Tutta la mia vita si stava trasformando: la paura lasciava spazio a una gioia immensa e alla voglia di lottare
«Ho studiato – racconta – per diventare maestra ma mi sono ritrovata ad essere commercialista. La musica e la montagna sono le mie passioni, scalare vette altissime per vedere cosa c’è oltre sentendomi a ritmo con l’universo»
Ho incontrato il Buddismo di Nichiren Daishonin subito dopo che mi era stata diagnosticata la sclerosi multipla.
Con molta fatica fino ad allora ero riuscita a costruirmi una vita abbastanza soddisfacente, ma la notizia della malattia mi scatenò il terrore di perdere tutto, ero spaventata e piena di rabbia.
Quando mi parlarono di Nam-myoho-renge-kyo pensai che potevo avere una possibilità. Al primo meeting mi colpì molto la speranza che trasmettevano le persone e decisi di recitare Daimoku, di partecipare alle riunioni e studiare il Buddismo. Percepii che nulla era perduto, che potevo trasformare la sofferenza in gioia, come insegna il Buddismo, e addirittura guarire e realizzare una vita felice. Mi accorsi che avevo sempre vissuto in modo passivo e pessimista, incolpando gli altri e senza mai prendere decisioni per paura di mettermi in discussione. Iniziai a recitare Daimoku e a leggere le guide del presidente Ikeda e gli scritti del Daishonin. Una frase in particolare si incise nel mio cuore: «Credi profondamente in questo mandala. Nam-myoho-renge-kyo è come il ruggito di un leone. Quale malattia può quindi essere un ostacolo? […] Una spada sarà inutile nelle mani di qualcuno che non si sforza di lottare» (RSND, 1, 365).
La prima azione per proteggere la mia salute riguardava il lavoro. A volte infatti lavoravo anche dodici ore al giorno, e così decisi di affrontare con coraggio il mio capo e ottenni il part-time. Intrapresi inoltre una terapia sperimentale e determinai che fosse quella giusta e che non mi desse effetti collaterali. Recitai Daimoku con sincerità e totale fiducia, parlavo del Buddismo ai miei colleghi e li invitavo a partecipare alle riunioni.
Intanto rispondevo in modo positivo alla terapia, senza effetti collaterali. Tutta la mia vita si stava trasformando: la paura lasciava spazio a una gioia immensa e alla voglia di lottare. Ma le difficoltà incalzavano: al lavoro mi accusarono di scarsa produttività, l’ambiente era ostile, soffrivo in modo indescrivibile e si manifestarono nuovamente i sintomi della malattia con una stanchezza fisica infinita.
Decisi di non farmi schiacciare dalle difficoltà e lo studio del Gosho mi aiutava a non cedere alla collera e allo sconforto. Nonostante i dubbi continuavo a praticare, i compagni di fede mi incoraggiavano ad approfondire il legame con il maestro e leggevo avidamente il Diario giovanile in cui Ikeda racconta di come affrontava la sua malattia con il Daimoku. Il suo esempio mi trasmise la forza di decidere di cambiare quella situazione.
Il 22 novembre 2015 ricevetti il Gohonzon promettendo a me stessa di non arrendermi mai e di diventare assolutamente felice.
Il giorno dopo mio padre venne ricoverato per gravi problemi cardiaci. Questo evento fece ricadere la mia famiglia nel pessimismo. Ma ora avevo il mezzo per superare qualsiasi ostacolo e pregai affinché mio padre venisse operato il prima possibile. Avevo uno stato vitale alto, senza la minima paura nel cuore, avevo la certezza che la mia famiglia sarebbe diventata felice. Mio padre superò brillantemente l’operazione e ora sta bene. Ho trasformato il legame con i miei genitori e oggi, per la prima volta, sento di essere il punto di riferimento per entrambi.
Rispetto alla mia malattia avevo imparato ad essere combattiva e avevo una gran voglia di vivere.
Con questo stato d’animo decisi di licenziarmi per prendermi cura di me e affrontai i controlli medici. A dicembre 2016 la neurologa mi disse che i segni della sclerosi non erano più visibili, quindi la malattia non solo non era attiva, ma era regredita. Provai una profonda gratitudine per la vita, per aver incontrato il Buddismo e per il mio maestro Ikeda, al punto che decisi di scrivergli promettendogli che non mi sarei mai arresa e che sarei guarita, nonostante i medici dicessero che non era possibile.
Dalla risonanza magnetica dello scorso maggio non è risultato alcun segno della malattia, ma visto che i casi come il mio sono rarissimi, i medici vanno cauti. Mi dicono che se procede così a gennaio 2018 sospenderanno la terapia farmacologica che normalmente si dovrebbe fare per tutta la vita. Da maggio sono “oggetto di studio” da parte dell’équipe della clinica neurologica: seguo un protocollo sperimentale perché vogliono capire come è possibile che la sclerosi sia regredita in questo modo!
Per il futuro, perché adesso un futuro io riesco a immaginarmelo, desidero guarire del tutto per mantenere la promessa fatta al mio maestro e mostrare agli altri il potere della pratica buddista, continuando a forgiare un cuore coraggioso.