Ragazzi e ragazze: ognuno con la sua storia, le sue lotte, la sua unicità, con un sorriso sincero, pieno di energia ed entusiasmo per la vita. Attraverso la loro freschezza trasmettono una gioia di vivere senza eguali. Grazie alle loro esperienze offrono uno sguardo nuovo ai fatti del mondo
Le nostre storie / Una boccata d’aria fresca
Ilaria, 18 anni
Mi avvicinai alla pratica buddista al quarto anno delle superiori grazie ai compagni di fede dei miei genitori con i quali legai molto. In quel periodo iniziai a litigare con il mio ragazzo sempre più spesso. Decisi di parlargli della pratica, ma lui si rivelò molto ostile. Io continuai comunque a fare attività e così durante un meeting mi capitò di dover parlare del principio di ichinen sanzen. Scoprii che significava “tremila condizioni possibili in un unico istante di vita”, la decisione profonda, la direzione del cuore, la possibilità e la capacità di cambiare una qualsiasi situazione. Recitai per approfondire tutto questo. Ero talmente presa dalla situazione che non riuscivo a vedere cosa dovevo cambiare, cosa non andava, cosa dovevo decidere così profondamente. Ricominciarono anche gli attacchi di panico di cui avevo sofferto da piccola. In passato, per evadere da situazioni emotivamente forti, mi veniva la tachicardia, svenimenti e disturbi allo stomaco. Il rapporto con il mio ragazzo mi procurava grandissimi sensi di colpa perché ero convinta che la sua felicità dipendesse da me, da come gestivo la relazione. Quando condividevo queste mie lotte con i compagni di fede mi sentivo rinata, per me erano come una boccata di aria fresca.
Mia madre mi è stata molto vicina in quei momenti, come non l’avevo mai sentita prima. Grazie a questa sofferenza sono riuscita per la prima volta a raccontarle tutto di me.
Tra queste incertezze presi la decisione di diventare membro della SGI, insieme a mio fratello. Durante la cerimonia di Gongyo scorrevano lacrime di felicità, avevo la sensazione che da quel momento in poi sarebbe cambiata la mia esistenza. Quel giorno capii profondamente, con la mia vita, cosa significasse l’ichinen. Avevo la consapevolezza di aver determinato di cambiare completamente la direzione del mio cuore e di trasformare la sofferenza in occasione di crescita e arricchimento. La sera stessa lasciai il mio ragazzo: parlai con lui serenamente e non più con la rabbia che prima mi accecava. Lui rispose, come suo solito, violentemente, ma questa volta le sue offese e la sua rabbia non mi toccavano più, né mi trascinavano in quella condizione vitale così bassa. Sperimentai il rimanere ferma, centrata e tranquilla rispetto alla rabbia di un’altra persona.
Quando ai meeting e alle riunioni di studio si parlava di compassione, io pensavo: «È impossibile provarla per lui, che mi ha procurato tanta sofferenza», ma poi capii che molta della sua rabbia era la mia, era la mia insicurezza che parlava, la mia paura di esprimere le mie ragioni e le mie emozioni per il timore di una sua reazione. Senza accorgermene quel giorno riuscii a sentire la sua sofferenza. La mia vita cambiò davvero: con il desiderio che potessero sperimentare i benefici della pratica, iniziai a condividere gli insegnamenti buddisti con i miei amici più stretti, persino nei bagni della scuola quando vedevo ragazze che come me stavano soffrendo per amore. In passato mi sentivo a disagio nel parlare di Buddismo a scuola proprio a causa di questa mia insicurezza, ma adesso, durante l’ora di religione, condivido i princìpi della pratica con tutti. Praticando sono riemersi anche i miei sogni accantonati da tempo: diventare architetto e imparare il francese, lingua che mi ha sempre affascinato. Solo che, adesso, diventare un grande architetto e vivere in Francia non sono più un sogno, ma un reale e concreto progetto di vita. Desidero creare valore tra i giovani per mostrare loro una nuova direzione di vita, per essere davvero felici.
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«Anche se non ve lo dicono, i vostri genitori per voi hanno dato la vita, hanno pregato, pregato e pregato con forza, hanno agito e lottato. Questo è il cuore di un genitore. […] Il loro cuore e le loro preghiere sono rivolti alla vostra salute, alla vostra crescita e alla vostra felicità» (D. Ikeda, Protagonisti della nuova era, IBISG 2013, pag. 89)
«La felicità non è qualcosa che deriva dagli altri, neppure dal proprio innamorato. La si deve realizzare da soli e il solo modo per farlo è sviluppare il proprio carattere e le proprie capacità umane, rendendo concrete nella misura maggiore possibile le proprie potenzialità. […] Essere felici significa manifestare appieno il proprio potenziale» (D. Ikeda, Amore e amicizia, esperia, 2011, pag. 53)
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Le nostre storie / Andare fino in fondo
Alessio, 17 anni
Nel 2012, prima della fine dell’anno scolastico, mi ero iscritto a un progetto della scuola per il potenziamento della lingua inglese che consisteva nel vincere un viaggio tutto spesato in Scozia. Per avere più possibilità di entrare nella lista dei quindici selezionati dovevo avere una media dei voti abbastanza alta. Mi misi l’obiettivo di raggiungere la media dell’8,1. Iniziai a recitare più Daimoku per realizzare questo obiettivo, convinto di farcela. La scuola finì e, usciti i quadri, scoprii che la mia media era appena del 7,6. Non avevo raggiunto il mio obiettivo. All’inizio la cosa mi frustrò, ma, con uno spirito che non sapevo da dove provenisse vista la mia facilità nel lasciarmi abbattere, iniziai a sperare che ci fosse una possibilità di rientrare nei selezionati nonostante i miei voti. Così continuai a recitare Daimoku. La lista doveva essere stilata entro il 25 giugno ma non si ebbero notizie; pensai che forse il progetto era sfumato per mancanza di fondi. Decisi di non farmi scoraggiare e di godermi l’estate con nuovi amici che avevo conosciuto a una festa.
Gli ultimi giorni di luglio però me ne capitò un’altra. Per andare al mare presi il pullman e a causa di un buco formatosi nella borsa da viaggio, di cui non mi ero accorto, mi cadde il biglietto e non riuscii più a trovarlo. Il controllore, appena salito, non solo mi fece la multa, ma mi invitò anche a scendere. Qualcosa mi trattenne dal demordere dal mio essere positivo e dallo sperare in meglio, così continuai a recitare Daimoku; ero certo che prima o poi sarebbe successo qualcosa di buono. La situazione peggiorò quando, a causa di un problema al ginocchio, che mi trascinavo ormai da tre anni, fui costretto a rimanere in casa per una settimana immobile a letto non riuscendo a muovere la gamba e a causa dei forti dolori. «Non fa niente, recito e vado avanti», pensai durante quelle giornate. Riuscii a riprendermi e così un giorno di fine luglio mi arrivò un messaggio di un’amica sul cellulare che mi diceva di controllare sul sito del liceo. Lei, come me, si era iscritta al concorso per il viaggio in Scozia, quello di cui non si era più saputo nulla. Quando tornai a casa, insieme a mio padre, vidi che sul sito c’era un link: “Lista partecipanti al progetto Young Citizens of the World” . Cliccai. La lista era lì davanti a me. Il nome della mia amica c’era e lessi, al dodicesimo posto su quindici, Alessio Cotecchia. Non riuscii a trattenere l’entusiasmo e iniziai a saltellare per casa, troppo contento! Avevo vinto il viaggio, totalmente gratuito, per un mese a Edinburgo. Oltre ad aver conseguito l’esame d’inglese, sono riuscito anche a ottenere il secondo voto più alto del gruppo.
È stata un’esperienza che non dimenticherò per nulla al mondo. Dopo un’estate intera passata a non arrendermi mai nonostante le circostanze poco favorevoli, ho ricevuto una soddisfazione inaspettata, ma tanto desiderata; questo perché tutto il Daimoku recitato mi ha permesso di guardare ai problemi da una nuova prospettiva: quella di non farsi mai demoralizzare, di credere sempre in qualcosa di meglio e soprattutto di continuare a recitare, qualunque cosa succeda.
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«Quale che sia il vostro sogno, quando cominciate a sfidarvi per realizzarlo ha inizio l’avventura. […] la vera ricchezza non è costituita dal denaro, ma dallo spirito d’avventura e di ricerca. Finché questo spirito palpita nei cuori dei giovani, l’umanità può continuare a esplorare nuove frontiere» (Protagonisti della nuova era, pag. 50).
«Il Daimoku è la sorgente del coraggio. Il Daimoku che tutti voi continuate a recitare, sia quando siete afflitti dall’amarezza sia quando siete soffocati dalla sofferenza, senza alcun dubbio vi permette di attingere all’infinito coraggio di non rassegnarsi mai» (Protagonisti della nuova era, pag. 140)
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Le nostre storie / Il coraggio dietro la timidezza
Miki, 17 anni
L’anno scorso sono diventata membro della Soka Gakkai. Tutta la mia famiglia pratica il Buddismo. Fin da piccola quando sentivo i miei genitori pregare mi univo a loro, anche se la maggior parte delle volte con un forte senso del dovere. Le riunioni dei giovani erano gli unici momenti in cui sentivo veramente l’importanza e la forza delle mie preghiere. Con il tempo ho capito quanto sia importante pregare davanti al Gohonzon e compiere sforzi non per ricercare l’approvazione dei miei genitori, ma con il desiderio di alzare il mio stato vitale e conseguire i miei obiettivi.
Sono riuscita a sperimentare tutto ciò soprattutto quando ho iniziato il liceo. In quel periodo ero oppressa dall’ansia legata alla mole di studio e inoltre soffrivo molto per il fatto di non riuscire a instaurare delle amicizie sincere, dove poter essere me stessa al cento per cento. Mi sembrava che il sostegno che potevo dare agli amici che in quel momento vivevano delle difficoltà fosse superfluo o inadeguato. Piano piano però ho capito che la mia sofferenza derivava da questa mia insicurezza e, recitando Nam-myoho-renge-kyo con il desiderio che loro stessero bene, sono riuscita a costruire dei bellissimi legami d’amicizia. Adesso riesco a far arrivare alle persone a cui tengo il mio Daimoku e il mio affetto.
Ho cominciato da quasi tre anni a frequentare costantemente le riunioni del gruppo di membri della mia zona che con le loro esperienze mi danno sempre tanto coraggio e determinazione. Ho iniziato ad accettare le sfide che mi si ponevano davanti come parlare davanti a tante persone, superando tutta la mia emotività e timidezza. A tutte queste cose si aggiunge, finalmente, una pratica assidua e sincera che sono determinata a mantenere e migliorare: questo è il mio primo obiettivo in assoluto. Mi sento molto fortunata ad aver conosciuto, fin da quando ero bambina, questa pratica buddista e per questo provo tanta gratitudine verso i miei genitori. Grazie al Daimoku ho riscoperto la gioia di vivere ogni giorno con coraggio e l’importanza di progredire sempre di più. Ogni piccola vittoria ha il suo valore e non va assolutamente sminuita. A questo proposito, la canzone Io ho un maestro che i membri italiani hanno dedicato al presidente Ikeda, mi emoziona fin da quando ero piccola e ancora oggi mi incoraggia tantissimo, specialmente la frase “assaporo ogni attimo con occhi vivi di passione” mi rammenta di cogliere l’attimo e di viverlo al massimo.
Una mia cara compagna di fede spesso diceva che la pratica è come una bicicletta: per farla funzionare bene sono necessarie due ruote, la pratica per noi e per gli altri; e senza il manubrio dove andremmo? È lo studio che ci dà la direzione giusta; per mettere in funzione tutti gli ingranaggi invece serve una catena ben oliata, una forte fede. Quest’immagine mi ha sempre colpita molto e mi ha incoraggiata a migliorarmi nella pratica. Per il futuro, infatti, determino di approfondire il Buddismo, soprattutto dal punto di vista dello studio.
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«Se diventate forti, potete costruire amicizie preziose che nulla potrà mai distruggere. L’amicizia parte sempre da voi. Per costruire un’amicizia di valore dovete voi stessi sostenere degli ideali di valore e vivere la vostra gioventù creando valore» (Protagonisti della nuova era, pag. 44)
«Avere un amico che ascolta i vostri problemi può essere di grande conforto. Quando state affrontando delle difficoltà o una situazione dolorosa, avere un amico che vi dica “Non preoccuparti, andrà tutto bene”, può riscaldare e rinvigorire il vostro cuore, e darvi la forza di affrontare la situazione» (Protagonisti della nuova era, pag. 45)
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Le nostre storie / Il vento caldo di Nam-myoho-renge-kyo
Ludovica, 18 anni
Iniziai a praticare il Buddismo di Nichiren Daishonin due anni fa grazie al ragazzo che frequentavo a quei tempi il quale mi parlò della pratica. Eravamo su una spiaggia ed era la primavera del 2011 quando per la prima volta sentii pronunciare Nam-myoho-renge-kyo. Quel suono mi riecheggiò nella testa, me ne sentii avvolta insieme alle folate di vento calde che sapevano di salsedine. Andai alla mia prima recitazione e misi di fronte al Gohonzon dei desideri che in pochissimo tempo si realizzarono. Quella sera tornando a casa sentii il mio cuore leggero. Con il passare dei giorni ho rafforzato sempre di più la mia fede, lo studio e la pratica, che mi hanno sostenuto permettendomi di superare tante difficoltà.
Una di queste si presentò l’estate scorsa e fu molto dura: nell’arco di pochissimo tempo subii l’allontanamento dal mio ragazzo, la perdita del mio caro nonno e conseguente a tutto ciò, soprattutto per via del forte stress, si manifestò un problema allo stomaco. In poco tempo persi quindici chili, arrivai a essere quasi venti chili sottopeso, fino al punto che non riuscivo a reggermi in piedi. Ad agosto raggiunsi l’apice: ero arrivata ormai a perdere diciassette chili. Iniziai una cura molto dura e destabilizzante consapevole che difficilmente mi sarei liberata del disturbo; i medici dicevano che ci sarebbero voluti anche anni di terapia per superare la malattia. Sia a causa della patologia sia della cura appena iniziata non potevo mangiare praticamente più nulla e soprattutto questa debilitazione fisica mi portava ad avere uno stato vitale molto basso, scarsa concentrazione e tantissimo sonno. Ero disperata, non avevo idea di come avrei iniziato l’anno scolastico. In seguito ai tanti problemi e alla distanza dal mio ragazzo mi ero allontanata anche dalla pratica, ma, per una serie di “fortunati” eventi, proprio sua madre mi riavvicinò e mi aiutò a determinare di superare la malattia.
Recitai intensamente e feci quanta più attività possibile. Iniziai a studiare come non avevo mai fatto prima. Ero davvero determinata a guarire. I benefici non tardarono ad arrivare. Avevo iniziato questa cura a fine agosto e a fine ottobre ero completamente guarita. La dottoressa che mi seguiva si complimentò con me e si emozionò dicendomi che ero stata davvero fortunata e che il mio era uno dei pochi casi dove la guarigione era avvenuta così velocemente. In cuor mio però sapevo che la mia era stata tutt’altro che semplice fortuna, ma piuttosto il risultato della fede che avevo riposto in Nam-myoho-renge-kyo.
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«Non c’è alcun dubbio che grazie a una pratica costante la vita si orienta nella direzione migliore per noi. […] La fede è qualcosa che bisogna nutrire per tutta la vita. […] È bene costruire le basi della fede durante la giovinezza, coltivando il desiderio di praticare per tutta la vita. Chi non è riuscito in questo fino ad oggi, può decidere ora e ricominciare a sfidarsi. Basta iniziare e, in quello stesso istante, tutto l’universo diventa nostro alleato» (Protagonisti della nuova era, pag. 121)
«La vita è piena di sfide e di lotte. Ma tutti voi siete destinati a vincere e a diventare felici, senza alcun dubbio. […] Quando incontrate delle sfide particolarmente difficili, il modo corretto di viverle è affrontarle direttamente, con coraggio: questa è la strada più veloce e sicura per raggiungere la vittoria» (Protagonisti della nuova era, pag. 30)
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Le nostre storie / Persevero, quindi vinco
Sara, 18 anni
Mi sono avvicinata al Buddismo quattro anni fa, tramite mia mamma che ha iniziato a praticare. Ho cominciato a frequentare le riunioni e quando ne sentivo il bisogno recitavo Nam-myoho-renge-kyo. Poi crescendo, approfondendo e sperimentando gli effetti della pratica, a poco a poco ho cominciato a capire la sua dinamica e l’ho intensificata impegnandomi di più nel Daimoku. Una cosa era certa: Nam-myoho-renge-kyo era dentro di me, mi dava maggior autostima e sicurezza nelle mie capacità. Quindi ho deciso di ricevere il Gohonzon l’11 dicembre 2011. Prima di questo passo ho sempre avuto un carattere solare ma è sempre stato oscurato da una forte timidezza. Ho perso molte occasioni di fare ciò che mi piaceva perché non mi sentivo adeguata ad affrontare le difficoltà future. Avevo scelto la scuola superiore più vicina a casa per evitare tragitti in autobus, e perché tutte le mie amiche andavano lì. A scuola mi impegnavo al massimo, ma senza mai raggiungere i risultati sperati.
Dal secondo anno di superiori, anno in cui ho iniziato a praticare, ho compreso che quella scuola non era adatta a me. A fine anno mi sono ritrovata con cinque in matematica e rimandata a settembre. Decisi allora di cambiare scuola. Ho stretto i denti, ho rimediato l’insufficienza in matematica, ho superato gli esami integrativi per il passaggio all’altra scuola, tutto questo grazie alla recitazione di Nam-myoho-renge-kyo che mi aiutava a manifestare la volontà e la determinazione di assumermi tutte le responsabilità che il cambio di scuola comportava: arrivare in una classe dove non conoscevo nessuno e mettermi in gioco per integrarmi superando così i miei limiti. Oggi frequento la quinta superiore, sono rappresentante d’istituto, ho voti alti e sono a un passo dal diploma.
Quattro anni sono passati in fretta, e io sono cambiata molto. Ho imparato a controllare la mia tendenza a essere arrogante e istintiva, mi prendo più cura degli altri e anche della mia famiglia. Nichiren, fondatore di questo Buddismo, scrive nel Gosho di Capodanno: «L’inferno è nel cuore di chi interiormente disprezza suo padre e trascura sua madre» (RSND, 1, 1008). La pratica mi ha insegnato ad avere gratitudine per i miei genitori e, grazie a questo insegnamento, sono riuscita a superare le sofferenze dovute al rapporto conflittuale con mio padre cercando io per prima di instaurare un dialogo piacevole con lui, senza rancore e sensi di colpa, gli ho aperto il mio cuore e il suo cuore ha risposto. Ho imparato a dare più valore a me stessa, senza trascurarmi; ho accettato la mia omosessualità e non me ne vergogno più, non mi sento più diversa. La mia rivoluzione umana è appena iniziata, ho ancora molta strada da fare, ma con una fede pura, impegnandomi nell’attività, studiando e praticando costantemente getterò delle fondamenta solidissime per il mio futuro. La poesia di Ikeda, terzo presidente della Soka Gakkai, mi dà la forza e il coraggio di rialzarmi ogni volta che cado: «Mai dimenticherò / il tuo nome, / luminosa protagonista / di kosen-rufu / di te, / stai certa, / il tuo maestro è fiero» (Trenta Gosho per l’Ikeda Kayo-kai, Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, pag. VII).
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«Il successo è una questione di perseveranza. È importante sforzarsi e fare del proprio meglio. Non si può pretendere di ottenere dei risultati in un solo giorno, ciò che conta è continuare a impegnarsi» (Protagonisti della nuova era, pag. 60)
«Quando un edificio è in costruzione, le fondamenta non ci danno alcuna idea di come sarà la struttura finita. D’altra parte, quando la costruzione è stata completata, le fondamenta non sono più visibili. Eppure, sono le fondamenta che tengono in piedi un edificio per decenni o addirittura per secoli. Lo stesso vale per lo studio. Ogni tentativo di sfidare voi stessi contribuisce a costruire le vostre fondamenta. Accettare la sfida di studiare è di per sé una forma meravigliosa di costruzione del carattere. Vi insegna a pensare, allena la vostra mente e fa crescere la vostra forza interiore» (Protagonisti della nuova era, pag. 59)
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«In questo momento tutti voi, giovani amici della Divisione futuro, state crescendo a vista d’occhio con lo scopo di diventare leader per la pace nella nuova era. Ciò mi rende felice più di ogni altra cosa. Impegnatevi a rafforzare la vostra mente, il vostro corpo e il vostro cuore, in modo da acquisire tutte le capacità che vi permetteranno di contribuire al massimo alla felicità delle persone» (Protagonisti della nuova era, pag. 23)