I Bodhisattva della Terra «sono il genere di persone che gli esseri viventi amano vedere». Josei Toda incoraggiava i membri ad avere questa consapevolezza ricordando che non c’è vita più grande di quella consacrata alla concretizzazione dell’intento del Budda
Vi prego di offrire un saggio incoraggiamento che trabocchi di compassione, comprensione e fiducia, così che tutti siano ispirati a progredire con speranza e a vincere con coraggio. Ad esempio, se incoraggiate anche una sola persona al giorno, in un anno avrete aiutato trecentosessantacinque persone. E tra trent’anni quel numero avrà facilmente superato i diecimila. Nichiren Daishonin scrive: «La vita è limitata e non dobbiamo attaccarci troppo a essa. Ciò a cui dobbiamo aspirare, dopo tutto, è la terra del Budda» (Aspirare alla terra del Budda, SND, 7, 144). Spero che tutti voi userete fino all’ultimo ogni preziosa giornata e apprezzerete ogni persona che incontrerete, lasciandovi così alle spalle una storia personale appagata dalle vostre azioni in quanto esempi di umanità e liberi da ogni rimpianto.
Quanti anni aveva il Budda Shakyamuni quando iniziò a diffondere il sedicesimo capitolo del Sutra del Loto, “Durata della vita del Tathagata”, cuore dell’insegnamento fondamentale? Nichikan Shonin, nel suo Commentario a “Il vero oggetto di culto” calcolò che a quel tempo Shakyamuni aveva settantasei anni.
Nel Sutra del Loto, qual è il preludio del passaggio dall’insegnamento teorico all’insegnamento fondamentale? È la straordinaria apparizione dei Bodhisattva della Terra.
Shakyamuni annuncia: «Dopo la mia estinzione queste persone sapranno proteggere, leggere, recitare e predicare diffusamente questo sutra» (SDL, 15, 279). E in quel momento, «il suolo di migliaia di milioni di paesi del mondo di saha tremò e si aprì; nello stesso istante ne emersero migliaia, decine di migliaia, milioni di bodhisattva» (Ibidem, 15, 280). Erano tutti «di un colorito aureo» e irradiavano «un fulgore immenso», ed emersero insieme dalla terra, ognuno con un infinito seguito di discepoli.
Siamo ora entrati in un tempo in cui file e file di nuovi responsabili stanno emergendo nella Soka Gakkai, proprio come in quella scena descritta nel Sutra del Loto. Io ho pregato per questo tempo, l’ho aspettato e creato.
Qual è la prima cosa che i Bodhisattva della Terra dicono quando appaiono? Le loro parole trasmettono il rispetto, la riconoscenza e la preoccupazione che essi nutrono per il loro maestro Shakyamuni. Le quattro guide dei Bodhisattva della Terra – cioè Pratiche Superiori, Pratiche Illimitate, Pratiche Pure e Pratiche Salde – intrecciano le mani e dicono: «Onorato dal Mondo, sono pochi i tuoi mali? Sono poche le tue preoccupazioni? Le tue pratiche procedono opportunamente? Coloro che ti proponi di salvare recepiscono prontamente le istruzioni? Lo sforzo non affatica l’Onorato dal Mondo?» (Ibidem, 15, 281).
Essi chiedono se il loro mentore stia bene e sia riposato. Le azioni dei Bodhisattva della Terra hanno inizio con questa loro affettuosa sollecitudine nei confronti del loro maestro. Shakyamuni risponde all’interessamento dei suoi discepoli tranquillizzandoli, assicurando con voce risonante che sta davvero bene e che è impegnato per guidare tutti gli esseri viventi all’Illuminazione. Dice: «Io non sono affaticato. Perché? Perché era dopo era in passato gli esseri viventi hanno ricevuto costantemente la mia istruzione […]. Così, quando questi esseri mi vedono per la prima volta e ascoltano la mia predicazione, tutti vi credono immediatamente, la accettano e accedono alla saggezza del Tathagata» (Ibidem, 15, 282). I Bodhisattva della Terra esclamano allora: «Eccellente, eccellente, grande eroe, Onorato dal Mondo! […] Noi ne siamo profondamente felici» (Ibidem, 15, 282). E Shakyamuni allora elogia i Bodhisattva della Terra, dicendo: “Eccellente, eccellente!” (Ibidem, 15, 283). “Emergere dalla terra”, il quindicesimo capitolo del Sutra del Loto che precede il capitolo “Durata della vita del Tathagata”, descrive in effetti un dialogo meraviglioso e stimolante tra maestro e discepoli. Questo è il regno dell’insegnamento fondamentale del Sutra del Loto, che è di natura molto diversa dall’insegnamento teorico [dei quattordici capitoli precedenti]. La diffusione estesa della Legge non può essere compiuta nell’infausto Ultimo giorno da discepoli bisognosi del supporto, della protezione e dell’incoraggiamento del loro maestro. In una simile epoca, devono alzarsi in piedi i veri discepoli, a loro volta capaci di sostenere, proteggere e difendere il loro maestro. Questa è l’essenza della relazione Soka tra maestro e discepolo.
Torniamo ancora una volta ai Bodhisattva della Terra. Dopo la loro apparizione, Shakyamuni proclama di fronte all’assemblea: «Sin dal lontano, remoto passato ho istruito e convertito questa moltitudine» (Ibidem, 15, 289). Con l’apparizione dei Bodhisattva della Terra, che sono i discepoli dell’insegnamento fondamentale, Shakyamuni prosegue rivelando la vera durata della propria vita e il fatto di aver realmente ottenuto l’Illuminazione nell’infinito passato. Il Sutra del Loto elenca i seguenti attributi dei Bodhisattva della Terra: «[Sono] risoluti nella volontà e nel pensiero, dotati di grande capacità di tolleranza, sono il genere di persone che gli esseri viventi amano vedere» (Ibidem, 15, 283). «Essi gioiscono costantemente della Legge dei Budda, ricercando con assiduità unicamente la saggezza suprema» (Ibidem, 15, 288). «Hanno abilmente appreso la via del bodhisattva, e come il fiore di loto nell’acqua non sono contaminati dalle questioni mondane» (Ibidem, 15, 292). «Espongono varie dottrine meravigliose e le loro menti sono libere dalla paura» (Ibidem, 15, 289). «Abili nel rispondere a difficili domande […], sono fieri di dignità e di virtù. Vengono lodati dai Budda delle dieci direzioni» (Ibidem, 15, 292). Queste sono alcune delle qualità eccezionali dei Bodhisattva della Terra.
Il Daimoku e l’azione
In uno dei suoi famosi scritti, il Daishonin asserisce chiaramente: «Se hai la stessa mente di Nichiren, devi essere un Bodhisattva della Terra, e se sei un Bodhisattva della Terra, non c’è il minimo dubbio che tu sia stato un discepolo del Budda dal remoto passato. […] Non devono esserci discriminazioni fra coloro che propagano i cinque caratteri di Myoho-renge-kyo nell’Ultimo giorno della Legge, siano essi uomini o donne: se non fossero Bodhisattva della Terra, non potrebbero recitare il Daimoku (Il vero aspetto di tutti i fenomeni, NR, 336, 19).
Siete proprio voi, che recitate la Legge mistica e agite per kosen-rufu – la volontà e decisione del Daishonin – a incarnare i Bodhisattva della Terra.
Il Daimoku che recitiamo non agisce semplicemente per la nostra sicurezza e protezione personale, ma è Daimoku per realizzare kosen-rufu, la vera pace e felicità per tutte le persone e per combattere il male e l’ingiustizia. Essenzialmente, non ha importanza quanto Daimoku possiamo recitare, se non agiamo concretamente – lottando attivamente contro i tre ostacoli e i quattro demoni e confutando calunnie e abusi diretti a noi in quanto seguaci del Sutra del Loto – non saremo in grado di ottenere l’Illuminazione. Come dice il Daishonin: «Ricercare l’Illuminazione senza denunciare le eresie è vano come tentare di trovare l’acqua in mezzo al fuoco o il fuoco in mezzo all’acqua» (Ammonimenti contro la calunnia, SND, 4, 100).
Toda ci diceva regolarmente di renderci conto che siamo Bodhisattva della Terra. Usava frasi del tipo: «Noi membri della Gakkai siamo i veri Bodhisattva della Terra» oppure: «Solo i Bodhisattva della Terra possono realizzare kosen-rufu» e «In quanto Bodhisattva della Terra, abbiamo una dignità e un’importante missione! Non c’è vita più grande di quella consacrata a questa missione».
La Soka Gakkai è un’organizzazione in perfetta armonia con l’intento e la decisione del Budda: convocare e mobilitare i Bodhisattva della Terra nell’era presente.
“Vincerò sicuramente!”
Toda era solito anche ammonire severamente: «Come membri della Gakkai, tutti noi siamo nati con una grande missione. Non dobbiamo essere pigri o codardi. Dopotutto, siamo tutti Bodhisattva della Terra che sostengono la causa di kosen-rufu», e ancora: «A prescindere da quello che accade, io vincerò sicuramente. La cosa più importante è kosen-rufu, il mandato del Daishonin; non dobbiamo rinviarlo neanche di un giorno. La Soka Gakkai è l’unica organizzazione che può adempiere a questo mandato. Non abbiamo forse una missione davvero straordinaria? Siamo i Bodhisattva della Terra la cui missione è lavorare per la Legge e per kosen-rufu».
Lo spirito fondatore della Soka Gakkai si trova nella comprensione della meravigliosa missione e del potere che possediamo in quanto Bodhisattva della Terra. Non c’è il minimo bisogno di sentirci indegni o invidiosi di altri. La nobile vita di un Bodhisattva della Terra batte palpitante nelle profondità del nostro essere. Noi possiamo far sgorgare e produrre quel puro e potente stato vitale recitando con determinazione profonda e agendo con coraggio.
Come recita la Canzone della rivoluzione umana: «Abbiamo una missione da compiere qui in questo mondo». Tutti voi senza eccezione siete nati su questo pianeta con una preziosa missione. Io sostengo che la costruzione di una nuova Soka Gakkai ha inizio dalla dinamica forza vitale dei Bodhisattva della Terra.
La nascita della Soka Gakkai
La Soka Gakkai fu fondata il 18 novembre 1930. In effetti ciò avvenne in un periodo di grandi avversità per Makiguchi. Era il preside della scuola elementare Shirokane e con i propri infaticabili sforzi l’aveva portata a essere una delle migliori cinque scuole di Tokyo. Certe fazioni, però, nutrivano invidia e risentimento a causa del successo di Makiguchi e si diedero da fare per farlo licenziare dalla scuola. Di esse facevano parte burocrati, personaggi politici e presidi di altre scuole.
Makiguchi era un educatore di grande valore, un uomo profondamente impegnato, che si rifiutava di compiacere e lusingare le autorità. Dal momento che non potevano manipolarlo per i propri fini, coloro che detenevano il potere erano decisi a escogitare un piano per liberarsi di lui. Il giovane Josei Toda, discepolo di Makiguchi, affrontò a viso aperto i cospiratori e protesse fino in fondo il suo maestro.
Toda ha lasciato un resoconto scritto di quegli eventi. Mentre dirigeva con grande impegno la propria accademia privata, la Jishu Gakkan, l’allora trentenne Toda intraprese diverse azioni nell’interesse del suo maestro: ad esempio contattò i membri dell’associazione genitori della scuola elementare Shirokane, che rispettavano profondamente Makiguchi, come anche alcuni personaggi di primo piano in vari ambiti sociali, stimolandoli a offrire il loro supporto al suo maestro.
Tra l’altro, è stato sempre Toda ad assumersi personalmente l’impegno di curare, raccogliere e pubblicare l’opera fondamentale di Makiguchi, Soka Kyoikugaku Taikei (Il sistema educativo che crea valore). Fu lui a chiedere a Tsuyoshi Inukai (1855-1932), al tempo capo del Seiyukai, il maggiore partito giapponese, ed ex primo ministro del Giappone, di scrivere un’epigrafe introduttiva all’opera [Seiyukai è un’abbreviazione di Rikken Seiyukai (Amici del Governo costituzionale), uno dei principali partiti politici giapponesi dal 1900 al 1940, n.d.r.].
Grazie a tutte queste azioni, Toda eresse una fortezza protettiva intorno al suo maestro, così per i suoi oppositori sarebbe stato molto difficile danneggiarlo. Lottò con tale determinazione per il suo maestro che gli avversari di Makiguchi si lamentarono con amarezza della presenza di Toda. Quando si resero conto che non sarebbero riusciti a ottenere il suo licenziamento, fecero ricorso a sleali manovre burocratiche per farlo trasferire in un’altra scuola. [Nel 1931, Makiguchi venne nominato preside della scuola elementare Azabu Shimbori una scuola in declino destinata a chiudere di lì a poco, n.d.r.].
Anche dopo questa vicenda, Toda portò avanti i propri sforzi per proteggere il suo maestro. Due anni dopo la pubblicazione del primo volume del Soka Kyoikugaku Taikei, Makiguchi fu costretto a dimettersi dal ruolo di preside [quando la scuola elementare Azabu Shimbori alla fine nel 1932 chiuse i battenti, n.d.r.]. A quel tempo, Toda lavorò dietro le quinte anche per assicurarsi che il suo maestro ricevesse l’indennità di pensionamento che gli spettava. Toda annota inoltre di essersi sentito profondamente commosso nel vedere il suo maestro accolto con tanto onore al pranzo di addio – una conclusione splendida e dignitosa per la sua grande carriera di preside scolastico – fino al punto di doversi asciugare furtivamente le lacrime diverse volte nel corso dell’evento.
Josei Toda presidente
Nel novembre 1950, venti anni dopo la fondazione della Soka Gakkai, Toda lasciò l’incarico di direttore generale dell’organizzazione. Toda, che dopo la guerra aveva ricostruito da solo la Gakkai in qualità di unico discepolo sincero di Makiguchi, desiderava salvaguardare l’organizzazione da ogni ripercussione che potesse provenire dalle sue personali difficoltà professionali di quel periodo. Avendo un’enorme quantità di debiti e trovandosi nelle più disastrose circostanze, era pronto alla prigione o persino a porre termine alla propria esistenza. Io invece, che a quel tempo avevo ventidue anni, ero pronto a dare tutto il mio sostegno e ad assistere Toda in qualità di suo discepolo. Giurai di riportare la vittoria su tutte le sfide che si trovava ad affrontare, e di vederlo diventare il secondo presidente della Soka Gakkai. Assumendomi pesanti responsabilità professionali, lottai con tutte le mie forze per trasformare la situazione. Difesi Toda da ogni attacco, solido come un frangiflutti contro le onde incalzanti. Mi sono dedicato anima e corpo ad attività in cui non ero bravo per natura o che non mi piacevano particolarmente. E sono anche andato a parlare con alcuni giornalisti per mettere fine alle notizie false e inesatte che venivano messe in circolazione su Toda e la sua situazione finanziaria. Gran parte dei dipendenti di Toda lo abbandonarono – alcuni, andandosene, inveirono violentemente contro di lui. Solo io continuavo a insistere nel definirlo l’unico grande leader di kosen-rufu.
Fu durante quel difficilissimo periodo che Toda mi mise a conoscenza dei suoi progetti per la pubblicazione di un giornale – che in seguito prese vita con il nome di Seikyo Shimbun – e mi affidò il suo sogno di fondare l’Università Soka. E come tutti voi sapete, io ho realizzato tutti i suoi obiettivi e le sue aspirazioni per il nostro movimento. Il punto è che senza le incredibili battaglie che abbiamo affrontato più di cinquant’anni fa durante quel periodo di avversità, la Soka Gakkai oggi non esisterebbe così come la conosciamo.
Il 3 maggio 1951 Toda venne alla fine nominato secondo presidente della Soka Gakkai. La mia gioia nell’osservarlo in quel momento di orgoglio fu la stessa che provò il giovane Toda quando protesse con successo il suo maestro Makiguchi. Un discepolo determinato a vincere per proteggere il suo maestro – questo è lo spirito impresso nella storia della fondazione della Soka Gakkai. È il sentiero di maestro e discepolo seguito dai primi tre presidenti.
Io ho ereditato lo spirito di unità di maestro e discepolo da Toda. Da lui ho ricevuto l’addestramento più completo in ogni settore. Mi incoraggiò a diventare un leader di kosen-rufu pieno di risorse, in grado di gestire qualunque cosa. È stato un addestramento molto duro, molto severo. Vi prego di non abituarvi mai alle circostanze più fortunate di oggi e di non dimenticare quanto sia impegnativo e importante il vero spirito della Gakkai. Quando ero giovane, i dottori dissero che non avrei vissuto a lungo. Devo ringraziare il meraviglioso insegnamento e addestramento del mio maestro se ancora oggi sono in grado di prendere il comando di kosen-rufu in buona salute.
Un solo cuore
Sapere di avermi come discepolo dava a Toda una grande serenità. Ogni volta che succedeva qualcosa, rapido chiamava: «Daisaku! Dov’è Daisaku?», e spesso diceva agli altri: «Di qualunque cosa si tratti, chiedi a Daisaku».
Un maestro e discepolo sinceri hanno un cuore solo. Il loro legame è persino più profondo di quello tra genitore e figlio.
Le sofferenze di Toda erano le mie sofferenze. Un attacco a lui era un attacco a me. Ecco perché non potevo rimanere passivamente a guardare quando i mass media scrivevano qualcosa di falso o diffamatorio su di lui. Andavo subito negli uffici del giornale o della rivista denigratoria per rettificare la dichiarazione.
Un discepolo che non prova niente quando il suo maestro viene falsamente criticato e insultato non è assolutamente un discepolo. Chiunque reagisca a un fatto simile con indifferenza, o limitandosi a ghignare verso coloro che attaccano, si comporta esattamente come Devadatta.
Per quanto un maestro possa avere tanti discepoli, è una situazione triste e deplorevole se nessuno di loro abbraccia realmente lo stesso spirito del maestro e non è disposto a condividerne le sofferenze e le gioie. Questa non è la tradizione esistente tra maestro e discepolo nella Soka Gakkai.
Il Buddismo di Nichiren Daishonin ci spinge a ripagare gli altri per la gentilezza e la benevolenza che ci hanno riservato. Come scrive il Daishonin: «A maggior ragione chi si dedica al Buddismo non dovrebbe dimenticare la gratitudine verso i genitori, verso i maestri e verso il paese» (La voce chiara e penetrante, SND, 2, 116).
Le persone egoiste e subdole non sono idonee a essere responsabili della Gakkai. Non sono discepoli di Toda o del Daishonin. «I discepoli di Nichiren non possono realizzare niente se sono codardi» (L’insegnamento, la pratica e la prova, SND, 6, 218), scrive il Daishonin. Imprimiamoci nel cuore queste auree parole.
Un grande beneficio illumina di vitalità le esistenze di coloro che lottano contro i tre ostacoli e i quattro demoni e contro i tre potenti nemici del Buddismo. “Sforzo coraggioso e deciso” e “altruistica devozione alla propagazione della Legge” rappresentano il vero spirito della Soka Gakkai. Per tutta la vita mi sono impegnato in completa armonia con questo spirito. La presenza di persone che si sforzano con coraggio e determinazione per kosen-rufu porta benefici anche a molti altri. Senza le persone che con altruismo si dedicano alla propagazione della Legge, la Gakkai non avrebbe futuro. Il futuro di kosen-rufu e ogni speranza per l’umanità sarebbero perduti.
Miei discepoli, ora è il momento di combattere con coraggio e di mostrare al mondo cosa siamo in grado di realizzare! Questo è il mio slogan per voi nel settantaseiesimo anniversario della fondazione della Soka Gakkai.
Qual è la più grande minaccia a cui è esposta l’umanità? «Nel cuore umano possiamo trovare la nostra più grande minaccia, come anche la nostra maggiore speranza» osservò N. Radhakrishnan, noto filosofo indiano, nonché attivista per i diritti umani. Al momento sto portando avanti un dialogo con il dottor Radhakrishnan, il quale si è dedicato alla propagazione dello spirito del Mahatma Gandhi. [Il dialogo è uscito a puntate in giapponese nella rivista educativa Todai (Faro), legata alla Soka Gakkai, n.d.r.]. Uno dei nostri temi centrali è la grande speranza e le aspettative che noi nutriamo nei confronti dei giovani.
Radhakrishnan ha dichiarato: «La SGI dà ai giovani, che spesso oggi non riescono ad avere un ruolo, un luogo dove sviluppare e creare nuovi valori, lottando con l’obiettivo di autocorreggersi. Il futuro poggia sulle spalle dei giovani. Sono felice di potermi unire a lei [presidente Ikeda] nello sforzo di seminare e coltivare nei giovani cuori il seme della speranza».
Credere nei giovani, essere loro amico, il loro fratello o sorella maggiore, e proteggerli come se fossero figli nostri – sono convinto sia questa la chiave per crescere giovani capaci. La nostra vitale e dinamica organizzazione per kosen-rufu, che continua a produrre un fiume infinito di giovani di talento spinti da una nobile missione, è una fonte di inesauribile speranza per il mondo. Più che mai dobbiamo dare la massima priorità allo sviluppo dei membri delle Divisioni giovani e della Divisione futuro.
Con il cuore di un re leone
Nichiren Daishonin compì incredibili sforzi per incoraggiare i giovani allo scopo di assicurare il futuro del movimento di kosen-rufu. Una di queste persone fu Nanjo Tokimitsu, che si dice abbia incontrato il Daishonin in giovane età. Il Daishonin lo vegliò con affetto, accompagnandolo nel suo passaggio da ragazzo a giovane uomo.
La vita di Tokimitsu, un sincero e fedele discepolo del Daishonin, fu una serie di avversità demoralizzanti. Da bambino, Tokimitsu aveva perso suo padre, un amministratore locale, e poi in seguito il suo adorato fratello minore, adolescente, che aveva praticato il Buddismo del Daishonin insieme a lui. A causa della sua fede, Tokimitsu incappò anche in persecuzioni e diffamazioni. Per il suo supporto al Daishonin, il governo impose pesanti tributi punitivi sulla sua proprietà, costringendo lui e la sua famiglia a vivere per un periodo in condizioni di opprimente povertà.
Fu il compassionevole e stimolante incoraggiamento del Daishonin a mettere il giovane discepolo nelle condizioni di rimanere impavido di fronte a quelle infinite avversità – l’oppressione da parte delle autorità, la perdita delle persone amate, i sacrifici economici e la malattia. Il Daishonin gli sottolineava costantemente l’importanza della fede per superare gli ostacoli, insegnando al suo discepolo a lottare con il cuore di un re leone. In una lettera a Tokimitsu, egli scrive: «Quando coloro che sono essenziali ai tuoi interessi [cioè le persone che sono importanti per te] cercano di impedirti di difendere la tua fede, o quando ti trovi di fronte a grandi ostacoli, devi credere che il re Brahma e gli altri compiranno sicuramente il loro voto [di proteggere i praticanti del Sutra del Loto], e rafforzeranno più che mai la tua fede […]. Se la gente cercherà di ostacolare la tua fede, ti invito a provare una gioia profonda» (WND, 2, 566).
E in un’altra lettera dice: «Tuttavia, qualunque cosa accada, non devi disperare. Sii fermo nell’atteggiamento, e se le cose non dovessero andare come desideri riguardo alle tue terre, allora determina di sentirti più soddisfatto che mai, assumi un atteggiamento di indifferenza e, se ti fa piacere, vieni qui» (WND, 2, 576).
Inoltre, apprendendo che qualcuno nella famiglia di Tokimitsu era malato, il Daishonin offrì questo affettuoso incoraggiamento: «È vero che nella tua famiglia qualcuno è malato? Se è così, non può essere opera di un demone. Le Jurasetsu (dieci fanciulle demoni), stanno cercando di mettere alla prova la tua fede […]. Come può essere che le parole del Budda Shakyamuni e del Sutra del Loto siano false? Rifletti profondamente» (I due tipi di fede, SND, 5, 212-213).
Il Daishonin in realtà sta dicendo: «Non hai bisogno di preoccuparti. Le privazioni possono solo rafforzare la tua fede. Non sentirti sconfitto! Se la tua fede è forte, alla fine otterrai la felicità». Questo messaggio del Daishonin serve da efficace incoraggiamento persino per noi oggi. È particolarmente importante che instilliamo fiducia e coraggio nei giovani, e mostriamo loro la strada verso un futuro luminoso e pieno di speranza.
Il sentiero verso l’Illuminazione
Ricevendo un tale incoraggiamento dal Daishonin, Tokimitsu, un giovane di circa venti anni al tempo della persecuzione di Atsuhara, si rafforzò in qualità di intrepido campione di kosen-rufu, proteggendo attivamente il Daishonin e i compagni di fede. In una lettera a Tokimitsu all’apice di questa repressione governativa, il Daishonin scrive: «Qualunque cosa accada, tutti i miei discepoli devono serbare in cuore il grande desiderio di raggiungere l’Illuminazione […]. Alla fine, nessuno può sfuggire alla morte. Le sofferenze al tempo dell’invasione non saranno peggiori di quelle che stiamo affrontando oggi. Poiché la morte è la stessa in ogni caso, dovresti desiderare di offrire la tua vita per il Sutra del Loto. Pensa a questa offerta come a una goccia di rugiada che si unisce di nuovo all’oceano, o come a un granello di polvere che ritorna alla terra» (Il cancello del drago, SND, 4, 277).
«Dato che dobbiamo comunque trascorrere la nostra vita, dedichiamola alla nobile causa di kosen-rufu!». Questo è l’invito incoraggiante del nostro nobile maestro, Nichiren Daishonin. Il cuore del maestro è caratterizzato da un grande desiderio e da un voto per kosen-rufu. Unire il nostro cuore a quello del maestro è il sentiero per ottenere l’Illuminazione. Lo spirito del maestro è caratterizzato da una devozione altruista e dall’azione per il bene della Legge. Accogliere questo spirito del maestro è il sentiero per realizzare kosen-rufu.
Nell’ultimo anno di vita del Daishonin, Tokimitsu, al tempo non ancora venticinquenne, contrasse una grave malattia. Anche se lo stesso Daishonin era malato, si fece forza per scrivere una lettera di incoraggiamento al suo giovane discepolo, esprimendogli la sua speranza di una pronta guarigione (vedi La conferma del Sutra del Loto, SND, 5, 231-234). L’incoraggiamento e le preghiere del Daishonin aiutarono Tokimitsu a superare il “demone della malattia,” e a recuperare salute e forza. Avvolto dall’immensa compassione del Budda dell’Ultimo giorno, Tokimitsu visse per altri cinquanta anni, fino a raggiungere la vecchiaia in buona salute. Inoltre, dopo la morte del Daishonin, quando i cinque preti più anziani tradirono il loro maestro, fu Nanjo Tokimitsu a difendere con severità il legittimo successore del Daishonin, Nikko Shonin, e ad aprire la strada all’eterna diffusione della Legge.
Darwin e la sua opera pionieristica
Come sapete, la prima onorificenza accademica delle duecento che fino a oggi ho ricevuto è stato il dottorato onorario che mi è stato conferito dall’Università statale di Mosca, che ha ugualmente assegnato un simile onore a grandi intelletti, come ad esempio gli illustri letterati tedeschi Goethe e Schiller. Un altro personaggio che ricevette un dottorato onorario da questa prestigiosa università russa fu il pionieristico naturalista inglese Charles Darwin (1809-82).
Il 24 novembre 1859 – questo mese ricorrono quasi i centocinquant’anni – fu pubblicata a Londra la grande opera di Darwin Sull’origine delle specie, che illustra la sua teoria evoluzionistica. Il suo pensiero ha avuto un immenso impatto sul mondo moderno. Nel 1990, il Museo d’arte Fuji di Tokyo ha organizzato una mostra di preziosi libri e manoscritti provenienti dalla collezione della Bodleian Library, una delle istituzioni più venerate della Oxford University. Una prima edizione del libro Sull’origine delle specie era in esposizione. Mi sentii profondamente commosso nel vedere quella rara edizione del lavoro innovativo di Darwin. Avevo letto il libro durante la mia adolescenza, prendendo appunti sul mio taccuino, e mi aveva lasciato una profonda impressione. Il noto scienziato Linus Pauling (1901-94) mi disse che anche lui aveva letto questo libro quando aveva solo nove anni. Ricordo con affetto di aver discusso la teoria dell’evoluzione di Darwin quando il dottor Pauling e io, in una delle nostre discussioni, parlammo delle origini della vita.
La pubblicazione del libro Sull’origine delle specie fece scalpore e l’opera divenne presto un successo. Nello stesso tempo, Darwin, in quanto difensore di una nuova idea di evoluzione che ribaltava nozioni ormai radicate, divenne bersaglio di attacchi violenti da parte di vari settori della società. Chi fu tra i primi a scendere in campo? Un anatomista che Darwin aveva ammirato e in passato aveva difeso di fronte a persone che parlavano male di lui. Nella sua autobiografia Darwin scrisse: «Dopo la pubblicazione de L’origine delle specie, questi divenne il mio più affilato nemico, ma non a causa di una disputa tra di noi, bensì, per quanto ho potuto giudicare, per la gelosia suscitata dal successo del libro».
Il cuore umano è un elemento spaventoso. Cos’è l’invidia? È la vera natura dei maligni e dei maliziosi, ed è causa di diffamazione, tradimento e dissenso. Toda dichiarò che Devadatta, che tradì e tentò di uccidere Shakyamuni, era spinto da una rivalità maschile distruttiva derivante dalla gelosia. Dobbiamo combattere senza posa, aggiunse poi Toda, contro i traditori invidiosi dello stampo di Devadatta.
Legami fra compagni di fede
Di cruciale importanza è il nostro atteggiamento di fondo, ciò che pensiamo al riguardo nell’intimo del cuore. Siamo davvero determinati a lottare per la causa del nostro maestro, per la causa della Gakkai, o stiamo semplicemente simulando mentre in realtà pensiamo solo a noi stessi? C’è un abisso immenso tra questi due atteggiamenti.
Le organizzazioni e le società in cui l’invidia è diffusa sono pervase da conflitti e tumulti. Esse non crescono né prosperano.
Nell’antica opera letteraria cinese Ch’u Tz’u (Chu ci; Canzoni di Chu), il poeta Ch’ü Yüan (Qu Yuan), calunniato da rivali malevoli e bandito dalla sua patria, si doleva: «Perché il mondo è impuro e invidioso dei capaci / e pronto a nascondere il buono degli uomini e a sottolineare i loro mali».
Non dobbiamo mai permettere che ambiguità e invidia, operazioni sottobanco e pugnalate alla schiena, attecchiscano nella Soka Gakkai. La Gakkai deve sempre rimanere un regno luminoso, ispiratore e colmo di speranza, dove tutti sono uniti nello spirito di “diversi corpi, stessa mente” per il bene di kosen-rufu.
Come scrive Nichiren Daishonin: «Quando il pino prospera, il cipresso è colmo di gioia; quando i fili d’erba appassiscono, le orchidee versano lacrime. Persino le piante e gli alberi insenzienti condividono all’unisono le gioie e le sofferenze di un amico» (WND, 2, 964). Quanto più forti, quindi, risultano essere i legami che uniscono i membri della Soka Gakkai che stanno lottando insieme per l’obiettivo senza precedenti di kosen-rufu! Niente può superarli. La Soka Gakkai è un regno di bellissima amicizia e solidarietà.
Nutrire sentimenti di gelosia e di malanimo verso compagni di fede cancella i benefici e distrugge l’armoniosa unità dell’organizzazione per kosen-rufu. È importante condannare con severità ogni manifestazione di un simile comportamento. Non dimenticate mai lo spirito della Gakkai.
A ogni modo, per una crescita e uno sviluppo infiniti della Soka Gakkai, non dobbiamo perdonare le azioni di coloro che vorrebbero danneggiare il nostro movimento, anzi dovremmo bandire simili persone.
Una convinzione indistruttibile
Permettetemi ora di tornare a Charles Darwin. Lo scienziato inglese fu alternativamente oggetto di lodi e insulti fino alla fine dei suoi giorni. I suoi studi furono ugualmente contrassegnati da successi e fallimenti. Ma qualunque cosa accadesse, lui si ripeteva: «Ho lavorato con tutta la tenacia e la capacità che avevo, nessun uomo può fare più di questo» e ancora: «Non potevo impiegare la mia vita in maniera migliore se non dando il mio contributo alle scienze naturali. E ho svolto questo compito al meglio delle mie abilità: i critici potranno anche dire quello che preferiscono, ma non possono distruggere questa convinzione».
Le persone invidiose possono anche tormentarci, ma finché avremo lo spirito di non permettere che niente ci abbatta, potremo rimanere sul sentiero che conduce all’ottenimento della Buddità. Toda mi insegnò questa verità, e io l’ho messa in pratica per tutta la vita. Questa è la mia maggiore fonte di orgoglio.
Anche se non è un fatto molto noto, in realtà Darwin per tutta la sua vita dovette combattere con una salute costantemente malferma. Il figlio scrisse del padre: «La sua vita fu un’unica lunga battaglia contro la spossatezza e lo stress legati alla malattia». Per Darwin, portare avanti la sua ricerca era davvero una questione di vita o di morte. Lo stesso Darwin dichiarava con orgoglio: «Non sono mai stato un rapido pensatore o scrittore: qualunque cosa io abbia fatto nel campo della scienza, è dovuto solamente a una lunga riflessione, pazienza e applicazione». Combattendo innumerevoli privazioni, il grande scienziato proseguì con devozione instancabile e perseveranza sul sentiero della missione che si era scelto in gioventù. Alla fine la sua teoria arrivò a essere riconosciuta come uno dei concetti più rivoluzionari nella storia della scienza.
Cosa possiamo fare come singoli individui? Possiamo fare del nostro meglio. Possiamo lottare con tutte le nostre forze, sfidarci incondizionatamente, così come siamo, nelle circostanze presenti, e a modo nostro, imperturbati dai capricci di lode o biasimo. Possiamo avanzare in allegria, orgogliosi del fatto che stiamo dando tutto di noi stessi. Se possiamo attenerci a questo per tutta la vita, siamo certi di essere alla fine vittoriosi.
Quando l’illustre storico britannico Arnold Toynbee (1889-1975) era uno studente e sentiva grande pressione per la responsabilità di ottenere successi accademici, i suoi genitori gli dissero: «Fai semplicemente del tuo meglio. Nessuno di noi può fare più di questo». In un successivo resoconto autobiografico egli ricorda quanto quelle parole gli abbiano tolto un peso dalle spalle.
E durante il mio incontro con l’ex primo ministro britannico Margaret Thatcher, lei mi confidò che suo padre le aveva impartito un’importante lezione che le fu di sostegno per tutta la vita: «Fai del tuo meglio. Se dovessi fallire, riprova».
Nei suoi ultimi anni Darwin scrisse un’autobiografia. Ripercorrendo la propria vita, espresse una profonda gratitudine verso una persona in particolare: il suo ex professore di botanica di Cambridge, John Henslow (1796-1861). Darwin scrisse anche: «[Ci fu] un fatto che influenzò la mia intera carriera più di ogni altra. Parlo della mia amicizia con il professor Henslow». Darwin conversava con il suo professore quasi ogni giorno – talvolta a casa di questi, talvolta durante le lunghe passeggiate che facevano insieme – e così facendo assimilava preziose lezioni di botanica, chimica, mineralogia, geologia e altre materie. Il giovane Darwin era impressionato non solo dalla vasta conoscenza di Henslow, ma anche dal suo ottimo carattere. Fu sempre Henslow a spingere Darwin a intraprendere il viaggio sulla nave HMS Beagle, durante il quale questi concepì per la prima volta le sue nuove teorie. Con profonda gratitudine e rispetto per il suo maestro, Darwin scrisse: «Le sue qualità morali erano ammirevoli sotto ogni punto di vista. Era privo di ogni ombra di vanità o altro sentimento meschino, e non ho mai visto un uomo che si preoccupasse così poco di se stesso o delle proprie situazioni. Il suo umore era sempre buono, accompagnato dai modi più affascinanti e cortesi; sì, per quanto ho visto, qualunque azione malvagia avrebbe potuto suscitare in lui la più accesa indignazione e un’immediata azione… La benevolenza di Henslow era illimitata».
Non c’è fortuna più grande del fatto di poter incontrare durante la giovinezza una persona altruisticamente dedicata alla verità e ricca di saggezza e compassione.
Avere un maestro che ci colma di sincera gratitudine; avere un maestro di cui raccontare con orgoglio agli altri – questa è un’esistenza davvero felice. E quanto sono fortunati i maestri i cui studenti o discepoli lavorano per tenere viva la loro eredità. Anche questa è una vittoria, sia per il maestro che per il discepolo.
Da giovane Darwin aveva una grande passione per il poeta inglese William Wordsworth (1770-1850). Nato circa quarant’anni prima di Darwin, anche Wordsworth aveva studiato a Cambridge. Wordsworth scrisse: «Noncurante se il vento davvero di tanto in tanto / Soffiava pungente su un’altura che dava / Una così ampia prospettiva nell’avvenire».
Quando intraprendiamo un nuovo inizio, abbiamo bisogno di coltivare una visione di grande vittoria e di prendere l’iniziativa per realizzarla.