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Il sole sopra le nuvole - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:51

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    Il sole sopra le nuvole

    Le risposte dei lettori all’annuncio pubblicato sul n. 305 – nuovo.rinascimento@sgi-italia.org

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    Le risposte dei lettori all’annuncio pubblicato sul n. 305 – nuovo.rinascimento@sgi-italia.org

    Pratico il Buddismo da undici anni, ne avevo diciannove quando mio fratello Ermanno me ne parlò ma io ero assolutamente contraria. All’epoca mi ero iscritta alla facoltà di Giurisprudenza a Foggia e un giorno, dopo il fallimento del mio primo esame, tornai a casa, aprii il Gohonzon di mio fratello e cominciai a recitare Daimoku con l’obiettivo di superare l’appello successivo; ci riuscii e iniziai gradualmente a praticare in maniera costante.
    In quel periodo studiavo e lavoravo come parrucchiera nel salone di mio padre; era una cosa che odiavo perché vi ero costretta sin da piccola e mi ero scritta all’università proprio per evitare sia il lavoro che mio padre, con cui ho avuto sempre un rapporto conflittuale. Dopo un anno di pratica costante capii che quel mestiere tanto odiato mi permetteva di esprimere la mia creatività, e quindi iniziò a piacermi sempre di più.
    In seguito la mia famiglia ebbe un grosso problema economico, causato da investimenti sbagliati, e ci trovammo con due immobili sotto sequestro e tanti debiti. Così decisi di lasciare l’università e di dedicarmi al cento per cento al lavoro. Due anni e mezzo fa i miei fratelli, che si erano già trasferiti a Bologna, mi invitarono a raggiungerli per aprire insieme un salone in quella città. Così presi i miei risparmi e li investii in quest’attività, lasciando tutto quello che avevo costruito, fra cui un salone ben avviato, un gruppo di cui ero responsabile, e il mio ragazzo. Partii con mille paure ma convinta che avrei realizzato un grande sogno.
    Il salone però non andò così bene, ogni giorno sorgevano problemi e c’erano molte e nuove responsabilità che gravavano su di me. Mi fu consigliato di recitare tanto Daimoku, mi tuffai nell’attività buddista e accettai la corresponsabilità di un gruppo. Nel salone lavorava anche l’altro mio fratello, Paolo, con il quale mi ritrovavo a vivere lo stesso rapporto conflittuale che avevo con mio padre. Anche a casa la situazione non era delle migliori perché la persona con cui dividevo l’appartamento mi opprimeva e mi trasmetteva ansia tutti i giorni. Insomma si manifestarono tutte le mie tendenze karmiche ed ebbe inizio la mia depressione.
    Dopo nove mesi decisi di tornare in Puglia a Bovino. Fu ancora peggio. Mi sentivo una fallita, avevo attacchi di panico, manie di persecuzione, sensi di colpa. Iniziai a prendere psicofarmaci, ma la situazione non migliorava, anzi, peggiorava. La mia voglia di lavorare era sparita, non mangiavo più, non volevo vedere nessuno, piombai in una sofferenza che ogni giorno mi logorava l’anima, mi sentivo molto sola nonostante le attenzioni della mia famiglia e del mio ragazzo, la mia vita non aveva più senso ed era avvolta dal buio, perennemente nel mondo d’Inferno. La persona che tutti consideravano forte e gioiosa non esisteva più, era rimasta solo la sua ombra. Non volevo vedere nessuno e non volevo che mi vedessero in quelle condizioni, credevo di essere un ostacolo per kosen-rufu e che, dove arrivavo io, le cose non potevano andare che male.
    Continuavo a recitare Daimoku ma quello che chiedevo al Gohonzon era di farmi morire, ogni giorno questo pensiero si faceva largo nella mia mente fino ad arrivare a tentare il suicidio. Fortunatamente non ci riuscii, perché la protezione del Gohonzon intervenne in mio aiuto. Mio fratello da Bologna e molti miei amici recitavano Daimoku per me, ma ormai non avevo più speranza, ero irriconoscibile, piena di tic nervosi, balbettavo, i miei occhi erano spenti e, avendo abusato di un ansiolitico, avevo anche allucinazioni visive e auditive. Dopo circa quattro mesi decisi di diminuire il dosaggio dell’ansiolitico e di lì a poco lo sospesi completamente con i conseguenti effetti di astinenza che un qualunque psicofarmaco può procurare.
    Passarono i mesi e arrivò maggio, e il momento di organizzare la mostra sui diritti umani a Foggia. Pensai al Gosho L’inverno si trasforma sempre in primavera e decisi di riavvicinarmi ai miei compagni di fede, dando un piccolo contributo all’accoglienza; era ciò che in quel momento potevo offrire, la mia “torta di fango”, lo feci con il cuore e mi accorsi che non si era poi tanto avvizzito.
    A giugno andai a trovare Francesco, un membro di Manduria conosciuto al corso autunnale di due anni prima, e i suoi consigli nella fede si impressero nel mio cuore. Tornata a casa, aprii il Gohonzon e scrissi un appunto: «Primo luglio 2003: da oggi desidero profondamente essere felice e fiduciosa nel futuro come il sole che continua a splendere al di sopra di un cielo coperto di nuvole, traendo valore da ogni cosa, godendo della mia esistenza nella sofferenza come nella gioia». Dopo qualche giorno stavo molto meglio, iniziavo di nuovo a sorridere, avevo riaperto la mia vita agli altri. Ripresi a lavorare con gioia e passione recuperando in poco tempo tutte le clienti che avevo perso e acquistandone di nuove.
    Ad agosto festeggiai il mio trentesimo compleanno per due volte, visto che l’anno prima avevo maledetto quel giorno, e ringraziai il Gohonzon per aver fatto uscire dalla mia vita tanta oscurità e sofferenza; una persona che è stata al buio per tanto tempo apprezza molto di più la vita e ogni piccola cosa positiva che le capita.
    A settembre decisi di andare fino in fondo e mi misi alla ricerca di una buona psicologa perché non volevo trascurare la mia depressione. E all’inizio della terapia la psicologa mi disse: «Tu non sei più depressa e non so come hai fatto da sola a uscire da questa situazione. Ringrazia Budda». Poi, partecipando a una riunione di studio ho capito che dovevo lavorare sulla mia determinazione. Capii che la sofferenza che mi aveva imprigionato il corpo e l’anima per due anni poteva essere liberata solo da una forte decisione piena di fiducia e speranza verso il futuro: «D’ora in poi aprirò le porte a un nuovo percorso nella fede con la consapevolezza che ce la posso fare».
    Tornai a casa e il mio modo di recitare Daimoku era cambiato: ora guardo il carattere myo, ascolto profondamente il suono del mio Daimoku, non voglio avere più pensieri negativi, desidero trasformare il veleno in medicina, e desidero che questa sia l’esperienza più bella e ricca della mia vita. Nel giro di pochissimo tempo ho risolto problemi che non avrei mai creduto di superare.
    Tornata a Bologna ho sciolto la società; il salone adesso va meglio e il rapporto con mio fratello è migliorato. Lì ho affrontato e vinto tutti quei fantasmi che mi avevano perseguitata, trasformandoli in splendide farfalle colorate che ora vedo nel mio futuro. Intanto mi si stanno profilando nuove opportunità di lavoro che prenderò in considerazione solo dopo aver ristabilito completamente il mio equilibrio mentale.
    Ogni giorno per me ora è meraviglioso, unico, prezioso e rappresenta un’intera vita.

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