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Il significato della fedeRisposta a Nichigon-ama - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 10:32

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Il significato della fedeRisposta a Nichigon-ama

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Myoichi-ama Gozen Gohenji
Gosho Zenshu pag. 1255
Gli scritti di Nichiren Daishonin vol. 7 pag. 209

Nichigon-ama Gozen Gohenji
Gosho Zenshu pag. 1262
Gli scritti di Nichiren Daishonin vol. 7 pag. 211

Il significato della fede

Ciò che chiamiamo fede non è niente di straordinario. Come una donna ama il marito, come un uomo dà la vita per sua moglie, come i genitori non abbandonano i figli o come un figlio rifiuta di lasciare la madre, così aver fede significa riporre fiducia nel Sutra del Loto, in Shakyamuni e Taho, nei Budda e bodhisattva delle dieci direzioni, negli dèi benevolenti e recitare Nam-myoho-renge-kyo. Inoltre, devi meditare sui brani del sutra «Abbandonando onestamente gli insegnamenti provvisori»[ref]Sutra del Loto, cap. 2.[/ref] e «Non accettando un singolo verso degli altri sutra»[ref]Sutra del Loto, cap. 3.[/ref] e non pensare mai di rinnegarli così come una donna non getterebbe via il suo specchio o come un uomo porta sempre la sua spada.
Rispettosamente,
Nichiren
Il 18 maggio

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Risposta a Nichigon-ama

L’8 novembre del terzo anno di Koan (1280) ho ricevuto la petizione scritta con la tua preghiera, insieme alle offerte di mille monete e di una veste estiva di canapa grezza. Le ho poste davanti al tesoro del Sutra del Loto e ho riferito agli dèi del Sole e della Luna. Oltre a ciò, non puoi presumere di valutare [il potere del Gohonzon]: se la tua preghiera avrà risposta oppure no, dipende dalla tua fede. Non è assolutamente colpa di Nichiren [se non ottieni risposta].
Quando l’acqua è limpida, la luna vi si riflette. Quando soffia il vento, gli alberi si agitano. La mente è come l’acqua: una fede debole è come l’acqua torbida, una fede risoluta è come l’acqua limpida. Gli alberi sono come i princìpi [di tutte le cose] e il vento che li agita è come la recitazione del sutra. Questo devi comprendere.
Rispettosamente,
Nichiren
29 novembre

Cenni storici

Il significato della fede venne scritto il 18 maggio 1280 da Nichiren Daishonin che allora aveva 59 anni, e inviato dal monte Minobu a Myochi-ama, moglie di un uomo al quale erano stati confiscati i beni a causa della sua fede nel Daishonin. Rimasta vedova con due figli, Myochi-ama continuò a professare la sua fede, a comunicare con Nichiren Daishonin e a inviargli offerte, nonostante le sue precarie condizioni economiche. La salute di Myochi-ama, come quella di sua figlia, non era buona ma per la costanza della sua pratica religiosa e per la sua generosità trovò conforto nel Daishonin, che oltre a questa lettera le scrisse più volte per incoraggiarla. Fra i Gosho più famosi a lei indirizzati ricordiamo L’inverno si trasforma sempre in primavera, in cui la sostiene affettuosamente dopo che era appena rimasta vedova: «Quelli che credono nel Sutra del Loto sono come l’inverno che si trasforma sempre in primavera» e le ricorda la grande protezione di cui godono i membri della famiglia di un praticante defunto, in virtù delle cause poste da quest’ultimo mentre era ancora in vita: «Tuo marito ha dato la vita per il Sutra del Loto […] perciò i benefici che riceverà saranno sicuramente grandi […] È possibile che stia osservando giorno e notte sua moglie e i suoi figli negli specchi del sole e della luna […] Siate certi che egli vi è vicino e vi protegge» (SND, 4, 209).
Risposta a Nichigon-Ama fu inviata ancora da Minobu il 29 novembre 1280 a una persona di cui poco si sa, una donna di fede che al Daishonin aveva inviato delle offerte, mille monete, una veste e una lettera. Si ritiene che Nichigon-ama fosse la madre di Nichigen, un prete della setta Tendai che si era convertito al Buddismo del Daishonin, e forse parente di Takahashi Nyudo, un importante discepolo della provincia di Suruga.

Spiegazione

Il significato della fede

Ciò che noi chiamiamo fede non è niente di straordinario.

«Ognuno di noi basa la propria vita su qualche tipo di fede» ha affermato Ikeda ne La saggezza del Sutra del Loto (Saggezza, 1, 198), prendendo spunto da una frase del filosofo spagnolo José Ortega y Gasset: «Noi abbiamo delle idee, ma viviamo basandoci sulle nostre credenze».
Questo Gosho è indirizzato a Myochi-ama, una donna dalla profonda religiosità e si apre con l’affermazione: «Ciò che chiamiamo fede…». In questa frase il Budda sembra esprimere la convinzione che non si possa “non avere fede” e allo stesso tempo che la fede non sia “niente di straordinario”. Questo ci tranquillizza perché è come se il Daishonin ci dicesse che la fede nel Buddismo è una cosa naturale. Anche nel Gosho I due tipi di fede Nichiren Daishonin spiega la fede dicendo: «Oggi ci sono persone che credono nel Sutra del Loto; la fede di alcuni è come il fuoco, quella di altri è come l’acqua» (SND, 5, 212). Di fronte a questo paragone si potrebbe pensare al vigore incandescente del fuoco e attribuire a esso la maggiore energia, rispetto alla calma, alla trasparenza, alla limitata vitalità dell’acqua. E invece Nichiren chiarisce: «Quando i primi ascoltano l’insegnamento, immediatamente s’infiammano, ma quando se ne allontanano, tendono a dimenticare. Avere fede come l’acqua significa credere sempre, senza retrocedere. Poiché tu, in qualunque situazione ti sia trovata, non hai mai smesso di praticare e mi hai fatto visita di frequente, hai una fede come l’acqua» (Ibidem).
La scelta del simbolo dell’acqua, in opposizione all’instabilità della fiamma, riporta all’idea di una fede che più naturale, meno stravagante non potrebbe essere. L’acqua è per tutti gli esseri viventi il principio vitale e, quando c’è, non è niente di straordinario. Tutti i più semplici affetti, l’amore per i figli o la compassione per il prossimo sono naturali, chiari come l’acqua, non sono né straordinari e tanto meno eccezionali. Grazie alla nostra fede, possiamo paragonare il limpido scorrere dell’acqua allo scorrere di un istante della nostra vita, dove percepiamo il nostro essere come una goccia del grande fluire cosmico, nel quale dipende solo da noi muoversi in armonia o in contrapposizione. La fede non è niente di straordinario, perché solo la nostra scelta di umanità ci dà la possibilità d’intonarci a questo meraviglioso respiro universale oppure di negarlo e ostacolarlo.

Come una donna ama il marito, come un uomo dà la vita per sua moglie, come i genitori non abbandonano i figli o come un figlio rifiuta di lasciare la madre…

Per chiarire in che cosa consista avere fede, concetto che affronterà nella frase successiva, Nichiren Daishonin si serve di un paragone tratto dall’esperienza comune, in cui vengono elencati gli affetti fondamentali di ogni società, remota o moderna che sia: il rapporto fra marito e moglie, quello tra genitori e figli, il rifiuto di un figlio di abbandonare la propria madre. Sono valori universali su cui il Daishonin ha più volte insistito: «Un uomo e sua moglie sono sempre uniti come il corpo e l’ombra» (SND, 4, 120); «L’inferno esiste nel cuore di chi disprezza suo padre e non si cura di sua madre» (SND, 4, 271).
Naturalmente, per un uomo o una donna del terzo millennio, questa idea di famiglia, configurata secondo la cultura e i parametri dell’età medievale in cui scrive il Daishonin, può essere sottoposta a una riflessione che ne estenda i contorni e ne arricchisca il significato. Quanti bambini hanno avuto per padre e madre una coppia di sposi che non erano biologicamente i loro genitori, magari appartenenti ad altri gruppi etnici e culture diverse? Quanti hanno perduto in tenera età uno dei loro genitori, ma hanno poi trovato in parenti, amici e insegnanti un supporto fondamentale per la loro evoluzione psicologica e morale, così da farli considerare virtualmente loro padre o madre? Dunque, ognuno di noi potrà estendere il concetto di “matrimonio” e di “famiglia” – secondo i modelli culturali del nostro tempo – proprio scoprendo doveri e riconoscenza verso le tante persone che non necessariamente ci hanno dato la vita biologica.

…così aver fede significa riporre fiducia nel Sutra del Loto, in Shakyamuni e Taho, nei Budda e bodhisattva delle dieci direzioni, negli dèi benevolenti e recitare Nam-myoho-renge-kyo.

Gli strumenti della fede sono quelli che ci vengono indicati nella frase centrale di questa lettera. In primo luogo «riporre fiducia nel Sutra del Loto», «e recitare Nam-myoho-renge-kyo». Che il Sutra del Loto sia posto prima di tutti gli altri elementi conferma l’importanza assoluta di questo testo, che è il fondamento del nostro Buddismo. Sono infinite le occasioni e i momenti in cui Nichiren Daishonin conferma che «il Sutra del Loto conduce tutte le persone alla Buddità» (L’eredità della Legge fondamentale della vita, SND, 4, 222) e sempre nello stesso Gosho si legge: «recitare Myoho-renge-kyo […] vuol dire ereditare la Legge fondamentale della vita e della morte». Quindi, la pratica della recitazione è lo strumento privilegiato per approfondire la fede e conseguire l’illuminazione. Ma, tra i mezzi coi quali possiamo consolidare la nostra fede, vorrei sottolineare l’importanza delle due figure del Budda Shakyamuni e del Budda Taho. Nel nostro Buddismo, rappresentano i due princìpi di saggezza e di realtà, che come ha scritto il Daishonin, sono le «funzioni del vero Budda [cioè gli strumenti attraverso cui si rivela], mentre Myoho-renge-kyo è il vero Budda.» (SND, 4, 230).
«Molti tesori (Taho) è il Budda del passato che rappresenta la verità eterna, la Legge come oggetto della saggezza ovvero ciò che la saggezza percepisce. Shakya­muni è il Budda del presente, che rappresenta la saggezza capace di percepire la Legge. Questi sono i due aspetti di Nam-myoho-renge-kyo e i due Budda seduti insieme rappresentano la funzione della realtà e della saggezza» (MDG, 1, 314). Quindi la Legge della simultaneità di causa ed effetto, la saggezza per comprenderla e la realtà che la manifesta sono le tre dimensioni, interrelate, che costituiscono la base mistica del Buddismo del Sutra del Loto.

Inoltre, devi meditare sui brani del sutra «Abbandonando onestamente gli insegnamenti provvisori» e «Non accettando un singolo verso degli altri sutra» e non pensare mai di rinnegarli…

I due frammenti di sutra citati sono tratti dal secondo e terzo capitolo del Sutra del Loto e si riferiscono allo studio, un altro strumento indispensabile per rafforzare la fede. Nichiren Daishonin contrappone al Sutra del Loto gli insegnamenti provvisori o precedenti, dove Shakyamuni parla di una lunga via per raggiungere la Buddità, di un susseguirsi di vite tutte dedicate al suo conseguimento. Invece nel Sutra del Loto, nel sutra definitivo, il Budda afferma che l’Illuminazione può essere conseguita da tutti gli esseri viventi, anche immediatamente, con un solo atto, un solo pensiero. A coloro che hanno un animo semplice e puro l’Illuminazione è possibile; fra i tanti casi che il sutra riferisce ricordiamone due particolarmente calzanti: «Se le persone sono di animo gentile e buono, allora esseri viventi come questi hanno guadagnato la via del Budda» (SDL, 2, 48). E ancora: «Se una persona con mente gioiosa canta una canzone in lode delle virtù del Budda, anche se solo una piccola nota, allora chi fa queste cose ha guadagnato la via del Budda» (SDL, 2, 50).

…così come una donna non getterebbe via il suo specchio o come un uomo porta sempre la sua spada.

La fede nell’esistenza della natura di Budda e nella possibilità che ogni persona ha di manifestarla concretamente è il tratto distintivo del Sutra del Loto. In nome di tale rivoluzionaria rivelazione bisogna “abbandonare onestamente gli insegnamenti provvisori” e “non accettare un singolo verso degli altri sutra”. Il paragone di Nichiren ci suggerisce più ampie riflessioni. La raffigurazione della donna che non getterebbe mai il suo specchio può esser letta anche in chiave simbolica: lo specchio riflette il volto che si trasforma con lo scorrere del tempo e nessuno può separarsi dalla propria immagine, dal proprio essere di cui lo specchio è l’eco mutevole. Una fede risoluta è come uno specchio che riflette la vera entità della nostra vita, come una spada che la protegge. Come l’uomo medievale, in un tempo in cui la vita era messa continuamente a repentaglio, portava sempre con sé la sua spada, noi abbiamo nella spada della fede uno straordinario strumento di difesa e sostegno.

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Risposta a Nichigon-ama

L’8 novembre del terzo anno di Koan (1280) ho ricevuto la petizione scritta con la tua preghiera, insieme alle offerte di mille monete e di una veste estiva di canapa grezza. Le ho poste davanti al tesoro del Sutra del Loto e ho riferito agli dèi del Sole e della Luna.

Anche se non abbiamo più notizie precise sulla destinataria di questo Gosho, è certo che si trattasse di una donna di fede, una discepola di Nichiren, che probabilmente per raggiungere, attraverso montagne e territori impervi, la remota sede del maestro sul monte Minobu avrà dovuto servirsi di un messaggero. Il Daishonin rimane ammirato della sua generosità, una delle virtù fondamentali a cui il Sutra del Loto frequentemente fa cenno come mezzo per giungere all’Illuminazione. «Gli avevano donato un abito. In quell’offerta il Daishonin – riferisce Ikeda – percepiva il cuore e la vita stessa dei credenti» (D. Ikeda, Gli eterni insegnamenti di Nichiren Daishonin, ed. Esperia, pag. 2). Egli esprime a Nichigon-ama la sua gratitudine nel modo più alto: porre le offerte, davanti al tesoro del Sutra del Loto, cioè il Gohonzon, affinchè ne ritorni protezione e saggezza a chi le ha donate.

Oltre a ciò, non puoi presumere di valutare [il potere del Gohonzon]: se la tua preghiera avrà risposta oppure no, dipende dalla tua fede. Non è assolutamente colpa di Nichiren [se non ottieni risposta].

Ma Nichiren mette in guardia la donna da una speranza ingannevole: credere di poter risolvere i suoi problemi appoggiandosi a qualche personaggio “esterno”. L’affermazione è perentoria: «Se la tua preghiera avrà risposta o no, dipende dalla tua fede». Mai, in nessun momento della nostra vicenda umana, possiamo sperare di uscire dagli affanni che ci aggrediscono grazie all’energia di un altro, neppure dello stesso Shakyamuni. Quando il discepolo Ananda, si disperava perché vedeva le forze abbandonare il Maestro, il Budda rispose: «Vivi con forza. (…) Come potrai salvare coloro che soffrono? (…) Devi contare su di te, non dipendere da nessun altro. Fai che la Legge sia la tua isola; fai affidamento sulla Legge. Non devi dipendere da nessun’altra cosa» (D. Ikeda, La nuova rivoluzione umana, ed. Esperia, vol. 3, pag. 189). Le difficoltà, anche quelle quotidiane, appaiono insormontabili a causa della nostra codardia e della mancanza di una profonda determinazione interiore. «Una spada [notiamo come ancora una volta ricorra questo paragone con lo strumento della fede, come nel Gosho precedente] sarà inutile nelle mani di un codardo. La potente spada del Sutra del Loto deve essere brandita da un coraggioso nella fede» scrive Nichiren in Risposta a Kyo’o (SND, 4, 150).
Porsi di fronte al Gohonzon non significa chiedere aiuto o intercessione, ma ricercare le ragioni della sofferenza al nostro interno, trovare nell’analisi di noi stessi una risposta illuminante, confortata dalla preghiera e dalla meditazione e determinare al tempo stesso di trasformare quella sofferenza in una fonte di gioia e di crescita interiore.

Quando l’acqua è limpida, la luna vi si riflette. Quando soffia il vento, gli alberi si agitano. La mente è come l’acqua: una fede debole è come l’acqua torbida, una fede risoluta è come l’acqua limpida. Gli alberi sono come i princìpi [di tutte le cose] e il vento che li agita è come la recitazione del sutra. Questo devi comprendere.

Il linguaggio poetico di Nichiren Daishonin si avvale di alcune immagini simboliche per chiarire la natura della fede e, come ne I due tipi di fede aveva paragonato la fede risoluta e salda alla trasparenza dell’acqua limpida contrapposta alla instabilità del fuoco, ora la oppone alla confusione dell’acqua torbida.
Nel paragone successivo viene raffigurato l’ondeggiare degli alberi al soffio del vento. La recitazione del Daimoku è come un vento che fa “muovere” la nostra vita, armonizzando con la Legge mistica i “principi” su cui essa si basa e indirizzandola così verso la felicità.
Come gli alberi traggono vita dal soffiare del vento, così, simbolicamente, la recitazione è – per il seguace del Buddismo – l’energia che dà vita e rafforza la sua fede: «La preghiera […] trasforma la speranza in fiducia e questa a sua volta si rivela in tremila modi e fa sì che le nostre speranze si realizzino» (D. Ikeda, Gli eterni insegnamenti di Nichiren Daishonin, ed. Esperia, pag. 60).

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