Deprecated: Function strftime() is deprecated in /var/www/vhosts/ilnuovorinascimento.org/wp-dev.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/themes/nuovo-rinascimento/functions.php on line 220
Il mio unico bene - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 08:51

578

Stampa

Il mio unico bene

Ho imparato che continuando ad alimentare la convinzione di essere un Budda potrò aprirmi un varco in qualunque situazione; poiché niente, nemmeno la più atroce sofferenza, supera il potere di questa preghiera. Di fronte alle prove della vita, “cruciale” è solo il modo in cui decido di rispondere

Dimensione del testo AA

Ho imparato che continuando ad alimentare la convinzione di essere un Budda potrò aprirmi un varco in qualunque situazione; poiché niente, nemmeno la più atroce sofferenza, supera il potere di questa preghiera. Di fronte alle prove della vita, “cruciale” è solo il modo in cui decido di rispondere

«Piuttosto che offrire diecimila preghiere, sarebbe meglio semplicemente bandire questo unico male»

Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese
RSND, 1, 16

Praticando il Buddismo, ci capita costantemente di imbatterci in quelli che chiamiamo “momenti cruciali”. Sono i momenti in cui la vita ci mette alla prova: quando, ad esempio, vediamo manifestarsi dopo tanto tempo alcuni aspetti dolorosi legati al nostro passato. È lì che si insinua, infido, il dubbio: «Significa che non ho ancora trasformato questa situazione?».
Me lo sono chiesta quando ho capito che le incertezze sul mio percorso lavorativo e accademico mascheravano una sofferenza più profonda, proprio quella che mi aveva spinta a praticare il Buddismo: non sentirmi in contatto con la vita. Siamo alla fine del 2015, e recito tre ore di Daimoku al giorno solamente per trovare la forza di affrontare le giornate. Come se non bastasse, non ho ancora realizzato gli obiettivi di shakubuku decisi con così tanta passione all’inizio dell’anno; può esistere la vittoria senza la felicità delle persone che ho intorno? Sono molto confusa.
Cerco le risposte negli scritti di Nichiren: deve esserci per forza qualcosa che ancora non vedo. Ma cosa? Mi soffermo su un lungo passaggio di Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese, nel quale il Daishonin risponde a una domanda del suo interlocutore. Il tema è la refutazione delle dottrine provvisorie. Non capisco niente, e soprattutto, non ne sento il nesso con la mia vita. Mi sforzo e proseguo. Nichiren termina con un consiglio schietto e conciso: «Piuttosto che offrire diecimila preghiere, sarebbe meglio semplicemente bandire questo unico male». Interrompo la lettura. Qual è il mio “unico male”? Un pensiero fulmineo mi attraversa la mente: soffro perché ho ancora paura di essere l’unica persona al mondo a non avere una missione.
In un istante si scioglie il nodo che da giorni mi stringe il cuore. Rileggo quei passi ermetici, e mi sembra tutto così semplice: come avevo fatto a non capire che quell’interlocutore sono io? Nichiren mi stava rispondendo, ma i miei occhi erano ciechi. Non credere di avere una missione equivale a non credere di avere la Buddità; offendere la mia vita, e i tremila regni in essa contenuti ogni singolo istante nel quale vivo e respiro. Per quanto Daimoku io possa recitare, se dimentico di bandire questo “unico male” – la convinzione di non essere un Budda – sto praticando degli insegnamenti provvisori: non riuscirò a trasformare la mia vita, e nemmeno a sostenere le persone che amo.
È il 31 dicembre, e non voglio rimandare questa lotta al prossimo anno. Inizio a recitare un Daimoku con una forza nuova e disperata: prego per vedere la mia Buddità subito, a qualunque costo. Faccio uno sforzo, esco di casa. Ho accettato di partecipare a quella cena solo per accompagnare un amico che sta passando un brutto periodo. Appena entrata, mi si avvicina una ragazza che conosco a malapena: «Senti, io vorrei diventare buddista, penso che tu possa aiutarmi». Non è servito dire nulla. Il mio amico non parla molto, ma il giorno successivo – mentre recito Daimoku prima della cerimonia di Capodanno – sento che qualcuno mi tocca leggermente la spalla. Mi volto: è seduto accanto a me. Sorrido. È davvero difficile credere in ciò che – come la Buddità – è intangibile e ineffabile, ma ho potuto intravederla attraverso gli occhi di chi mi circonda. Ancora una volta si tratta di rispettare e amare la vita senza condizioni. È la strada giusta, quella che insegna il maestro.
Ho imparato che continuando ad alimentare la convinzione di essere un Budda potrò aprirmi un varco in qualunque situazione; poiché niente, nemmeno la più atroce sofferenza, supera il potere di questa preghiera.
Di fronte alle prove della vita, “cruciale” è solo il modo in cui decido di rispondere.

©ilnuovorinascimento.org – diritti riservati, riproduzione riservata