«Poiché [nascita e morte] sono manifestazioni eterne della vita che continua nelle tre esistenze, non c’è nulla di cui rammaricarsi o di cui temere. Persino le otto fasi dell’esistenza del Budda sono soggette alla legge di nascita e morte. I devoti del sutra del Loto sono illuminati a tutto ciò, questo è sokushin jobutsu» (Inferno e Buddità, SND, 5, 199).
La morte è la cosa più difficile da comprendere e riuscirci è veramente Illuminazione. Forse io, vivendo in Africa e precisamente a Malindi, in Kenya, dovrei aver imparato qualcosa a riguardo osservando gli abitanti del luogo, che vivono a stretto contatto con la morte ogni giorno, essendo per loro la vita più spietata, per la distanza da ospedali e dottori in alcuni casi, per la povertà quasi sempre, per i maggiori pericoli e anche per l’ignoranza. E quando la morte arriva, anche a un parente molto stretto (forse fatta eccezione per il padre) piangono, ma non si disperano. Dicono che la morte fa parte della vita, che è inevitabile e continuano la loro strada, senza troppo dolore. Per noi di un altro mondo e civiltà, è più difficile, anche se pratichiamo. Ci sembra di capire, poi di nuovo tanti interrogativi. È più comprensibile se chi muore è anziano, o se è malato e sofferente da tempo. Si pensa: è meglio così. Rinascerà forte e sano e la sua sofferenza avrà alleggerito il suo karma e arriverà in un ambiente migliore.
Ma quando muore chi è giovane, bello e sano ed è un figlio? Come possiamo non chiederci perché? Come possiamo capire la sua morte? Io ho avuto questa esperienza e ancora non praticavo. Sono entrata in un tunnel di profonda sofferenza, senza capire, senza essere aiutata dall’ambiente in cui vivevo, dove appunto la morte viene accettata di più. Mi è stato insegnato, quando ho chiesto aiuto, che dobbiamo cercare di non piangere troppo e di non vivere perennemente nel mondo dell’inferno, perché così facciamo soffrire anche i nostri morti e non li aiutiamo. Questo aiuto lo possiamo dare con l’amore e l’amore arriva con il Daimoku. Ma sono sempre assetata di risposte. Credo di aver imparato, spero, a non aver paura di morire. Sento che dovremmo vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, con tanta compassione, senza litigi inutili, attivi, senza mai rimandare al domani quello che si può fare oggi, così da arrivare alla fine senza rimpianti e rimorsi.