di gioia e con entusiasmo cantarono per Shin’ichi la Canzone dell’hombu Paraguay:

Al suono del vento marciamo sulla terra rossa, al fruscio delle chiome degli alberi attraversiamo la foresta,
con i volti madidi di sudore, gli amici si sono uniti a noi
per aprire la strada a una nuova comunità.

Al termine della loro esibizione, Shin’ichi disse: «Che canzone meravigliosa! Riesco a percepire tutta la vostra determinazione. Sicuramente verrò a trovarvi in Paraguay in futuro». Da allora erano trascorsi nove anni e quel giorno tanto atteso era arrivato.
Alla Serata dell’amicizia Shin’ichi applaudì con tutto il cuore le esibizioni delle bande musicali e disse: «Vi ringrazio davvero! I nostri cuori battevano all’unisono.
«Spero che voi giovani portiate avanti nel ventunesimo secolo l’eredità dei pionieri e vi libriate liberamente nei cieli della vostra missione. Vorrei che non vi limitaste a seguirmi, desidero che mi superiate. Quando ciò avverrà, la corrente di kosen-rufu diventerà un fiume che scorre possente e che darà nutrimento al mondo intero».
Il 22 febbraio Shin’ichi si recò in visita al palazzo presidenziale e quando incontrò il presidente del Paraguay Andrés Rodríguez gli fece dono di una lunga poesia intitolata Il corso del grande fiume delle persone comuni.

[107] Dopo l’incontro con il presidente Rodríguez, Shin’ichi visitò il ministero degli affari esteri del Paraguay per presenziare alla cerimonia di conferimento della Gran Croce dell’Ordine al merito nazionale. Il ministro degli esteri menzionò le attività di Shin’ichi per la pace, dicendo: «L’intensa attività del presidente Shin’ichi Yamamoto per la pace, basata sulla convinzione che solo attraverso un dialogo sincero possiamo eliminare le discriminazioni, realizzare una pace duratura e la comprensione reciproca su scala globale, è un modello per tutta l’umanità».
Più tardi quello stesso giorno, Shin’ichi partecipò a una cerimonia all’Università nazionale di Asunción, in cui ricevette un dottorato onorario dalla facoltà di Filosofia.
Il giorno seguente, il 23 febbraio, Shin’ichi partì per la sua destinazione seguente, il Cile.
Accomiatandosi, Shin’ichi donò ai membri del Paraguay una poesia:

Quel vostro cielo
e quei fiumi possenti che irrorano la vostra terra sono le immagini di una terra del Budda.
Miei cari compagni,
non mi dimenticherò mai di voi, Bodhisattva della Terra.

Dall’aereo su cui si era imbarcato Shin’ichi vide scorrere sotto di sé le Ande, con le cime innevate che brillavano nella luce dorata del tramonto. Il Cile era il cinquantesimo paese in cui Shin’ichi si recava. Ognuna delle sue visite nei paesi di tutto il mondo era stata una lotta a tutto campo per kosen-rufu, un viaggio in cui aveva riversato tutto se stesso per aprire nuove pagine di storia. Il giorno di Capodanno del 1952, l’anno dopo essere stato nominato secondo presidente della Soka Gakkai, Josei Toda aveva composto questa poesia:

E ora con i cuori ritemprati mettiamoci in cammino
per diffondere la Legge mistica fino ai confini dell’India.

Circa dieci giorni prima della sua morte, Toda aveva chiamato Shin’ichi al suo capezzale e gli aveva detto che aveva sognato di aver fatto un viaggio in Messico.
«Erano tutti in attesa, stavano tutti aspettando» disse, chiamando a raccolta le sue ultime forze per pronunciare quelle parole. «Tutti stavano ricercando il Buddismo di Nichiren Daishonin. Voglio partire, voglio mettermi in viaggio, andare nel mondo per kosen-rufu…».
«Il mondo è il tuo vero palcoscenico», continuò Toda, rivolgendosi a Shin’ichi: «Devi vivere il più a lungo possibile e viaggiare in tutto il mondo!»
La mente di Toda era sempre rivolta alla felicità di tutti gli esseri viventi e a kosen-rufu nel mondo, ma non riuscì mai a viaggiare all’estero. Shin’ichi incise le sue parole nel profondo del proprio cuore e, ritenendole l’ultimo desiderio del suo maestro, girò il mondo in sua vece, portando il Buddismo del sole alle persone di ogni paese.

[108] Shin’ichi Yamamoto era stato nominato terzo presidente della Soka Gakkai il 3 maggio 1960, poco più di due anni dopo la morte del suo mentore. Cinque mesi dopo, il 2 ottobre, intraprese il suo primo viaggio all’estero.
Appena giunto alla sua prima destinazione, alle Hawaii, aveva scoperto che nessuno era venuto a prenderlo all’aeroporto a causa di un malinteso occorso nelle comunicazioni. In alcuni dei suoi viaggi si era ammalato gravemente e aveva sofferto di febbre alta. C’erano stati paesi in cui, a causa di equivoci sulla natura della Soka Gakkai, le sue attività di incoraggiamento dei membri era avvenute sotto la sorveglianza della polizia.
Shin’ichi aveva viaggiato in America del sud e del nord, in Asia, in Europa, in Medio Oriente, in Africa e in Oceania, spinto dal desiderio di seminare ovunque felicità.
Si era recato molte volte nei paesi comunisti, per costruire ponti di amicizia e scambi culturali.
Per concretizzare il desiderio Nichiren Daishonin, il grande voto di kosen-rufu in tutto il mondo, aveva dedicato tutta la sua vita a viaggiare in lungo e in largo, continuando a spargere i semi della pace e della felicità, i semi della Legge mistica. Era stato un percorso condiviso dal maestro e dal discepolo, perché in tutti i suoi viaggi il dialogo interiore con il suo mentore, Josei Toda, proseguiva incessantemente.
Ora, il Cile era il cinquantesimo paese che visitava.
Dentro di lui nacquero dei versi:

Volando sopra le Ande  innevate, con le cime immerse nella magnifica luce dorata del tramonto,
sale il mio grido: “Ho vinto!”.

La luna crescente si alzò brillante sulle cime delle montagne, la splendente Venere, e innumerevoli stelle cominciarono a brillare nel cielo. A Shin’ichi sembrò che anche le divinità celesti stessero festeggiando le sue vittorie.
Il 24 febbraio, il giorno dopo il suo arrivo in Cile, nel municipio di Santiago, la capitale del paese, fu consegnato a Shin’ichi un certificato che lo nominava “illustre visitatore”. Il verbale della delibera di conferimento dell’onorificenza definiva la sua visita «un’occasione speciale per approfondire la comprensione tra il popolo del Cile e quello del Giappone, e per rinsaldare i legami di amicizia che rendono possibile la condivisione dei valori umani fondamentali».
Dopo la cerimonia, Shin’ichi visitò il Centro culturale della SGI cilena a Santiago e partecipò alla prima riunione generale della SGI del paese. I membri erano entusiasti di incontrarlo: dopo il lungo e rigido inverno del caos economico e della violazione dei diritti umani da parte della dittatura militare, sentivano che era arrivata una primavera di speranza.

[109] Il colpo di stato militare a Santiago era avvenuto nel 1973. Gli aerei da guerra sorvolavano la città, i carri armati e le truppe riempivano le strade. Il fuoco delle mitragliatrici colpì anche la casa dei coniugi che fungevano da referenti centrali della Soka Gakkai cilena. Il secondo piano della casa fu crivellato dai proiettili, ma la coppia rimase al sicuro nella stanza al piano terra dove era custodito il Gohonzon.
Preoccupati per la sicurezza dei loro compagni, la coppia si mise subito in movimento per verificare se stessero bene, girando per la città per giorni nonostante il coprifuoco. Le riunioni di qualsiasi tipo erano state proibite, quindi improvvisavano delle riunioni di discussione informali presso le famiglie che visitavano.
Per molti anni, gli incontri buddisti poterono aver luogo solo con il permesso delle autorità e solo in un unico Centro culturale. I membri, tuttavia, mantennero alto il morale e cercarono persino di convincere gli agenti di polizia che venivano a controllare le loro riunioni di quanto fosse meraviglioso il movimento per la pace della SGI.
Descrivendo le condizioni di quel periodo a Shin’ichi Yamamoto, uno dei membri cileni disse eccitato: «I presidenti Makiguchi e Toda hanno entrambi combattuto coraggiosamente per kosen-rufu in Giappone durante la guerra, pur essendo sotto sorveglianza da parte della polizia speciale. In ogni momento lei ha continuato a incoraggiarci calorosamente, infondendoci coraggio. Sapere che lei era a conoscenza di tutto ciò che stavamo vivendo ci riempiva di forza».
Con il pensiero rivolto al maestro, i membri cileni si dedicarono energicamente a kosen-rufu. Poiché sapevano che lui era sempre con loro, non si lasciarono sconfiggere.
La democrazia era tornata in Cile solo tre anni prima della visita di Shin’ichi, e tutti i capitoli e i settori dell’organizzazione erano tornati a potersi riunire liberamente.
I membri avevano pregato e sperato a lungo in una visita di Shin’ichi nel loro paese e, aspettando con impazienza che arrivasse quel giorno, si erano sforzati a fondo nelle loro attività.
Nonostante la situazione politica incerta e le vaste dimensioni del paese, che si estendeva per circa 4.200 chilometri da nord a sud, i compagni di fede cileni si erano rimboccati le maniche e avevano intrapreso un’ardua lotta. Avevano lavorato sodo e in unità, facendo scaturire la loro saggezza e il loro ingegno per far progredire kosen-rufu. Shin’ichi era profondamente commosso dalla loro dedizione.
Anche in Cile, uno dei paesi più lontani dal Giappone, avevano fatto la loro comparsa i Bodhisattva della Terra.
Durante la sua permanenza presso il Centro culturale della SGI cilena, Shin’ichi disse ai membri del Gruppo futuro che si erano riuniti per incontrarlo: «Grazie per essere venuti ad accogliermi. Vengo dal Giappone, il paese che confina con il vostro, appena al di là del mare». I bambini lo guardavano con occhi scintillanti e pieni di meraviglia.

[110] Nel discorso che pronunciò alla prima riunione generale della SGI cilena, Shin’ichi elogiò i membri per i loro enormi sforzi indirizzati alla diffusione della Legge in tutto il paese: «Non vi è alcun dubbio che tutti voi che, incuranti delle avversità, vi siete tanto impegnati, avete accumulato benefici tali che se fossero sommati arriverebbero a toccare la cima della maestosa catena delle Ande».
Shin’ichi annunciò poi che il Cile era il cinquantesimo paese che visitava dall’inizio dei suoi viaggi per kosen-rufu.
Mentre si preparava a intraprendere il suo viaggio per la pace nel mondo, trentatré anni prima, nell’ottobre 1960, aveva volto lo sguardo verso la vetta del Monte Fuji; e ora in Cile, un paese agli antipodi del Giappone, poteva ammirare il monte Osorno, considerato il Monte Fuji del Sud America.
Shin’ichi esortò con vigore i membri: «Sono assolutamente certo che Josei Toda sarebbe immensamente felice. Ma in fondo abbiamo appena iniziato la nostra opera. Continuerò a viaggiare per il mondo con gioia e allegria tenendovi sempre nel mio cuore, come se stessimo facendo attività insieme ogni giorno!» Citando le parole del Daishonin: «Il saggio si può definire umano, ma gli sconsiderati non sono altro che animali» (I tre tipi di tesoro, RSND, 1, 756), Shin’ichi sottolineò l’importanza di mantenere una condotta saggia e prudente. Spiegò che praticare il Buddismo di Nichiren Daishonin implica avere a cuore il futuro di kosen-rufu e, mantenendo uno spirito aperto, cercare di stringere relazioni cordiali e armoniose anche con chi non pratica il Buddismo.
Era fondamentale nutrire considerazione e rispetto per gli altri, approfondendo i legami di amicizia.
“La fede è uguale alla vita quotidiana” e “il Buddismo si manifesta nella società”: Shin’ichi desiderava che i membri imprimessero nei loro cuori questi princìpi e comprendessero come il Buddismo del Daishonin fosse una religione tollerante e impegnata nel sociale, e che pertanto non avrebbero mai dovuto creare barriere tra la Soka Gakkai e il resto della società.
Terminando il suo discorso esortò tutti, senza eccezioni, a condurre una vita pienamente realizzata, ricca di vittorie e di fortuna.
Al raduno delle famiglie Soka che seguì la riunione generale, i bambini eseguirono la tradizionale danza sau dell’Isola di Pasqua, famosa per i suoi moai, le gigantesche statue di pietra; la banda musicale suonò la canzone giapponese per bambini È giunta la primavera e i giovani danzarono con tutta la loro energia la cueca, una danza popolare cilena.
Anche in Cile i giovani, ereditando lo spirito dei loro genitori e degli altri pionieri dei Gruppi uomini e donne che avevano aperto la strada a kosen-rufu, stavano crescendo in modo considerevole. L’organizzazione cilena vibrava di speranza e lasciava immaginare un futuro radioso.

[111] Al raduno delle famiglie Soka, i membri cantarono tutti insieme la famosa canzone cilena Si vas para Chile (“Se vai in Cile”), e Shin’ichi Yamamoto batté le mani:

Ti verranno incontro, viaggiatore, i contadini e la gente dei villaggi, così vedrai che in Cile amiamo chi viene da lontano.

I membri cantavano appassionatamente con i volti che irradiavano felicità e promisero in cuor loro di diventare un modello per il resto del mondo, raggiungendo il traguardo di kosen-rufu.
Quel giorno divenne un nuovo punto di partenza per la SGI cilena.
A mezzogiorno del 25 febbraio Shin’ichi incontrò il presidente Patricio Aylwin presso gli uffici presidenziali di palazzo Moneda. I due si erano incontrati per la prima volta nel novembre del 1992, l’anno precedente, in occasione di una visita del leader cileno in Giappone.
In quella circostanza i due uomini si erano impegnati in una vivace conversazione su vari argomenti, tra cui la figura del leader al servizio del popolo, la spettacolare democratizzazione che aveva luogo in Cile in quel momento e il ruolo degli scambi culturali tra Cile e Giappone nell’inaugurazione di una nuova epoca pan-pacifica. La loro conversazione era stata talmente intensa che i quindici minuti riservati al loro colloquio erano diventati quarantacinque.
Quando si erano separati, il presidente Aylwin gli aveva detto: «Spero davvero che questo non sia il nostro primo e ultimo incontro. Vorrei che ci vedessimo di nuovo negli uffici presidenziali in Cile».
E ora quella proposta era stata realizzata.
Il capo di stato cileno raccontò che, dopo il loro incontro a Tokyo, aveva terminato di leggere i dialoghi di Shin’ichi con il professor Arnold Toynbee, dal titolo Dialoghi: l’uomo deve scegliere, e si disse felice di poter rivedere Shin’ichi. Durante il loro secondo incontro i due uomini discussero del potere della cultura, di problemi ambientali e di molti altri argomenti. Shin’ichi offrì al presidente Aylwin una lunga poesia che aveva scritto in omaggio ai successi del leader cileno, un campione della democrazia che paragonò alla forza delle Ande. Conteneva, tra gli altri, questi versi:

Il potere della ragione supera il potere militare, il potere spirituale supera il potere della spada. Se pure si scatenasse un potere malvagio e spietato,
non otterrebbe che una vittoria effimera e illusoria,
perché il potere della ragione e dello spirito nutrirà ovunque la terra e il popolo,
nella comprensione e nella gioia.

[112] Nel luglio del 1994, quattro mesi dopo la fine del suo mandato, Aylwin visitò nuovamente il Giappone insieme a sua moglie Leonor e tenne una conferenza all’Università Soka.
In quell’occasione avvenne il terzo incontro tra Shin’ichi e l’ex presidente cileno Aylwin. Sulla base delle loro conversazioni e di altri scambi avvenuti tra il 1992 e il 1994 fu pubblicato nell’ottobre del 1997 un libro in giapponese dal titolo L’alba del Pacifico. La pubblicazione coincise con il centesimo anniversario della firma del Trattato di amicizia, commercio e navigazione tra il Giappone e la Repubblica del Cile. La sera del 25 febbraio 1993 Shin’ichi partì dal Cile e arrivò a San Paolo, in Brasile. Durante la sua permanenza, il presidente Yamamoto presenziò alla sedicesima riunione generale della SGI che si svolgeva presso il Centro culturale e naturalistico della SGI brasiliana, alla presenza di rappresentanti da trentadue diversi paesi e territori.
Nel corso della riunione Shin’ichi descrisse i membri della Soka Gakkai come i pionieri del movimento senza precedenti di kosen-rufu nel mondo, e invitò i presenti a sentirsi sempre orgogliosi di essere gli eredi diretti di Nichiren Daishonin. Esortò ciascuno di loro a risplendere e a illuminare della propria umanità le loro famiglie, le comunità e la società in cui vivevano. Li incoraggiò ad avanzare con gioia ed energia insieme a lui sulla grande via dell’umanesimo della SGI, formando innumerevoli legami di amicizia.
L’8 marzo Shin’ichi si recò a Miami, in Florida, dove partecipò a un corso della SGI statunitense e ad altri eventi. Successivamente volò a San Francisco, dove incontrò per la quarta volta lo scienziato Linus Pauling e si dedicò a incoraggiare i membri americani prima di tornare in Giappone il 21 marzo.
Nel maggio del 1993 Shin’ichi visitò le Filippine e Hong Kong. Nel periodo che andava da settembre a ottobre di quell’anno tornò ancora una volta negli Stati Uniti e si recò anche in Canada. Durante quel viaggio fu invitato a tenere la sua seconda conferenza, dal titolo Il Buddismo mahayana e la civiltà del ventunesimo secolo, all’Università Harvard.
Tra gennaio e febbraio del 1994, Shin’ichi si recò a Hong Kong, nella provincia cinese dello Shenzhen e in Thailandia. A metà maggio, intraprese un viaggio che lo portò fuori dal Giappone per più di un mese, in Russia e in diversi paesi dell’Europa. Dedicava ogni giorno e ogni istante della sua vita alla costruzione delle fondamenta di kosen-rufu in tutto il mondo. Se non si agisce quando l’azione è necessaria, se non si riesce a fare ciò che deve essere fatto quando il tempo è appropriato, si avranno rimpianti per l’eternità. Per Shin’ichi, il momento presente era tutto.

[113] Il primo gennaio 1995, designato dalla SGI “Anno della gloria e del progresso”, Shin’ichi Yamamoto iniziò le sue attività guidando una cerimonia di Gongyo di Capodanno presso la sede della Soka Gakkai. Il 15 gennaio, giorno in cui in Giappone si celebra per i ventenni la festa del compimento della maggiore età, partecipò a una conferenza con le rappresentanti del Gruppo donne nel quartiere di Shinjuku di Tokyo, dove parlò della figura di leader necessaria nel ventunesimo secolo: «Quali sono i requisiti indispensabili ai responsabili d’ora in poi? Riassumendo in una sola parola, è la sincerità. I responsabili devono servire umilmente i membri. Onestà, gentilezza, responsabilità, convinzione e disponibilità sono le qualità umane che tutti ricercano in un leader. Non è necessario fingere di essere diverse da quello che siete. L’importante è che continuiate a crescere come esseri umani, a modo vostro, basandovi sulla fede».
Shin’ichi voleva delineare chiaramente e in modo comprensibile le qualità indispensabili in un responsabile, per il futuro del movimento.
«Lo scopo del Buddismo del Daishonin è alleviare la sofferenza delle persone. Questo non è realizzabile solo tramite le idee, ma richiede vera saggezza e azioni concrete. Dal nostro punto di vista, ciò significa “sostituire la saggezza con la fede”, usare cioè la nostra pratica buddista per attingere alla “saggezza del Budda” nelle nostre vite. Ecco perché, in qualsiasi circostanza, la prima cosa da fare è recitare, poi continuare a recitare e ad agire finché non otteniamo un risultato chiaro.
«Shakyamuni e Nichiren Daishonin erano persone d’azione. Noi vogliamo essere come loro». Due giorni dopo, alle 5:46 del 17 gennaio, un forte terremoto colpì il Giappone centro-occidentale. I danni più gravi si verificarono a Kobe, sull’isola di Awaji e in altre parti della prefettura meridionale di Hyogo, ma furono colpite anche Osaka e Kyoto. Il terremoto fece crollare alcune sezioni dell’autostrada sopraelevata e distrusse molte case ed edifici. Scoppiarono anche vari incendi e nel disastro circa seimilaquattrocento persone persero la vita, mentre circa quarantaquattromila rimasero ferite. Questo evento fu denominato “grande terremoto di Hanshin”, o “terremoto di Kobe del 1995”.
Quando Shin’ichi apprese la notizia, diede immediate disposizioni affinché la Soka Gakkai mobilitasse tutte le sue risorse per sostenere le operazioni di soccorso.
Sarebbe dovuto volare quel giorno alle Hawaii per tenere una conferenza presso l’East-West Center, uno dei più prestigiosi istituti accademici della regione dell’Oceano Pacifico, ma decise di ritardare la partenza e fare tutto il possibile per assistere le persone colpite dal terremoto.
Nella sede centrale della Soka Gakkai a Tokyo e in quella del Kansai furono subito istituiti dei centri di coordinamento del soccorso. Shin’ichi riunì i massimi responsabili della Soka Gakkai e partecipò insieme a loro alle riunioni per decidere i provvedimenti da prendere in quelle circostanze.

[114] Nelle aree colpite dal terremoto di Kobe, le strutture della Soka Gakkai si trasformarono sia in rifugi d’emergenza temporanei sia in centri operativi di coordinamento delle attività di raccolta, stoccaggio e distribuzione dei beni di soccorso.
Molte strade erano state bloccate a causa dei crolli di intere sezioni della superstrada e dai detriti degli edifici crollati, e le strade rimaste agibili erano intasate dal traffico. I membri della Soka Gakkai organizzarono rapidamente delle squadre di soccorso in motocicletta che, riuscendo a percorrere anche le strade in parte ostruite dalle macerie, potevano recapitare i beni di prima necessità nelle aree colpite.
Pensando a tutte le persone che avevano perso i loro cari, le loro abitazioni o i luoghi di lavoro, Shin’ichi provava una profonda sofferenza. Avrebbe voluto precipitarsi di persona nelle aree colpite per poter incoraggiare tutti, ma si stava avvicinando il giorno in cui avrebbe dovuto tenere la sua lezione all’East-West Center alle Hawaii. Il presidente della Soka Gakkai Eisuke Akizuki e altri responsabili, tra cui i responsabili nazionali dei Gruppi donne e giovani, stavano per raggiungere l’area del disastro.
Shin’ichi disse loro: «Vorrei che andaste in mia vece e che riversiate tutta la vostra energia nell’incoraggiare i nostri membri. Alcuni di loro avranno perso i propri cari, che forse erano anch’essi praticanti del Buddismo del Daishonin. Vorrei che trasmetteste loro questo mio messaggio: “Sebbene tutto possa andare distrutto, la fortuna e i benefici che accumuliamo attraverso la pratica buddista dureranno in eterno. Il Buddismo del Daishonin insegna che se recitiamo Nam-myoho-renge-kyo anche una sola volta, possiamo conseguire la Buddità. I nostri compagni di fede scomparsi, quindi, hanno sicuramente trasformato il loro karma in questa vita e saranno in grado di riabbracciare il Gohonzon nella loro prossima esistenza e di condurre una vita felice.
«Secondo il principio di “trasformare il veleno in medicina”, inoltre, possiamo trasformare positivamente qualsiasi circostanza attraverso la fede nella Legge mistica. Il Daishonin scrive: “Quando accade un grande male, seguirà un grande bene” (Grande male e grande bene, RSND, 1, 992).
«Per quanto dolorosa sia la vostra situazione in questo momento, abbiate la convinzione che diventerete assolutamente felici. Vi prego di diventare assolutamente felici. Sto pregando che possiate ricostruire splendidamente le vostre vite, con un grande stato vitale e forza d’animo». Akizuki e gli altri responsabili arrivarono nel Kansai il 24 gennaio e iniziarono subito a incontrare i membri nelle aree colpite e a incoraggiarli.
La sera del giorno seguente, il 25 gennaio, Shin’ichi lasciò il Giappone per Honolulu.
Il 26 gennaio, dopo aver visitato l’Università delle Hawaii a Manoa, si recò all’East-West Center, adiacente all’ateneo, dove tenne una conferenza in commemorazione del cinquantesimo anniversario della fondazione delle Nazioni Unite, intitolata Pace e sicurezza umana: una prospettiva buddista per il ventunesimo secolo.

[115] Nel suo discorso, Shin’ichi Yamamoto osservò che fino a quel momento il dibattito sulla sicurezza si era concentrato sulle istituzioni e sulla politica. Tuttavia, la lezione del ventesimo secolo era che, finché ci si concentra esclusivamente sul miglioramento delle strutture statali e della società, evitando il punto fondamentale, ovvero quello della trasformazione interiore degli esseri umani, gli sforzi per realizzare la pace potevano persino essere controproducenti.
L’impegno per riformare la società doveva iniziare, secondo Shin’ichi, dalla trasformazione interiore, o rivoluzione umana, e affinché ciò avvenisse era necessario un cambiamento fondamentale nel modo di pensare degli esseri umani, dando più spazio alla saggezza rispetto alla conoscenza, alla diversità rispetto all’uniformità e alla sovranità umana rispetto a quella nazionale.
All’East-West Center Shin’ichi rivide il professore emerito dell’Università di Harvard John Montgomery, il professore emerito dell’Università delle Hawaii Glenn Paige e il fondatore degli studi sulla pace, Johan Galtung.
Mentre si trovava alle Hawaii, Shin’ichi partecipò anche al Festival culturale dei giovani per la pace organizzato in occasione del cinquantesimo anniversario della fondazione delle Nazioni Unite e della Conferenza per la pace e la cultura della SGI dell’Oceano Pacifico.
Il 2 febbraio tornò in Giappone con un volo diretto per il Kansai. Qui partecipò a una riunione di coordinamento tra Tokyo e il Kansai per riorganizzare, in seguito al devastante terremoto di gennaio, le attività e le cerimonie funebri per i membri che avevano perso la vita nel disastro. Riversò tutta la sua energia nell’incoraggiare i compagni di fede.
Durante la cerimonia di Gongyo, Shin’ichi disse: «Prego affinché il Kansai risorga il prima possibile. Il mondo intero vi sta sostenendo. Per favore, alzatevi coraggiosamente e siate un modello per il resto del mondo. I nostri compagni che hanno perso la vita nel disastro rinasceranno presto per riunirsi alle fila del “Kansai sempre vittorioso”.
«Nella Dichiarazione unanime dei Budda delle tre esistenze, Nichiren Daishonin scrive: “Perciò occorre […] ottenere senza impedimenti il supremo livello di rinascita, la rinascita nella Terra della Luce tranquilla. Allora nello spazio di un istante si ritornerà al sogno dei nove mondi, il regno di nascita e morte” (RSND, 1, 811). Raggiungiamo il mondo della Buddità, che il Daishonin descrive come la Terra suprema della Luce tranquilla e, dopo la morte, rinasciamo rapidamente, ritornando nel regno dei nove mondi, il mondo di saha, dove possiamo di nuovo prendere parte attiva a kosen-rufu.
«Continuiamo ad avanzare con allegria e speranza, recitando con passione Nam-myoho-renge-kyo anche a nome di tutti i nostri compagni defunti. Questo è il modo di praticare basato sul principio di non dualità di nascita e morte, che ci permette di rinascere qui a Hyogo e in tutto il Kansai accrescendo la nostra fortuna.
«Vi prego di esprimere i miei più sinceri auguri a tutti coloro che si trovano nelle zone colpite dal terremoto».

[116] Verso la fine del mese di ottobre del 1995, Shin’ichi Yamamoto aveva in programma una serie di viaggi in quattro paesi e regioni dell’Asia. Tra questi era prevista anche la sua prima visita in Nepal, il paese natale di Shakyamuni. Il Nepal era il cinquantunesimo paese in cui si recava per la causa della pace.
Il primo novembre 1995 Shin’ichi incontrò il re Birendra del Nepal nel palazzo reale di Kathmandu.
Il 2 novembre partecipò come ospite d’onore alla cerimonia di inaugurazione dell’Università Tribhuvan, presso il Palazzo internazionale dei congressi di quella città. Durante il suo intervento, intitolato Guardando al Sagarmatha dell’umanesimo: le lezioni di vita di Gautama, il Budda, si soffermò sull’eredità spirituale di Shakyamuni, grande maestro di umanità, analizzandola dalla prospettiva della sua luminosa saggezza e della sua compassione sconfinata. Shin’ichi affermò che le persone unite dagli ideali umanistici e impegnate a risvegliare la felicità in se stessi e negli altri sono in grado di attrarre la prosperità in ogni paese in cui si trovano e di aprire la strada a un futuro più luminoso per tutto il genere umano. Si disse poi speranzoso che gli studenti universitari, che saranno i leader della prossima generazione, avrebbero dispiegato le ali della saggezza e della compassione per spiccare maestosamente il volo verso il ventunesimo secolo, un’epoca di pace e di tutela della dignità della vita.
Il 3 novembre, presso l’Università Tribhuvan, Shin’ichi fu insignito di una laurea honoris causa per meriti letterari. L’onorificenza gli fu conferita dal ministro della pubblica istruzione, che era anche il vice rettore dell’università.
Nel discorso di accettazione, Shin’ichi descrisse il Nepal come «una terra di grande bellezza e poesia» e si disse convinto che «un paese trae la sua ricchezza dalla ricchezza del cuore del suo popolo».
Più tardi quello stesso giorno, i compagni della SGI nepalese lo portarono in auto verso una collina alla periferia di Kathmandu. Volevano mostrargli l’Himalaya, la montagna più alta del mondo, desiderio a cui Shin’ichi aderì prontamente. Il crepuscolo stava già scendendo e l’Himalaya era coperto da bianche nuvole madreperlacee. Quando Shin’ichi e i suoi accompagnatori raggiunsero la loro destinazione, tuttavia, le nubi si dispersero e per un breve istante, come se fosse stato sollevato un velo, apparvero le cime innevate. Alla luce del sole al tramonto, il cielo si tinse di un rosa pallido. Le montagne si ergevano in tutta la loro imponenza, tanto maestose da togliere il fiato.
Shin’ichi scattò una foto, cogliendo quell’attimo incantato.
Poco dopo, l’Himalaya fu avvolto dal crepuscolo e una grande luna argentata apparve nel cielo.
Un gruppo di una ventina di bambini lo guardava da lontano, con curiosità. Shin’ichi fece loro segno di avvicinarsi, e i bambini gli si accostarono, timidamente. I loro occhi brillavano come gioielli.

[117] Shin’ichi disse loro: «Sapete, noi siamo buddisti e questa vostra terra è la terra in cui è nato il Budda. Lui è cresciuto ammirando l’imponente Himalaya. Si è sforzato duramente per diventare grande come quelle montagne. È diventato una persona forte e saggia, un vero campione. Tutti  voi siete come lui. Vivete in un luogo magnifico e anche voi potete diventare delle persone incredibili.
«Avete tutti dei bellissimi volti e avete un’aria molto sveglia e intelligente. Quando diventerete più grandi, venite in Giappone».
Shin’ichi voleva sfruttare al massimo anche quel breve incontro e incoraggiare con tutto se stesso quei bambini, soffiando nei loro piccoli cuori una brezza di speranza primaverile.
Il giorno successivo, il 4 novembre, Shin’ichi partecipò a Kathmandu alla prima riunione generale della SGI nepalese e si fece ritrarre in una foto di gruppo con gli oltre cento membri presenti. Li incoraggiò dicendo: «Per favore, avanzate insieme in armonia e amicizia. Spero che ognuno di voi si sforzi di diventare una presenza luminosa, un buon cittadino e un membro onesto della comunità».
I membri della Soka Gakkai in Nepal erano in gran parte giovani. Erano pieni di speranza, come rigogliosi arbusti cresciuti all’ombra dell’Himalaya e stavano sviluppando il loro illimitato potenziale.
Lasciato il Nepal, Shin’ichi si recò a Singapore, dove partecipò alla terza conferenza della SGI asiatica per la cultura e l’educazione e visitò per la prima volta la scuola materna Soka di Singapore. Assistette inoltre al primo Festival artistico per l’amicizia dei giovani, organizzato per celebrare il trentesimo anniversario della fondazione della Repubblica di Singapore. La sera del 10 novembre arrivò poi a Hong Kong. A quell’epoca Hong Kong era una colonia britannica, ma sarebbe tornata sotto il dominio cinese nel 1997. La restituzione, decisa nel 1982 nel corso di un negoziato tra il leader cinese Deng Xiaoping e il primo ministro britannico Margaret Thatcher, volgeva verso la sua concretizzazione.
Era difficile per gli abitanti di Hong Kong, che avevano vissuto in un’economia di libero mercato così a lungo, immaginare la vita sotto l’autorità di un paese socialista, e molti di loro erano preoccupati per il futuro. Per un certo periodo il dollaro di Hong Kong perse valore e il mercato azionario precipitò nel caos. “Questo è il momento di andare a Hong Kong.
Voglio incontrare i membri di Hong Kong e incoraggiarli”. Fu quella risoluzione interiore a spingere Shin’ichi a visitare Hong Kong nel dicembre del 1983.

[118] Nel corso di quella visita, Shin’ichi Yamamoto si rivolse con energia ai membri: «Sono sicuro che tra di voi ci sono persone che si preoccupano di ciò che accadrà a causa del cosiddetto “problema del 1997”, ovvero la riconsegna di Hong Kong alla Cina. Desidero tuttavia affermare che non dovreste preoccuparvi. Per favore, trascorrete senza timore le vostre esistenze illuminate e protette dalla Legge mistica, qui nella vostra amata Hong Kong, godendo del suo spirito pervaso di libertà, pace e cultura e del suo continuo sviluppo come snodo internazionale.
«Dopo il 1997, quando avverrà il passaggio di consegne, continuiamo a portare avanti i nostri scambi con ancora più energia e gioia. Cerchiamo di creare una storia di vittorie condivise per l’eternità!».
Grazie ai suoi colloqui con i membri della SGI di Hong Kong e con esperti della colonia britannica, si era convinto che la chiave della straordinaria crescita e dello sviluppo di Hong Kong fossero l’illimitata vitalità del suo popolo e la forza della speranza che pulsava nei cuori dei suoi abitanti.
Le parole “con ancora più energia e gioia” diedero coraggio ai membri di Hong Kong.
Nel dicembre del 1984 la Cina e il Regno Unito avevano siglato una dichiarazione congiunta secondo cui nel 1997 Hong Kong sarebbe stata restituita alla Cina e sarebbe diventata una regione amministrativa speciale in cui le politiche del Partito comunista non sarebbero state messe in atto per i cinquant’anni seguenti il passaggio di consegne. Hong Kong avrebbe conservato il sistema improntato su di una libera economia capitalistica grazie alla politica di “una nazione, due sistemi”. I residenti di Hong Kong continuavano però a nutrire dubbi e ansia, e centinaia di migliaia di persone emigrarono in Canada, in Australia e in altri paesi.
Pensando al futuro di Hong Kong, Shin’ichi incontrò numerosi funzionari cinesi e rimase in contatto con i successivi governatori della colonia.
Nella visita del novembre del 1995 parlò con Jin Yong, pseudonimo di Louis Cha, famoso scrittore e fondatore del quotidiano Ming Pao. Noto da molti anni come “faro della coscienza” e influente pensatore, Jin Yong era anche membro della commissione incaricata della stesura della Legge fondamentale di Hong Kong, per definire il sistema sociale di Hong Kong dopo la riconsegna alla Cina.
Nel 1998 fu pubblicata l’edizione giapponese dei dialoghi di Shin’ichi e Jin Yong, intitolata Una luce compassionevole sull’Asia. Il libro si ba-sava sui loro cinque incontri, avvenuti a partire dal 1995, durante i quali avevano discusso di una vasta gamma di argomenti, tra cui il futuro di Hong Kong e la relazione tra la vita e la letteratura.

[119] Cinque mesi prima del passaggio di Hong Kong alla Cina, Shin’ichi disse a Jin Yong: «Sono certo che Hong Kong continuerà a prosperare anche dopo il suo ritorno in seno alla Cina» e spiegò che credeva che da quel momento in poi il nuovo punto di riferimento per la regione non sarebbe stato più solo lo sviluppo economico ma anche la “realizzazione spirituale”.
Jin Yong gli rispose con entusiasmo: «La mia speranza è che la SGI di Hong Kong e tutti i suoi membri riescano a trasmettere l’importanza dei valori spirituali a molte, moltissime persone».
Entrambi gli uomini condividevano la spranza che gli abitanti di Hong Kong ottenessero felicità e prosperità. Shin’ichi continuava a incoraggiare i membri dicendo loro che in qualunque luogo si fossero trovati, finché avessero mantenuto una fede impavida, avrebbero potuto trasformare quel determinato posto in una splendente “terra di felicità”.
Nello scritto L’entità della Legge mistica Nichiren Daishonin scrive: «Il luogo in cui vivono [i discepoli di Nichiren] diventerà la Terra della Luce eternamente tranquilla» (RSND, 1, 373).
Il primo luglio 1997 l’ex territorio britannico di Hong Kong fu restituito alla Cina nel corso di una storica cerimonia. Tra gli spettacoli previsti per le celebrazioni, si esibì anche, con vigore giovanile, la squadra di ginnastica del “Falco dorato” della SGI. La SGI di Hong Kong partecipò inoltre con diversi gruppi corali allo speciale festival musicale di quella sera.
Shin’ichi inviò telegrammi di congratulazioni al presidente della Repubblica Popolare Cinese, il suo vecchio amico Jiang Zemin, e a Tung Chee-hwa, il nuovo capo dell’esecutivo della Regione amministrativa speciale di Hong Kong. I membri della SGI di Hong Kong rafforzarono i legami tra loro per rendere Hong Kong, anche dopo il passaggio sotto l’influenza cinese, un porto di pace e prosperità, e per salpare insieme verso il ventunesimo secolo, il terzo millennio. Durante il suo soggiorno a Hong Kong nel novembre del 1995, Shin’ichi si recò anche a Macao, dove ricevette un dottorato onorario in scienze sociali dall’Università del protettorato, e fu ricevuto ufficialmente presso gli uffici del municipio. Macao, che era territorio portoghese, ritornò alla Cina nel 1999, e i membri della SGI locale, come quelli di Hong Kong prima di loro, si impegnarono in una nuova e fresca partenza, pieni di speranza.
Il 17 novembre 1995 Shin’ichi tornò in Giappone dal suo viaggio nei vicini paesi asiatici e si diresse subito verso le regioni del Chubu e del Kansai, per offrire i suoi incoraggiamenti ai membri di quelle zone.
Il 23 novembre, presso il Centro culturale del Kansai si svolse una riunione dei responsabili di centro in concomitanza con la riunione del Gruppo giovani e la riunione generale del Kansai. In quella sede, il direttore generale Koichi Towada presentò la nuova Carta della SGI.

[120] La Soka Gakkai Internazionale era nata nel corso della prima Conferenza mondiale per la pace, che aveva avuto luogo il 26 gennaio 1975 sull’isola di Guam, nell’Oceano Pacifico. Da allora, la SGI aveva diffuso ininterrottamente la filosofia del rispetto per la vita del Buddismo del Daishonin e aveva portato avanti un movimento volto a contribuire alla pace nel mondo e alla felicità degli esseri umani. In quel contesto, le organizzazioni locali della SGI si erano guadagnate una crescente fiducia nelle loro comunità al punto che su di loro erano riposte molte aspettative. In occasione del ventesimo anniversario della fondazione della SGI, dopo la riunione dell’esecutivo e del Consiglio direttivo della SGI nel 1995, era stato costituito un comitato di redazione di una Carta della SGI che avrebbe chiarito gli obiettivi, gli ideali e il codice di condotta della SGI e dei suoi membri. Durante la riunione generale della SGI del 17 ottobre fu adottata una risoluzione e, dopo un’attenta riflessione da parte del comitato, fu redatta una carta approvata da tutte le organizzazioni affiliate alla SGI.
Composta da dieci articoli, la Carta della SGI affermava l’impegno dell’organizzazione nel contribuire alla pace, alla cultura e all’educazione basandosi sul Buddismo, alla prosperità della società, a promuovere il rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa, gli scambi culturali e la coltivazione del carattere, e a proteggere la natura e l’ambiente.
In particolare, l’articolo 7 della Carta recita: «La SGI, basandosi sullo spirito di tolleranza buddista, rispetta le altre religioni, dialoga e collabora con loro alla soluzione delle questioni fondamentali riguardanti il genere umano». Per realizzare la pace e la felicità del genere umano è necessario che tutte le persone si uniscano e lottino insieme con la consapevolezza di condividere un destino comune. I maggiori ostacoli a questo obiettivo sono l’ipocrisia e l’intolleranza, siano esse basate sulla religione, sulla nazionalità o sull’etnia. Affinché gli esseri umani possano vivere in armonia e in pace, dobbiamo tornare al punto di partenza: siamo tutti esseri umani, siamo tutti simili e dovremmo aiutarci reciprocamente, superando le differenze che ci separano.
All’epoca del terremoto di Kobe del gennaio 1995, la Soka Gakkai riversò tutte le sue energie nelle attività di soccorso e anche dalle organizzazioni affiliate alla SGI in tutto il mondo arrivarono numerose forme di sostegno. Questi sforzi suscitarono ammirazione e gratitudine in molte persone, a partire dalle vittime del sisma. La SGI, in collaborazione con altre organizzazioni religiose e di altro tipo, ha inoltre portato avanti negli anni il movimento per l’abolizione delle armi nucleari.

[121] Nel perseguire le azioni umanitarie, è essenziale cooperare con gli altri e superare le barriere dell’affiliazione religiosa. È il punto cruciale come esseri umani e come persone di fede che desiderano adempiere a una missione nella società, con in mente la felicità degli esseri umani.
Lavorare insieme a iniziative condivise richiede rispetto per la personalità, le credenze e il retroterra culturale di ogni persona coinvolta. L’anelito originale dei fondatori di ogni grande religione è sempre stato quello di portare pace e felicità alle persone e di alleviare le loro sofferenze; è quello spirito che dobbiamo rispettare. Le persone spesso considerano le critiche di Nichiren Daishonin alle altre scuole buddiste del Giappone, come la Pura Terra (conosciuta anche come Nembutsu), lo Zen, la scuola della Vera Parola e quella dei Precetti, l’espressione di un atteggiamento intollerante e ipocrita. Ma il Daishonin non rigettava le scritture che erano alla base di queste scuole. Nei suoi scritti egli cita moltissimi sutra differenti per spiegare la vera natura dell’esistenza umana.
Il Sutra del Loto è un insegnamento che apre la via dell’Illuminazione a tutte le persone. È l’insegnamento perfetto e completo, “il re dei sutra”, che espone la vera realtà della vita. Gli altri sutra non rivelano che tutte le persone possono conseguire la Buddità e dunque non possono descrivere la vita nella sua interezza, presentandone solo una visione parziale. Le scuole buddiste già affermate ai tempi del Daishonin consideravano complete e assolute queste scritture che presentavano solo verità parziali, mentre negavano e rigettavano il Sutra del Loto, che insegna la verità completa e universale. Il Daishonin evidenziò questo errore fondamentale, usando il linguaggio più chiaro possibile.
Per chiarire quale fosse l’insegnamento conforme al vero intento di Shakyamuni, il Daishonin richiese ogni possibile occasione di dialogo e di dibattito con le altre scuole buddiste. Era motivato unicamente dalla preoccupazione di alleviare le sofferenze della popolazione. Tuttavia, forti delle loro relazioni con il governo militare di Kamakura, i preti di quelle scuole respinsero le sue richieste di discussione e diffusero voci e false accuse che riguardavano il Daishonin, sollecitando le autorità a prendere provvedimenti contro di lui e facendolo quasi uccidere.
Nonostante ciò, nello scritto Sulla profezia del Budda, il Daishonin dichiarò: «Prego prima di ogni altra cosa di poter guidare verso la verità il sovrano e gli altri che mi hanno perseguitato» (RSND, 1, 357). In altre parole, desiderava guidare verso la Buddità i preti e i politici che lo perseguitavano. È un esempio del modo di vivere di un vero praticante del Buddismo, traboccante di compassione e tolleranza.
Questo desiderio di alleviare le sofferenze delle persone, aiutandole a diventare felici, è la base di tutte le nostre azioni in quanto membri della SGI.

[122] È perfettamente naturale che le persone di fede siano orgogliose della loro religione e vogliano condividere le loro convinzioni con gli altri. Ma nel fare ciò, devono sempre mantenere un atteggiamento umile e lo spirito di volersi migliorare, rimanere disponibili ad ascoltare le idee altrui e i punti di vista diversi dai loro, imparando dagli altri. La religione non deve diventare una fonte di odio e conflitto tra gli esseri umani.
La più grande missione e responsabilità cui sono chiamate ai nostri giorni le persone di fede, è rafforzare il loro impegno a costruire un mondo libero dalla piaga della guerra e a riunire le persone sulla base dell’obiettivo condiviso della pace e della felicità di tutto il genere umano. Per raggiungere questo scopo, è necessario che persone di fedi diverse lavorino insieme in uno spirito di cooperazione e collaborazione. Allo stesso tempo, dovrebbero impegnarsi in quello che il primo presidente della Soka Gakkai Tsunesaburo Makiguchi definì “competizione umanitaria”, ispirandosi a vicenda per contribuire al massimo al benessere dell’umanità.
Dopo aver chiarito la propria missione di realizzare la pace mondiale tramite la nuova Carta, la SGI continuò a fare grandi passi avanti come movimento religioso e umanistico globale.
L’anno seguente, nel 1996, Shin’ichi Yamamoto riprese i suoi viaggi per la pace, visitando Hong Kong nel mese di marzo e l’America settentrionale e centrale da fine maggio all’inizio di luglio.
L’8 giugno, durante il suo viaggio negli Stati Uniti, l’Università di Denver, nello stato del Colorado, gli conferì la laurea ad honorem in studi sull’educazione.
Il 13 giugno Shin’ichi tenne una conferenza al Teachers College della Columbia University a New York, in cui definì il cittadino del mondo come una persona di saggezza che riconosce l’eguaglianza e la connessione tra tutte le forme di vita, una persona coraggiosa che rispetta le differenze tra gli individui, una persona compassionevole in grado di immedesimarsi negli altri. Quelli che nel Buddismo vengono chiamati bodhisattva sono i modelli a cui fare riferimento per diventare una persona di tal genere. L’educazione altro non è che l’azione del bodhisattva, un’attività che porta benefici a se stessi e agli altri.
Il giorno successivo, Shin’ichi visitò il quartier generale delle Nazioni Unite a New York e, durante una colazione, scambiò le sue opinioni con il sottosegretario generale delle Nazioni Unite Yasushi Akashi e con gli ambasciatori delle Nazioni Unite di varie nazioni.
A partire dal 24 giugno avrebbe visitato Cuba, su invito ufficiale del ministero della cultura cubano.
Shin’ichi continuava ad agire con coraggio, perché solo attraverso l’azione è possibile aprire una nuova era.

[123] Con la fine della Guerra Fredda e il crollo dei regimi comunisti in Unione Sovietica e nell’Europa orientale, Cuba aveva perso il suo più potente sostenitore, l’Unione Sovietica. Per tale motivo, si ritrovava sempre più isolata ad affrontare dure sfide economiche e politiche. Nel febbraio del 1996 si verificò un incidente nel corso del quale l’aviazione cubana abbatté due aerei civili statunitensi; questo spinse gli Stati Uniti ad approvare un atto del Congresso (l’Helms-Burton Act) che rafforzava le sanzioni economiche contro Cuba, acuendo ulteriormente le tensioni tra i due paesi.
Shin’ichi prese una decisione in cuor suo: “Questo è esattamente il motivo per cui devo andare a Cuba, perché desidero la pace nel mondo. Ci sono delle persone anche lì… Voglio contribuire a promuovere gli scambi educativi e culturali con Cuba”.
Il 17 giugno, una settimana prima della partenza per Cuba, Shin’ichi Yamamoto incontrò l’ex segretario di stato americano Henry A. Kissinger a New York, rinsaldando la sua vecchia amicizia con lui. Il professor Kissinger condivise ciò che pensava sul miglioramento delle relazioni tra gli Stati Uniti e Cuba. Shin’ichi gli rispose: «Sono convinto che per costruire un ponte per la pace nel ventunesimo secolo siano necessarie azioni lungimiranti e mosse da solidi princìpi invece di permettere a una miope opinione pubblica e a specifici interessi di frapporsi sulla nostra strada».
I due uomini si scambiarono apertamente i propri punti di vista.
Prima di partire per Cuba, Shin’ichi volò a Miami, dove visitò per la prima volta il Centro culturale e naturalistico della SGI statunitense e partecipò alla ventunesima riunione generale della SGI, insieme ai rappresentanti di cinquantadue paesi e territori.
Il pomeriggio del 24 giugno si recò per la prima volta alle Bahamas, una nazione caraibica composta da settecento isole. All’epoca non c’erano voli diretti dagli Stati Uniti a Cuba, l’unico modo per arrivarci era viaggiare attraverso un paese terzo. Il viaggio alle Bahamas portò a cinquantadue il conto dei paesi e territori che Shin’ichi aveva visitato.
Due membri, un uomo e una donna lo stavano aspettando per salutarlo all’aeroporto. La sosta di Shin’ichi durava solo quattro ore, ma in quel lasso di tempo incoraggiò i due membri con tutte le sue energie e fece loro dono di un breve messaggio per commemorare il loro incontro:
«Anche qui esiste la SGI. Lunga vita alla SGI delle Bahamas!».

[124] Shin’ichi Yamamoto e la delegazione che lo accompagnava partirono dalle Bahamas a bordo di un jet di fabbricazione sovietica che il governo cubano aveva messo a disposizione per il loro viaggio e volarono verso l’aeroporto internazionale José Martí nella capitale cubana, L’Avana.
Quando atterrarono verso le 17:30 del 24 giugno, trovarono ad accoglierli il ministro della cultura, sua moglie e numerosi altri funzionari governativi.
Shin’ichi espresse la sua gratitudine e disse: «Pur essendo solo un privato cittadino, ciò che desidero è cercare di trasformare, grazie al coraggio e all’azione, le barriere che dividono i popoli e le nazioni. Vorrei fare del mio meglio per aprire la via alla pace nel ventunesimo secolo».
Sarebbe stato a Cuba solo tre giorni e due notti, ma aveva giurato in cuor suo di stringere legami di amicizia con quante più persone possibile. A tal fine riversò tutto se stesso in ogni evento e in ogni singolo incontro.
Alle 16:00 del 25 giugno Shin’ichi visitò l’Università dell’Avana. Nel corso di una cerimonia che si svolse nell’auditorium dell’università, il ministro della Cultura Armando Hart gli conferì la massima onorificenza del paese, la stella di primo grado dell’Ordine di Felix Varela, per i suoi contributi nell’ambito degli scambi culturali. Definendo Shin’ichi «un instancabile attivista per la pace», il ministro disse che quel riconoscimento era una manifestazione della «solidarietà delle persone che desiderano la pace».
L’Università dell’Avana gli conferì in quell’occasione anche un dottorato onorario in Lettere e Shin’ichi tenne poi una lectio magistralis dal titolo Costruire un grande ponte spirituale verso il nuovo secolo.
Durante la cerimonia, il cielo sereno si oscurò rapidamente e seguì da un acquazzone torrenziale. Un lampo balenò fuori dalle finestre dell’auditorium mentre i tuoni cominciarono a ruggire. Nella calura tropicale di Cuba, la pioggia portatrice di frescura rappresentava un sollievo, ma si trattava comunque di un temporale improvviso e violento.
Shin’ichi si diresse verso il microfono ed esordì dicendo: «Che tuoni! Sono una musica celeste, una splendida sinfonia del cielo che si congratula con il genere umano per i progressi verso la vittoria della pace.
«Che pioggia meravigliosa! Il cielo ci dice che non possiamo lasciarci sconfiggere dalle difficoltà! Dobbiamo avanzare coraggiosamente attraverso la tempesta delle avversità».
Gli spettatori applaudirono sorridendo. La sensazione che tutti percepissero una profonda condivisione e sintonia si diffuse nella sala.

[125] Durante il suo intervento, il presidente Yamamoto affermò: «Sono profondamente convinto della necessità di creare, nel nuovo millennio che inizierà con il ventunesimo secolo, una civiltà di speranza e armonia, basata sul rispetto della dignità umana».
Per raggiungere quello scopo Shin’ichi propose tre “ponti”, o strade di collegamento. Il primo consisteva nel ricominciare a considerare la vita nella sua totalità, attraverso la coltivazione di uno spirito poetico in grado di collegare l’individuo, la società e l’universo; il secondo nel riunire le persone attraverso l’empatia per la sofferenza altrui; il terzo prevedeva la concentrazione degli sforzi sull’educazione.
Quella sera all’Avana Shin’ichi fu ricevuto dal presidente cubano Fidel Castro presso il Palazzo della Rivoluzione, la residenza presidenziale. Il loro colloquio durò circa novanta minuti. Sebbene fosse noto per indossare sempre una divisa militare, quando lo accolse, sorridente, il presidente Castro indossava giacca e cravatta. Shin’ichi intuì il suo desiderio di amicizia e di pace. La loro conversazione spaziò tra molti argomenti, da come far crescere successori e individui capaci, alla politica, alla filosofia della vita e alla visione del mondo. Nella loro discussione ribadirono la necessità di concentrarsi sul potere vitale del dialogo e della cultura per realizzare la pace nel ventunesimo secolo.
Shin’ichi sottolineò come il futuro, per Cuba come per il resto del mondo, dipendesse dall’educazione. Spiegò che la SGI era un movimento di portata internazionale basato su ideali di pace che, trascendendo le differenze ideologiche, metteva al centro l’essere umano, come inevitabile conclusione ed espressione concreta della filosofia buddista secondo cui tutte le persone sono egualmente preziose e degne di rispetto.
Il presidente Castro diede un caloroso benvenuto a Shin’ichi e alla delegazione che viaggiava con lui, dichiarando il suo desiderio di adottare ogni misura positiva per promuovere gli scambi tra Cuba e il Giappone e favorire la comprensione reciproca.
Dopo il loro incontro, il presidente Castro fu insignito di un dottorato onorario da parte dell’Università Soka. Accettando l’onorificenza, Castro affermò che considerava molto importante questa visita da parte di una delegazione della SGI a Cuba, in quanto esemplificava il modo in cui l’umanesimo può contribuire alla pace. Osservando che, nonostante il Giappone fosse un paese che mancava di risorse naturali, dal territorio esiguo e soggetto a tifoni e terremoti, con la sua notevole crescita e il suo sviluppo il popolo giapponese aveva dimostrato al mondo che nulla è impossibile per gli esseri umani.
Durante quell’incontro, tra Shin’ichi e il presidente Castro si instaurò una forte e solida amicizia.

[126] Dopo la visita di Shin’ichi, gli scambi culturali ed educativi tra Cuba e il Giappone si intensificarono.
Il 6 gennaio 2007 la SGI cubana fu ufficialmente riconosciuta come ente religioso dal governo cubano nel corso di una cerimonia speciale in cui fu siglato il nuovo status.
Gli Stati Uniti allentarono gradualmente le sanzioni economiche nei confronti di Cuba e nel 2015 le relazioni diplomatiche tra i due paesi furono ripristinate.
Il 26 giugno 1996, tornando da Cuba, Shin’ichi si fermò in Costa Rica, confinante con Panama e nota come il “paradiso verde dell’America Centrale”. Era la sua prima visita nel paese, il cinquantaquattresimo che visitava. La Costa Rica aveva sancito nella sua costituzione l’abolizione di un esercito permanente e proclamato la sua “neutralità perpetua, attiva e disarmata”. Il 27 giugno Shin’ichi incontrò il presidente José María Figueres Olsen presso la residenza presidenziale nella capitale, San José, poi partecipò a un incontro con i membri della SGI della Costa Rica ai quali dedicò una poesia:

Costa Rica,
anche qui ci sono amici emersi dalla terra.
Possiate condurre vite adorne
di eternità, felicità, vero io e purezza.

Il 28 giugno ci fu la cerimonia inaugurale del primo allestimento in America latina della mostra Armi nucleari – una minaccia per l’umanità, alla quale parteciparono il presidente e la sua consorte, nonché l’ex presidente e premio Nobel per la pace Óscar Arias Sánchez, oltre a molti altri ospiti illustri.
Il luogo dell’esposizione, il Centro costaricano per la scienza e la cultura, comprendeva il Museo dei bambini; le voci felici dei bambini che giocavano lì accanto potevano essere udite dai partecipanti alla cerimonia di inaugurazione. Shin’ichi si alzò per parlare e disse sorridendo:
«Questi bambini, con le loro voci chiassose e vitali, sono l’immagine stessa della pace. È in loro che troviamo il potere di impedire le esplosioni nucleari. È in loro che troviamo la speranza. I bambini sono il simbolo della vita che continua a svilupparsi, mentre le armi nucleari rappresentano la morte e la distruzione». Shin’ichi parlò anche di sviluppare la forza della vita, un potere che supera quello delle armi nucleari e che è in grado di espandere la solidarietà tra le persone comuni per evitare la diffusione di quelle armi. Era un obiettivo importante per l’educazione umanistica e per l’educazione di tutte le persone.

[127] Nel 1997, l’anno dopo il suo viaggio nell’America centrale e del nord, Shin’ichi Yamamoto si recò a Hong Kong in febbraio, nel mese di maggio compì il suo decimo viaggio in Cina e tornò in India a ottobre. Ogni giorno era per lui una corsa contro il tempo.
Nel febbraio del 1998 visitò le Filippine e Hong Kong e nel mese di maggio di quell’anno si recò nella Corea del Sud, visitando per la prima volta la sede della SGI sudcoreana.
Nel maggio del 1999 tornò, per la terza volta, in Corea del Sud, visitando l’isola di Jeju.
Nel 2000 tornò a Hong Kong nel mese di febbraio e visitò Singapore, la Malaysia e di nuovo Hong Kong nei mesi di novembre e dicembre. Il 23 novembre incontrò a Singapore, presso la sua residenza ufficiale, il presidente S. R. Nathan, un uomo affabile e di salde convinzioni.
Nel 1974 quattro terroristi, tra cui alcuni membri dell’Armata Rossa giapponese, avevano tentato di far saltare in aria una raffineria di petrolio a Singapore, prendendo in ostaggio cinque impiegati. All’epoca il presidente Nathan era direttore del dipartimento della sicurezza e dell’intelligence al ministero della Difesa. Guidò i negoziati durante la crisi, dimostrando chiarezza di vedute e determinazione. I terroristi chiesero di essere trasportati in Kuwait insieme ad alcuni funzionari governativi giapponesi e di Singapore. S.R. Nathan si offrì volontario per salire a bordo dell’aereo come ostaggio. Quell’azione terroristica alla fine si concluse senza vittime.
La qualità più importante di un leader è essere pronto a dare il massimo e ad assumersi la piena responsabilità in qualsiasi circostanza. Nei momenti cruciali e con il passare del tempo emerge in modo evidente la vera natura di un leader, ovvero se questi considera prioritario proteggere se stesso e i propri interessi o invece proteggere i propri concittadini. L’epoca attuale ha bisogno più che mai di leader dediti alla causa comune e dotati di integrità.
Nel corso della conversazione con Shin’ichi il presidente Nathan dichiarò: «Singapore è un piccolo paese, un paese nuovo. È una nazione multietnica, plurireligiosa e dove si parlano diverse lingue. Il popolo di Singapore è riuscito ad avanzare insieme verso un obiettivo comune nonostante le circostanze difficili in cui si è trovato».
Nel senso di responsabilità di cui il presidente aveva dato prova per tutta la sua vita, Shin’ichi ebbe l’impressione di riconoscere lo spirito che aveva dato slancio allo sviluppo dinamico di Singapore.

[128] Shin’ichi chiese a Nathan di lasciare un messaggio per i giovani del ventunesimo secolo e il presidente non risparmiò gli elogi indirizzati ai giovani della Soka Gakkai: «Ho potuto ammirare le meravigliose esibizioni dei membri della Soka Gakkai di Singapore durante le parate della nostra Giornata nazionale e anche gli spettacoli dei membri della Malaysia. Sono rimasto sorpreso e colpito dal grado di coordinazione e di disciplina di cui tutti hanno dato prova, dando vita a spettacoli affascinanti. Mi sono sempre chiesto come ci riuscissero.
«La partecipazione di quei giovani inoltre è su base volontaria, e nessun altro se non loro stessi dirigono le loro attività. Le loro esibizioni mettono in pratica gli insegnamenti buddisti. Le qualità umane stanno acquistando sempre più importanza anche nella società di Singapore e la Soka Gakkai, che le ha sempre incoraggiate, sta dando un meraviglioso contributo alla nostra società e alla nostra nazione».
Shin’ichi era felice nel sentire quelle parole. Era particolarmente contento nell’avere la riprova del grado di fiducia che la Soka Gakkai si era guadagnata a Singapore e che fossero soprattutto i giovani successori ad aver concentrato su di sé l’ammirazione da parte della società. Il cuore del maestro si riempie di gioia, di piacere e di speranza nel veder crescere i giovani che si assumeranno la responsabilità dell’epoca futura, nel veder vincere i propri discepoli. Questa è la natura del legame tra maestro e discepolo.
Il giorno successivo, il 24 novembre, Shin’ichi fu insignito di una laurea honoris causa dall’Università australiana di Sydney. La consegna dell’onorificenza avvenne in un hotel del centro di Singapore, in occasione della cerimonia di laurea degli studenti di Singapore e dei paesi limitrofi che studiavano presso l’università australiana.
L’Università di Sydney era la più antica università dell’Australia; era un ateneo a vocazione internazionale, che contava circa tremila studenti stranieri, molti dei quali provenivano dai paesi asiatici, tra cui Singapore.
L’università organizzava per i suoi studenti stranieri speciali cerimonie di laurea sia a Singapore sia a Hong Kong, in considerazione del fatto che le famiglie e gli amici dei laureandi desideravano assistere al coronamento dei loro studi. Una simile sensibilità e attenzione erano espressioni di una politica universitaria centrata sugli studenti.
Concepire l’università in funzione dello studente significa costruire solide fondamenta per l’educazione umanistica.

[129] Al suono di una allegra fanfara Shin’ichi Yamamoto entrò nella sala insieme alla rettrice, alla vice rettrice e ad altri rappresentanti universitari, dopo di che ebbe inizio la cerimonia di laurea dell’Università di Sydney a Singapore.
La rettrice Leonie Kramer e la sua vice Judith Kinnear erano due famose educatrici e ricercatrici. In particolare, la professoressa Kramer era molto rispettata per i suoi contributi alla società ed era stata nominata “tesoro nazionale vivente” dell’Australia.
La vice rettrice Kinnear lesse la motivazione del conferimento di laurea e la rettrice Kramer consegnò personalmente a Shin’ichi il diploma di laurea. Vennero poi consegnati i diplomi nelle mani di quarantacinque neo laureati, chiamati per nome uno dopo l’altro. La rettrice li apostrofava con calore e gentilezza mentre consegnava loro i diplomi: «Quale sarà la sua prossima sfida?». «Per favore dia un contributo positivo alla società!». «È importante che si goda la vita mentre avanza sulla sua strada». Era una scena commovente e la rettrice ricordava una madre che incoraggiava affettuosamente i suoi figli. In quel tipo di comportamento Shin’ichi riconobbe il grande potere dell’educazione, che è ricco di amore e gentilezza.
Nel discorso di accettazione dell’onorificenza, Shin’ichi presentò l’opera di Tsunesaburo Makiguchi La geografia della vita umana, pubblicato nel 1903. Makiguchi, il fondatore del sistema educativo Soka aveva fatto riferimento all’Australia citando l’esempio della sua giacca di lana di origine australiana per spiegare che le nostre vite sono indissolubilmente collegate agli sforzi di un numero incalcolabile di persone in tutto il mondo. Shin’ichi parlò poi della morte di Makiguchi in prigione a seguito della persecuzione da parte delle autorità militariste giapponesi durante la Seconda guerra mondiale.
Shin’ichi affermò: «In un’epoca in cui imperversava l’ideologia imperialista, Makiguchi esortò a prendere coscienza dell’interdipendenza globale. Si fece promotore di una filosofia di coesistenza pacifica e creativa che avrebbe portato prosperità reciproca a tutto il genere umano.
«Sostenne inoltre che per gli esseri umani era terminata l’epoca in cui fare affidamento su ciò che ora chiameremmo “potere duro”, cioè l’uso della forza militare, politica o economica per dominare gli altri. Secondo Makiguchi era arrivata l’ora di aspirare a un mondo in cui il “potere morbido” della cultura, della spiritualità e del carattere avrebbe ispirato un impegno condiviso verso la realizzazione di opere umanistiche».
Shin’ichi nutriva la visione del ventunesimosecolo come di un’epoca all’insegna dell’umanesimo e della considerazione per gli altri, in cui si sarebbe sviluppata una coesistenza armoniosa che avrebbe permesso a chiunque di prosperare.

[130] Il 25 novembre Shin’ichi Yamamoto si recò nella scuola materna Soka di Singapore. Era la seconda volta che visitava la scuola, ma la prima nel nuovo edificio, situato a Tampines.
Due bimbi donarono un mazzo di fiori a Shin’ichi e uno a sua moglie Mineko. Shin’ichi strinse la mano a ogni bimbo, ringraziandoli tutti. Alcuni rispondevano con voci acute e gioiose, mentre altri si mostravano timidi.
«Sono così felice di incontrarvi», disse Shin’ichi.
«Ieri mi è stato mostrato un album contenente i vostri disegni. Siete tutti bravissimi».
I bambini cantarono in coro una canzone giapponese oscillando da sinistra a destra e viceversa, al ritmo della musica. Anche Shin’ichi batteva le mani a ritmo mentre loro cantavano.
«Sapete anche cantare in giapponese, che bravi!». Disse alla fine. A quelle parole i bambini si illuminarono, inorgogliti.
La direttrice della scuola, che osservava la scena, commentò: «I bambini hanno subito cambiato espressione. Erano felicissimi di essere oggetto di un tale affetto e attenzione».
Sui muri della scuola erano state esposte delle cartoline con i messaggi scritti in inglese dai bambini: «Sensei costruisce la pace nel mondo e io voglio diventare un pilota per far volare tante persone in molti paesi diversi». «Sensei lavora troppo! Lo ringrazio per i suoi sforzi e studierò al massimo delle mie forze per ricambiare il suo affetto».
Shin’ichi disse a Mineko: «Sono meravigliosi; sono un anticipo del ventunesimo secolo».
Gli sembrò che un arcobaleno di speranza si protendesse verso il futuro.
Dopo aver visitato la scuola materna, la delegazione giapponese si diresse alla sede della Soka Gakkai di Singapore, che Shin’ichi visitava per la prima volta e dove era stato organizzato un incontro per commemorare i quarant’anni del movimento di kosen-rufu in tutto il mondo. Nel suo discorso in quell’occasione Shin’ichi citò le parole di Nichiren Daishonin: «Solo i sette caratteri di Nam-myoho-renge-kyo sono il seme per conseguire la Buddità» (Il Daimoku come seme della Buddità, RSND, 2, 755).
Poi disse: «Qualunque cosa vi possa accedere, mantenete la fede nel Gohonzon e continuate a recitare Nam-myoho-renge-kyo . Condividete le vostre gioie e i vostri dolori con il Gohonzon come fareste con una madre o con un padre premurosi. Esprimete tutto ciò che avete nel cuore al Gohonzon. Il Gohonzon comprende ogni cosa».

[131] Il 26 novembre Shin’ichi Yamamoto partecipò a una conferenza congiunta con i rappresentanti della SGI di Singapore e dell’Australia.
Nel corso di quell’incontro osservò che il nome di Singapore significa “Città del Leone” e parlò del significato del leone secondo il Buddismo: «Il Budda viene descritto come un leone e la predicazione della Legge come il “ruggito del leone”. Nichiren Daishonin ha insegnato che la parola “leone” implica il significato di “maestro e discepolo”. Il Sutra del Loto insegna che i discepoli, ovvero gli esseri viventi che trascorrono la loro vita insieme al Budda, il loro maestro, possono ottenere il suo stesso nobile stato vitale».
Più specificatamente, la relazione tra maestro e discepolo o tra insegnante e studente può essere considerata un privilegio degli esseri umani, gli unici a poter creare un legame permeato di una tale spiritualità. Troviamo questo tipo di relazione ovunque le persone aspirino all’eccellenza nelle arti, nell’istruzione e in qualsiasi campo che richieda abilità altamente qualificate.
Ai giovani presenti Shin’ichi disse ancora: «Avere un maestro di vita significa avere un modello di comportamento e non vi è scena più bella di quella in cui il maestro e i discepoli lottano insieme, dedicando la loro vita al nobile ideale della pace e della felicità per tutti gli esseri umani.
«Questa lotta condivisa tra maestro e discepolo che vivono le loro vite uniti dallo stesso impegno e dallo stesso spirito è la linea di condotta che assicura lo sviluppo eterno di kosen-rufu. Se il flusso di kosen-rufu crescerà fino a diventare un fiume possente che alimenta il mondo per tutti i diecimila anni e più dell’Ultimo giorno della Legge dipenderà unicamente dai discepoli che proseguiranno il lavoro del maestro.
«Josei Toda spesso diceva: “Finché Shin’ichi è qui, non mi devo preoccupare di nulla!”. “Posso star tranquillo sapendo che ci sei tu”. Anch’io ora ho l’assoluta fiducia che, finché ci sarete voi a percorrere la via dei leoni, la via di maestro e discepolo, kosen-rufu poggia su basi solide e sicure».
Citando l’esortazione del Daishonin: «Ognuno di voi deve raccogliere il coraggio di un leone e non soccombere di fronte alle minacce di chicchessia» (Le persecuzioni che colpiscono il santo, RSND, 1, 885), Shin’ichi sottolineò inoltre che la condizione spirituale che caratterizza il “cuore di un re leone” è il coraggio.
Aggiunse: «Ciascuno di noi possiede coraggio. Il coraggio è la chiave per aprire la porta al tesoro inesauribile della felicità. Molte persone, tuttavia, hanno sigillato quella porta e si fanno trasportare dalle onde della codardia, della debolezza e dell’indecisione. Spero che tutti voi raccoglierete un grande coraggio e sconfiggerete ogni traccia di codardia nei vostri cuori, perché è questa la causa per vincere nella vita».
Il futuro appartiene ai giovani. I giovani hanno pertanto la responsabilità di trasformarsi in leoni dal cuore intrepido e di proteggere gli altri.

[132] La sera del 27 novembre, Shin’ichi Yamamoto e il suo gruppo partirono da Singapore per atterrare poi all’aeroporto internazionale di Kuala Lumpur, la capitale della Malaysia. Shin’ichi si recava nel paese per la seconda volta dopo dodici anni dalla prima visita.
In quei dodici anni, sia la società sia la Soka Gakkai della Malaysia (SGM) avevano registrato una notevole crescita. Ora a Kuala Lumpur svettavano numerosi grattacieli, tra cui le Torri Petronas costruite nel 1998, all’epoca gli edifici più alti del mondo.
Anche i Centri culturali della Soka Gakkai si erano moltiplicati, e ora era in costruzione nel centro di Kuala Lumpur un nuovo grande centro culturale di dodici piani, il cui completamento era previsto per l’anno 2001. Dei tredici stati federati della Malaysia, dodici ospitavano, o avrebbero ospitato a breve, dei Centri culturali della SGM.
Nel corso di una solenne cerimonia in suo onore, il 29 novembre venne conferita a Shin’ichi una laurea honoris causa in lettere dall’Università Putra Malaysia, uno dei principali atenei del paese. L’atmosfera alla cerimonia era pervasa da un clima di buona volontà e amicizia.
La professoressa Kamariah Abu Bakar, direttrice della facoltà di studi sull’educazione, lesse le motivazioni del conferimento e, volendo esprimere al meglio i suoi sentimenti, aveva incluso nel suo discorso alcuni versi poetici che aveva scritto lei stessa. Verso la fine del suo discorso, cominciò all’improvviso a parlare direttamente in giapponese, dicendo: «Sensei! Lei è una persona straordinaria. Possa il sogno di tutta la sua vita, la pace nel mondo, realizzarsi pienamente!».
Temendo che una traduzione dal malese al giapponese non riuscisse a trasmettere i suoi pensieri fino in fondo a Shin’ichi, si era rivolta a lui direttamente in giapponese con quelle parole che aveva appreso per l’occasione.
Haji Hamdan Bin Sheikh Tahir, rettore dell’Università Putra Malaysia e governatore dello stato di Penang, consegnò poi il diploma di dottore ad honorem nelle mani di Shin’ichi. Nella lectio magistralis Shin’ichi disse: «Un autentico dialogo, radicato in un’amicizia sincera, ha il potere di superare ogni differenza etnica, i confini nazionali e gli interessi personali, e di abbattere i muri che dividono i popoli.
«È della massima importanza avanzare in uno spirito di cooperazione sul sentiero della tolleranza, della convivenza e della creatività, rispettando al contempo la diversità e valorizzando al meglio queste differenze. L’amicizia che si consolida attraverso gli scambi educativi è in particolare lo scudo più potente in difesa della pace e della felicità umana».

[133] Shin’ichi Yamamoto percepiva un significato profondo nel conferimento di quel titolo onorario da parte dell’Università Putra Malaysia. L’Islam è la religione ufficiale della Malaysia, ma una delle università nazionali riconosceva proprio a lui, un buddista, un tale onore.
Era la riprova del fatto che quando gli esseri umani si basano sulla comune preoccupazione di diffondere la pace e la felicità, possono trascendere le differenze religiose e sviluppare empatia e comprensione reciproca. Era anche una testimonianza della natura tollerante dell’Islam. Il dialogo tra persone di fedi e culture diverse sarebbe diventato un elemento sempre più importante nel ventunesimo secolo per riuscire a porre fine a un’epoca di divisioni e ostilità. In seguito, nel 2009, Shin’ichi fu insignito di un’altra laurea honoris causa in scienze umanistiche dall’Università Open della Malaysia e, nel 2010, dall’Università di Malaya.
Il 30 novembre 2000 Shin’ichi incontrò il primo ministro malese Mahathir Mohamad per la seconda volta, presso i suoi uffici.
Basandosi sulla convinzione comune che i giovani fossero il tesoro dell’umanità, i due uomini rafforzarono a vicenda la fiducia e le speranze che entrambi nutrivano per il futuro.
Il primo dicembre Shin’ichi visitò per la prima volta la scuola materna Soka della Malaysia (Tadika Seri Soka), poi partecipò a una riunione dei rappresentanti della Soka Gakkai malese presso il Centro culturale della SGM per celebrare i quarant’anni dell’inizio del viaggio di kosen-rufu in tutto il mondo.
Quando entrò nella sala, Shin’ichi fu accolto da applausi entusiastici.
La SGM stava crescendo a un ritmo sorprendente. Poco prima che arrivasse Shin’ichi, Koe Hau Fan, direttore generale della SGM, aveva dichiarato: «Amici miei, abbiamo realizzato un eccezionale successo!».
Negli ultimi anni, i membri della SGM erano stati coinvolti in molte attività di diffusione della cultura buddista. A un evento internazionale, circa cinquemila membri avevano inscenato spettacolari composizioni mobili con i cartelli sugli spalti di uno stadio, componendo collettivamente una scritta dietro l’altra.
I giovani avevano eseguito numeri di ginnastica in gruppo e avevano partecipato a una parata in onore dell’indipendenza della Malaysia. Erano stati anche organizzati dei festival culturali allo scopo di raccogliere fondi per beneficenza, ampiamente riconosciuti come un contributo positivo alla società. I membri dei Gruppi donne e giovani donne avevano organizzato un congresso sul ruolo delle donne nel processo di pace, una pietra miliare nel secolo delle donne. Tutte queste attività erano motivate dal profondo senso di missione dei compagni di fede malesi, che volevano dimostrare che i praticanti buddisti mettono in pratica il principio secondo cui “il Buddismo si manifesta nella società”. Il direttore generale Koe disse: «Tutto questo è frutto della nostra lotta sincera e della nostra buona volontà nel considerare ogni momento come decisivo».
Quel giorno, nel suo discorso Shin’ichi sottolineò che i tesori del cuore non vengono mai distrutti nelle tre esistenze di passato, presente e futuro, e che il palazzo della vera felicità è racchiuso dentro di noi.
Infine, fece dono ai membri malesi di una poesia:

Malaysia,
del mondo sei la suprema capitale
della vittoria.

[134] Proseguendo nel suo itinerario di incoraggiamenti, Shin’ichi si spostò a Hong Kong, che sarebbe stata l’ultima tappa dei suoi viaggi intorno al mondo per il ventesimo secolo.
Il 4 dicembre 2000 partecipò alla riunione esecutiva dei responsabili della SGI di Hong Kong e della vicina Macau presso il Centro culturale di Hong Kong. Per commemorare quella visita, la sua ventesima nell’ex colonia, dedicò ai partecipanti una poesia:

Grido allegramente “evviva”
nella mia ventesima visita
per kosen-rufu a Hong Kong!

Lasciando affiorare i ricordi delle sue visite precedenti, la prima delle quali aveva avuto luogo nel gennaio del 1961, parlò dei grandi sforzi di Chow Chi Kong, un pioniere che aveva svolto un ruolo chiave nei primi tempi dello sviluppo locale di kosen-rufu.
«Ogni tre o quattro giorni Chow scriveva delle lettere per incoraggiare i compagni di fede sparsi tra Singapore, la Malaysia e altri paesi asiatici. Se sorgeva qualche problema, la frequenza delle sue lettere si intensificava e ne scriveva una ogni due giorni e talvolta persino una al giorno.
«Sebbene fosse molto impegnato nel lavoro come amministratore di un’azienda commerciale, fu attivo non solo come figura centrale dell’organizzazione di kosen-rufu a Hong Kong, ma continuò a scrivere lettere di incoraggiamento ai membri in varie parti dell’Asia. Dev’essere stato uno sforzo incredibile per lui. Eppure le lettere che scriveva erano piuttosto lunghe, spesso cinque o anche dieci pagine».
A quell’epoca non tutte le persone avevano il telefono a casa e ovviamente internet non esisteva ancora. Chow si sforzò instancabilmente per continuare a incoraggiare i compagni di fede. Shin’ichi continuò: «In una lettera a un altro responsabile, scrisse: “È fondamentale creare più occasioni possibili per instaurare dialoghi sinceri con i membri, da cuore a cuore. Ciò è possibile solamente andando a trovare i membri a casa loro. Questo permette di parlare in modo aperto e rilassato, favorendo l’instaurarsi di stretti legami e aumentando la reciproca fiducia. È facile a dirsi, ma è difficile da mettere in pratica”».
Le organizzazioni sono come il corpo umano, il quale non può funzionare correttamente senza una buona circolazione sanguigna. Le visite a domicilio e gli incoraggiamenti personali fanno circolare la linfa vitale della fede e il calore umano in tutta l’organizzazione. È il motivo per cui l’organizzazione della Soka Gakkai, fondata su princìpi umanistici, si è potuta sviluppare ai livelli attuali. Che si tratti di individui o di organizzazioni, il “segreto” per crescere e svilupparsi in modo dinamico è dare valore a ogni individuo, prendersi cura di ognuno in modo premuroso, sforzarsi costantemente di dialogare e incoraggiare gli altri.

[135] Nel corso della riunione esecutiva di Hong Kong e Macao, Shin’ichi parlò della luminosa storia del movimento di kosen-rufu a Hong Kong: «I miei viaggi per realizzare la predizione del Daishonin, secondo cui il Buddismo si sarebbe di nuovo diffuso a occidente, sono iniziati proprio qui a Hong Kong. Non solo, quando mi sono recato in Cina la prima volta, dalla fine di maggio alla metà di giugno del 1974 per costruire un aureo ponte di amicizia tra Cina e Giappone, sono partito sempre da Hong Kong.
«L’Università cinese di Hong Kong è stata inoltre la prima delle settantatré università con cui l’Università Soka ha iniziato a intraprendere scambi accademici ed educativi. La prima scuola materna Soka al di fuori del Giappone è stata quella di Hong Kong, aperta nel 1992».
Shin’ichi incoraggiò energicamente i membri di Hong Kong e Macau a dedicare la loro vita alla loro grande e nobile missione anche nel ventunesimo secolo.
All’inizio di quell’anno, nel febbraio del 2000, era stato completato il tanto atteso Auditorium nel Giardino Soka dell’Albero della Bodhi in India, il quale aveva ospitato il 26 novembre, alcuni giorni prima dell’arrivo di Shin’ichi a Hong Kong, un incontro generale della Bharat Soka Gakkai, l’organizzazione della SGI in India e lì era stato celebrato il settantesimo anniversario della fondazione della Soka Gakkai. Il Buddismo del sole di Nichiren Daishonin ora brillava in India, la Terra della Luna, e iniziava a illuminare la società indiana. Shin’ichi aveva la sensazione che il sentiero appena aperto di kosen-rufu, nel ventunesimo secolo sarebbe diventato una via maestra, in Asia e nel resto del mondo.
La sera del 5 dicembre, Shin’ichi e Mineko furono invitati a cena nella residenza ufficiale della segretaria generale di Hong Kong, Anson Chan.
Nel 1993, quando Hong Kong si trovava ancora sotto il dominio britannico, Anson Chan era diventata la prima donna a essere nominata “segretario generale”, una posizione seconda solo a quella del governatore. Dopo la riconsegna di Hong Kong alla Cina nel 1997, aveva continuato l’attività amministrativa in qualità di segretaria generale della Regione amministrativa di Hong Kong, la posizione più prestigiosa dopo quella di capo dell’Esecutivo.
Le opere di sua madre, la famosa pittrice cinese Fang Zhaoling, erano state esposte durante una mostra al Museo Fuji di Tokyo e avevano riscosso grande successo. Era stato Shin’ichi, fondatore del museo, a proporre la mostra. Nel 1996 Shin’ichi, insieme ad Anson Chan e a sua madre, era stato insignito di una laurea ad honorem dall’università di Hong Kong, e da allora aveva continuato a mantenere vive le relazioni con loro.
Shin’ichi, sua moglie e il resto della delegazione giapponese furono accolti con calore dalla famiglia Chan e dagli altri ospiti ed ebbero un fruttuoso scambio di opinioni basato sul desiderio della prosperità futura di Hong Kong e della Cina.
Dalle finestre si poteva ammirare il panorama notturno di Hong Kong, noto come la “vista da un milione di dollari”.

[136] Il 7 dicembre 2000 Shin’ichi partecipò alla cerimonia di laurea dell’Università cinese di Hong Kong, dove fu insignito della laurea honoris causa in scienze sociali. Era il primo giapponese a ricevere un’onorificenza da quella istituzione.
Nel 1992, quando quello stesso ateneo lo aveva nominato “illustre professore esterno” aveva tenuto una conferenza dal titolo La tradizione umanistica cinese.
L’8 dicembre Shin’ichi tornò in Giappone, e da Hong Kong si diresse direttamente a Osaka, la porta del Kansai sempre vittorioso.
Osaka era il primo posto in cui si era recato dopo essere stato nominato presidente della Soka Gakkai nel maggio del 1960. Era anche il motivo per cui voleva finire in quella città il suo viaggio di incoraggiamenti a conclusione del ventesimo secolo. Voleva inoltre aprire la porta al ventunesimo secolo insieme ai suoi amati compagni del Kansai, che avevano condiviso con lui gioie e sofferenze, e forgiato insieme a lui uno spirito invincibile.
I volti dei membri del Kansai “sempre vittorioso” risplendevano di luminosa vitalità.
Il 10 dicembre Shin’ichi partecipò a una riunione dei rappresentanti della regione. Nel discorso che pronunciò in quell’occasione, espresse la fiducia che il nuovo secolo sarebbe stato il secolo delle donne, aggiungendo che sperava che il Kansai sarebbe stato all’avanguardia nel realizzare quella visione. Chiese inoltre agli uomini di fare attività insieme ai giovani uomini; alle donne chiese di unirsi alle giovani donne, facendo tutto il possibile per sostenere, curare, incoraggiare e far crescere i giovani.
Il 14 dicembre si tenne presso il Toda Memorial Hall a Toyonaka, nella regione di Osaka, la riunione dei responsabili di centro in concomitanza con la riunione dei rappresentanti del Kansai e con la riunione generale delle donne del Kansai. Era l’ultimo, importante incontro del 2000, che segnava la nuova partenza dell’organizzazione per il ventunesimo secolo.
«Dal prossimo anno, il 2001, inizieremo la seconda serie di sette campane, mirando al 2050!». Riferendosi alla nuova serie di sette periodi di sette anni che avrebbero segnato un nuovo e dinamico sviluppo, Shin’ichi esortò i membri a impegnarsi insieme, consolidando una rete di solidarietà tra le persone comuni, per rendere il ventunesimo secolo un secolo di umanesimo e di pace.
Osservò inoltre che le donne stavano assumendo ruoli guida in tutto il mondo: «L’epoca attuale si sta evolvendo velocemente. Nel futuro, potranno prosperare solo le società e le organizzazioni che rispettano e apprezzano le donne.
«Il Daishonin afferma che “Una figlia apre la porta”, indicando che sono le donne ad aprire le porte del futuro. Saranno le donne, specialmente i membri del Gruppo giovani donne, ad aprire le porte della fortuna, della speranza e della vittoria eterna, per lo sviluppo eterno di kosen-rufu».
Da allora le donne e le giovani donne, impegnandosi insieme in armoniosa unità, si sono sforzate di espandere il più possibile la rete degli incoraggiamenti e dei dialoghi. I loro sforzi sono diventati la nuova forza trainante di kosen-rufu nel ventunesimo secolo.

[137] L’anno 2001, designato dalla Soka Gakkai “Anno della vittoria completa nel nuovo secolo”, iniziò ricco di promesse. Rappresentava la partenza verso un ventunesimo secolo di speranza, verso il terzo millennio. Shin’ichi Yamamoto dedicò ai membri una poesia che fu pubblicata sull’edizione di Capodanno del Seikyo Shimbun:

Ora che si apre il nuovo secolo, il nostro nuovo palcoscenico
è il mondo intero.
Rinfocoliamo la fiamma
della determinazione nei nostri cuori!

Il 2 gennaio Shin’ichi compiva settantatré anni. Il suo obiettivo era di completare le fondamenta di kosen-rufu in tutto il mondo tra i settanta e gli ottant’anni.
Il 3 maggio si tenne la tanto attesa cerimonia di inaugurazione del campus dell’Università Soka negli Stati Uniti. Costruito ad Aliso Viejo, nella Contea di Orange in California, il nuovo ateneo aveva la missione di educare cittadini del mondo che avrebbero portato avanti la missione di realizzare la pace mondiale. Yoshinari Yabuki, uno dei primi diplomati delle scuole superiori Soka e anche uno dei primi laureati dell’Università Soka in Giappone, ne fu nominato rettore.
Shin’ichi inviò un messaggio che trasmetteva la sua commozione e che fu letto durante la cerimonia. In esso, egli indicava quattro principi accademici a cui l’università si sarebbe dovuta attenere:

  • Formare leader di grande cultura nella comunità.
  • Formare leader e modelli di umanesimo nella società.
  • Formare leader e modelli di pacifismo per il mondo.
  • Formare leader per la convivenza creativa tra natura ed esseri umani.

L’11 settembre 2001, quattro aerei passeggeri negli Stati Uniti subirono un dirottamento. Due di questi andarono a schiantarsi contro le torri gemelle del World Trade Center di New York e un altro contro il Pentagono, il quartier generale del ministero della difesa degli Stati Uniti. Il quarto si schiantò mentre si trovava ancora sulla rotta verso il bersaglio. Sono gli eventi noti come gli attentati terroristici dell’11 settembre, che portarono al tragico bilancio di circa tremila morti e più di seimila feriti. Il governo degli Stati Uniti attribuì l’azione terroristica a un gruppo di estremisti islamici e dichiarò guerra al terrorismo, dando inizio  a operazioni militari in Afghanistan, dove si pensava che si nascondessero i mandanti degli attentati. Dopo l’11 settembre si verificarono numerosi altri atti terroristici, anche a opera di attentatori suicidi, in Europa e altrove.
A prescindere dai princìpi a cui si aderisce e dal fatto che si tratti di una causa giusta, il terrorismo, che priva persone innocenti della vita, è inaccettabile.
Dopo l’attacco dell’11 settembre la SGI statunitense creò immediatamente un centro di coordinamento delle misure di emergenza e si impegnò a fare tutto quanto era in suo potere per aiutare le persone colpite, dal supporto diretto nelle attività di soccorso alla raccolta di donazioni. Successivamente, si impegnò attivamente nel dialogo interreligioso per promuovere la tolleranza e la comprensione.
Lavorare per la pace, protestare contro la guerra e porre fine alla violenza è un percorso che trascende il dogma religioso, è il percorso comune degli esseri umani. In origine, la religione esiste per affrontare e risolvere tali problemi.

[138] Dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre, sia durante i suoi incontri con le personalità di tutto il mondo sia nelle interviste che rilasciava ai giornali giapponesi, Shin’ichi Yamamoto ribadiva la necessità di creare un’opinione pubblica a sostegno della pace. Era questo il momento giusto per chiamare a raccolta energicamente le voci a favore del dialogo.
Nella proposta di pace dell’anno successivo, pubblicata il 26 gennaio 2002, giorno dell’anniversario della fondazione della SGI, egli sostenne che il dialogo tra le civiltà è cruciale per l’umanità nel ventunesimo secolo e ribadì la necessità di sforzi internazionali coordinati dall’ONU per prevenire il terrorismo. Sostenne inoltre che per porre fine al terrorismo e salvaguardare la sicurezza umana, il mondo intero doveva unire le forze per concentrarsi sui diritti umani, sull’eradicazione della povertà e sul disarmo.
Shin’ichi percepiva che era giunto il momento che i membri della Soka Gakkai di tutto il mondo si unissero per dar vita a un nuovo grande corso per la pace. Il cammino che conduce alla pace è sempre impervio. Una pace duratura rappresenta il supremo anelito dell’umanità, ma rimane un obiettivo ancora irrealizzato e difficile da conseguire. Proprio per questo motivo la Soka Gakkai ha fatto la sua apparizione in questo mondo. Per questo motivo si è sviluppato il Buddismo del Daishonin, che fornisce la pratica tramite cui realizzare la rivoluzione umana. Attraverso il dialogo possiamo costruire una grande rete di cittadini comuni che operano insieme nel segno dell’amicizia e della fiducia. L’unico modo per creare una pace duratura è sviluppare un’educazione che insegni i valori umani e una filosofia di vita positiva. Dobbiamo fare del ventunesimo un secolo di rispetto della vita, un secolo di educazione umanistica. Il 12 novembre 2001 i responsabili di centro si riunirono presso il Toda Memorial Hall di Sugamo, a Tokyo, per commemorare il 18 novembre, la giornata della fondazione della Soka Gakkai. In concomitanza, si teneva la prima riunione generale del Kansai nel nuovo secolo, la riunione generale dello Hokkaido e la riunione celebrativa del cinquantesimo anniversario della fondazione dei Gruppi giovani uomini e giovani donne.
Durante il suo intervento Shin’ichi ringraziò tutti i membri per i loro sforzi e li esortò a procedere coraggiosamente, determinati a non farsi mai sconfiggere. Chiese loro di basarsi sempre sulla fede e di andare avanti indipendentemente dalle circostanze della vita. Questo era lo spirito dei praticanti del Buddismo del Daishonin. Poi si rivolse ai giovani con il desiderio di passare loro il testimone: «Nello sviluppo di kosen-rufu la questione vitale è se esistano veri discepoli». La grande impresa di kosen-rufu non può essere compiuta in una sola generazione. Essa si realizza soltanto quando quella missione viene trasmessa dal maestro ai discepoli, che a loro volta la trasmettono ai discepoli delle generazioni future.

[139] La voce di Shin’ichi vibrava risoluta: «Non dimenticherò mai quello che Josei Toda disse a un incontro dei giovani del gruppo Suikokai: “Se solo c’è un nucleo di giovani, anzi, se solo c’è un unico vero discepolo, kosen-rufu si realizzerà sicuramente”.
«Chi è quell’unico vero discepolo? Chi ha dato la sua vita per diffondere il Buddismo di Nichiren Daishonin in tutto il mondo, fedele agli insegnamenti di Josei Toda? Posso dire con orgoglio e convinzione di essere io.
«Il mio desiderio è che voi, miei giovani amici, portiate avanti e trasmettiate il nobile spirito dei primi tre presidenti della Soka Gakkai rimanendo in eterno fedeli al legame tra maestro e discepolo. Chi di voi riuscirà a fare questo sarà un vincitore assoluto. Questa è anche la via fondamentale per assicurare l’eterno successo della Soka Gakkai nel ventunesimo secolo. È il modo in cui adempiere al grande voto di kosen-rufu e creare una pace mondiale duratura.
«Conto su di voi, membri dei Gruppi giovani uomini, giovani donne e studenti! Conto sui giovani Soka di tutto il mondo!».
Le voci dei giovani che rispondevano con entusiasmo risuonarono in tutta la sala.
I ritratti di Tsunesaburo Makiguchi e di Josei Toda, il primo e il secondo presidente della Soka Gakkai, erano appesi alle pareti sul fondo della stanza. A Shin’ichi sembrava che entrambi sorridessero e annuissero in segno di approvazione, osservando con affetto i giovani e tutti i presenti, avvolgendoli nel loro sguardo compassionevole.
In cuor suo, Shin’ichi rivolse un appello ai giovani: “Andiamo avanti insieme! Lottiamo finché avremo vita. Avanziamo con fiducia e vigore facendo risuonare alto il suono della seconda serie delle sette campane”.
Dentro di sé, Shin’ichi aveva chiara la visione dei giovani di Soka che, come giovani aquile maestose, si libravano nella luce dell’alba del terzo millennio. Li vedeva volare in alto, in un flusso ininterrotto, verso gli immensi cieli del mondo.
Erano le schiere degli innumerevoli Bodhisattva della Terra, la cui vita era votata ad adempiere in eterno la missione di kosen-rufu.

Terminato il 6 agosto 2018, presso il Training center di Nagano.

Dedicato al fondatore della Soka Gakkai Tsunesaburo Makiguchi; al mio maestro, il secondo presidente della Soka Gakkai Josei Toda; e ai miei preziosi compagni di fede in tutto il mondo, nobili emissari del Budda.

Daisaku Ikeda

 

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