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Il tempo prezioso dell'apprendimento - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 10:32

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    Il tempo prezioso dell’apprendimento

    Raffaele Mantegazza, professore associato di Pedagogia interculturale presso la facoltà di Scienze dell’educazione dell’Università di Milano Bicocca, ha presenziato a molte conferenze e incontri organizzati dall’Istituto Buddista Italiano. Un rapporto iniziato nel 2000 quando fu invitato alla presentazione della mostra sui “Costruttori di pace” nel comasco e proseguito con il viaggio in Giappone alla scoperta del sistema educativo proposto dalla Soka Gakkai. Da qualche anno cura un progetto di studio denominato “pedagogia della resistenza”. Ha pubblicato numerosi libri tra cui Filosofia dell’educazione, Pedagogia della morte, Pensare la scuola con Gabriella Severo e il recente Il colore del grano. I bambini e la natura

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    Raffaele Mantegazza, professore associato di Pedagogia interculturale presso la facoltà di Scienze dell’educazione dell’Università di Milano Bicocca, ha presenziato a molte conferenze e incontri organizzati dall’Istituto Buddista Italiano. Un rapporto iniziato nel 2000 quando fu invitato alla presentazione della mostra sui “Costruttori di pace” nel comasco e proseguito con il viaggio in Giappone alla scoperta del sistema educativo proposto dalla Soka Gakkai. Da qualche anno cura un progetto di studio denominato “pedagogia della resistenza”. Ha pubblicato numerosi libri tra cui Filosofia dell’educazione, Pedagogia della morte, Pensare la scuola con Gabriella Severo e il recente Il colore del grano. I bambini e la natura

    Qualche anno fa ha visitato le scuole Soka. Che cosa ha visto e che cosa l’ha sorpreso?
    In realtà ho avuto una conferma di ciò che mi aspettavo: ragazzi molto felici. Contenti di apprendere. Spesso le scuole sono posti un po’ tristi, in cui i ragazzi non riescono a esprimere le loro reali emozioni. Soprattutto al liceo mi ha colpito la capacità di accogliere e di non far sentire estranei i visitatori. Molto spesso nelle scuole quando arriva un ospite lo salutano in due o tre studenti, al seguito del preside. Invece nel liceo Soka che ho visitato avevano organizzato un piccolo concerto e uno studente di quindici anni si era anche cimentato in un tema in lingua italiana.

    E della Università Soka invece cosa le è rimasto impresso?
    Mi è sembrato di vedere ragazzi che a questo stesso entusiasmo univano anche una certa serietà, un aspetto più istituzionale nel senso più positivo del termine. Per esempio, a conclusione della lezione magistrale che ho tenuto davanti al consiglio di facoltà sono venuti a stringermi la mano uno per uno tutti gli studenti presenti. Mi è sembrata una ritualità non formale: un modo di presentarsi rispettoso del luogo in cui si studia.

    Cosa l’ha spinto a visitare le scuole Soka?
    Insegnando Pedagogia interculturale sono molto interessato a realtà extra europee, per vedere come viene sviluppata l’educazione dei più giovani nel resto del mondo. Negli ultimi anni sono stato anche in Senegal, Kosovo, Romania, oltre che in Giappone. Con la Soka Gakkai avevo già avuto contatti per conferenze e incontri nelle scuole italiane. Così è nata la possibilità di visitare il Giappone, un posto molto suggestivo che non conoscevo, ed entrare più da vicino nella realtà delle scuole fondate dal presidente Ikeda.

    Quali altre realtà pedagogiche ha conosciuto?
    In Senegal ho visto un villaggio mobilitarsi a favore dell’educazione. Il direttore della scuola elementare andava di capanna in capanna a dire al capofamiglia: «Se mandi le tue figlie a scuola io ti regalo una capra». In quel caso l’educazione è considerata un bene fondamentale. Non come merce di scambio, come potrebbe sembrare, bensì come un bene per cui si mettono a disposizione le poche risorse del villaggio, purché i bambini vadano a scuola. In Kosovo è stata un’esperienza traumatica. La guerra era appena finita – il giorno prima del nostro arrivo c’era stato un massacro. Mi ha colpito moltissimo il campo profughi nella zona più inquinata di Pristina, dove era stata deportata la popolazione rom, odiata da tutte le altre etnie coinvolte nel conflitto. La prima cosa che hanno chiesto i rom è stata una scuola. I bambini che arrivavano a piedi nudi prima di entrare in classe si volevano lavare i piedi (il campo era immerso nel fango), nonostante il maestro cercasse di dissuaderli. Era inverno e l’acqua era gelida. La scena di questi bambini poverissimi che facevano il gesto di togliersi il fango dai piedi scalzi mi ha impressionato moltissimo. Una lezione da importare anche nelle scuole italiane: il rispetto per il luogo in cui si studia. Se entrando in una moschea ci togliamo le scarpe perché non dovremmo avere un riguardo simile anche quando entriamo a scuola?

    Come considera la situazione della scuola italiana?
    Mi pare che in questo periodo in Italia si faccia l’opposto della capra senegalese: mentre in Africa si investono le quasi nulle risorse che si hanno per mandare i bambini a scuola, in Italia si taglia sull’educazione. Discutiamo quindi non tanto del grembiule o del numero degli alunni per classe quanto di che tipo di scuola vogliamo. La scuola è complicata, non è così facile da amministrare. Il rapporto OCSE, inoltre, dice che in Italia c’è la migliore scuola elementare d’Europa.

    E dopo le elementari che cosa succede?
    Dopo cominciano i problemi. Alle superiori c’è probabilmente un problema di formazione di base degli insegnanti. Materne ed elementari, nel nostro paese, hanno sempre avuto insegnanti formati per fare quel mestiere. Alle superiori invece a volte ci finiscono degli insegnanti che avrebbero voluto far altro.

    In un suo libro lei parla della pedagogia dell’annientamento. Secondo lei nella scuola italiana oggi si cerca di annullare ogni spinta critica degli studenti?
    A me pare che questo tentativo esista nella società in generale. Al contrario, la scuola a volte è uno dei pochi posti – quando i professori sono bravi – dove i ragazzi trovano il modo di esprimere la propria individualità.
    Anche se, nel segmento che va dalle medie inferiori a tutta l’università compresa, c’è sempre più un livellamento. C’è l’incapacità di motivare i ragazzi, di far emergere il loro animo, di far vedere che quel che si studia parla proprio a loro in prima persona. Questo è triste, perché io vedo bambini delle materne e delle elementari andare a scuola contenti, e poi vedo ragazzi delle superiori alzarsi la mattina già depressi. Non può essere sempre colpa dei ragazzi e delle famiglie. La scuola ha anch’essa delle responsabilità.

    Lei ha un figlio piccolo. Che scuola frequenta?
    Emanuele ha due anni. Per ora sta a casa, poi andrà in una scuola materna statale, vicino a casa. Sono contrario alle scuole private. Al di là di tutto, spero che possa sperimentare la felicità d’imparare. Come accade adesso: quando mio figlio sente una parola nuova la ripete subito con il sorriso sulle labbra. Ecco, spero che non perda mai quel sorriso.

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    Le scuole Soka nel mondo

    Nel giugno del 1964 viene annunciata la futura apertura delle scuole Soka, che si basano sulla teoria della creazione di valore del primo presidente della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi. Attualmente sono presenti sedi in Asia, America del Nord e del Sud. È del 1992 la prima inaugurazione fuori del Giappone.

    1968 Apertura delle scuole medie e superiori Soka a Tokyo
    1971 Apertura dell’Università Soka a Tokyo
    1973 Apertura delle scuole medie e superiori Soka nel Kansai
    1976 Apertura della scuola materna a Sapporo
    1978 Apertura della scuola elementare Soka a Tokyo
    1982 Apertura della scuola elementare Soka nel Kansai
    1985 Apertura del collegio femminile Soka a Tokyo
    1992 Apertura della scuola materna a Hong Kong
    1993 Apertura della scuola materna a Singapore
    1995 Apertura della scuola materna in Malesia
    2001 Apertura dell’Università Soka ad Aliso Viejo, California
    2001 Apertura della scuola materna in Brasile
    2003 Apertura scuola elementare Soka in Brasile
    2008 Apertura della scuola materna nella Corea del Sud

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