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Il volo della farfalla - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

7 dicembre 2025 Ore 16:29

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Il volo della farfalla

Sara Brilli, Roma

Preparai la coreografia sul mistero di nascita e morte. Raccontavo di una farfalla che uscendo dal bozzolo balla, vola, esprime il suo massimo potenziale e poi muore. Volevo esprimere l’impermanenza della vita non come sofferenza, ma come gioia. Fare proprio quella coreografia non fu un caso

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Preparai la coreografia sul mistero di nascita e morte. Raccontavo di una farfalla che uscendo dal bozzolo balla, vola, esprime il suo massimo potenziale e poi muore. Volevo esprimere l’impermanenza della vita non come sofferenza, ma come gioia. Fare proprio quella coreografia non fu un caso

Ho sognato di ballare da quando ero nella culla, a sette anni studiavo danza e appena ho potuto sono scappata da casa per inseguire il mio sogno. Ma nel 2009 pensavo che la mia vita artistica fosse finita. Insegnavo danza, ma non ballavo più. Un giorno il gruppo degli artisti di Roma mi chiese di partecipare a una coreografia per l’inaugurazione della mostra promossa dalla Soka Gakkai “I semi del cambiamento”. Quell’esperienza mi dette nuovamente la voglia di rimettermi in gioco, ma non sapevo come. Nello stesso periodo per una storia d’amore chiesi un consiglio sulla fede. La persona con cui parlai fra le altre cose mi disse di coltivare le mie attitudini per far sbocciare la vera Sara.
Se Sara è una ballerina deve diventare una grande ballerina. La missione è manifestare al massimo il nostro potenziale così come siamo. Questo incoraggiamento fu determinante e mi chiarì i miei obiettivi. Nello stesso periodo mi fu offerta la responsabilità di gruppo che accettai. Poco dopo la storia d’amore, che più che altro era una pericolosa dipendenza affettiva, finì.
Sentii che la mia vita stava sbocciando ed ebbi subito una prova: un amico mi parlò di una nuova disciplina, la pole dance, e mi mostrò un video di una grande artista internazionale. Si tratta di una forma di danza acrobatica che prevede l’utilizzo di una pertica. Mi folgorò, mi fece tornare la voglia di rimettermi in gioco e iniziai a cercare una scuola a Roma, anche se sapevo che in Italia era praticamente sconosciuta. Dedicai anima e corpo a questa meravigliosa arte sentendo un fuoco acceso dentro di me.
Il 2010 fu un anno fondamentale. Mentre mi allenavo costantemente con grande passione venne organizzato a Roma il primo campionato italiano di pole dance. Partecipai e vinsi. Che gioia! Ma la cosa più grande è stata che come campionessa italiana avrei partecipato al campionato mondiale che si sarebbe svolto a dicembre a Tokyo, proprio dove si trova la sede della Soka Gakkai Internazionale! Sentii il potere del Daimoku e della rete di protezione che si crea recitando.
Per la trasferta mi avrebbe dovuto sostenere la Federazione italiana che però non aveva i fondi necessari per il biglietto aereo e neanche io li avevo. Mio fratello Federico era così entusiasta della mia vittoria che decise di accompagnarmi e mi pagò il biglietto. Da poco aveva vinto un premio per una bellissima fotografia, così feci la richiesta per fargli avere l’accredito come fotografo del mondiale, che fu accolta.
Preparai la coreografia sul mistero di nascita e morte. Raccontavo di una farfalla che uscendo dal bozzolo balla, vola, esprime il suo massimo potenziale e poi muore. Volevo esprimere l’impermanenza della vita non come sofferenza, ma come gioia.
Fare proprio quella coreografia non fu un caso. La mattina del primo novembre 2010, un mese prima di partire, improvvisamente e in maniera del tutto inaspettata Federico, mio fratello, mio amico, mio grande sostenitore, non si è più svegliato.
Ero sotto choc, ma il Buddismo mi dette una grande forza. Avrei potuto trasformare il mio dolore anche se era difficile immaginare di colmare un vuoto così grande. La forza del Daimoku mi permetteva di andare avanti, seguire il mio ideale e dimostrare a me stessa e a Federico che potevo farcela, apparentemente sola, ma non sola. Lui non c’era ma lo sentivo vicino a me in un’altra dimensione, la morte a volte può avvicinare ancora di più. Ho capito che la vita è infinita e ha un valore inestimabile. Partii per Tokyo e Federico non mi lasciò sola in quel viaggio. La ragazza di cui era innamorato, anche lei fotografa, decise di accompagnarmi in Giappone e con la macchina fotografica di Federico scattò le foto del campionato.
Al Centro culturale di Tokyo ricevetti un grande incoraggiamento: «Nessuno si perde, siamo tutti connessi, in particolare il legame familiare tra fratello e sorella è molto profondo e lo stato vitale di uno influenza quello dell’altra. Se tu sei felice lui è felice. Sii felice nonostante tutto». Non sentii subito questa felicità ma allo stesso tempo feci tesoro del consiglio ricevuto. Non dovevo smettere di lottare perché attraverso la lotta per la mia missione terrena avrei continuato a fare del bene a me stessa, a Federico, alla mia famiglia e in futuro avrei potuto incoraggiare le persone che come me, avrebbero sofferto nel perdere una persona cara.
Dopo il Mondiale le lotte interiori ed esterne erano fortissime, sul lavoro tante persone cercavano di mettermi il bastone tra le ruote. Desideravo solo ballare la pole dance, ma la società con cui lavoravo rendeva tutto difficile pagandomi molto poco e non valorizzando il mio lavoro e i miei sforzi. Il loro obiettivo era solo quello di fare soldi sfruttando il più possibile artisti, come me, che erano con loro.
E il grande vuoto interiore per la perdita di Federico non mi faceva più vivere con gioia.
Nel febbraio 2011 insieme ad altre ragazze mi chiamarono per fare un’esibizione per Sanremo. Doveva essere un’esperienza bellissima invece mi sentivo una marionetta, eseguivo quello che mi dicevano di fare ma avevo un grande vuoto dentro. Anche perché mi sentivo trattata con durezza nonostante il momento che stavo attraversando e la mia infinita sofferenza. L’aspetto umano in quel momento non esisteva.
Tornando decisi che dovevo avere ancora più fiducia nella mia Buddità. Il risultato fu che mi sganciai da tutte le organizzazioni di pole dance per essere veramente me stessa ed esprimere al massimo il mio potenziale. Comprai dei pali per allenarmi e insegnare la pole e lottai per far emergere la mia vera natura. Una compagna nella fede mi disse che il demone della morte è il demone più potente, è il demone che toglie la gioia. Mi era sempre più chiaro che dovevo far Daimoku per illuminare il vuoto lasciato da Federico, creare con lui un nuovo rapporto e dare una nuova opportunità alla mia vita di gioire. È stato molto difficile. Ad agosto c’era un campionato mondiale a Rio de Janeiro ed ero completamente sola a prepararlo. Non vinsi il premio, ma l’entusiasmo del pubblico fu pazzesco e quel mondiale mi portò notorietà e lavoro.
Purtroppo quella felicità nel cuore, di cui mi avevano parlato in Giappone, ancora non la sentivo.
Iniziai a insegnare pole dance, cominciai con quattro ragazze, poi dieci, venti e oggi ho settanta allieve al mese!
Prima di arrivare a questo risultato ho affrontato tante altre sfide. Federico – grande sostenitore delle missioni in Africa – aveva lasciato dei fondi all’organizzazione laica di cui faceva parte. Io e la mia famiglia siamo stati invitati in Zambia a inaugurare la scuola a lui dedicata.
Al rientro ho partecipato a un altro campionato italiano in cui sono arrivata seconda, ma ancora una volta la vittoria fu che ebbi molte proposte lavorative. Il successivo campionato europeo fu decisivo per farmi capire che la via dei campionati doveva finire. Il mio percorso per “essere riconosciuta” era terminato. Era arrivato il momento di esprimere la mia passione come artista, fuori dalle competizioni. Questa decisione è stata il mio vero cambiamento, da lì ho capito l’importanza di essere me stessa e qual era la mia missione. Mi sentivo libera e finalmente provavo una grande gioia. Gioia in ogni cosa e la mia vita si aprì.
Vivevo in un bilocale – una stanza con cucina e un bagnetto con la porta rotta – che ho sempre offerto per le riunioni. Ricordo un meeting in cui eravamo diciassette giovani donne! Ora vivo in una casa molto più grande, enorme, con due bagni, uno anche per gli ospiti!
Uno dei miei più grandi desideri era che se ci fosse stato un programma in tv per insegnare la pole dance dovevo farlo io. La telefonata per fare un provino in Rai è arrivata proprio in quei giorni. Al provino piaccio come artista ma soprattutto come persona. Mi parlano del format della trasmissione che sarà su Rai Uno. Si può fare è il titolo del programma che sarà in prima serata. I professionisti selezionati faranno vedere la loro disciplina che poi dovranno insegnare, in soli tre giorni, ad allievi speciali, dei vip. Mi prendono e Carlo Conti mi vuole nella prima serata. È la mia più grande vittoria. Tutto ha avuto un senso. La cosa incredibile e meravigliosa è che anche prima che mi prendessero sapevo che avevo vinto. Durante il programma si è realizzato un altro sogno: ho fatto in diretta una bandiera con Yuri Chechi, che era uno dei miti di Federico! Da allora davanti al Gohonzon una sola promessa: provare gioia così come sono. L’importante è non smettere mai di credere, di rideterminare ogni istante e non scordarsi mai che la vita è gioia!

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