A maggio del 1981 il presidente Ikeda visitò l’Italia per la quarta volta e a Firenze incontrò tanti giovani noti come “i ragazzi dell’81”. Da lì nacque un flusso costante nella propagazione. Presentiamo tre esperienze sul profondo legame creato con il maestro a partire da quell’incontro
L’incontro che segna la vita
di Raffaella Tognetti
Quando ho iniziato a praticare avevo diciassette anni. Era il maggio del 1977. In quegli anni avevamo poca consapevolezza, ma un grande entusiasmo e legami di amicizia profondi e indissolubili che durano ancora oggi. Verso la fine di giugno sono partita per le vacanze. Venticinque giorni di mare in cui ho ricevuto ventisei lettere e due telegrammi dai miei compagni di fede con incoraggiamenti e frasi di Gosho. In questo clima, nell’81 ci preparammo a ricevere il presidente Ikeda, eravamo emozionati, recitavamo tantissimo Daimoku. A vent’anni conoscevamo a malapena le regole dell’accoglienza italiana, figuriamoci accogliere uno staff di giapponesi!
Poi arrivò sensei con sua moglie Kaneko, erano radiosi! Lui non lesinava un minuto per incoraggiarci, per ascoltarci e sostenerci, ha tenuto sempre accanto a sé una ragazza che aveva il padre in fin di vita e la incoraggiava continuamente con una parola, un sorriso o uno sguardo. Con il suo esempio ci ha insegnato a prenderci cura delle persone. Un’altra cosa che è rimasta indelebile in questi trentasei anni è la sua fede assoluta e illimitata nella “visione rivoluzionaria” di kosen-rufu. Nel poema che ci ha dedicato nel 2001 scrive: «Fermamente ho creduto che quel giorno avrebbe certamente brillato nel secolo a venire come il primo passo di una storia grande» (NR, 460, 11). A quel tempo era impossibile vedere in noi questa “storia grande”, ma tutto quello che si sta realizzando è il frutto di quel suo credere fermamente.
È straordinario come un breve incontro possa segnare il cammino di una vita.
Ho mirato a vent’anni di pratica e poi ai venti successivi. La mia vita è stata costellata di gioie, sofferenze e difficoltà che ho potuto superare solo perché ho incontrato un maestro che mi ha insegnato a non arrendermi mai, a “ricominciare da ora” senza curarmi degli inciampi passati, con la convinzione di essere qui per scrivere una “storia grande” per il bene dell’umanità, passo dopo passo… mirando al 2018!
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La lezione più importante
di Catia Barsottini
Ho ricevuto il Gohonzon nel 1977, sono stata una pioniera a Fucecchio. Essere pionieri significa affrontare tante difficoltà, la gente mormora nei piccoli paesi e tutti sanno tutto di tutti… Ma se vado indietro al ricordo di quegli anni, mi vengono subito in mente la gioia e l’entusiasmo di tanti ragazzi che si impegnavano con tutto il cuore nella pratica.
Il 1981 è stato l’anno della rinascita, l’anno della visita del presidente Ikeda in Italia. Col mio fidanzato ci eravamo sposati poco prima e grazie al congedo matrimoniale ci siamo dedicati all’attività al 100%, lui come soka-han, io come byakuren. Il 31 maggio c’è stato il garden party a Firenze, una bellissima festa in cui ogni zona d’Italia ha rappresentato la propria storia con balli e canti. Alla fine della giornata sono stata invitata al tavolo di sensei insieme ad altre ragazze appena sposate. Nonostante l’emozione riuscii a chiedere come potevo iniziare nel modo migliore la mia vita matrimoniale. La signora Kaneko mi consigliò di fare Gongyo insieme ogni mattina: così moglie e marito si uniscono davanti al Gohonzon e poi ognuno si dedica ai propri impegni. Dal quel giorno abbiamo sempre seguito questo consiglio.
Ho fatto tanta attività pur lavorando e crescendo le mie tre figlie, tenendo sempre nel cuore il maestro. Abbiamo fatto centinaia di chilometri per andare a trovare ogni persona, così da un gruppo siamo diventati un capitolo, poi un hombu e poi un territorio. Ora sto recitando molto Daimoku per fare shakubuku e far crescere intorno a me sempre più persone felici.
Nel 2016 mia figlia Francesca, che vive in Olanda, ha partecipato al corso mondiale giovani in Giappone. Ogni giorno ci mandava i messaggi del presidente Ikeda, ci raccontava degli incontri con i giovani.
Mentre mi raccontava tutto questo, pensavo a come sensei mi abbia sempre sostenuta in questi quarant’anni, e ora sta facendo la stessa cosa con mia figlia e con tutti i giovani del mondo. Questa è la lezione più importante. Anch’io voglio stare vicino ai giovani e cerco di imparare da lui! Vorrei dirgli: «Noi ragazzi dell’81 siamo qui a sostenere i ragazzi di oggi, dando loro fiducia totale!».
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Un legame profondo
di Laura Alecci
Ho iniziato a praticare nel 1978 a diciannove anni. Il dialogo con mio padre non esisteva, ma quando decisi di ricevere il Gohonzon mi dissero di parlare chiaramente coi miei genitori. Non dimenticherò mai il suo stupore quando gli dissi che ero buddista, la sua preoccupazione all’idea di far entrare in casa un oggetto di culto sconosciuto, l’abbraccio finale in cui mi disse che mi sosteneva e mi avrebbe aiutato a trovare il posto giusto per il butsudan!
Nell’81 a Firenze c’ero anch’io. Non capivo il significato profondo di quell’incontro, ma seguii il consiglio dei miei responsabili di fare un’esperienza basandomi sul Gohonzon. Recitai tantissimo Daimoku e quando incontrai sensei sentii cosa vuol dire avere un maestro. La sua condizione vitale ha influenzato in un attimo quella di tutti e immediatamente ci siamo sentiti a nostro agio. Come un genitore ci ha mostrato come funziona la vita quando ci basiamo sul Gohonzon. Ci ha detto che recitare Gongyo e Daimoku mattina e sera è il solo modo per far emergere la Buddità che esiste nella nostra vita, che l’importante è mantenere per tutta la vita una fede come l’acqua, mirando a vent’anni di pratica; che il Buddismo che abbracciamo è come il sole: se sviluppiamo un’esistenza splendente, a poco a poco le persone intorno a noi, nella famiglia e nella società, capiranno la grandezza del Buddismo.
La serenità e la convinzione che ci ha trasmesso quel giorno sono rimaste incise nel mio cuore. Provo tanta gratitudine per il mio maestro che mi ha indicato la strada e mi ha fatto sentire che anch’io posso risplendere come un sole. Al posto dell’impazienza e della preoccupazione è nata la gratitudine verso la vita, verso i miei genitori e verso mio padre che con quell’abbraccio mi ha dato la possibilità di essere oggi quel sole che sostiene tutta la famiglia.
In questi anni ho rinnovato la promessa fatta allora di seguire la strada che conduce alla pace nel mondo, facendo la mia rivoluzione umana.